Se il termine sia elemento essenziale
del contratto preliminare
Commento a Cass. civ. Sez. II, 16/02/2007, n. 3645
Autore: Stefania Romano
Fonte: "Contratti", Ipsoa, 2008, 2, 156
Il caso
La controversia che diede origine al giudizio di Cassazione in esame fu introdotta dal promissario acquirente, per sentire pronunciare sentenza di risoluzione per inadempimento di un contratto preliminare di compravendita immobiliare.
Il fatto addotto dall'attore, quale inadempimento di non scarsa importanza, consisteva nella diserzione, da parte dei promittenti venditori, dell'appuntamento per il rogito notarile; peraltro ciò avveniva nonostante il promissario acquirente avesse accordato una proroga del termine originariamente convenuto tra le parti.
Si rilevi che il primo rinvio dipese da esigenze di ordine fiscale dei promittenti venditori e che il promissario acquirente, a sua volta, avrebbe dovuto alienare un immobile.
In primo grado e in appello la domanda dell'attore fu respinta, escludendo i giudici sia che il termine fissato dalle parti nel contratto preliminare fosse essenziale, ai sensi dell'art. 1457 c.c., sia che il ritardo dei promittenti venditori integrasse inadempimento di non scarsa importanza, ai sensi dell'art. 1455 c.c.
Il giudizio di legittimità, da ultimo, fu instaurato per vizi di violazione o falsa applicazione degli artt. 1175, 1176, 1218, 1223, 1350, 1351, 1453, 1455 e 1457 c.c.
Non sembri inutile la riproduzione di tale serie di norme, essendo al contrario opportuna per evidenziare l'insistenza dell'attore sia sulla risoluzione automatica del contratto per decorso del termine, reputato essenziale, sia, in subordine, sul ritardo dei promittenti venditori quale grave inadempimento.
La sentenza in commento, dunque, fonda la propria decisione sulla base di molteplici valutazioni.
In primo luogo, essa richiama il costante orientamento secondo cui «il termine stabilito per la stipulazione del contratto definitivo non costituisce normalmente un termine essenziale, il cui mancato rispetto legittima la dichiarazione di scioglimento del contratto » (1).
Il termine per l'adempimento apposto ad un contratto, invece, può qualificarsi essenziale, soltanto qualora tale caratteristica possa inequivocabilmente desumersi dalle espressioni utilizzate dalle parti, dalla natura e dall'oggetto del contratto; occorre, in altre parole, che il giudice di merito accerti che le parti, decorso il termine, ritengano ormai perduta l'utilità economica dell'adempimento e vogliano la risoluzione, secondo le regole di cui all'art. 1457 c.c.
In secondo luogo,
Anche per tale profilo, i giudici richiamano il costante orientamento secondo cui, ferma la valutazione del giudice di merito compiuta mediante le regole di interpretazione del contratto, il collegamento negoziale debba emergere dalle intenzioni dei contraenti in modo non equivoco (2).
Il collegamento è configurabile tra contratti stipulati tra parti diverse e può essere bilaterale o unilaterale, ma richiede che il nesso funzionale tra i negozi sia esplicitato ed accettato dai contraenti, anche mediante apposite clausole di salvaguardia della sola parte che vi ha interesse.
Nel caso de quo, pertanto,
Da ultimo,
Pur escludendo l'essenzialità del termine apposto al contratto preliminare, difatti, il giudice di merito avrebbe potuto giudicare grave il ritardo solo se questo, in relazione alla materia ed all'oggetto del contratto, fosse stato «talmente prolungato da pregiudicare seriamente l'interesse della parte non inadempiente ad un adempimento tardivo » (3).
Il termine per l'adempimento del contratto preliminare nella giurisprudenza
Le pronunce di legittimità sinora si sono attestate su posizioni consolidate, sia per i criteri di qualificazione del termine di adempimento, se essenziale o puro, sia per i rimedi esperibili dalle parti contraenti, qualora non abbiano convenuto il giorno entro cui stipulare il contratto definitivo.
Quanto al primo problema, basti ricordare la massima di una recente sentenza (peraltro richiamata da quella qui annotata) che recita «Il termine per l'adempimento può essere reputato essenziale, ai sensi e per gli effetti dell'art. 1457 c.c., soltanto quando, all'esito di indagine istituzionalmente riservata al giudice di merito, da condursi alla stregua delle espressioni adoperate dai contraenti e, soprattutto, della natura e dell'oggetto del contratto, risulti inequivocabilmente la volontà delle parti di ritenere perduta l'utilità economica del contratto con l'inutile decorso del termine medesimo. Tale volontà non può desumersi esclusivamente dall'uso dell'espressione «entro e non oltre » quando non risulti dall'oggetto del negozio o da specifiche indicazioni delle parti che queste hanno inteso considerare perduta l'utilità prefissasi nel caso di conclusione del negozio stesso oltre la data considerata » (4).
È dunque evidente come, calando tali considerazioni alle prestazioni cui si obbligano le parti di un contratto preliminare, il decorso del termine di adempimento apposto dalle parti non equivalga tout court alla risoluzione del contratto preliminare.
Al contrario, è indispensabile che le parti qualifichino la natura di tale termine, anche solo con il richiamo della disposizione codicistica di riferimento, ovvero che sussistano le condizioni oggettive suddette affinché si possa valutare il disinteresse alla prosecuzione del rapporto.
Quanto al termine di adempimento, occorre distinguere il caso della sua apposizione da quello della mancanza e, in quest'ultima ipotesi, il caso della richiesta di fissazione ex art. 1183 c.c. da quello dell'inerzia delle parti contraenti.
Qualora le parti abbiano convenuto un termine di adempimento, occorrerà attenderne il decorso (5), affinché possano dirsi inadempienti all'obbligo di prestare il consenso alla stipulazione del contratto definitivo (6).
D'altro canto, non è rifiutabile l'adempimento anteriore alla scadenza del termine, dovendosi quest'ultimo intendere a favore del debitore, ex art. 1184 c.c.
Qualora, invece, tale termine dovesse mancare nel testo contrattuale, è da escludere l'applicazione del principio quod sine die debetur, statim debetur, per l'incompatibilità dell'immediata esigibilità delle prestazioni con la natura e la funzione del contratto preliminare.
La giurisprudenza, poi, ha ritenuto che, in mancanza di termine, l'inadempimento possa dirsi di non scarsa importanza soltanto qualora sia trascorso un lasso di tempo considerevole e non tollerabile, tale da far escludere la permanenza dell'interesse alla stipulazione del contratto definitivo (7).
Non sono poi mancate pronunce che hanno ammesso la fissazione unilaterale del termine da uno dei contraenti all'altro (8); la parte attivatasi, difatti, allo scadere del termine, potrà promuovere l'azione di risoluzione del contratto per inadempimento.
In via generale, comunque, è ammesso il rimedio giudiziale ex art. 1183 c.c., così che la fissazione del termine avvenga da parte del giudice, adito da uno dei contraenti (9).
Infine, resta da considerare l'ipotesi che, in mancanza di un termine di adempimento fissato dalle parti, nessuna si attivi nei confronti dell'altra, né in via giudiziale né in via stragiudiziale; per tale caso, la giurisprudenza ha applicato gli ordinari termini di prescrizione (10), ritenendo peraltro che essi decorrano dal giorno della stipulazione del contratto preliminare, contrariamente alla regola della inesigibilità immediata delle prestazioni da esso scaturenti.
Dal confronto delle motivazioni della sentenza in esame con il panorama giurisprudenziale, dunque, è evidente che la stessa non apporti alcuna novità.
Tuttavia, le argomentazioni della Corte non paiono dare pienamente conto delle implicazioni derivanti dall'apposizione di un termine al contratto preliminare.
Tale semplificazione è riscontrabile anche nella contrattazione immobiliare, ove si reitera la clausola relativa al tempo entro cui le parti si obbligano alla conclusione del contratto definitivo e si tenta di attribuire alla stessa rilevanza giuridica con l'adozione di espressioni quali «improrogabilmente » o «entro e non oltre il ».
Rilevanza, funzione e natura dei termini apponibili ad un contratto
Giova sottolineare come la dottrina, in punto di teoria generale, abbia constatato che «ogni fenomeno giuridico reca in sé una dimensione temporale, una indicazione relativa al tempo », e che, tuttavia, ad un esame più approfondito, le determinazioni temporali apponibili ad un negozio giuridico sono assai più complesse, perché si trovano «nel punto di confluenza della teoria (e dei sistemi concettuali) del negozio giuridico, del contratto e delle obbligazioni, con continue trasposizioni di piani [.] » (11).
Occorre dunque considerare la distinzione tra termine di efficacia e termine di adempimento (12), incastrando tale ripartizione all'altrettanto nota tra termine finale ed iniziale (13).
Ne discende che il termine di efficacia - iniziale (14) e/o finale - delimita il periodo temporale del vincolo obbligatorio tra i contraenti, mentre quello di adempimento confina il periodo di esigibilità delle obbligazioni scaturenti dal contratto medesimo nonché il dies a quo dell'inadempimento del debitore.
Si aggiunga la possibilità di prevedere un termine essenziale, ossia una data entro cui l'inadempimento di una prestazione individuata dalle parti determini l'automatica risoluzione del contratto, ex art. 1457 c.c..
Appare evidente, dunque, come la previsione di un dies certus an e certus quando (ovvero certus an ma incertus quando) possa, nell'intenzione delle parti, delimitare l'efficacia del contratto, l'esigibilità delle prestazioni da esso scaturenti, l'esperibilità dei rimedi contro l'inadempimento nonché l'interesse alla conservazione del rapporto contrattuale.
D'altro canto, non è possibile escludere la compatibilità tra i tipi di termine così individuati, laddove si pensi ad un contratto con efficacia da una data ad un'altra, le cui obbligazioni siano esigibili soltanto a decorrere da un certo giorno ovvero debbano essere eseguite entro una certa scadenza, pena l'inadempimento oppure la risoluzione automatica del rapporto.
La particolare ipotesi del contratto obbligatorio
Dalle considerazioni sinora svolte, dunque, parrebbe di poter condividere l'impostazione secondo cui il termine è elemento accidentale del contratto, in quanto è rimesso all'autonomia delle parti regolare l'efficacia nel tempo e/o disciplinare l'esigibilità delle prestazioni.
Del pari, le funzioni delle differenti tipologie di termine paiono compatibili con il contratto preliminare, essendo quest'ultimo assoggettato alla disciplina del contratto in generale.
In realtà, occorre considerare più approfonditamente la questione della natura dei termini apponibili ad un contratto obbligatorio ed alla qualificazione degli stessi come essenziali o accidentali.
Per chiarezza espositiva conviene anticipare la nostra conclusione, ossia l'opportunità dell'apposizione ad un contratto preliminare sia di un termine di adempimento che di una clausola che delimiti nel tempo l'esperibilità dei rimedi, vuoi risolutori vuoi di esecuzione specifica dell'obbligo di contrarre.
Tale convincimento non solo si basa sulla tradizionale causa-funzione del preliminare, quale negozio obbligatorio preparatorio, che consente di gestire le sopravvenienze e di obbligare a stipulare un contratto definitivo entro un ragionevole lasso di tempo (15), ma appare anche coerente all'evoluzione normativa in tema di contratto preliminare.
Ci riferiamo, in particolare, alla trascrivibilità (art. 2645-bis c.c.), al privilegio a favore del promissario acquirente (art. 2775-bis c.c.), alla tutela degli acquirenti di immobili da costruire (d.lgs. n. 122 del 2005), alla nuova tutela apprestata dalla riforma del diritto fallimentare (art. 72-bis l. fall.), nonché alle conseguenze in tema di prescrizione dell'azione, sia di adempimento in forma esecutiva che di risoluzione per inadempimento.
A fronte del crescente ricorso alla stipulazione del contratto preliminare (16), difatti, appare oltremodo opportuno delimitare nel tempo l'efficacia del vincolo negoziale tra le parti contraenti.
In altre parole, con riferimento ai contratti obbligatori, riteniamo condivisibile tanto l'idea che il termine di adempimento sia elemento essenziale del negozio, seppur non a pena di nullità, quanto le motivazioni che hanno indotto la dottrina a ritenere inutile un termine iniziale di efficacia e compatibile un cosiddetto «termine finale di efficacia ».
È unanime la constatazione secondo cui, coerentemente alla funzione del contratto preliminare, la principale prestazione reciproca dedotta, ossia la manifestazione di volontà di conclusione del contratto definitivo, non sia subito esigibile; se si ammettesse ciò, difatti, si dovrebbe ritenere inutile e superflua la stipulazione di un contratto preliminare.
D'altra parte, i contraenti intendono raggiungere nel più breve tempo possibile la soddisfazione dei reciproci interessi creditori.
Da ciò si desume l'esigenza che il contratto preliminare sia munito di termine di adempimento, al fine di regolare l'esigibilità delle prestazioni e di rendere esperibili i rimedi contrattuali in tempi altrettanto rapidi.
Tale termine, in caso di contratto preliminare trascritto, costituisce peraltro riferimento per l'efficacia prenotativa della trascrizione e, dunque, per l'inopponibilità al promissario acquirente di alienazioni medio tempore trascritte a carico del promittente venditore, nonché per l'efficacia del privilegio riconosciuto al promissario acquirente a tutela dei crediti vantati (17).
Del pari, l'indicazione del termine di adempimento è rilevante nella disciplina a «tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire » (d.lgs. n. 122 del 2005), perché, quantunque non sia richiesto tra gli elementi essenziali del contratto preliminare (art. 6), a pena di nullità relativa, ad esso è commisurabile la durata della fideiussione che il costruttore è tenuto a prestare a garanzia dei pagamenti effettuati dal promissario acquirente (18).
La dottrina ritiene priva di senso l'apposizione ad un contratto ad effetti obbligatori di un termine iniziale di efficacia, mancando l'interesse dei contraenti a posticipare l'assunzione delle obbligazioni rispetto al momento della conclusione del contratto. Si è affermato, al riguardo, che «è estremamente difficile rinvenire ipotesi nelle quali - nei contratti obbligatori - il termine operi sull'efficacia, rinviando nel tempo la stessa nascita della obbligazione. Il vero è che l'interesse delle parti ad una soddisfazione differita dell'interesse viene realizzato adeguatamente sottoponendo a termine il momento dell'adempimento; mentre risulta di estrema complessità e macchinosità un intento diretto a rinviare nel tempo la stessa nascita dell'obbligo e quindi a precisare successivamente il momento esecutivo di esso » (19). Si è concluso che, nei contratti obbligatori, termine iniziale di efficacia e termine di adempimento coincidano e che quest'ultimo debba necessariamente essere pattuito.
Sebbene tali considerazioni non possano condurre ad affermare che il termine di adempimento sia addirittura elemento essenziale del contratto preliminare a pena di nullità, è tuttavia evidente come alla previsione dello stesso sia connessa l'esperibilità di rimedi e tutele.
Difatti, a dimostrazione dell'avvertita esigenza di integrare il regolamento negoziale e supplire alla mancata convenzione su tale aspetto del contratto, non è difficile ritenere che il contratto preliminare possa rientrare nell'ipotesi prevista dall'art. 1183 c.c., secondo cui, quando «per la natura della prestazione sia necessario un termine », sia possibile adire il giudice perché lo stabilisca (20).
Tuttavia, potrebbe anche configurarsi il caso, come detto, che, nonostante la mancata fissazione di un termine, nessun contraente si attivi.
La cessazione degli effetti obbligatori del contratto dipenderà dal decorso dell'ordinario termine di prescrizione, a partire dal momento di esigibilità della prestazione.
Come anticipato, la giurisprudenza ritiene che il decorso della prescrizione abbia inizio dal momento della conclusione del contratto, contrariamente alla condivisa opinione della non esigibilità immediata delle prestazioni dedotte in un contratto preliminare (21).
Tali problematiche, a nostro parere, sono superabili con la previsione, non solo del termine di adempimento, ma anche di una clausola che precluda l'esperibilità di azioni oltre un certo tempo.
Vero è che la cessazione degli effetti del contratto preliminare non ha alcun legame con la durata dell'efficacia prenotativa della trascrizione del medesimo, in quanto l'art. 2645-bis c.c. delimita tale funzione rispetto al giorno assunto come termine di adempimento ovvero alla data della trascrizione medesima.
D'altro canto, però, è innegabile l'esigenza di prevenire iniziative tardive di parti che, intenzionalmente inerti, si ravvedano a distanza di tempo e promuovano iniziative giudiziali, vuoi di adempimento vuoi di risoluzione per inadempimento e risarcimento del danno.
Qualora infatti ipotizzassimo un contratto preliminare diligentemente munito di termine di adempimento, potremmo prevedere il caso in cui, divenute esigibili le prestazioni, nessun contraente si attivi, né per l'adempimento né per la risoluzione, ma, contemporaneamente, conservi la titolarità del diritto a far valere le proprie pretese, sino al decorso del termine di prescrizione (che peraltro, con certezza, avrebbe inizio dal decorso del termine di adempimento).
La dottrina, avvedutasi del problema, ritiene che l'inerzia di entrambe le parti, successiva alla scadenza del termine, consenta il decorso dei termini prescrizionali, ovvero che il comportamento delle parti possa essere valutato come espressivo del cosiddetto mutuo dissenso (ex art. 1372 c.c.) (22).
La giurisprudenza (23), invece, ha ritenuto che la previsione del solo termine finale di efficacia del contratto preliminare non ne escluda la funzione di termine di adempimento ovvero di termine essenziale, qualora ne ricorrano le caratteristiche.
È da notare, tuttavia, come diversa è la funzione del termine essenziale, ove si considerino sia il margine lasciato dal comma 1 dell'art. 1457 c.c. all'adempimento tardivo sia quelle pronunce che hanno ammesso la rinuncia tardiva alla risoluzione del contratto (24).
A nostro parere, dunque, non è apponibile un termine finale di efficacia in senso tecnico, il cui decorso comporterebbe la risoluzione automatica del contratto preliminare.
È evidente, difatti, che si otterrebbe il risultato, vietato, di modificare la disciplina legale della prescrizione (art. 2936 c.c.), privando le parti contraenti dei rimedi negoziali anteriormente al decorso del termine prescrizionale.
Sono piuttosto ipotizzabili una condizione risolutiva di inadempimento ovvero un termine convenzionale di decadenza.
Quanto al primo, si tratterebbe di dedurre in condizione risolutiva l'evento dell'inadempimento dell'obbligo di prestare il consenso alla conclusione del contratto definitivo; secondo l'orientamento ormai prevalente, difatti, la distinzione tra momento di conclusione del contratto e esecuzione degli obblighi da esso scaturenti consente di condizionare gli effetti del contratto, sospensivamente all'adempimento o risolutivamente all'inadempimento delle obbligazioni dal medesimo scaturenti (25). Si potrebbe anche ipotizzare di ricorrere alla struttura della condizione unilaterale (26), ossia quella condizione apposta nell'interesse di una sola delle parti contraenti, alla quale è assegnata anche la facoltà di rinunziare agli effetti scaturenti dall'avveramento della condizione medesima.
Da ultimo, appare altresì efficace, ai fini considerati, l'apposizione di un termine di decadenza all'esperibilità dei rimedi giudiziali.
È utile evidenziare come né il rimedio risolutorio né quello esecutivo siano ex lege subordinati a termini di decadenza, ma solo al termine prescrizionale ordinario.
Altrettanto utile è ricordare il peculiare regime di alternatività tra tali rimedi disposto dall'art. 1453 comma 2 c.c., nonché notare che la risoluzione è subordinata al requisito della non scarsa importanza dell'inadempimento, mentre l'esecuzione specifica dell'obbligo di concludere il contratto definitivo è preclusa, ai sensi dell'art. 2932 c.c., dalla impossibilità di conclusione di tale contratto ovvero dalla esclusione dell'eseguibilità espressamente contenuta nel titolo.
Stante tale quadro, ci pare funzionale all'obiettivo sin qui considerato l'apposizione di un termine di decadenza (27), nei limiti in cui ciò è ammesso dal combinato disposto degli artt. 2965 e 2968 c.c. e senza possibilità di derogare all'alternatività tra il rimedio risolutorio e quello di adempimento coattivo disposta dal citato art. 1453 comma 2 c.c.
Com'è noto, è stipulabile il patto che stabilisca convenzionalmente un termine di decadenza, ovvero modifichi il regime legale di decadenza, purché esso non riguardi l'esercizio di diritti indisponibili e non renda eccessivamente difficile ad una delle parti l'esercizio del diritto sottoposto a decadenza (28).
Tale patto sarà regolato dalla disciplina codicistica, ossia inapplicabilità delle regole in tema di interruzione e sospensione dei termini (art. 2964 c.c.), irrilevabilità d'ufficio dal giudice (art. 2969 c.c.), nonché dalla particolare regola di impedimento della decadenza mediante riconoscimento del diritto da parte della persona contro cui il diritto stesso deve essere fatto valere (art. 2966 comma 2 c.c.).
Sarà necessario prestare particolare attenzione alla redazione di tale clausola, in quanto, ricorrendone i presupposti oggettivi e soggettivi, essa sarà assoggettata alla disciplina delle condizioni generali di contratto, di cui all'art. 1341 c.c., nonché delle clausole vessatorie, ai sensi degli artt. 33 e 36 Codice del consumo.
Proprio tale ultimo aspetto deve essere accuratamente considerato, specialmente qualora si condivida l'impostazione secondo cui la disciplina a tutela del consumatore, di cui al Codice del consumo, e la disciplina a tutela degli acquirenti di immobili da costruire (d.lgs. n. 122 del 2005) sarebbero sovrapponibili (29).
La clausola che abbia «per oggetto o per effetto » di sancire a carico del promissario acquirente-consumatore termini di decadenza rientra tra quelle clausole la cui vessatorietà è presunta, sino a prova contraria, e precisamente nella tipologia indicata dall'art. 33 comma 2 lett. t del Codice del consumo. È da notare, peraltro, come la prova della trattativa individuale, in tal caso, ex art. 34 comma 4 del Codice stesso, sarebbe idonea a vincere la presunzione di vessatorietà.
D'altro canto, ci si potrebbe interrogare se, nonostante la letterale previsione di cui al citato art. 33, la clausola che ponga a carico dell'acquirente termini di decadenza possa rientrare nella più ampia categoria delle clausole che abbiano «per oggetto o per effetto » di limitare le azioni del consumatore nei confronti del professionista in caso di inadempimento totale o parziale da parte del professionista medesimo (art. 36 comma 2 lett. b); per tale tipo di clausola, tuttavia, com'è noto, a nulla varrebbe la prova di trattativa individuale intercorsa né sarebbe sanabile la nullità di protezione, parziale e relativa, di cui al medesimo art. 36 del Codice.
Infine, al di là delle problematiche di classificazione, è opportuno ribadire l'esigenza di una chiara ed inequivoca formulazione della clausola, che non lasci spazio ad interpretazioni in due o più sensi diversi; ciò potrebbe accadere, difatti, qualora il contratto preliminare, secondo l'idea da noi proposta, contenesse l'indicazione di termini con funzioni differenti (di adempimento, essenziale, di decadenza) ma il testo contrattuale non indicasse chiaramente la natura di ognuno.
A tale riguardo, l'interpretazione del giudice, elaborata secondo i criteri del codice civile, dovrà tenere conto anche del criterio ermeneutico di cui all'art. 35 comma 2 Codice del consumo, riproduttivo dell'art. 1469-quater comma 2 c.c.; pertanto, il giudice sarà tenuto ad una interpretatio contra proferentem, tale da attribuire al consumatore la posizione giuridica migliore.
È noto come si discuta tra quali situazioni il giudice dovrebbe compiere una comparazione, al fine di scegliere l'interpretazione più favorevole al consumatore; si dibatte se l'esegesi debba consistere nella ricerca, tra i possibili significati della clausola, di quello che consenta di classificarla come vessatoria ovvero il giudice debba compiere un raffronto tra i diritti e i doveri che ciascuna interpretazione farebbe sorgere in capo al consumatore, senza tenere conto della eventualità che la clausola possa essere ritenuta abusiva.
È evidente, peraltro, come la diversità di iter di giudizio non possa mutarne il risultato: il giudice che, all'esito dell'interpretazione della clausola, dovesse ricostruire un significato tale da ricondurre la stessa agli elenchi di cui agli artt. 33 e 36 Codice del consumo, non potrebbe che rilevarne d'ufficio la nullità, ex art. 36 comma 3 Codice cit.
In conclusione, per il caso che ci interessa, la clausola interpretata dal giudice come termine di decadenza sarebbe efficace solo qualora il professionista desse prova dell'intervenuta trattativa individuale e purché si convenga di escludere che la clausola medesima rientri nell'elencazione dell'art. 36 Codice del consumo; in caso contrario, il giudice dovrebbe, all'esito dell'interpretazione, inesorabilmente rilevarne d'ufficio la nullità (30).
Note:
(1) Cass., 3 febbraio 1998, n.
(2) Cass., 18 luglio 2003, n.
(3) V. supra la sentenza in commento.
(4) Cass., 17 marzo 2005, n. 5797, cit.
(5) Cass., 24 novembre 2005, n.
(6) Vi sarebbe da affrontare, al riguardo, la tematica della forma di eventuali ulteriori accordi di differimento del termine originariamente convenuto tra le parti, specialmente ove anche il contratto preliminare soggiaccia alla forma scritta ad substantiam. È da ritenere che accordi modificativi di contratti preliminari assoggettati a trascrizione ex art. 2645-bis c.c. debbano rivestire forma solenne, data anche la rilevanza del termine di adempimento ai fini della determinazione della durata dell'efficacia prenotativa della trascrizione medesima. Cfr., contraria alla necessità dell'accordo scritto, Cass., 25 giugno 2005, n.
(7) Cass., 25 novembre 2002, n.
(8) Cass., 29 gennaio 1993, n.
(9) Cass., 28 novembre 1992, n
(10) Cass., 5 aprile 1989, n. 1642, con nota di A. Villella, Funzione del termine nel contratto preliminare, in Rass. dir. civ., 1993, 1, 159-173; Cass., 29 agosto 1991, n.
(11) E. Russo, voce Termine (dir. civ.), I) In generale, in Enc. giur., I, 1994, 1.2.
(12) Contrario a tale classificazione E. Russo, op. cit., 2.3.
(13) Si rammenta non solo la categoria dei cosiddetti «atti legittimi », ossia atti che non tollerano l'apposizione di alcun termine, ma anche il noto dibattito circa l'apposizione di un termine finale di efficacia a contratti traslativi del diritto di proprietà, non potendosi quest'ultimo configurare come diritto a durata prefissata, pena la negazione della sua assolutezza. Cfr., A. Scacchi, La proprietà temporanea, Milano, 2005, passim.
(14) Cass., 26 maggio 2004, n.
(15) A. Giusti-M. Paladini, Il contratto preliminare, Milano, 1992, 165-166; A. Gazzoni, Il contratto preliminare, Torino, 1998, 122-123; G. Gabrielli-F. Franceschelli, voce Contratto preliminare. I) Diritto civile, in Enc. giur., IX, 1988, 1.
(16) Si rammenta la previsione legislativa della Finanziaria 2007 (l. 27 dicembre 2006, n. 296) che impone ai mediatori immobiliari la registrazione dei contratti preliminari conclusi per loro tramite.
(17) È pacifica l'opinione secondo cui tale privilegio abbia natura iscrizionale; cfr. A. Luminoso, Il privilegio speciale a garanzia dei crediti restitutori del promissario acquirente,in Notariato, 1998, 564 ss. Da tale natura sono fatte discendere l'inapplicabilità dell'art. 2748 comma 2 c.c., che dispone la prevalenza del privilegio sull'ipoteca, e l'applicabilità del criterio generale di cui all'art. 2644 c.c.; pertanto, il conflitto tra creditori ipotecari e creditore privilegiato, già promissario acquirente, è risolto in base al criterio della priorità della iscrizione. Tuttavia, in senso contrario, si è espressa Cass., 14 novembre 2003, n.
(18) Cfr. G. Rizzi, La redazione del preliminare - Profili operativi, Studio del Consiglio Nazionale del Notariato n. 19-2007/C, il quale, al contrario, ritiene che il termine di adempimento del contratto preliminare debba essere commisurato alla durata della fideiussione obbligatoria prestata dal costruttore; pertanto afferma che «se fosse stata rilasciata una fideiussione a termine «fisso », non sembra sia possibile prevedere nel contratto preliminare un termine ultimo per la stipula del definitivo successivo al termine di scadenza della fideiussione, la cui durata deve essere successiva o al massimo contestuale al momento del trasferimento della proprietà ».
(19) E. Russo, op. cit., 2.
(20) D. Rubino, La compravendita, in AA.VV., Trattato di diritto civile e commerciale, a cura di A. Cicu-F. Messineo, Milano, 1971, 36, ipotizzava, in tal caso, l'applicazione analogica della fissazione giudiziale del termine del contratto di opzione, ex art. 1331 comma 2 c.c.
(21) V., supra, nota 10; cfr. G. Gabrielli-F. Franceschelli, op. cit., 6.1.
(22) R. Scognamiglio, Contratti in generale, in AA.VV., Commentario del Codice civile, a cura di A. Scialoja-G. Branca, Bologna-Roma, 1970, 448.
(23) Cass., 16 settembre 1991, n.
(24) Cass., 3 settembre 1998 n.
(25) G. Petrelli, La condizione «elemento essenziale » del negozio giuridico, Milano, 2000, 431 ss. e Id., Clausole condizionali e prassi notarile, in Notariato, 2001, 165-181 e 274-291; in giurisprudenza, Cass. 24 novembre 2003, n.
(26) S. Gisolfi, Il «punto » su dottrina e giurisprudenza in tema di condizione unilaterale, in Riv. not., 2004, I, 575-588; F. Gazzoni, Condizione unilaterale e conflitto con i terzi, ivi, 1994, I, 1195 ss.; P. Carbone, I tanti volti della cd. condizione unilaterale, in Contr. e impr., 2002, 240 ss.; recentemente, Cass., 13 novembre 2006, n.
(27) V. Tedeschi, voce Decadenza (dir. e proc. civ.), in Enc. dir., 1962, XI, 770-792.
(28) È ammessa l'apposizione di tale termine anche mediante testamento a carico del diritto del chiamato di accettare l'eredità, analogamente all'effetto dell'actio interrogatoria: si veda L. Coviello, Il termine «ex voluntate testatoris » per l'accettazione dell'eredità, in Riv. dir. civ., 1957, I, 383 ss.
(29) Si veda al riguardo G. Petrelli, Gli acquisti di immobili da costruire, 2005, 40-47, seppur con riferimento alla nozione di consumatore di cui agli artt. 1469-bis ss. c.c.
(30) Si osservi, tuttavia, come si stia tentando in dottrina di conciliare la natura relativa della legittimazione a far valere la nullità delle clausole vessatorie e la rilevabilità d'ufficio dell'invalidità medesima; si ritiene infatti che, a seguito della rilevazione dal giudice, debba essere comunque rimessa al consumatore la scelta se far valere la nullità della clausola: al riguardo, v. già S. Monticelli, Nullità, legittimazione relativa e rilevabilità d'ufficio, in Riv. dir. priv., 2002, 685 ss.
Autore: Stefania Romano
Fonte: "Contratti", Ipsoa, 2008, 2, 156