Tribunale di Lecce
Sezione di Maglie
Sentenza 29 novembre 2008, n. 368
nella causa civile n. 7815/2000 promossa da
DA
C. G., C. S. e C. G. rappresentati e difesi dagli avv.ti . ATTORI
CONTRO
. ASSICURAZIONI rappresentata e difesa dall'avv. . CONVENUTA
V. S. - CONVENUTO CONTUMACE
Nell'udienza del 21.5.2008, sulle conclusioni precisate dalle parti nel relativo verbale, la causa era trattenuta per la decisione.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto 25-31.10.2000 i signori C. G. e C. S. convenivano al giudizio di questo Tribunale la . ASSICURAZIONI ed il signor V. S. nella qualità rispettivamente di società assicuratrice e proprietario e conducente dell'autovettura . trg. . per sentirli condannare, in solido tra loro, al risarcimento dei danni tutti subiti da essi attori, per la morte del loro padre, C. O., a seguito dell'incidente stradale accaduto il ., mentre quest'ultimo alla guida dell'autovettura ., dalla vicinale Muro Leccese-Palmariggi si immetteva sulla SS 497; danni che quantificavano in complessive £. . ciascuno.
A sostegno della domanda deducevano:
- che nell'occorso il loro genitore, giunto all'intersezione con la SS 497, dopo essersi fermato, ne aveva intrapreso l'attraversamento, quando dalla sua sinistra, fuoriuscendo da un curvone, sopraggiungeva la . condotta dal V. che investiva violentemente la . proiettandola a circa 15 mt di distanza;
- che l'incidente era da addebitare in via esclusiva alla condotta di guida del V., come era stato dimostrato dalla perizia svolta in sede penale, dove peraltro, questi aveva patteggiato la pena ex art. 444 c.p.p.
Così dettagliavano i danni da ciascuno subiti:
£. . per danno morale; £. . per danno patrimoniale, ., sempre pro quota, per spese funerarie e distruzione dell'autovettura . di proprietà della vittima.
Dei convenuti si costituiva la sola società assicuratrice convenuta e contestava la responsabilità del proprio assicurato deducendo che causa principale dell'incidente era stato il comportamento di guida del C. il quale, in violazione delle prescrizioni della segnaletica verticale, ometteva di dare la precedenza al veicolo condotto dal V. il quale aveva anche messo in atto una decisa azione di frenatura al fine di evitare la collisione con la ..
Contestava poi la domanda anche nel quantum, in particolare riguardo al danno patrimoniale richiesto.
Con separato atto notificato in data 9-13.2.2001 anche C. G., quale figlia ed erede di C. O., conveniva in giudizio la predetta società ed il V., per le medesime ragioni fatte valere d gli altri due germani nel presente giudizio.
Disposta la riunione di entrambe le cause nell'udienza del 19.6.2002 ed esaurita l'istruzione con l'espletamento delle prove orali richieste dalla parti, precisate le conclusioni, il giudizio era trattenuto per la decisione con l'assegnazione dei termini di legge per il deposito di conclusionali e repliche.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Deve essere preliminarmente dichiarata la contumacia di V. S., che non si è costituito, benché regolarmente citato.
Nel merito, va anzitutto premesso che le conclusioni raggiunte dal perito nominato nel corso del giudizio penale per omicidio colposo instauratosi a carico del V., sulle quali in sostanza la società assicuratrice convenuta ha fondato la sua difesa, sono del tutto ininfluenti in quanto palesemente contraddette dalle risultanze obiettive emergenti dalla stessa relazione.
Si legge invero nell'elaborato acquisito agli atti del presente giudizio senza contestazione tra le parti: "Nella direzione verso Santa Cesarea Terme (quella seguita dall'autovettura . del V.) la segnaletica verticale è rappresentata da un segnale di incrocio posto a distanza di circa 160 metri dall'intersezione con la vicinale (da cui proveniva la . della vittima C. O.) e da una segnalazione di limite di velocità di 50 Km/h, curva pericolosa.".
Segue, poi, la precisazione che tale limite è stato imposto in epoca successiva, in quanto alla data dell'incidente risultava fissato in base al rapporto dei CC in 70 Km/h.
Risulta altresì evidenziato l'elevato stato di usura del battistrada delle gomme anteriori dell'autovettura ., mentre lo stato del mezzo non ha consentito di svolgere un'indagine sull'efficienza dell'impianto frenante.
Quanto al punto d'urto, infine, esso è stato individuato al centro della carreggiata con le ruote sinistre della . al di là della mezzeria stradale (di sua pertinenza).
Ma soprattutto, passando al calcolo delle velocità di marcia dei veicoli il perito ha rilevato: "Per quanto riguarda l'autovettura condotta dal C., dalla posizione assoluta d'urto appare evidente che l'urto si è avuto mentre questa stava attraversando la strada provinciale per immettersi sul lato della strada vicinale posto di fronte a quello di provenienza.
La velocità calcolata del veicolo è assolutamente incompatibile con un'eventuale manovra di attraversamento senza arresto sull'intersezione stradale.
L'esiguità del valore della velocità dell'autovettura porta dunque a concludere che, negli istanti immediatamente precedenti all'urto, il C. stava operando una manovra di attraversamento dell'incrocio con partenza da fermo".
Per contro, con riguardo alla condotta di guida del V. lo stesso perito ha accertato: ".la velocità calcolata dell'autovettura del V. è risultata compresa tra 120 e 130 Km/h.
Non vi è alcun dubbio circa l'esistenza di un nesso di causalità tra il verificarsi dell'incidente e l'eccesso di velocità della .. Si può infatti dimostrare che se l'autovettura del V. avesse viaggiato a velocità inferiore al limite massimo concesso, il C. avrebbe avuto tutto il tempo di completare la manovra di attraversamento dell'incrocio senza venire in collisione con l'autovettura antagonista."
Dopo aver fornito la relativa dimostrazione con calcolo matematico, peraltro fondata sulla premessa (opinabile) della percezione da parte del V. della situazione di pericolo a distanza di soli settantacinque metri dall'intersezione con la strada vicinale, il tecnico ha ribadito: "Pertanto, se il V. avesse condotto la propria autovettura entro il limite massimo consentito dalla segnaletica stradale l'incidente non si sarebbe verificato.Infatti se il V. avesse ottemperato al limite massimo prescritto, se pur per pochi istanti, la propria autovettura sarebbe transitata sull'incrocio dopo la completa effettuazione della manovra di attraversamento della .".
E' di tutta evidenza l'incompatibilità di tali riscontri obiettivi rilevati dall' ing, V., perito, come innanzi detto, incaricato dal giudice penale e comprovati addirittura dalla dimostrazioni di calcolo illustrate nella sua stessa relazione, con le conclusioni (non dovute) che egli ha poi tratto in tema di nesso di causalità affermando al riguardo: "causa principale dell'incidente è stato il comportamento di guida del C., il quale, in violazione delle prescrizioni della segnaletica verticale ometteva di dare la precedenza al veicolo condotto dal V." nonché: "concausa dell'incidente è stato il comportamento di guida del V., il quale conduceva il proprio veicolo a velocità eccessiva, omettendo di ottemperare al limite imposto pari a 70 km/h dalla segnaletica verticale".
E'smentita, invero, dagli stessi calcoli elaborati sulla velocità di marcia dei veicoli coinvolti nel sinistro l'asserita mancata precedenza da parte del C. all'autovettura condotta dal V., avendo lo stesso perito accertato che l'autovettura . fu letteralmente centrata dall'autovettura . del V., mentre il C. stava operando una manovra di attraversamento dell'incrocio con partenza da fermo.
E' palesemente apodittico e privo di reale fondamento dunque l'addebito, mosso dal perito al C., del mancato rispetto della segnaletica verticale di dare la precedenza, che in realtà egli ha desunto in maniera del tutto aprioristica, e forse anche inconsapevole, sulla base del solo riscontro dell'apposizione di detta segnaletica all'intersezione interessata.
Come dire, dalla verifica della esistenza del segnale di dare precedenza all'intersezione della vicinale con la SS497, il perito **** ne ha inferito automaticamente anche la relativa mancata osservanza, senza scindere cioè tra il momento statico dell'obbligo e il momento dinamico dato dalla concreta verifica del rispetto dell'obbligo stesso nella contingente circostanza.
Ma anche a voler tutto concedere e, quindi, a voler addebitare al C. - restando indiscutibile il dato di fatto che egli ripartì da fermo- un errore di calcolo nella valutazione della velocità tenuta dall'autovettura . che sopraggiungeva dalla sua sinistra (ma l'ipotesi più verosimile, a meno di non dover ipotizzare una volontà suicida del C., è che questi non sia stato in condizione di avvistarla, come si può agevolmente ricavare dalla deposizione del maresciallo S. R. il quale nel verbale di udienza del 23.6.2004 ha dichiarato: "Preciso che in caso di elevata velocità dall'uscita della curva all'incrocio passa pochissimo tempo, forse un secondo" ), parimenti resterebbe esclusa ogni rilevanza a livello di causalità tra un tale errore e l'evento dannoso.
Va considerato infatti che nell'occorso il conducente della . teneva una velocità tra i 120 ed i 130 Km/h, di gran lunga superiore quindi a quella all'epoca consentita (70 km/h), attualmente addirittura abbassata a 50 km/h, che rapportata alle condizioni del mezzo (gomme anteriori con elevato stato di usura del battistrada) e a quelle della strada, (curva pericolosa, presenza di incrocio), non può non essere ritenuta, di per sé sola, indice di massima imprudenza al limite estremo della colpa, al confine cioè con l'altro elemento soggettivo del reato in generale, come noto, ben più grave.
Se a ciò si aggiunge che il punto d'urto avvenne al centro della carreggiata, quando cioè la . aveva quasi guadagnato l'altra corsia e comunque aveva lasciato dietro di sé lo spazio sufficiente per il passaggio della ., se solo questa avesse mantenuto la propria destra, allora ben si vede come non ci sia modo di riconoscere, nemmeno a livello di manovra di emergenza, alcuna attenuante alla gravità della condotta di guida del V.
La velocità alla quale viaggiava, spaventosa se rapportata alle condizioni del suo mezzo (del quale non sono state accertate, peraltro, le condizioni dell'impianto frenante), fu la causa unica ed esclusiva del sinistro in esame, che avrebbe potuto essere facilmente e sicuramente evitato ove il V., nonostante la velocità tenuta, avesse mantenuto la sua vettura sulla propria destra, durante la manovra di emergenza di frenatura; egli aveva infatti sulla sua corsia di marcia lo spazio più che sufficiente per passare alle spalle della ..
Egli invece, incredibilmente, si spostò con la sua autovettura sulla sinistra verso il centro della carreggiata, inseguendo addirittura, e finendo per intersecarla perpendicolarmente, la traiettoria della ..
Passando all'esame del quantum debeatur, nessuna questione si pone in ordine al danno patrimoniale iure hereditatis per la distruzione dell'autovettura di proprietà della vittima che può essere liquidato nella misura di ?. . (corrispondente al valore antesinistro all'epoca del danno, desumibile dalle riviste del settore),
Vanno certamente riconosciute le spese funerarie nella misura richiesta e documentata di complessivi ?. . (v. fattura del 29.6.98 per £. . e £. . per loculo).
Non si ritengono giustificate invece le spese per vestiario, peraltro documentate da una fattura di ben due mesi successiva all'evento. (v. fattura del 28.8.2008).
Del pari, non si ritiene di poter riconoscere danno patrimoniale iure proprio a nessuno degli attori che, come risulta dalla situazione di famiglia, alla data del decesso del genitore, avevano tutti costituito nuclei familiari autonomi da non meno di venti anni.
Né è verosimile che gli stessi abbiano goduto abitualmente e comunque potessero godere in futuro, data l'età della vittima, di contributi patrimoniali significativi da parte del padre, eccezion fatta per i prodotti della campagna, come è emerso peraltro dalle deposizioni rese dai testi addotti.
A ciascuno degli attori va invece senz'altro riconosciuto iure proprio il danno morale soggettivo, ossia il ristoro delle sofferenze morali patite in conseguenza della perdita traumatica del loro congiunto.
La liquidazione di tale voce di danno è di agevole valutazione dovendo fare ricorso alle tabelle di questo Tribunale in vigore all'epoca del fatto dannoso che, considerate le circostanze del caso (in particolare età degli attori e abbandono del nucleo familiare originario in epoca risalente) si ritiene di poter applicare secondo i valori medi in esse previsti. E, quindi, in circa £. . pari a ?. . (importo arrotondato per difetto, considerato che il valore medio di cinquanta milioni di lire si riferisce alle tabelle 1999-2000) in favore di ciascuno degli attori.
Agli stessi deve essere riconosciuto anche il richiesto danno esistenziale; tanto sulla base della lettura costituzionalmente orientata dell'art. 2059 cod. civ. proposta nelle ormai note pronunzie della Suprema Corte (n. 8827 e n. 8828) dalle quali è partita in realtà la rivisitazione di gran parte dei principi finora dominanti in tema di responsabilità civile, rivisitazione condivisa, expressis verbis, anche dalle Sezioni Unite con l'attesissimo intervento dei giorni scorsi (cfr . Cassaz., SS.UU. nn. 26972, 26973, 26974, 26975).
Confermata, la concezione bipolare per cui, pur rimanendo unica la configurazione della fattispecie illecita, come delineata dagli elementi essenziali previsti dall'art. 2043 cod. civ., il risarcimento del danno patrimoniale deve essere ricondotto nell'alveo di detta norma, mentre il risarcimento del danno non patrimoniale resta delegato all'art. 2059 cod. civ., il giudice di legittimità ha ancora una volta ribadito il superamento della interpretazione restrittiva per cui danno non patrimoniale uguale danno morale e uguale danno risarcibile solo nei casi derivanti da reato, e ricondotto a mera sintesi descrittiva la triplice accezione del danno non patrimoniale.
In passato (Cassaz. n. 9861/2007). la Corte aveva affermato: "Il danno non patrimoniale ex art. 2059 è . danno scaturente dall'evento dannoso di carattere tipico che si compendia nella triplice accezione del danno morale soggettivo, quale mero dolore o patema d'animo interiore; del danno biologico consistente nella lesione dell'integrità psico-fisica accertabile in sede medico legale; del cosiddetto danno esistenziale quale pregiudizio che determina una modifica peggiorativa della personalità da cui consegue uno sconvolgimento delle abitudini di vita con alterazione del modo di rapportarsi con gli altri nell'ambito della comune vita di relazione, sia all'interno che all'esterno del nucleo familiare, conseguente all'ingiusta violazione di valori essenziali della persona costituzionalmente tutelati".
In realtà, a parte l'inquadramento sistematico volto a sottolineare a chiare lettere l'insuscettibilità del danno esistenziale ad assurgere a categoria autonoma di danno, il recente intervento delle Sezioni Unite è rimasto ancorato ai principi già compiutamente delineati nelle note sentenze gemelle del 2003 (n 8727 e 8728).
Muovendo dalla tipicità del danno non patrimoniale, perché tale danno è risarcibile solo nei casi determinati dalla legge, le Sezioni Unite hanno distinto nettamente le tre ipotesi possibili della risarcibilità del danno non patrimoniale: a) in presenza di reato; b) nei casi determinati dalla legge; c) fuori dai casi determinati dalla legge.
"In presenza di reato, affermano le sezioni Unite, superato il tradizionale orientamento che limitava il risarcimento al solo danno morale soggettivo identificato con il patema d'animo transeunte ed affermata la risarcibilità del danno non patrimoniale nella sua più ampia accezione, anche il pregiudizio non patrimoniale consistente nel non poter fare (ma sarebbe meglio dire nella sofferenza morale determinata dal non poter fare) è risarcibile"
E ciò, non solo quando tale pregiudizio è conseguente alla lesione di diritti costituzionalmente inviolabili, come nel caso concreto, dove la morte del congiunto ha comportato la perdita del rapporto parentale, ossia la lesione dei diritti della famiglia (artt 2,29 e 30 costituz.), ma anche quando il pregiudizio è conseguente alla lesione di interessi inerenti la persona non presidiati da siffatti diritti. purchè sussista il requisito del ingiustizia generica secondo l'art 2043 cod civ.., poichè la tipicità in presenza di reato, è insita nella stessa scelta del legislatore di dire risarcibili i danni non patrimoniali cagionati da reato. Scelta che presuppone la rilevanza dell'interesse leso.
Nella seconda ipotesi e cioè negli altri casi determinati dalla legge, la tipicità del danno non patrimoniale è ovviamente fuori discussione perchè la selezione degli interessi è già compiuta (a monte) dal legislatore.
Infine, nella terza ipotesi, cioè in assenza di reato e fuori dei casi determinati dalla legge . in virtù del principio della tutela minima risarcitoria spettante ai diritti costituzionali inviolabili. è data tutela risarcitoria al danno non patrimoniale solo se sia accertata la lesione di un diritto inviolabile della persona.
Deve cioè sussistere un'ingiustizia costituzionalmente qualificata.
Anche in tema di onere della prova le Sezioni Unite hanno, ricalcando principi già espressi dalle sezioni semplici, ribadito che il danno non patrimoniale, in quanto danno conseguenza, deve essere comunque allegato e provato ed hanno altresì espresso il giudizio prognostico del "precipuo rilievo", rispetto a questo tipo di danno, ".considerato che il pregiudizio attiene ad un bene immateriale", che sarà destinata ad assumere la prova per presunzioni, mezzo peraltro non relegato dall'ordinamento in grado subordinato nella gerarchia delle prove cui il giudice può fare ricorso anche in via esclusiva per la formazione del suo convincimento" (cfr. anche Cassaz. n. 13819/2002).
Da siffatti principi discende automatico il riconoscimento del danno esistenziale, ritualmente richiesto nel caso concreto, in quanto rientrante nel petitum originario, delineato dagli attori nell'atto introduttivo del giudizio con riferimento a "tutti i danni subiti per la morte del padre e per qualsiasi titolo, materiali e non".
Nel merito si osserva quindi che, pur trattandosi di soggetti che da tempo hanno costituito un loro nucleo familiare, non per questo si può negare che la perdita in maniera così traumatica del genitore non abbia sconvolto le loro abitudini di vita, privandoli improvvisamente del contributo di esperienza, suggerimenti, consigli, sostegno morale di un padre ancora relativamente giovane.
Si tratta della lesione di un vero e proprio diritto con fondamento costituzionale (artt. 2. 29 e 30 Costituz.), sinteticamente riassunto in danno da perdita del rapporto parentale, derivante dalla violazione del diritto, in definitiva, all'intangibilità della sfera degli affetti e della reciproca solidarietà nell'ambito della famiglia (cfr. Cassaz. n. 11761/2006; 13546/2006).
Dovendo fare ricorso inevitabilmente al criterio equitativo, attese tutte le circostanze del caso, si ritiene di liquidare tale voce di danno in misura pari a poco più di un terzo rispetto a quella liquidata per il danno morale soggettivo e, quindi, in ?. . per ciascuno degli attori.
In conclusione, compete a ciascuno di loro l'ugual somma di ?. . (?. . + .. : 3) + . + . ).
Su tutti gli importi liquidati, vertendosi pacificamente in ipotesi di debito di valore, deve essere computata rivalutazione monetaria, secondo indici ufficiali Istat prezzi al consumo, dal dì del fatto ad oggi, oltre interessi legali sulla somma dovuta, via via rivalutata (cfr. Cassaz. n. 5503/2003; n. 6590/2002), fino al saldo.
Le spese di lite, come da liquidazione in dispositivo, seguono la soccombenza.
La sentenza è provvisoriamente esecutiva per legge.
P.Q.M.
Il Tribunale di Lecce, Sezione Distaccata di Maglie, in composizione monocratica, in persona della dr. Piera Portaluri definitivamente pronunziando, nel giudizio promosso, da C. G., C. S. con atto 25-31.10.2001 e da C. G. con atto 9-13.2.2001 nei confronti della . ASSICURAZIONI e di V. S., ogni altra istanza, eccezione, deduzione, respinta, così provvede:
dichiara la contumacia di V. S.;
dichiara V. S. unico ed esclusivo responsabile dell'incidente stradale accaduto il . sulla SS. 497 all'intersezione con la via vicinale Muro Leccese-Palmariggi;
per l'effetto, dichiara tenuti e condanna la . Assicurazioni SpA e V. S. al pagamento, in solido tra loro, in favore di C. G., C. S. e C. G. della somma di ?. . oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali su tale somma a ciascuno complessivamente liquidata, come indicato nella parte motiva;
condanna la predetta società assicuratrice in solido con il V. al pagamento delle spese di lite sostenute dagli attori che liquida in complessivi ?. . di cui ?. . per diritti ?. . per spese ed ?. . per onorario di avvocato, oltre accessori come per legge;
dichiara la presente sentenza provvisoriamente esecutiva.
Maglie, 29.11.2008.
IL GIUDICE
Dott.ssa Piera Portaluri