Transazione novativa e novazione
Sommario:
1. Il problema del rapporto tra transazione novativa e novazione
2. L'individuazione della fattispecie transattiva
3. Transazione e Novazione: le tesi contrapposte
4. La posizione della Giurisprudenza
5. Aliquid novi e animus novandi nella fattispecie transattiva
6. Una possibile conclusione.
2. L'individuazione della fattispecie transattiva
3. Transazione e Novazione: le tesi contrapposte
4. La posizione della Giurisprudenza
5. Aliquid novi e animus novandi nella fattispecie transattiva
6. Una possibile conclusione.
1. Il problema del rapporto tra transazione novativa e novazione
Controversa è la relazione tra la novazione, disciplinata nel capo IV del
titolo I del libro IV del codice civile, relativo ai mezzi di estinzione delle
obbligazioni diversi dall'adempimento, e la transazione, contratto tipico con il
quale le parti pongono fine ad una lite già incominciata o che può sorgere,
attraverso reciproche concessioni.
Il problema, già discusso sotto il codice abrogato, nasce attualmente dalla
disciplina dettata dall'art. 1976 c.c., rubricato "Risoluzione della transazione
per inadempimento", secondo cui la transazione novativa può essere risolta per
inadempimento solo se la risoluzione è stata espressamente pattuita dalle parti.
La lettera della legge sembra consentire almeno tre implicazioni: 1) che la
transazione, di regola, può essere risolta per inadempimento; 2) che la
transazione novativa non può, di regola, essere risolta per inadempimento; 3)
che la transazione novativa può essere risolta per inadempimento solo se esiste
un patto espresso che ne preveda la risoluzione.
La disciplina legale collega, dunque, novazione e transazione, ponendo il
problema del rapporto tra i due istituti. Diverse sono le possibili conclusioni
applicative. Se, infatti, si ritenesse di ricondurre la transazione novativa
all'istituto della novazione, si perverrebbe alla conclusione che per
configurare la fattispecie di transazione novativa sarebbe necessario rinvenire
i requisiti propri della novazione, l'animus novandi e la modificazione
non accessoria del titolo o dell'oggetto dell'obbligazione. A conclusione
opposta si perverrebbe nel caso la transazione novativa non venga fatta
rientrare nello schema della novazione, considerandola una figura
autonoma.
2. L'individuazione della fattispecie transattiva
La transazione rientra tra gli strumenti accordati ai privati per la
soluzione di controversie giuridiche. Secondo la definizione legale la
transazione è il contratto con il quale le parti, facendosi reciproche
concessioni, pongono fine ad una lite già incominciata o prevengono una lite che
può insorgere tra loro. Le reciproche concessioni si ritiene rappresentino la
nota oggettiva necessaria per qualificare la transazione, accanto all'intento
soggettivo del superamento della lite. Attraverso di esse, le parti possono
disporre anche di rapporti giuridici diversi da quello litigioso, dando vita
alla cosìddetta transazione mista o complessa, controversa figura che
alcuni inquadrano nella problematica del collegamento contrattuale ed altri in
quella del negozio misto, la cui disciplina si ritiene quella della transazione,
salvo applicare in via analogica, nei limiti della compatibilità con il regime
della transazione, la disciplina dei contratti tipici cui appartengono le
prestazioni estranee alla situazione controversa[1].
Discussa è la natura giuridica del contratto di transazione, dibattendosi
tra natura costitutiva e natura accertativa[2]; la funzione
economico sociale del contratto viene solitamente individuata nella composizione
di una lite a mezzo di reciproche concessioni.
Si ritiene che il contratto esalti la libertà dei privati, consentendo loro
di risolvere una controversia senza adire l'autorità giudiziaria. La legge,
peraltro, pone dei limiti alla libertà negoziale, limitando la transazione ai
soli diritti disponibili, richiedendo la forma scritta per provare l'esistenza
del contratto, ed imponendo la forma scritta a pena di nullità, nel caso il
contratto abbia ad oggetto la costituzione od il trasferimento di diritti reali
immobiliari.
La transazione pone altresì un problema di rapporto tra una situazione
pregressa al contratto, che secondo alcuni coinciderebbe con la situazione
litigiosa, e la situazione giuridica scaturita dal contratto. Il fatto che la
legge escluda che il contratto sia impugnabile per errore di diritto sul
caput controversum e per rescissione sembra esprimere un favor
per il mantenimento della situazione giuridica risultante dalla transazione,
evitando ulteriori indagini sulla situazione pregressa, litigiosa o meno.
Peraltro, questo favor viene meno dinanzi ad una situazione di abuso
del diritto, che si verifica quando una delle parti era consapevole, al momento
del contratto, della temerarietà della sua pretesa.
Una peculiare disciplina è dettata nel caso la transazione sia connessa a
giudizi civili di falso, oppure abbia ad oggetto un titolo nullo, oppure sia
stata basata su documenti riconosciuti, successivamente al contratto, falsi,
oppure sia in contrasto con una sentenza passata in giudicato.
3. Transazione e Novazione: le tesi contrapposte
La novazione è disciplinata tra i modi di estinzione delle obbligazioni
diversi dall'adempimento, e realizza, da un lato, l'estinzione dell'obbligazione
pregressa, compresi gli accessori e le garanzie, salvo diversa volontà delle
parti, e, dall'altro, la creazione di una nuova obbligazione con oggetto o
titolo diversi.
Discussa è la natura giuridica della novazione: secondo alcuni è un
contratto, come dimostrerebbe il fatto che la legge richiede una inequivoca
volontà di estinguere l'obbligazione precedente; secondo altri è un effetto che
alcuni contratti possono realizzare, come sarebbe dimostrato dall'art. 1976
c.c., dedicato alla transazione novativa.
Anche in materia di novazione, come per il caso della transazione, esiste
un problema di rapporto tra una situazione giuridica preesistente ed una
situazione giuridica successiva. L'estinzione dell'obbligazione precedente ed il
sorgere di una nuova obbligazione, descritti come effetto novativo,
presuppongono sia una chiara volontà di estinzione, sia una modificazione non
accessoria dell'obbligazione, escludendo che possano rilevare, per esempio, il
rilascio di un documento, la sua rinnovazione, l'apposizione o l'eliminazione di
un termine. Il ritorno alla situazione preesistente è possibile quando
l'originaria obbligazione fosse stata giuridicamente inesistente, salvo che la
novazione sia qualificabile come convalida di un negozio annullabile[3].
L'ambito dell'effetto novativo viene limitato dalla legge al caso della
sostituzione di una nuova obbligazione ad una precedente, con oggetto o titolo
diversi[4]. Inoltre, la
novazione riguarda l'oggetto o il titolo dell'obbligazione, in quanto la
novazione soggettiva viene disciplinata dalle norme sulla cessione del credito e
sulla delegazione, espromissione, accollo[5].
Sul problema del rapporto tra transazione e novazione, come detto, la
dottrina è divisa sostanzialmente tra due tesi contrapposte.
Secondo la tesi che considera le due figure distinte, la transazione
novativa e la novazione si differenzierebbero per la diversa ampiezza
dell'oggetto, per la differente funzione, e per il diverso atteggiarsi del
rapporto tra situazione pregressa e situazione nuova[6].
Dal punto di vista dell'oggetto, la novazione si differenzierebbe dalla
transazione per la maggiore ristrettezza del suo ambito, in quanto l'effetto
novativo consiste nell'estinzione dell'obbligazione originaria e nella creazione
di una nuova obbligazione, con oggetto o titolo diverso, mentre la transazione
può produrre sia effetti obbligatori che effetti reali.
La funzione economico sociale della novazione sembra esaurirsi nella
estinzione dell'obbligazione originaria, e nella creazione di una nuova, mentre
la transazione non mira ad estinguere il rapporto precedente in quanto il suo
scopo, il superamento della lite a mezzo di reciproche concessioni, può essere
compatibile con la sopravvivenza parziale del rapporto precedente. La differenza
tra transazione e transazione novativa, in questa direzione, andrebbe colta sul
piano quantitativo, configurandosi la transazione novativa come integralmente
sostitutiva del rapporto pregresso, diversamente dalla transazione non novativa,
la quale sostituirebbe solo in parte il rapporto preesistente, che verrebbe,
così, disciplinato da più fonti negoziali.
Differente sarebbe anche il rapporto situazione pregressa-situazione nuova.
Nella novazione, la validità della nuova obbligazione dipende dalla validità e
dall'esistenza dell'obbligazione originaria. Nella transazione, la funzione di
composizione della lite impedirebbe il ritorno alla situazione giuridica
preesistente, anche, nell'ipotesi in cui potrebbe dimostrarsi l'inesistenza del
diritto di una delle parti, facendo salvo solo il caso di lite temeraria, che
sottende un abuso del diritto che l'ordinamento non
tollererebbe.
In base al secondo indirizzo dottrinale, la transazione novativa
rientrerebbe nell'ambito della novazione e per sussistere richiederebbe sia
l'animus novandi che l'aliquid novi, come potrebbe desumersi
dall'art. 1976 c.c., che escludendo la risoluzione della transazione per
inadempimento se "il rapporto preesistente è stato estinto per novazione", fa
supporre un rinvio a quest'istituto[7].
I citati requisiti, dovrebbero sussistere, secondo questa tesi, ogni qual
volta si verifichi l'effetto novativo. La transazione non realizzerebbe così
l'effetto estintivo del rapporto preesistente se mancassero tali requisiti, e la
transazione novativa si distinguerebbe dalla transazione non novativa per la
loro presenza.
4. La posizione della Giurisprudenza
La Giurisprudenza sembra accogliere, in modo prevalente, almeno fino agli
anni '80, la seconda tesi esposta, ritenendo che la transazione novativa
costituisca una transazione mista a novazione, e configurando la fattispecie
quando, oltre ai requisiti previsti per integrare la transazione, siano presenti
anche l'animus novandi e l'aliquid novi[8].
In un caso, ad esempio, i giudici negano carattere novativo alla
transazione con la quale le parti, al fine di prevenire l'insorgere di una lite,
stabiliscono di proseguire il rapporto di locazione di un immobile ad uso
promiscuo, anziché ad esclusivo uso diverso da quello abitativo, modificando
contestualmente anche l'entità del canone dovuto dal conduttore. La decisione
viene motivata nella mancanza della prova dell'inequivoca volontà di estinguere
l'obbligazione, richiesta dall'art. 1230 c.c.: si arriva così alla conclusione
che, per determinare la scadenza del rapporto, bisogna attingere alla disciplina
posta dall'originario contratto di locazione, e non dalla transazione[9].
In altri casi, la Cassazione afferma che la transazione non spiega
automaticamente effetti novativi, ritenendo necessario che ricorrano i requisiti
propri della novazione, affinché si verifichi l'estinzione del rapporto[10].
La più recente giurisprudenza della Cassazione, peraltro, sembra offrire un
panorama abbastanza variegato, assumendo posizioni più sfumate in relazione al
problema dei requisiti richiesti per configurare la transazione novativa. Molte
sentenze non sembrano prendere posizione[11]; altre mostrano di
prescindere dai requisiti dettati in materia di novazione[12]; altre ancora tendono a
configurare la fattispecie di transazione novativa sia in presenza di un
espresso animus novandi, sia in presenza di una situazione di
"incompatibilità oggettiva" tra transazione e rapporto pregresso[13].
Quest'ultimo orientamento sembra sviluppare una posizione originale. La
situazione di "oggettiva incompatibilità" tra rapporto pregresso e rapporto
transattivo, infatti, si avvicina, ma non sembra coincidere, con il concetto di
integrale sostituzione del rapporto pregresso al quale fa' riferimento
l'indirizzo dottrinale che distingue transazione novativa e novazione. La
'incompatibilità oggettiva" e la "integrale sostituzione" potrebbero
identificare fenomeni differenti perché la transazione presenta sempre un grado,
pur minimo, di incompatibilità con il rapporto pregresso, anche senza che questo
venga integralmente sostituito dalla transazione[14].
Il richiedere l'animus novandi senza la contemporanea presenza
dell'aliquid novi, come fanno altre sentenze[15],d'altra parte,
non coincide completamente con l'indirizzo dottrinale che pretende i
requisiti della novazione per configurare la fattispecie di transazione
novativa. Sebbene la transazione implichi sempre una modificazione del rapporto
preesistente (come espresso nella pretesa e nella contestazione), tale
modificazione, per l'indirizzo dottrinale citato, non sarebbe sufficiente ad
integrare l'aliquid novi proprio della novazione, perché in materia di
novazione l'aliquid novi non identifica qualsiasi modificazione, ma una
modificazione essenziale del rapporto, sotto il profilo dell'oggetto o del
titolo.
5. Aliquid novi ed animus novandi nella fattispecie transattiva
Il contrasto tra la tesi secondo cui la transazione novativa rientra nella
novazione e quella che sostiene trattarsi di figure distinte sembra emergere più
chiaramente se entrambe vengono sviluppate sul piano puramente logico.
Nella tesi che distingue tra transazione novativa e novazione, i requisiti
richiesti per configurare la novazione, l'animus novandi e
l'aliquid novi, avrebbero la funzione di sottolineare la rilevanza
patrimoniale dell'effetto novativo che, tra le altre cose, comporta anche
l'estinzione delle garanzie che assistevano l'obbligazione originaria, salvo
patto contrario. Questi requisiti per la transazione sembrerebbero inutili,
perché la volontà di transigere si presenta già non equivoca, a causa del
meccanismo operativo del contratto. La transazione nell'attuare la sua funzione
tipica (composizione della lite a mezzo di reciproche concessioni) realizza una
modificazione della situazione giuridica preesistente litigiosa attraverso le
reciproche concessioni. Questi atti dispositivi possono operare soltanto su una
situazione determinata, e non su una situazione meramente incerta, perché il
reciproco dare ed il reciproco trattenere presuppongono dei termini di
riferimento. Le reciproche concessioni vengono così calcolate su un conflitto
giuridico, dedotto o non ancora dedotto in processo[16]. L'accordo per
superare tale conflitto giuridico a mezzo di reciproche concessioni, nel quale
si sostanzia la transazione, difficilmente potrebbe presupporre una volontà
equivoca, perché da un lato il conflitto giuridico non potrebbe non essere noto
alle parti, e dall'altro il calcolo delle reciproche concessioni su quel
determinato conflitto, e lo scopo di superarlo, sarebbero indici che la volontà
negoziale si è manifestata in modo chiaro, nel senso di non lasciare adito a
dubbi sull'intenzione delle parti. Si potrebbe dire che nel tipo "transazione"
l'elemento della non equivocità della volontà negoziale sarebbe
indirettamente desumibile dal meccanismo operativo del contratto.
La determinazione alla lite, la predisposizione delle reciproche
concessioni, e la presenza della volontà comune di superare la lite, sembrano
raggiungere lo stesso scopo che intenderebbe perseguire la norma che impone una
volontà non equivoca come elemento essenziale della novazione, per cui non si
porrebbe un problema di minore tutela, se le due figure di cui si discute
venissero tenute distinte.
Le reciproche concessioni, che distinguono la transazione da una rinuncia
contrattuale, dovrebbero, d'altro canto, realizzare una modificazione della
situazione preesistente, essenziale per la volontà delle parti e per la causa
del rapporto, tanto da porre fine alla lite, rinunciando alla tutela
giurisdizionale.
Si potrebbe, così, pervenire alla conclusione che l'animus novandi
e l'aliquid novi possono considerarsi elementi impliciti nella
transazione novativa; l'esclusione del diritto di risoluzione della transazione
novativa per inadempimento si spiegherebbe alla luce della causa del contratto,
che mira a superare in modo definitivo la lite, impedendo di tornare al
pregresso rapporto litigioso. Forse sotto questa luce si potrebbe interpretare
il recente orientamento giurisprudenziale che configura la fattispecie di
transazione novativa, sia in presenza di un espresso animus novandi,
sia in presenza di una situazione di "incompatibilità oggettiva" tra transazione
e rapporto pregresso[17].
Per l'altra tesi (transazione novativa come transazione mista a novazione)
la transazione (non novativa) che investe l'intero rapporto preesistente non lo
estinguerebbe, lasciandolo sussistere almeno come fatto storico, sebbene non
come fonte negoziale. In questo senso, la transazione si potrebbe porre come
impedimento all'efficacia della fonte originaria, e, se essa venisse meno, la
fonte originaria riacquisterebbe efficacia. Il fatto rilevante dell'estinzione
del rapporto potrebbe realizzarsi, così, solo in presenza dei requisiti della
novazione, non potendo essere conseguenza diretta del contratto, che, in base
alle regole generali, sarebbe sempre risolvibile, anche per inadempimento.
6. Una possibile conclusione
Sembra che le principali differenze tra i due istituti consistano nella
funzione e nei requisiti richiesti. La sostituzione dell'obbligazione
precedente, nel caso della novazione, è il prodotto di una volontà negoziale non
equivoca che non è qualificata dallo scopo di superare una lite. L'effetto
novativo, che comporta la rilevante conseguenza di estinguere l'obbligazione,
comprese le garanzie personali e reali, consegue ad una chiara volontà delle
parti ed a una modificazione essenziale dell'oggetto dell'obbligazione, senza
che rilevi lo scopo per il quale le parti sostituiscano il rapporto, situandosi
quest'ultimo nel campo dei motivi. Nel caso della transazione, invece, la nuova
situazione giuridica è creata in funzione della composizione della lite, in
quanto la funzione dell'istituto è il superamento della lite a mezzo di
reciproche concessioni. Dal punto di vista descrittivo le reciproche concessioni
possono essere contrapposte alla modificazione essenziale richiesta per
configurare la novazione.
In materia di transazione, è dettata una disciplina ad hoc per la
risoluzione della transazione per inadempimento. Il significato della norma è
probabilmente quello di impedire che una parte, non adempiendo alla propria
obbligazione, possa provocare la risoluzione della transazione, facendo
riemergere la lite[18]. Si spiegherebbe,
in questo modo, perché è esclusa, di regola, la sola risoluzione per
inadempimento, mentre le altre ipotesi di risoluzione sarebbero direttamente
applicabili senza necessità della mediazione di una disciplina ad
hoc.
Note:
[1] E. Del Prato,
Superamento della lite e transazione, R. arbitrato 2002, XII,
p. 366.
[2] Per la tesi
della dichiaratività F. Carresi, La transazione, in Tratt.
Vassalli, IX, Torino 1956, p. 228; per la tesi della natura costitutiva F.
Santoro Passarelli, La transazione II edizione, Napoli 1975, ivi
bibliografia.
[3] P. Rescigno,
Manuale del Diritto privato italiano, Napoli 1987, p.
643.
[4] F. Gazzoni,
Manuale di diritto privato, Napoli 1998, p.
552.
[5] P. Rescigno,
op. loc. cit.
[6] F. Santoro
Passarelli, op. cit. E. Del Prato, La transazione, Milano
1992, p. 43. R. Nicolò, Il riconoscimento e la transazione nel problema
della rinnovazione del negozio e della novazione dell'obbligazione, in
Ann. univ. Messina, 1932-33, p. 445 ss. S. Pugliatti, Della
transazione, in Comm. D'Amelio Finzi, Firenze 1949, p. 464
ss.
[7] E. Valsecchi,
La transazione, in Tratt. Cicu Messineo, XXXVII, t. 2, Milano
1954, p. 434.
[8] La
Cassazione, almeno in passato, è sembrata prevalente sul punto. A titolo
indicativo: Cass. civ., sez. III, 21-02-1978, n. 852; Cass. civ., sez. III,
26-07-1974, n. 2256; Cass. civ., sez. III, 21-03-1969, n. 913; Cass. civ., sez.
I, 18-12-1964, n. 2881.
[9] Arch.
locaz. 1989, p. 753 con nota di A. Grieco.
[10] Cass. civ.,
sez. III, 21-02-1978, n. 852.
[11] Cass. civ.,
sez. III, 25-11-1994, n. 10015; Cass. civ., sez. III, 05-08-1991, n. 5861; Cass.
civ., sez. I, 16-01-1991, n. 354; Cass. civ., sez. III, 12-11-1988, n. 6138;
Cass. civ., sez. lav., 19-06-1987, n. 5422; Cass. civ., sez. III, 16-06-1987, n.
5294; Cass. civ., sez. III, 02-06-1987, n. 4832; Cass. civ., sez. II,
10-02-1987, n. 1416; Cass. civ., sez. lav., 04-12-1986, n.
7193.
[12] Cass. civ.,
sez. un., 29-11-1999, n. 828; Cass. civ., sez. III, 12-05-1997, n. 4129;
Cass. civ., sez. lav., 07-06-1996, n. 5313; Cass. civ., sez. I, 12-05-1994, n.
4647; Cass. civ., sez. II, 09-12-1996, n. 10937; Cass. civ., sez. III,
13-09-1996, n. 8264; Cass. civ., sez. II, 05-08-1987, n. 6727 (in modo non
esplicito), Cass. civ., sez. II, 05-03-1986, n.1400; Cass. civ., sez. I,
05-07-1977, n. 2935.
[13] Cass. civ.,
sez. lav., 11-08-2000, n. 10657; Cass. civ., sez. II, 03-04-1998, n. 3424; Cass.
civ., sez. I, 15-11-1997, n. 11330; Cass. civ., sez. II, 09-12-1996, n. 10937;
Cass. civ., sez. II, 28-08-1993, n. 9125.
[14] Cfr. Cass.
civ., sez. lav., 26-01-1999, n. 4710.
[15] Cfr. Cass.
civ., sez. III, 15-01-1997, n. 374; Cass. civ., sez. II, 28-08-1993, n. 9125;
Cass. civ., sez. I, 23-06-1992, n. 7690; Cass. civ., sez. lav., 09-04-1992, n.
4325; Cass. civ., sez. lav., 21-11-1986, n.
6877.
[16] E. Del
Prato, voce Transazione, in Enc. dir., XLIV, Milano 1992, p.
822.
[17] Cfr. p.
6.
[18] Cfr. A.
Falzea, voce Accertamento (teoria generale), in Enc. dir.,
I, Milano 1958, p. 205. L'A. distingue tra efficacia
costitutiva, dichiarativa e preclusiva; quest'ultima si avrebbe quando "la
situazione giuridica statuita dalla norma sorge indipendentemente dalla
(conformità o difformità della) situazione giuridica preesistente" (p. 209). La
transazione (come i fatti di accertamento, la prescrizione, l'usucapione)
spiegherebbe tale efficacia, in quanto sarebbe configurata dalla legge in modo
tale da poter "prescindere" dalle situazioni giuridiche pregresse, così da
assorbire e precludere già su un piano sostanziale ogni loro ulteriore effetto.
Cfr. anche F. Panuccio Dattola, La transazione novativa, Milano
1996
Autore. Dott. Enrico Mancuso - tratto da www.diritto.it