SOMMARIO:
1. La nozione di appalto contenuta nel Codice
civile.
2. Le tutele applicabili sino al 24.10.2003.
3. Le innovazioni introdotte dal DLgs
276/2003.
3.1. La somministrazione di lavoro.
3.2. Lappalto di servizi.
3.3. Il distacco.
Il Decreto
Legislativo 10 settembre 2003, n. 276 - che
in attuazione della delega contenuta nella L.
30/2003 ha riformato profondamente il diritto del
lavoro interno - ha apportato importanti
cambiamenti alla tematica in esame così come la
conoscevamo sino allo scorso 24 ottobre 2003,
data d'entrata in vigore nella disciplina appena
citata.
Come sempre, per capire il nuovo
è necessario conoscere il vecchio e quindi,
prima di esaminare le modifiche introdotte dal
Legislatore del 2003, è indispensabile
richiamare il sistema di norme che eravamo
abituati a studiare e ad applicare sino a poco
tempo orsono.
1. La nozione
di appalto contenuta nel Codice civile.
Ai sensi dellart. 1655 cc
L'appalto è il contratto col quale una
parte assume, con organizzazione dei mezzi
necessari e con gestione a proprio rischio, il
compimento di una opera o di un servizio verso un
corrispettivo in danaro. Si tratta quindi
di un contratto tipico, a prestazioni
corrispettive, affine al mandato di cui
allart. 1703 cc o al contratto dopera
di cui allart. 2222 cc.
Ciò che distingue lappalto
da questultima figura negoziale si
rinviene, peraltro, nella necessità che
lappaltatore gestisca lopera o il
servizio commissionati utilizzando mezzi propri e
assumendosi il rischio di unerrata e/o
incompleta gestione della prestazione
affidatagli. In questi elementi possiamo, quindi,
ritrovare il tratto distintivo della presenza del
negozio in questione.
Ne discendono due riflessioni
utili per il proseguo: da un lato, è chiaro che
la Legge richiede che lappaltatore debba
disporre di una, seppur minima, organizzazione
imprenditoriale; dallaltro, che la
prestazione dedotta in contratto è una classica
prestazione di risultato.
Per quanto qui dinteresse,
è opportuno ricordare anche unaltra
previsione di diritto comune, quella contenuta
nellart. 1676 cc che dispone: Coloro
che, alle dipendenze dell'appaltatore, hanno dato
la loro attività per eseguire l'opera o per
prestare il servizio possono proporre azione
diretta contro il committente per conseguire
quanto è loro dovuto, fino alla concorrenza del
debito che il committente ha verso l'appaltatore
nel tempo in cui essi propongono la
domanda.
Tale disposizione è stata
individuata dalla giurisprudenza [1] come
norma di riferimento nel caso in cui non ci siano
i presupposti per lapplicazione della L.
1369/1960 e, conseguentemente, non ci si possa
appellare al regime di solidarietà debitoria
(ivi previsto agli artt. 3 e 4) fra committente
ed appaltatore in relazione ai crediti maturati
dai dipendenti. Alcuni, inoltre, ritengono che la
responsabilità debitoria diretta in capo al
committente permanga, nellordinario limite
prescrizionale, anche quando sia spirato il
termine annuale previsto dallart. 4 della
L. 1369/60.
I confini dellazione ex
art. 1676 cc sono, peraltro, evidenti: il
committente non deve aver ancora corrisposto
allappaltatore il compenso che, sotto altro
profilo, potrà non essere sufficiente a coprire
il credito vantato dai dipendenti.
2. Le tutele
applicabili sino al 24.10.2003.
In questo scenario di diritto
comune si colloca la L. 23 ottobre 1960, n. 1369
che, nelle intenzioni del Legislatore, era
evidentemente finalizzata a disciplinare un
deprecabile fenomeno sociale, quello del c.d.
caporalato.
Questa Legge ha rappresentato, in
effetti, lestrinsecazione degli artt.
35 e 41 Cost., andando ad attuare una tutela
speciale del lavoro e stabilendo una misura
specifica affinchéil mondo imprenditoriale
potesse svilupparsi nel rispetto del precetto
costituzionale che tutela lutilita'sociale
e preserva la sicurezza, la dignita' e la
liberta' dei lavoratori [2].
In sostanza, un soggetto si
interpone tra lavoratore e datore di lavoro
appaltando al primo dietro compenso la mera forza
lavoro di uno o più soggetti, senza disporre di
alcuna organizzazione di mezzi e di strutture e,
soprattutto, senza assumere alcuna
responsabilità in ordine al completamento
dellopera o del servizio. La necessità di
vietare e sanzionare un simile comportamento è
tanto più comprensibile in un ordinamento che
conosceva solo il collocamento pubblico della
manodopera e addirittura la chiamata numerica dei
lavoratori.
La Legge in esame disciplina due
ipotesi: con lart. 1 vengono delineate le
caratteristiche del c.d. appalto
illecito; con gli artt. 3 e 4 si disciplina
il c.d. appalto lecito
intraaziendale.
Analizziamo le due fattispecie
con ordine, sottolineando sin da ora che il
soggetto destinatario delle norme in esame è
solo limprenditore; ne consegue che se un
privato appalta i lavori di ristrutturazione del
proprio immobile di proprietà ad un artigiano
insolvente nei confronti dei propri dipendenti,
questi ultimi non potranno utilizzare le tutele
ivi previste.
Allo stesso modo, è pacifico in
giurisprudenza che ove la PA appalti
unopera od un servizio ad un terzo
perseguendo i propri scopi istituzionali, e non
finalità di lucro, non potrà applicarsi la
Legge 1369/1960 [3].
Lart. 1 della disciplina in
questione dispone: È vietato
all'imprenditore di affidare in appalto o in
subappalto o in qualsiasi altra forma, anche a
società cooperative, l'esecuzione di mere
prestazioni di lavoro mediante impiego di
manodopera assunta e retribuita dall'appaltatore
o dall'intermediario, qualunque sia la natura
dell'opera o del servizio cui le prestazioni si
riferiscono.
È altresì vietato
all'imprenditore di affidare ad intermediari,
siano questi dipendenti, terzi o società anche
se cooperative, lavori da eseguirsi a cottimo da
prestatori di opere assunti e retribuiti da tali
intermediari.
È considerato appalto di mere
prestazioni di lavoro ogni forma di appalto o
subappalto, anche per esecuzione di opere o di
servizi, ove l'appaltatore impieghi capitali,
macchine ed attrezzature fornite dall'appaltante,
quand'anche per il loro uso venga corrisposto un
compenso all'appaltante.
Le disposizioni dei precedenti
commi si applicano altresì alle aziende dello
Stato ed agli enti pubblici, anche se gestiti in
forma autonoma, salvo quanto disposto dal
successivo art. 8.
I prestatori di lavoro, occupati
in violazione dei divieti posti dal presente
articolo, sono considerati, a tutti gli effetti,
alle dipendenze dell'imprenditore che
effettivamente abbia utilizzato le loro
prestazioni.
Particolare importanza, ai ns.
fini, rivestono i commi 3 e 5.
Sotto il primo profilo, la norma
consente al lavoratore di utilizzare la
presunzione di illiceità di cui al comma 3 e,
quindi, di dimostrare che il contratto di appalto
ha ad oggetto le mere prestazioni di lavoro ove
lappaltatore
impieghi capitali,
macchine ed attrezzature fornite dall'appaltante,
quand'anche per il loro uso venga corrisposto un
compenso all'appaltante
.
E del tutto evidente che se
questa presunzione aveva valore assoluto in un
sistema economico come quello del secondo
dopoguerra e quindi era sufficiente indagare -
per stabilire se si trattasse di appalto illecito
- se lappaltatore utilizzasse o meno per
lesecuzione del contratto mezzi e capitali
propri (vedi art. 1655 cc); in tempi più
recenti, con la frammentazione e la
smaterializzazione delle modalità del lavoro, si
è rivelato molto più difficile determinare se
un appalto rientra o meno nel divieto
legislativo. Si pensi, infatti, agli appalti di
servizi a basso impatto organizzativo, come nel
caso dei facchini, delle pulizie, ovvero nel caso
di mansioni ad alto contenuto tecnico e
professionale.
In questo senso, la
giurisprudenza più accorta ha rilevato che per
determinare la genuinità di un appalto è
necessario verificare se lappaltatore
possieda o meno una compiuta organizzazione
imprenditoriale che gli consenta di adempiere le
proprie obbligazioni [4].
Inoltre, poiché spesso non è
facile ottenere un risultato univoco in questa
direzione, lanalisi dovrà vertere su chi,
di fatto, esercitava il potere direttivo,
organizzativo e disciplinare sui lavoratori
interessati allappalto. In altre parole,
dovranno essere utilizzati dallinterprete
gli indici della subordinazione di cui
allart. 2094 cc [5].
Peraltro, sotto questo aspetto,
la giurisprudenza è pacifica nel ritenere che la
norma possa essere applicata anche alle
cooperative di produzione e lavoro e quindi i
lavoratori interposti possono essere anche soci
lavoratori delle cooperative stesse [6].
La sanzione dellilliceità
dellappalto è contenuta nel 5° comma
dellart. 1 della L. 1369/1960: il
committente diviene coattivamente ed
automaticamente datore di lavoro dei dipendenti
dellappaltatore. Ciò ha importanti
riflessi, ad esempio, in caso di licenziamento
intimato dal datore di lavoro
fittizio che è ritenuto inefficace
dalla giurisprudenza in quanto intimato da
soggetto che non ne aveva i poteri [7].
Lappalto lecito
intraaziendale è invece disciplinato dal
combinato disposto degli artt. 3, 4 e 5 della L.
1369/1960.
Lart. 3 prevede: Gli
imprenditori che appaltano opere o servizi,
compresi i lavori di facchinaggio, di pulizia e
di manutenzione ordinaria degli impianti, da
eseguirsi nell'interno delle aziende con
organizzazione e gestione propria
dell'appaltatore, sono tenuti in solido con
quest'ultimo a corrispondere ai lavoratori da
esso dipendenti un trattamento minimo
inderogabile retributivo e ad assicurare un
trattamento normativo, non inferiore a quelli
spettanti ai lavoratori da loro dipendenti.
La stessa disciplina si applica
agli appalti concessi dalle imprese che
esercitano un pubblico servizio per le attività
di esazione, installazione e lettura di
contatori, manutenzione di reti di distribuzione
e di trasporto, allacciamenti, costruzione di
colonne montanti, impianti di apparecchi, reti a
bassa tensione e attività similari.
Gli imprenditori sono altresì
tenuti in solido con l'appaltatore, relativamente
ai lavoratori da questi dipendenti,
all'adempimento di tutti gli obblighi derivanti
dalle leggi di previdenza ed assistenza.
In sostanza, la norma prevede un
meccanismo - laddove si sia di fronte ad un
appalto genuino la cui esecuzione ha luogo
allinterno dellazienda committente -
di totale equiparazione retributiva e
contributiva tra i chi lavora alle dipendenze
dellappaltante e chi lavora alle dipendenze
dellappaltatore. Del buon fine di queste
obbligazioni il committente è tenuto in solido
con lappaltatore nei confronti dei
dipendenti di questultimo.
La giurisprudenza [8] ha
precisato che il riferimento
allinterno dellazienda
non deve essere inteso come un mero riferimento
topografico, ma nel senso che lattività
dellappaltante debba riguardare un settore
dellorganizzazione tecnica propria
dellimpresa concedente lappalto,
ossia uno dei servizi principali o ausiliari
predisposti ai fini della realizzazione del suo
ciclo produttivo.
Lart.3 non si applica nei
casi specificatamente indicati dallart. 5,
ossia:
a) agli appalti per
costruzioni edilizie all'interno degli
stabilimenti; b) agli appalti per installazione o
montaggio di impianti e macchinari; c) ai lavori
di manutenzione straordinaria; d) ai trasporti
esterni da e per lo stabilimento; e) agli appalti
che si riferiscono a particolari attività
produttive, le quali richiedano in più fasi
successive di lavorazione, l'impiego di
manodopera diversa per specializzazione da quella
normalmente impiegata nell'impresa, sempre che
tale impiego non abbia carattere continuativo; f)
agli appalti per prestazioni saltuarie ed
occasionali, di breve durata, non ricorrenti
abitualmente nel ciclo produttivo e
nell'organizzazione dell'impresa. Per tali
appalti l'esclusione dalla disciplina di cui
all'art. 3 dovrà essere preventivamente
autorizzata, di volta in volta, dall'Ispettorato
del lavoro competente; g) agli appalti per
l'esecuzione dei lavori di facchinaggio, di
pulizia e di manutenzione ordinaria degli
impianti - esclusi per questi ultimi gli appalti
di cui al secondo comma dell'art. 3 - conclusi
con imprese che impiegano il personale dipendente
presso più aziende contemporaneamente. Per tali
appalti l'esclusione dalla disciplina di cui
all'art. 3, salva la disposizione dell'art. 1676
del codice civile, dovrà essere autorizzata
preventivamente dall'Ispettorato del lavoro
competente del luogo dove i lavori devono
eseguirsi. Restano ferme le disposizioni di cui
alla legge 3 maggio 1955, n. 407 ; h) agli
appalti per la gestione dei posti telefonici
pubblici, di cui all'art. 55 del regolamento di
esecuzione dei titoli I, II e III del libro II
della legge postale e delle telecomunicazioni,
approvato con regio decreto 19 luglio 1941, n.
1198, soltanto nei casi in cui la prestazione del
lavoratore per l'espletamento del servizio
telefonico non sia prevalente rispetto a quella
da lui normalmente svolta.
Questi sono quindi, visti sotto
altra prospettiva, gli appalti leciti.
Infine, a tutelare essenzialmente
del committente, il Legislatore ha previsto che:
I diritti spettanti ai prestatori di lavoro
ai sensi dell'articolo precedente potranno essere
esercitati nei confronti dell'imprenditore
appaltante durante l'esecuzione dell'appalto e
fino ad un anno dopo la data di cessazione
dell'appalto (art. 4 L. 1369/1960).
Si tratta di termine di
decadenza, che quindi non può essere interrotto
se non dalla proposizione del ricorso giudiziale [9].
La disciplina appena descritta è
completata da altri due istituti affini e che
debbono essere, per completezza sistematica,
brevemente trattati: il primo, di creazione
squisitamente giurisprudenziale - tranne
interventi settoriali quali quello dellart.
8 della 236/1993 in caso di crisi aziendale,
ovvero con la disciplina speciale riservata ai
pubblici impiegati -, è il comando o distacco;
il secondo, introdotto con la L. 196/1997, è il
lavoro temporaneo.
Nel quadro che qui interessa il
lavoro temporaneo rileva soprattutto perché
dallentrata in vigore della disciplina che
lo regola, dottrina e giurisprudenza hanno
sostenuto la doverosa coordinazione con la L.
1369/1960 e la conseguente inapplicabilità delle
disposizioni in essa contenute laddove la
fattispecie vietata fosse messa in atto dalle
Società fornitrici di lavoro temporaneo [10].
Senza voler riprendere il noto
schema negoziale, è del tutto evidente, infatti,
che i fatti regolati sono assolutamente gli
stessi; nel caso del lavoro temporaneo,
lintermediazione è, tuttavia,
legittimata dal possesso dei
requisiti di Legge necessari per poter esercitare
lattività di intermediazione (entità del
capitale, forma societaria, diffusione sul
territorio etc
).
Non dimentichiamo, inoltre, che
la L. 196/1997 accoglie una tendenza oggi forse
arrivata a compimento, che è quella di una
totale privatizzazione del collocamento pubblico.
Con il comando o distacco il
datore di lavoro può incaricare un proprio
dipendente di svolgere la sua prestazione, per un
periodo più o meno lungo di tempo, presso
unaltra azienda.
La dottrina distingue tra
distacco proprio che è quello che si
realizza quando il distaccante invia presso
unimpresa distaccataria uno o più
dipendenti per svolgere prestazioni lavorative a
favore di questultima inserendosi nel suo
ciclo produttivo ed organizzativo e distacco
improprio che si realizza quando il
distaccante invia presso il distaccatario un
dipendente per svolgere lopera o il
servizio che è oggetto del contratto tra le due
società.
Mentre questultimo non crea
alcun problema interpretativo ai ns. fini,
poiché si limita ad un mero mutamento di luogo
di lavoro, è evidente che con il distacco
proprio - anche se qui si esula, a
mio avviso dallo schema negoziale tipico
dellappalto - potrebbe configurarsi una
fornitura di mere prestazioni di lavoro, vietata
ai sensi della L. 1369/1960.
Tuttavia, la giurisprudenza [11]
lha sempre ritenuto lecito in presenza,
essenzialmente, dei seguenti requisiti:
a. linteresse del
distaccante;
b. la temporaneità
dellincarico.
3. Le
innovazioni introdotte dal DLgs 276/2003
Il legislatore del 2003 con una
lungimiranza sistematica, che non pare
interessare altre parti del DLgs n. 276, ha
raccolto tutte queste tematiche nel Titolo III,
dove si introduce listituto della
somministrazione di lavoro, si definisce
legalmente listituto del comando o
distacco, ma, soprattutto, si ridisegnano i
confini dellappalto con labrogazione
totale - ad opera dellart. 85, lett. c -
della L. 1369/1960.
Nello stesso senso, lart.
85 abroga, alla lett. f, gli artt. da 1 a 11
della L. 196 del 1997, con una sostanziale
eliminazione dal ns. ordinamento
dellistituto del lavoro temporaneo.
Nella materia in esame, quindi,
si assiste, più che in altre, ad una complessiva
sostituzione del nuovo al vecchio, consentendoci
di cercare di disaminare come e, soprattutto, se
i nuovi istituti hanno riempito i vuoti lasciati
dalla scomparsa della vecchia disciplina.
In primo luogo, è necessario
indagare la ratio della novella, che si pone,
sotto il profilo della tecnica legislativa, in
linea con la tendenza oramai predominante che
porta ad abrogare un intero complesso di norme,
per poi riscriverlo completamente. Le opinioni in
proposito sono tuttavia, contrastanti.
Da un lato, vè chi
sostiene che con la disciplina in questione ci si
è limitati a prendere atto che limpresa
oggigiorno è sempre più decentrata ed
esternalizzata ed in questottica
limprenditore deve poter disporre della
massima libertà dazione in ordine alla
disposizione ed allutilizzo della
manodopera [12]. In tal senso,
anche la Relazione di accompagnamento al decreto
in esame che indica come le norme in esso
contenute debbano segnare
un percorso
di riforma complessiva della materia finalizzato
a fare in modo che le istanze di tutela del
lavoro, che devono essere mantenute rispetto a
forme di speculazione parassitaria sul lavoro
altrui, non pregiudichino la modernizzazione dei
cicli produttivi e distributivi indotta dalle
nuove tecnologie. Le misure predisposte dal
Governo consentiranno uno sviluppo adeguato, e in
una cornice giuridica rispondente alle logiche
della nuova economia, delle attività di facility
management e della logistica in modo da
consentire al sistema delle imprese di
beneficiare delle logiche di rete e degli
investimenti in capitale digitale e tecnologia.
Questo comporterà una estensione delle tutele e
non una regressione, in quanto consentirà di
arginare il fenomeno degli appalti abusivi e
delle esternalizzazioni finalizzate alla sola
riduzione del costo del lavoro... [13].
Daltro lato, altri
oppongono che in molti settori del mercato del
lavoro (ad esempio ledilizia) non è
affatto scomparso lo sfruttamento della
manodopera, che è proprio il deplorevole
fenomeno che il Legislatore del 1960 si proponeva
di reprimere [14] e che oggi
pare più difficilmente individuabile per le
novità introdotte dalla Riforma Biagi.
3.1. La
somministrazione di lavoro.
Il primo istituto da considerare
è la somministrazione di lavoro disciplinata
dagli artt. 20 e ss del DLgs 276/2003.
Lart. 20 recita: Il
contratto di somministrazione di lavoro può
essere concluso da ogni soggetto, di seguito
denominato utilizzatore, che si rivolga ad altro
soggetto, di seguito denominato somministratore,
a ciò autorizzato ai sensi delle disposizioni di
cui agli articoli 4 e 5.
Per tutta la durata della
somministrazione i lavoratori svolgono la propria
attività nell'interesse nonché sotto la
direzione e il controllo dell'utilizzatore.
Nell'ipotesi in cui i lavoratori vengano assunti
con contratto di lavoro a tempo indeterminato
essi rimangono a disposizione del somministratore
per i periodi in cui non svolgono la prestazione
lavorativa presso un utilizzatore, salvo che
esista una giusta causa o un giustificato motivo
di risoluzione del contratto di lavoro.
Il contratto di somministrazione
di lavoro può essere concluso a termine o a
tempo indeterminato. La somministrazione di
lavoro a tempo indeterminato è ammessa:
a) per servizi di consulenza e
assistenza nel settore informatico, compresa la
progettazione e manutenzione di reti intranet e
extranet, siti internet, sistemi informatici,
sviluppo di software applicativo, caricamento
dati;
b) per servizi di pulizia,
custodia, portineria;
c) per servizi, da e per lo
stabilimento, di trasporto di persone e di
trasporto e movimentazione di macchinari e merci;
d) per la gestione di
biblioteche, parchi, musei, archivi, magazzini,
nonché servizi di economato;
e) per attività di consulenza
direzionale, assistenza alla certificazione,
programmazione delle risorse, sviluppo
organizzativo e cambiamento, gestione del
personale, ricerca e selezione del personale;
f) per attività di marketing,
analisi di mercato, organizzazione della funzione
commerciale;
g) per la gestione di
call-center, nonché per l'avvio di nuove
iniziative imprenditoriali nelle aree Obiettivo 1
di cui al regolamento (CE) n. 1260/1999 del 21
giugno 1999 del Consiglio, recante disposizioni
generali sui Fondi strutturali;
h) per costruzioni edilizie
all'interno degli stabilimenti, per installazioni
o smontaggio di impianti e macchinari, per
particolari attività produttive, con specifico
riferimento all'edilizia e alla cantieristica
navale, le quali richiedano più fasi successive
di lavorazione, l'impiego di manodopera diversa
per specializzazione da quella normalmente
impiegata nell'impresa;
i) in tutti gli altri casi
previsti dai contratti collettivi di lavoro
nazionali o territoriali stipulati da
associazioni dei datori e prestatori di lavoro
comparativamente più rappresentative.
La somministrazione di lavoro a
tempo determinato è ammessa a fronte di ragioni
di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o
sostitutivo, anche se riferibili all'ordinaria
attività dell'utilizzatore. La individuazione,
anche in misura non uniforme, di limiti
quantitativi di utilizzazione della
somministrazione a tempo determinato è affidata
ai contratti collettivi nazionali di lavoro
stipulati da sindacati comparativamente più
rappresentativi in conformità alla disciplina di
cui all'articolo 10 del decreto legislativo 6
settembre 2001, n. 368.
Il contratto di somministrazione
di lavoro è vietato:
a) per la sostituzione di
lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;
b) salva diversa disposizione
degli accordi sindacali, presso unità produttive
nelle quali si sia proceduto, entro i sei mesi
precedenti, a licenziamenti collettivi ai sensi
degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991,
n. 223, che abbiano riguardato lavoratori adibiti
alle stesse mansioni cui si riferisce il
contratto di somministrazione ovvero presso
unità produttive nelle quali sia operante una
sospensione dei rapporti o una riduzione
dell'orario, con diritto al trattamento di
integrazione salariale, che interessino
lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si
riferisce il contratto di somministrazione;
c) da parte delle imprese che non
abbiano effettuato la valutazione dei rischi ai
sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 19
settembre 1994, n. 626, e successive
modifiche.
Il successivo art. 21 prevede:
Il contratto di somministrazione di
manodopera è stipulato in forma scritta e
contiene i seguenti elementi:
a) gli estremi
dell'autorizzazione rilasciata al
somministratore;
b) il numero dei lavoratori da
somministrare;
c) i casi e le ragioni di
carattere tecnico, produttivo, organizzativo o
sostitutivo di cui ai commi 3 e 4 dell'articolo
20;
d) l'indicazione della presenza
di eventuali rischi per l'integrità e la salute
del lavoratore e delle misure di prevenzione
adottate;
e) la data di inizio e la durata
prevista del contratto di somministrazione;
f)le mansioni alle quali saranno
adibiti i lavoratori e il loro inquadramento;
g) il luogo, l'orario e il
trattamento economico e normativo delle
prestazioni lavorative;
h) assunzione da parte del
somministratore della obbligazione del pagamento
diretto al lavoratore del trattamento economico,
nonché del versamento dei contributi
previdenziali;
i) assunzione dell'obbligo
dell'utilizzatore di rimborsare al
somministratore gli oneri retributivi e
previdenziali da questa effettivamente sostenuti
in favore dei prestatori di lavoro;
j)assunzione dell'obbligo
dell'utilizzatore di comunicare al
somministratore i trattamenti retributivi
applicabili ai lavoratori comparabili;
k) assunzione da parte
dell'utilizzatore, in caso di inadempimento del
somministratore, dell'obbligo del pagamento
diretto al lavoratore del trattamento economico
nonché del versamento dei contributi
previdenziali, fatto salvo il diritto di rivalsa
verso il somministratore.
Nell'indicare gli elementi di cui
al comma 1, le parti devono recepire le
indicazioni contenute nei contratti collettivi.
Le informazioni di cui al comma
1, nonché la data di inizio e la durata
prevedibile dell'attività lavorativa presso
l'utilizzatore, devono essere comunicate per
iscritto al prestatore di lavoro da parte del
somministratore all'atto della stipulazione del
contratto di lavoro ovvero all'atto dell'invio
presso l'utilizzatore.
In mancanza di forma scritta, con
indicazione degli elementi di cui alle lettere
a), b), c), d) ed e) del comma 1, il contratto di
somministrazione è nullo e i lavoratori sono
considerati a tutti gli effetti alle dipendenze
dell'utilizzatore.
E evidente già
dallanalisi di queste due prime
disposizioni che il contratto in esame riprende
lo schema causale tripartito previsto per il
lavoro temporaneo dalla L. 196/1997, con la
presenza di un primo contratto di lavoro tra
prestatore dopera e società di
somministrazione ed un secondo contratto di
somministrazione vera e propria tra
somministratore ed utilizzatore.
Tuttavia, mentre la L. 196/1997
prevedeva che la missione potesse
essere solo a tempo determinato, salvo assunzione
successiva del prestatore di lavoro da parte
dellutilizzatore - con evidenti finalità,
quindi dinserimento lavorativo - oggi, la
missione può essere, come
preciseremo infra, sia a tempo determinato sia a
tempo indeterminato.
Da notare che il generico
riferimento allutilizzatore
consente - se guardiamo alla somministrazione,
come hanno fatto alcuni commentatori [15],
come un divieto di intermediazione in positivo -
di estendere il novero di coloro che possono
accedere a questo tipo di contratto, ora
svincolato dal riferimento
allimprenditore contenuto
nellabrogata L. 1369/1960.
Inoltre, quanto alla possibilità
per la PA di concludere questo tipo di contratto,
da un lato questa facoltà parrebbe essere
esclusa a priori dalla disposizione
dellart. 1, comma 2 del decreto che ne
prevede linapplicabilità alla Pubblica
Amministrazione; dallaltro, lart. 86,
comma 9 stessa disciplina, nel disporre
linapplicabilità dellart. 27, comma
1 nei confronti della PA afferma che nei
confronti delle Pubbliche amministrazioni
la disciplina della somministrazione
trova applicazione solo per quanto attiene alla
somministrazione a tempo determinato.
Il Legislatore prevede poi la
necessità della forma scritta ad substantiam: il
contratto deve essere concluso per iscritto e
contenere tutte le indicazioni previste dal comma
primo, lett. a e ss. dellart. 21; tali
informazioni debbono poi essere fornite, sempre
per iscritto, al lavoratore
somministrato contestualmente alla
comunicazione della data di inizio e della
prevedibile durata della missione;
ciò può avvenire al momento della
sottoscrizione del contratto di lavoro ovvero nel
momento dellinvio presso
lutilizzatore.
Nel caso difetti la forma scritta
automaticamente i lavoratori passano alle
dipendenze dellutilizzatore (art. 21, comma
4 DLgs 276/2003).
La somministrazione di lavoro
può avvenire sia a tempo determinato sia a tempo
indeterminato (c.d. staff leasing). Nel secondo
caso, è ammessa solo in presenza delle
fattispecie delineate dalla lett. a e ss
dellart. 20 del DLgs 276/2003, che in
qualche misura riprende lart. 5 della L.
1369/1960.
E interessante notare come
si tratti proprio di settori lavorativi dove, per
il basso impatto organizzativo, nel passato si
era massimamente riscontrata
linterposizione illecita di manodopera. In
tal senso, lintento del Legislatore pare
essere proprio quello di dissipare ogni dubbio
che in questi casi possa verificarsi
intermediazione illecita di manodopera.
Inoltre, con la previsione della
lett. i dellart. 20 viene lasciato, in
buona sostanza, alle organizzazioni sindacali
lonere sociale e politico di individuare
altre attività ove procedere allo staff leasing [16].
Per concludere un contratto di
somministrazione a tempo determinato, invece,
lutilizzatore deve essere in presenza di
ragioni tecniche, organizzative, produttive
organizzative, anche se afferenti alla sua
ordinaria attività..
Se da un lato vengono riprese le
ragioni di ammissibilità in generale del
contratto a tempo determinato (DLgs 368/2001),
dallaltro è interessante notare come, con
linciso sulla possibilità di ricorrere al
contratto in esame anche in situazioni di
ordinaria attività aziendale, si tenti di
svincolare la nuova forma contrattuale da una
logica di accesso alla fornitura di manodopera
solo come ultima ratio ove si versi in una
situazione di crisi organizzativa.
Infine, si dispone che non si
possa ricorrere alla somministrazione di lavoro
in quattro ipotesi: due divieti assoluti, ossia
per evitare le conseguenze del legittimo
esercizio del diritto di sciopero e ove
lutilizzatore non abbia proceduto alla
valutazione dei rischi di cui al DLgs 626/1994;
due divieti relativi (..salva diversa
disposizione degli accordi sindacali..),
ossia nei casi di crisi aziendale di cui alla L.
223/1991 e in quelli in aziende in cui siano in
atto procedure di sospensione della prestazione
lavorativa con diritto allintegrazione
salariale.
Una seconda serie di norme (artt.
da 22 a 26) disciplinano lesecuzione del
contratto di somministrazione.
Per quanto qui di interesse è
opportuno, innanzitutto, riportare gli artt. 22 e
23.
Lart. 22 dispone: In
caso di somministrazione a tempo indeterminato i
rapporti di lavoro tra somministratore e
prestatori di lavoro sono soggetti alla
disciplina generale dei rapporti di lavoro di cui
al codice civile e alle leggi speciali.
In caso di somministrazione a
tempo determinato il rapporto di lavoro tra
somministratore e prestatore di lavoro è
soggetto alla disciplina di cui al decreto
legislativo 6 settembre 2001, n. 368, per quanto
compatibile, e in ogni caso con esclusione delle
disposizioni di cui all'articolo 5, commi 3 e 4.
Il termine inizialmente posto al contratto di
lavoro può in ogni caso essere prorogato, con il
consenso del lavoratore e per atto scritto, nei
casi e per la durata prevista dal contratto
collettivo applicato dal somministratore.
Nel caso in cui il prestatore di
lavoro sia assunto con contratto stipulato a
tempo indeterminato, nel medesimo è stabilita la
misura della indennità mensile di
disponibilità, divisibile in quote orarie,
corrisposta dal somministratore al lavoratore per
i periodi nei quali il lavoratore stesso rimane
in attesa di assegnazione. La misura di tale
indennità è stabilita dal contratto collettivo
applicabile al somministratore e comunque non è
inferiore alla misura prevista, ovvero aggiornata
periodicamente, con decreto del Ministro del
lavoro e delle politiche sociali. La predetta
misura è proporzionalmente ridotta in caso di
assegnazione ad attività lavorativa a tempo
parziale anche presso il somministratore.
L'indennità di disponibilità è esclusa dal
computo di ogni istituto di legge o di contratto
collettivo.
Le disposizioni di cui
all'articolo 4 della legge 23 luglio 1991, n.
223, non trovano applicazione anche nel caso di
fine dei lavori connessi alla somministrazione a
tempo indeterminato. In questo caso trovano
applicazione l'articolo 3 della legge 15 luglio
1966, n. 604, e le tutele del lavoratore di cui
all'articolo 12.
In caso di contratto di
somministrazione, il prestatore di lavoro non è
computato nell'organico dell'utilizzatore ai fini
della applicazione di normative di legge o di
contratto collettivo, fatta eccezione per quelle
relative alla materia dell'igiene e della
sicurezza sul lavoro.
La disciplina in materia di
assunzioni obbligatorie e la riserva di cui
all'articolo 4-bis, comma 3, del decreto
legislativo n. 181 del 2000, non si applicano in
caso di somministrazione.
Di seguito, lart. 23
prevede: I lavoratori dipendenti dal
somministratore hanno diritto a un trattamento
economico e normativo complessivamente non
inferiore a quello dei dipendenti di pari livello
dell'utilizzatore, a parità di mansioni svolte.
Restano in ogni caso salve le clausole dei
contratti collettivi nazionali di lavoro
stipulate ai sensi dell'articolo 1, comma 3,
della legge 24 giugno 1997, n. 196.
La disposizione di cui al comma 1
non trova applicazione con riferimento ai
contratti di somministrazione conclusi da
soggetti privati autorizzati nell'ambito di
specifici programmi di formazione, inserimento e
riqualificazione professionale erogati, a favore
dei lavoratori svantaggiati, in concorso con
Regioni, Province ed enti locali ai sensi e nei
limiti di cui all'articolo 13.
L'utilizzatore è obbligato in
solido con il somministratore a corrispondere ai
lavoratori i trattamenti retributivi e i
contributi previdenziali.
I contratti collettivi applicati
dall'utilizzatore stabiliscono modalità e
criteri per la determinazione e corresponsione
delle erogazioni economiche correlate ai
risultati conseguiti nella realizzazione di
programmi concordati tra le parti o collegati
all'andamento economico dell'impresa. I
lavoratori dipendenti dal somministratore hanno
altresì diritto a fruire di tutti i servizi
sociali e assistenziali di cui godono i
dipendenti dell'utilizzatore addetti alla stessa
unità produttiva, esclusi quelli il cui
godimento sia condizionato alla iscrizione ad
associazioni o società cooperative o al
conseguimento di una determinata anzianità di
servizio.
Il somministratore informa i
lavoratori sui rischi per la sicurezza e la
salute connessi alle attività produttive in
generale e li forma e addestra all'uso delle
attrezzature di lavoro necessarie allo
svolgimento della attività lavorativa per la
quale essi vengono assunti in conformità alle
disposizioni recate dal decreto legislativo 19
settembre 1994, n. 626, e successive
modificazioni ed integrazioni. Il contratto di
somministrazione può prevedere che tale obbligo
sia adempiuto dall'utilizzatore; in tale caso ne
va fatta indicazione nel contratto con il
lavoratore. Nel caso in cui le mansioni cui è
adibito il prestatore di lavoro richiedano una
sorveglianza medica speciale o comportino rischi
specifici, l'utilizzatore ne informa il
lavoratore conformemente a quanto previsto dal
decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e
successive modificazioni ed integrazioni.
L'utilizzatore osserva altresì, nei confronti
del medesimo prestatore, tutti gli obblighi di
protezione previsti nei confronti dei propri
dipendenti ed è responsabile per la violazione
degli obblighi di sicurezza individuati dalla
legge e dai contratti collettivi.
Nel caso in cui adibisca il
lavoratore a mansioni superiori o comunque a
mansioni non equivalenti a quelle dedotte in
contratto, l'utilizzatore deve darne immediata
comunicazione scritta al somministratore
consegnandone copia al lavoratore medesimo. Ove
non abbia adempiuto all'obbligo di informazione,
l'utilizzatore risponde in via esclusiva per le
differenze retributive spettanti al lavoratore
occupato in mansioni superiori e per l'eventuale
risarcimento del danno derivante dalla
assegnazione a mansioni inferiori.
Ai fini dell'esercizio del potere
disciplinare, che è riservato al
somministratore, l'utilizzatore comunica al
somministratore gli elementi che formeranno
oggetto della contestazione ai sensi
dell'articolo 7 della legge 20 maggio 1970, n.
300.
In caso di somministrazione di
lavoro a tempo determinato è nulla ogni clausola
diretta a limitare, anche indirettamente, la
facoltà dell'utilizzatore di assumere il
lavoratore al termine del contratto di
somministrazione.
La disposizione di cui al comma 8
non trova applicazione nel caso in cui al
lavoratore sia corrisposta una adeguata
indennità, secondo quanto stabilito dal
contratto collettivo applicabile al
somministratore.
In primo luogo, il Legislatore ha
previsto che il contratto di somministrazione a
tempo indeterminato, nei rapporti tra
somministratore e lavoratore, sia disciplinato
dal codice civile e dalla normativa speciale,
come se si trattasse di un ordinario contratto di
lavoro subordinato ex art. 2094 cc.
Conformemente a quanto disposto
dallart. 4, comma 3 della L. 196/1997 al
prestatore di lavoro assunto a tempo
indeterminato è corrisposta, da parte della
società fornitrice, unindennità di
disponibilità per i periodi nei quali
questultimo rimane in attesa di
assegnazione, esclusa dal computo di qualsiasi
istituto contrattuale e/o legale.
La misura di tale indennità è
stabilita dalla contrattazione collettiva, è
aggiornata periodicamente dal Ministero del
lavoro ed è proporzionalmente ridotta in caso di
lavoro part-time, anche presso il somministratore
[17].
Ora, se con riferimento al lavoro
temporaneo questindennità aveva una sua
ragion dessere - anche se nella pratica, si
è trattato di un istituto inutilizzato e
applicato solo alle professionalità di altissimo
profilo -, soprattutto perché le missioni erano
solamente a tempo determinato, oggi pare molto
meno giustificata la previsione di una
corresponsione economica con riferimento ad una
prestazione che già può nascere, presso
lutilizzatore, senza preventiva fissazione
di un termine finale.
Ad avviso di chi scrive, infatti,
a questo proposito non si sono sufficientemente
distinti i due profili contrattuali che
coesistono allinterno del negozio in esame,
sovrapponendo il contratto fra utilizzatore e
somministratore e contratto fra lavoratore e
somministratore.
Inoltre, quid iuris ove il
lavoratore sia assegnato a tempo determinato
presso lutilizzatore con orario ridotto?
Lindennità sopra descritta verrà comunque
corrisposta - proporzionalmente ridotta come
prevede il cpv. del comma 3 dellart. 22 -
laddove questi non rimanga a disposizione per la
restante parte della giornata lavorativa, ma
svolga, ad esempio, una separata attività
lavorativa part-time?
E comunque, perché
lindennità in questione non può essere
computata, ad esempio, ai fini del TFR, se i
rapporti tra prestatore e somministrare sono
regolati dalla disciplina ordinaria?
Viceversa, il rapporto
contrattuale tra prestatore e somministratore a
tempo determinato è ordinariamente regolato dal
Dlgs 368/2001, con esclusione delle norme in tema
di conversione automatica del contratto in essere
a tempo indeterminato. Inoltre, sono ammesse
proroghe scritte con il consenso del lavoratore
per la durata stabilita dalla contrattazione
quello collettiva.
Questa disciplina pare attuare un
ingiustificato privilegio in favore delle
società di somministrazione: mentre un datore di
lavoro ordinario è sottoposto ai limiti di cui
al Dlgs 368/2001 per assumere a tempo determinato
(necessaria presenza di ragioni tecniche,
organizzative, sostitutive o produttive; rischio
di conversione a tempo indeterminato; limiti alle
proroghe; limiti di durata etc..), qui si rimanda
tutto alla volontà delle parti collettive
private, che, peraltro, non può derogare - se
non in maggior favore del lavoratore - alle norme
imperative di Legge, poste proprio a tutela del
prestatore.
Infine, vengono fissati, negli
ultimi tre commi, principi in ordine alla
computabilità del lavoratore somministrato,
allinapplicabilità delle riserve relative
al collocamento mirato e, in caso di cessazione
di contratto di somministrazione a tempo
indeterminato, allinapplicabilità della L.
223/1991 e allapplicabilità esclusivamente
della L. 604/1966. In questultimo caso, se
nellazienda utilizzatrice si attivano le
procedure di licenziamento collettivo ciò non
inciderà sul destino del rapporto di lavoro dei
prestatori somministrati, cui si
applicherà comunque la disciplina ordinaria per
il licenziamento per giustificato motivo
oggettivo [18].
Il successivo art. 23 disciplina
singoli aspetti della prestazione del lavoratore
somministrato.
Quanto ai profili retributivi, si
fissa il principio per cui il trattamento
economico riservato al prestatore dopera
non debba essere inferiore a quanto erogato agli
altri dipendenti dellutilizzatore (c.d.
principio della parità di trattamento).
Si fa salvo, esclusivamente,
quanto statuito nel sistema previgente dai CCNL
di settore e, con unespressa deroga, si
concede la diminuzione delle tutele laddove la
conclusione di un contratto di somministrazione
persegua finalità formative e/o di reinserimento
lavorativo.
Lutilizzatore è tenuto in
solido con il somministratore a corrispondere
tale trattamento retributivo e alla
corresponsione dei contributi. Tale regime di
solidarietà non subisce limitazioni, se non con
riferimento allordinaria prescrizione dei
diritti quinquennale.
In materia di sicurezza ed igiene
del lavoro, i compiti di informazione e
formazione sono demandati al somministratore, che
può delegarli allutilizzatore dandone
comunicazione scritta al lavoratore.
Lutilizzatore è altresì tenuto a
segnalare al prestatore i rischi specifici delle
mansioni che questi si appresta a compiere e
permane titolare dellobbligo generale di
sicurezza di cui allart. 2087 cc e alle
norme speciali successive.
Quanto alle mansioni del
lavoratore, lutilizzatore, ove lo adibisca
a mansioni superiori o non equivalenti a quelle
dedotte in contratto è tenuto a darne
comunicazione al somministratore; se non adempie
a questobbligo rimane responsabile
esclusivo delle differenze retributive dovute per
leventuale demansionamento ovvero per le
eventuali mansioni superiori che il prestatore
dopera abbia effettuato.
Questo comma pone, ad avviso di
chi scrive, delle questioni interpretative. Ad
esempio, le mansioni
dedotte in
contratto
possono essere difformi da
quelle previste nelle declaratorie del CCNL
applicato allutilizzatore? E ancora, posto
che manca qualsiasi riferimento allart.
2103 cc e posto che il contratto di
somministrazione può essere concluso anche in
ipotesi diverse da quelle sostitutive previste da
tale disposizione per escludere la maturazione
del diritto alle mansioni superiori, il diritto
alle differenze retributive può compiersi, e se
sì, anche prima dei 90 gg. ordinari?
Si prevede, inoltre e come è
naturale, che il potere disciplinare sia
esercitato dal somministratore su segnalazione
dinfrazione da parte
dellutilizzatore.
Infine, le finalità
dinserimento lavorativo perseguite dalla L.
196/1997 vengono del tutto disattese dai
conclusivi commi 8 e 9 della disposizione in
esame: se da un lato, infatti, con la
dichiarazione di nullità delle clausole
contrarie si determina la possibilità
dellutilizzatore di assumere come suo
dipendente il lavoratore che presta la propria
opera a tempo determinato, dallaltro, si
precisa che ciò non può avvenire laddove il
prestatore percepisca unadeguata
indennità.
Seguono tre disposizioni volte a
garantire lesercizio dei diritti sindacali
da parte del lavoratore
somministrato, a disciplinare il
trattamento previdenziale riservatogli e ad
affermare la titolarità della responsabilità
nel caso che il lavoratore arrechi danni a terzi.
Poiché non hanno stretta attinenza con il tema
trattato verranno richiamate senza commento.
Lart. 24 prevede:
Ferme restando le disposizioni specifiche
per il lavoro in cooperativa, ai lavoratori delle
società o imprese di somministrazione e degli
appaltatori si applicano i diritti sindacali
previsti dalla legge 20 maggio 1970, n. 300, e
successive modificazioni.
Il prestatore di lavoro ha
diritto a esercitare presso l'utilizzatore, per
tutta la durata della somministrazione, i diritti
di libertà e di attività sindacale nonché a
partecipare alle assemblee del personale
dipendente delle imprese utilizzatrici.
Ai prestatori di lavoro che
dipendono da uno stesso somministratore e che
operano presso diversi utilizzatori compete uno
specifico diritto di riunione secondo la
normativa vigente e con le modalità specifiche
determinate dalla contrattazione collettiva.
L'utilizzatore comunica alla
rappresentanza sindacale unitaria, ovvero alle
rappresentanze aziendali e, in mancanza, alle
associazioni territoriali di categoria aderenti
alle confederazioni dei lavoratori
comparativamente più rappresentative sul piano
nazionale:
a) il numero e i motivi del
ricorso alla somministrazione di lavoro prima
della stipula del contratto di somministrazione;
ove ricorrano motivate ragioni di urgenza e
necessità di stipulare il contratto,
l'utilizzatore fornisce le predette comunicazioni
entro i cinque giorni successivi;
b) ogni dodici mesi, anche per il
tramite della associazione dei datori di lavoro
alla quale aderisce o conferisce mandato, il
numero e i motivi dei contratti di
somministrazione di lavoro conclusi, la durata
degli stessi, il numero e la qualifica dei
lavoratori interessati.
Il successivo art. 25 dispone:
Gli oneri contributivi, previdenziali,
assicurativi ed assistenziali, previsti dalle
vigenti disposizioni legislative, sono a carico
del somministratore che, ai sensi e per gli
effetti di cui all'articolo 49 della legge 9
marzo 1989, n. 88, è inquadrato nel settore
terziario. Sulla indennità di disponibilità di
cui all'articolo 22, comma 3, i contributi sono
versati per il loro effettivo ammontare, anche in
deroga alla vigente normativa in materia di
minimale contributivo.
Il somministratore non è tenuto
al versamento della aliquota contributiva di cui
all'articolo 25, comma 4, della legge 21 dicembre
1978, n. 845.
Gli obblighi per l'assicurazione
contro gli infortuni e le malattie professionali
previsti dal decreto del Presidente della
Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, e successive
modificazioni, sono determinati in relazione al
tipo e al rischio delle lavorazioni svolte. I
premi e i contributi sono determinati in
relazione al tasso medio, o medio ponderato,
stabilito per la attività svolta dall'impresa
utilizzatrice, nella quale sono inquadrabili le
lavorazioni svolte dai lavoratori temporanei,
ovvero sono determinati in base al tasso medio, o
medio ponderato, della voce di tariffa
corrispondente alla lavorazione effettivamente
prestata dal lavoratore temporaneo, ove presso
l'impresa utilizzatrice la stessa non sia già
assicurata.
Nel settore agricolo e in caso di
somministrazione di lavoratori domestici trovano
applicazione i criteri erogativi, gli oneri
previdenziali e assistenziali previsti dai
relativi settori.
Infine lunico comma
dellart. 26 recita: Nel caso di
somministrazione di lavoro l'utilizzatore
risponde nei confronti dei terzi dei danni a essi
arrecati dal prestatore di lavoro nell'esercizio
delle sue mansioni.
Tale ultima disposizione pare
porre una deroga agli artt. 1228 cc e 2049 cc
laddove impone la responsabilità risarcitoria in
capo ad un soggetto che seppure di fatto ha la
possibilità di esercitare il controllo
sullattività dellausiliare, non ha
con questo formalmente - alcun rapporto
negoziale.
Maggiore rilievo ai fini del
presente scritto assumono, invece, gli artt. 27 e
28 del DLgs 276/2003 con i quali il Legislatore
ha in parte ripreso il concetto di appalto
illecito che era il cardine dellabrogata L.
1369/1960.
Lart. 27 disciplina la
somministrazione irregolare che si realizza:
Quando la somministrazione di lavoro
avvenga al di fuori dei limiti e delle condizioni
di cui agli articoli 20 e 21, comma 1, lettere
a), b), c), d) ed e), il lavoratore può
chiedere, mediante ricorso giudiziale a norma
dell'articolo 414 del codice di procedura civile,
notificato anche soltanto al soggetto che ne ha
utilizzato la prestazione, la costituzione di un
rapporto di lavoro alle dipendenze di
quest'ultimo, con effetto dall'inizio della
somministrazione.
Nelle ipotesi di cui al comma 1
tutti i pagamenti effettuati dal somministratore,
a titolo retributivo o di contribuzione
previdenziale, valgono a liberare il soggetto che
ne ha effettivamente utilizzato la prestazione
dal debito corrispondente fino a concorrenza
della somma effettivamente pagata. Tutti gli atti
compiuti dal somministratore per la costituzione
o la gestione del rapporto, per il periodo
durante il quale la somministrazione ha avuto
luogo, si intendono come compiuti dal soggetto
che ne ha effettivamente utilizzato la
prestazione.
Ai fini della valutazione delle
ragioni di cui all'articolo 20, commi 3 e 4, che
consentono la somministrazione di lavoro il
controllo giudiziale è limitato esclusivamente,
in conformità ai principi generali
dell'ordinamento, all'accertamento della
esistenza delle ragioni che la giustificano e non
può essere esteso fino al punto di sindacare nel
merito valutazioni e scelte tecniche,
organizzative o produttive che spettano
all'utilizzatore.
Con il successivo art. 28 si
regola la somministrazione fraudolenta, ossia:
Ferme restando le sanzioni di cui
all'articolo 18, quando la somministrazione di
lavoro è posta in essere con la specifica
finalità di eludere norme inderogabili di legge
o di contratto collettivo applicato al
lavoratore, somministratore e utilizzatore sono
puniti con una ammenda di 20 euro per ciascun
lavoratore coinvolto e ciascun giorno di
somministrazione.
Per completezza di esposizione è
bene rammentare che lart. 18 disciplina le
sanzioni penali applicabili nel caso di
violazioni della normativa in esame e più in
generale dellesercizio di attività di
mediazione tra domanda e offerta di lavoro; in
particolare la norma prevede: L'esercizio
non autorizzato delle attività di cui
all'articolo 4, comma 1, è punito con la
sanzione dell'ammenda di 5 per ogni
lavoratore occupato e per ogni giornata di
lavoro. L'esercizio abusivo della attività di
intermediazione è punito con la pena
dell'arresto fino a sei mesi e l'ammenda da
1.500 a 7.500. Se non vi è scopo
di lucro la pena è della ammenda da 500 a
2.500. Se vi è sfruttamento dei minori,
la pena è dell'arresto fino a diciotto mesi e
l'ammenda è aumentata fino al sestuplo. Nel caso
di condanna, è disposta in ogni caso la confisca
del mezzo di trasporto eventualmente adoperato
per l'esercizio delle attività di cui al
presente comma.
Nei confronti dell'utilizzatore
che ricorra alla somministrazione di prestatori
di lavoro da parte di soggetti diversi da quelli
di cui all'articolo 4, comma 1, lettera a),
ovvero da parte di soggetti diversi da quelli di
cui all'articolo 4, comma 1, lettera b), o
comunque al di fuori dei limiti ivi previsti, si
applica la pena dell'ammenda di 5 per ogni
lavoratore occupato e per ogni giornata di
occupazione. Se vi è sfruttamento dei minori, la
pena è dell'arresto fino a diciotto mesi e
l'ammenda è aumentata fino al sestuplo.
La violazione degli obblighi e
dei divieti di cui agli articoli 20, commi 1, 3,
4 e 5, e 21, commi 1, 2, nonché per il solo
somministratore, la violazione del disposto di
cui al comma 3 del medesimo articolo 21 è punita
con la sanzione amministrativa pecuniaria da
250 a 1.250.
Fatte salve le ipotesi di cui
all'articolo 11, comma 2, chi esiga o comunque
percepisca compensi da parte del lavoratore per
avviarlo a prestazioni di lavoro oggetto di
somministrazione è punito con la pena
alternativa dell'arresto non superiore ad un anno
o dell'ammenda da 2.500 a 6.000. In
aggiunta alla sanzione penale è disposta la
cancellazione dall'albo.
In caso di violazione
dell'articolo 10 trovano applicazione le
disposizioni di cui all'articolo 38 della legge
20 maggio 1970, n. 300, nonché nei casi più
gravi, l'autorità competente procede alla
sospensione della autorizzazione di cui
all'articolo 4. In ipotesi di recidiva viene
revocata l'autorizzazione.
Entro sei mesi dalla data di
entrata in vigore del presente decreto, il
Ministro del lavoro e delle politiche sociali
dispone, con proprio decreto, criteri
interpretativi certi per la definizione delle
varie forme di contenzioso in atto riferite al
pregresso regime in materia di intermediazione e
interposizione nei rapporti di lavoro.
A ben vedere questo sistema di
norme regola la fase patologica del contratto di
somministrazione, con meccanismi punitivi affini
a quelli che erano contemplati dalla L. 1369/1960
per reprimere il fenomeno dellappalto
illecito di mere prestazioni di lavoro.
Sotto un primo profilo, il
Legislatore sanziona la somministrazione
irregolare, ossia il contratto concluso in
violazione delle riserve e dei divieti
contemplati allart. 20 e in difetto di
forma scritta e degli altri elementi essenziali
del contratto di cui allart. 21,
comminando, ad istanza di parte, la nullità di
diritto comune del negozio e disponendo come
conseguenza che il lavoratore
somministrato passi alle dipendenze
dellutilizzatore.
In altre parole, tale sanzione
opera su tre piani: violazioni di ordine
soggettivo (quanto allidentità delle parti
contraenti), oggettivo (contenuto del contratto)
e formale (mancanza della forma scritta).
Si tratta di un meccanismo
analogo a quello dellart. 1 della L.
1369/1960, temperato però, nel caso di specie,
dalla precisazione che quanto pagato sino ad
allora al lavoratore vale a liberare chi ha
effettivamente utilizzato la prestazione, sino a
concorrenza, dal debito corrispondente. Inoltre,
tutti gli adempimenti obbligatori svolti dal
somministrare si considerano come svolti
dalleffettivo utilizzatore della
prestazione.
La previsione risulta, peraltro,
ultronea rispetto a quanto disposto
dallart. 21, che con il quarto comma
sanziona, con il medesimo meccanismo, la stessa
fattispecie.
Non deve, tuttavia, essere
dimenticato che lart. 27 in esame specifica
quanto precedentemente statuito prevedendo che il
passaggio alle dipendenze dellutilizzatore
avvenga con decorrenza dallinizio della
somministrazione irregolare.
Infine, si dispone che laddove la
somministrazione irregolare derivi da violazione
dellart. 20, commi 3 e 4, il Giudice dovrà
limitarsi ad accertare se sussistessero i
presupposti fattuali per la conclusione del
contratto, mentre non potrà ingerirsi nelle
valutazioni organizzative che hanno indotto le
imprese ad utilizzare lo strumento negoziale
della somministrazione.
Ciò vale a limitare fortemente i
poteri istruttori del magistrato del lavoro che
non potrà effettuare alcuna verifica sulla reale
volontà delle parti che abbiano concluso un
contratto di somministrazione formalmente
ineccepibile.
Questa previsione è ancora meno
comprensibile dove, con il successivo art. 28 e
fatte salve le sanzioni penali di cui
allart. 18, si disciplina la
somministrazione fraudolenta, che - come sopra
riportato - si realizza ove lo scopo delle parti
sia quello di concludere il negozio per aggirare
le norme di Legge o le clausole contrattuali.
Nel caso in cui ciò si verifichi
è prevista unammenda di 20 per ogni
lavoratore coinvolto e per ogni giorno di
somministrazione.
Tale disposizione non può non
essere coordinata sul piano sanzionatorio con
quanto previsto dallart. 18, commi 1 e 2
della disciplina in esame, anche se la
contravvenzione prevista in caso di appalto
fraudolento richiede, evidentemente, il dolo
specifico.
Sui profili di successione di
Legge penale conseguenti alle modifiche
intervenute con il DLgs 276/2003 si è
recentemente soffermata la Cassazione con
sentenza n. 2583 del 26.01.2004 che afferma in
massima La fattispecie di appalto di mere
prestazioni di lavoro punita dallart. 1,
comma 3, legge 23 ottobre 1960, n. 1369 è solo
parzialmente abrogata dalla fattispecie di
somministrazione di lavoro esercitata da soggetti
non abilitati o fuori dai casi previsti punita
dallart. 18, comma 1, primo periodo, e
comma 2, primo periodo, D.Lgs 10 settembre 2003,
n. 276, in quanto solo alcuni fatti puniti dalla
legge abrogata non costituiscono più reato
secondo la legge sopravvenuta (le
somministrazioni di lavoro da parte di agenzie
private abilitate e nei casi consentiti), mentre
altri fatti continuano ad essere puniti come
reato (le somministrazioni di lavoro da parte di
soggetti non abilitati e fuori dai casi
consentiti, che la legge abrogata puniva come
appalti di mere prestazioni di lavoro)
[19].
3.2.
Lappalto di servizi.
Lart. 29 del DLgs 276/2003
disciplina lappalto di servizi, prevedendo
che: Ai fini della applicazione delle norme
contenute nel presente titolo, il contratto di
appalto, stipulato e regolamentato ai sensi
dell'articolo 1655 del codice civile, si
distingue dalla somministrazione di lavoro per la
organizzazione dei mezzi necessari da parte
dell'appaltatore, che può anche risultare, in
relazione alle esigenze dell'opera o del servizio
dedotti in contratto, dall'esercizio del potere
organizzativo e direttivo nei confronti dei
lavoratori utilizzati nell'appalto, nonché per
la assunzione, da parte del medesimo appaltatore,
del rischio d'impresa.
In caso di appalto di servizi il
committente imprenditore o datore di lavoro è
obbligato in solido con l'appaltatore, entro il
limite di un anno dalla cessazione dell'appalto,
a corrispondere ai lavoratori i trattamenti
retributivi e i contributi previdenziali dovuti.
L'acquisizione del personale già
impiegato nell'appalto a seguito di subentro di
un nuovo appaltatore, in forza di legge, di
contratto collettivo nazionale di lavoro, o di
clausola del contratto d'appalto, non costituisce
trasferimento d'azienda o di parte
d'azienda.
Un primo rilievo si può muovere
in ordine al fatto che il disposto del comma 1
sia del tutto tautologico rispetto al complesso
delle norme di diritto comune che regolamentano
il negozio in esame (artt. 1655 e ss cc) e che
non sono state abrogate.
Infatti, è facile riscontrare
che il Legislatore, al fine di differenziare il
contratto dappalto di servizi da quello di
somministrazione di lavoro che abbiamo esaminato
prima, riprende (anche con un richiamo letterale)
i requisiti distintivi del contratto
dappalto ai sensi dellart. 1655 cc,
ossia lassunzione del rischio
dimpresa e la necessità che
lincarico sia eseguito attraverso la
predisposizione e lutilizzazione della
propria organizzazione di mezzi.
Sotto un secondo profilo, vengono
richiamati gli indici fattuali che la
giurisprudenza aveva assunto
(nellelaborazione relativa allart. 1
della L. 1369/1960) come metro della
genuinità dellappalto, ossia
quelli contenuti nellart. 2094 cc, e
segnatamente lesercizio del potere
direttivo, organizzativo e disciplinare sui
propri collaboratori.
Gli elementi appena descritti si
pongono in successione alternativa laddove
allorganizzazione di mezzi possa
sostituirsi il mero esercizio del potere
direttivo collegato allassunzione del
rischio dimpresa da parte
dellappaltatore. Risulta, viceversa, del
tutto svalutato quellelemento che nel
sistema previgente fondava la presunzione
dilliceità dellappalto, ossia la
proprietà dei mezzi [20].
Parte della dottrina ha
ravvisato, nella disposizione esaminata, il
rischio di una frattura interpretativa e del
riaprirsi di tutte le annose questioni sorte nel
passato in relazione alla differenza che corre
tra lappalto e linterposizione
illecita di manodopera [21].
Per scongiurare tale eventualità
il Legislatore ha concesso alle parti la facoltà
di accedere ad una procedura certificativa
analoga a quella pensata per il lavoro a
progetto.
Lart. 84 del DLgs 276/2003,
infatti, recita: Le procedure di
certificazione di cui al capo primo possono
essere utilizzate, sia in sede di stipulazione di
appalto di cui all'articolo 1655 del codice
civile sia nelle fasi di attuazione del relativo
programma negoziale, anche ai fini della
distinzione concreta tra somministrazione di
lavoro e appalto ai sensi delle disposizioni di
cui al Titolo III del presente decreto
legislativo.
Entro sei mesi dalla entrata in
vigore del presente decreto, il Ministro del
lavoro e delle politiche sociali adotta con
proprio decreto codici di buone pratiche e indici
presuntivi in materia di interposizione illecita
e appalto genuino, che tengano conto della
rigorosa verifica della reale organizzazione dei
mezzi e della assunzione effettiva del rischio
tipico di impresa da parte dell'appaltatore. Tali
codici e indici presuntivi recepiscono, ove
esistano, le indicazioni contenute negli accordi
interconfederali o di categoria stipulati da
associazioni dei datori e dei prestatori di
lavoro comparativamente più rappresentative sul
piano nazionale.
Nella pratica, quindi, è
probabile che si certificheranno ex ante rapporti
che in fase esecutiva assumeranno connotati
affatto diversi[22].
E del tutto intuibile,
inoltre, che la giurisprudenza che si formerà
sul punto e cui i Giudici di merito faranno
riferimento per risolvere le controversie in
questione non potrà, per espressa volontà
legislativa, che prendere spunto dai principi
elaborati in passato in sede di interpretazione
della L. 1369/1960 [23]. Da ciò
consegue che se difettano in capo
allappaltatore di servizi i requisiti
previsti dallart. 29 in esame dovranno
applicarsi le sanzioni - assai simili a quelle
contemplate dallart. 1 della L. 1369/1960 -
previste dagli artt. art. 27 e 28 sopra
richiamati [24] per il contratto
di somministrazione irregolare e per quello di
somministrazione fraudolenta.
Nel secondo comma viene,
viceversa, trasfusa letteralmente la previsione
dellart. 4 della L. 1369/1960. Su questo,
nulla da eccepire. Tuttavia, disciplinando oggi
la norma in esame solo una fattispecie
determinata si deduce a contrario che la
responsabilità solidale del committente sia oggi
limitata solo ai casi di appalto di servizi e,
come precisato precedentemente, ai casi di
somministrazione lecita stante la disposizione
dellart. 23, comma 3 del DLgs 276/2003.
Per lappalto dopera
permane, viceversa, il regime di solidarietà di
diritto comune di cui allart. 1676 cc. Il
che si giustificherebbe - ad avviso di chi scrive
con argomenti poco condivisibili per il
fatto che lappalto dopera si risolve
nel raggiungimento di un risultato [25].
Il medesimo regime di
solidarietà opera, per il successivo art. 32,
comma 2 - che introduce il quinto comma
dellart. 2112 cc, e sul quale non ci
soffermeremo ulteriormente perché non inerente
al tema trattato -,
nel caso in cui
l'alienante stipuli con l'acquirente un contratto
di appalto la cui esecuzione avviene utilizzando
il ramo d'azienda oggetto di cessione, tra
appaltante e appaltatore
.
Inoltre, mentre lart. 4
della L. 1369/1960 prevedeva il principio di
parità di trattamento, retributivo e
contributivo, tra dipendenti del committente e
dipendenti dellappaltatore, oggi il
committente è tenuto in solido esclusivamente a
corrispondere
i trattamenti (minimi)
dovuti.
Infine, recependo
lorientamento giurisprudenziale formatosi
sullapplicabilità dellart. 2112 cc
in caso di subentro di altro imprenditore
nellappalto in essere [26],
il Legislatore ha statuito al terzo comma che in
queste ipotesi non si realizza un trasferimento
dazienda o di ramo di azienda.
Come affermato da parte della
dottrina [27], ciò non vuol
dire che in questi casi non si abbia mai un
trasferimento dazienda, ma che cè
solo se si verifica anche lacquisizione di
una qualche, apprezzabile, entità economica,
essendo per converso irrilevante, secondo un
oramai pacifico orientamento della Corte di
Giustizia europea, che questa acquisizione
avvenga per il tramite di un diretto rapporto
negoziale.
3.3. Il
distacco.
Conclusivamente, alcune brevi
riflessioni sullistituto del distacco che
è stato introdotto in via generale nel ns.
ordinamento con lart. 30 del DLgs 276/2003.
La norma dispone: L'ipotesi del distacco si
configura quando un datore di lavoro, per
soddisfare un proprio interesse, pone
temporaneamente uno o più lavoratori a
disposizione di altro soggetto per l'esecuzione
di una determinata attività lavorativa.
In caso di distacco il datore di
lavoro rimane responsabile del trattamento
economico e normativo a favore del lavoratore.
Il distacco che comporti un
mutamento di mansioni deve avvenire con il
consenso del lavoratore interessato. Quando
comporti un trasferimento a una unità produttiva
sita a più di 50 km da quella in cui il
lavoratore è adibito, il distacco può avvenire
soltanto per comprovate ragioni tecniche,
organizzative, produttive o sostitutive.
Resta ferma la disciplina
prevista dall'articolo 8, comma 3, del
decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito,
con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n.
236.
In primo luogo, si può notare
come il Legislatore abbia raccolto lapprodo
della giurisprudenza ancorando listituto ai
due pilastri dellinteresse del distaccante
e della temporaneità del distacco.
Quanto al primo requisito, il
Ministero del lavoro ha chiarito con circolare n.
3 del 15.01.2004 [28] che il
DLgs 276/2003 ne fornisce una nozione piuttosto
ampia che in sostanza deve coincidere con un
interesse produttivo del distaccante, purché non
sia identificabile con linteresse alla mera
somministrazione di lavoro e permanga per tutta
la durata del distacco.
Inoltre, si precisa che mentre
linteresse del somministratore è quello di
realizzare un fine di lucro nella
somministrazione, linteresse del
distaccante è quello, ad esempio, al buon
andamento di una società partecipata e/o
controllata.
Quanto al secondo elemento, la
nota ministeriale lo identifica con la non
definitività, indipendentemente dalla durata del
distacco.
Sotto un secondo profilo è, poi,
interessante notare che se il distacco comporta
un mutamento di mansioni, è necessario acquisire
il consenso del lavoratore. E laddove tale
mutamento dovesse consistere in un peggioramento
delle condizioni di lavoro del dipendente non
vè chi non veda che ciò comporterebbe una
palese violazione del disposto dellart.
2103 cc, con buona pace dellinderogabilità
dei diritti in esso contenuti [29].
Daltra parte, potrebbe anche sostenersi che
il lavoratore può maturare un interesse concreto
al trasferimento e quindi potrebbe accettare di
rendere il proprio consenso ad un mutamento in
peius delle mansioni.
In tal senso il Ministero
chiarisce che il consenso del lavoratore vale a
ratificare lequivalenza delle
mansioni laddove il mutamento di esse, pur non
comportando un demansionamento, implichi una
riduzione e/o specializzazione delle attività
effettivamente svolte, inerente al patrimonio
professionale del lavoratore stesso.
Sempre allart. 2103 cc si
richiama, infine, la norma in esame quando
richiede la presenza di comprovate ragioni
tecniche, organizzative, produttive o sostitutive
per i distacchi comportanti trasferimenti a più
di 50 km di distanza dal luogo di lavoro.
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