LA RESPONSABILITA' DEL SOCIO DI S.R.L.

 

Premessa

L'art. 2476, comma 7, c.c. , introdotto dalla riforma del diritto societario (D.lgs. 6/2003), stabilisce che i soci della s.r.l. siano solidalmente responsabili con gli amministratori quando abbiano intenzionalmente deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi per la società, i soci, i terzi.

La disposizione va letta in chiave di contrappeso ai poteri gestori attribuiti ai soci dalla novella legislativa, che conferisce alla s.r.l. un carattere più personalistico, attribuendo ai singoli soci più poteri ed una maggiore ingerenza nella gestione della società, nel quadro di una governance caratterizzata dalla flessibilità organizzativa consentita dall'ampiezza della libertà statutaria (Cfr. M. Resigno, Eterogestione e responsabilità nella riforma societaria fra aperture ed incertezze: una prima riflessione, Società, 2003, 332; Trib. Salerno, 9 marzo 2010, Società, 2010, 1455, con nota di  Meli).

Si veda al riguardo l'art. 2468, comma 3, c.c. per il quale l'atto costitutivo può prevedere l'attribuzione a singoli soci di particolari diritti riguardanti l'amministrazione della società e la distribuzione degli utili. L'art. 2479, comma 1, riconosce poi la facoltà degli amministratori, nonché il potere di tanti soci che rappresentano almeno un terzo del capitale sociale di rimettere alla decisione dell'assemblea dei soci o dei soci stessi argomenti anche attinenti alla gestione.

Si legge in modo significativo nella relazione ministeriale di accompagnamento alla riforma: "L'introduzione dell'art. 2476, comma 7, tiene conto delle caratteristiche del tipo sociale in questione (la s.r.l., n.d.r.) e della circostanza  che nella realtà molto spesso l'effettivo potere di amministrazione non corrisponde all'assunzione dell'effettiva veste formale e che pertanto la mancata assunzione di questa non può divenire un facile strumento per eludere la responsabilità che deve incombere su chi la società effettivamente gestisce".

Non è infrequente, soprattutto nelle società con un numero ristretto di quotisti, che il potere decisionale sia strettamente in mano ai soci e gli amministratori, a volte anche semplici prestanome, si limitano ad eseguire gli ordini impartiti dai primi.

Ambito di applicazione della norma

La norma in esame trova comunque applicazione a condizione che il socio che ha compiuto l'atto di gestione non sia amministratore. Diversamente, infatti, l'amministratore sia di diritto che di fatto, risponderebbe, anche a titolo di colpa, dei danni provocati dal suo comportamento in base all'art. 2476, comma 1 (responsabilità verso la società) e comma 6 (responsabilità verso un singolo socio od un terzo), in relazione al potere/dovere di amministrare (Trib. Salerno, 9 marzo 2010, cit.; C. App. Milano 18 gennaio 2012,  Società , 2012, 462 ).

La responsabilità sussiste in capo al socio  anche quando questi abbia operato in assenza di una disposizione statutaria che ne legittimasse l'intervento (Cfr. Resigno, Eterogestione, cit., 332, il quale ritiene che non sia necessaria alcuna serialità o sistematicità dell'attività gestoria del socio,  potendo derivare la sua responsabilità anche da un solo atto dannoso).

La disposizione non si applica invece a soggetti non soci che si siano intromessi nella gestione. Se l'ingerenza è stata occasionale costoro risponderanno dei danni, se ne sussistono i presupposti, ai sensi dell'art. 2043 c.c., nel caso invece la stessa abbia avuto un carattere sistematico, saranno responsabili nella veste di amministratori di fatto (sulla responsabilità dell'amministratore di fatto v. Cass. 6 marzo 1999, n. 1925 e Cass. 14 settembre 1999, n. 9795).

Elemento soggettivo. Significato della locuzione "intenzionalmente"

Il comma 7 dell'art. 2476 prevede, ai fini della responsabilità del socio, che l'intervento dello stesso nella gestione debba essere intenzionale.

Detta intenzionalità pare debba individuarsi, secondo l'opinione prevalente, nella conoscenza e nella consapevolezza della dannosità dell'atto deciso od autorizzato (cfr. Trib. Salerno 9 marzo 2010, cit.; Piccinini, Atti gestori dannosi: i "mobili confini" della responsabilità del socio; Società 2005, 457). La responsabilità del socio si configura quindi solamente nell'ipotesi di dolo concernente il danno (Sangiovanni., Responsabilità degli amministratori e corresponsabilità dei soci nella s.r.l., Danno e responsabilità, 2008, 17).

Di diversa natura, e più ampia,  è invece la responsabilità degli amministratori, i quali se vogliono andare esenti da responsabilità hanno l'onere di provare la loro assenza di colpa.

Perché sussista la responsabilità del socio non è quindi sufficiente la mera partecipazione di quest'ultimo all'attività dannosa. Il socio non risponde a titolo di colpa, come nel caso di omessa vigilanza sull'attività di gestione o quando la sua decisione sia frutto di disinformazione o superficialità (Trib. Salerno, 9 marzo 2010, cit.). Parimenti non è configurabile la sua responsabilità nell'ipotesi di direttive, consigli e pareri dati agli amministratori, senza intaccare il loro potere discrezionale di decisione.

Alcuni studiosi (cfr. Di Amato, Le azioni di responsabilità nella nuova disciplina della società a responsabilità limitata, Giur. Comm., 2003, I, 305) si dissociano dall'interpretazione succitata ritenendo che l'avverbio "intenzionalmente" vada riferito alla decisione e non all'atto, risultando quindi pleonastico, data l'ovvietà di considerare ogni decisione intenzionale. Così argomentando, si viene ad allargare la portata della norma, estendendola anche ai casi di colpa e la responsabilità del socio diverrebbe analoga a quella dell'amministratore.

 

Solidarietà della responsabilità dei soci con quella degli amministratori

Un elemento indispensabile perché si configuri la fattispecie dell'art. 2476, comma 7, come si desume dalla lettera della norma, è la solidarietà dei soci con quella degli amministratori. Trattasi di responsabilità da concorso nella gestione, con la necessaria compresente responsabilità degli amministratori, i quali hanno l'obbligo di opporsi all'esecuzione di atti pregiudizievoli. Il socio è tenuto a rispondere per il contributo intenzionale al compimento dell'atto dannoso (C. App. Milano 18 gennaio 2012, cit.).

La fattispecie è un'applicazione del principio di solidarietà tra condebitori previsto dall'art. 1294 c.c. nell'ipotesi di responsabilità contrattuale e dall'art. 2055 per quella aquiliana.

La concorrente responsabilità degli amministratori costituirebbe quindi una condizione indispensabile della responsabilità dei soci. Quest'ultima assumerebbe un carattere accessorio rispetto alla prima e non potendo dunque sussistere in assenza di quella degli amministratori (Trib. Salerno 9 marzo 2010, cit., che si spinge fino a configurare un litisconsorzio necessario tra i soci e gli amministratori, ai sensi dell'art. 102 c.p.c., per cui la responsabilità in esame non potrebbe essere accertata, senza una domanda contestuale diretta a far riconoscere la responsabilità degli amministratori).

Danno e nesso di causalità

La responsabilità in esame si configura soltanto in presenza di un danno arrecato alla società o ai singoli soci o a terzi. Trattasi di responsabilità per danni e non per debiti.

Non può quindi essere intentata azione di risarcimento se non vi è un nocumento da ristorare, ancorché la decisione del socio sia illegittima.

Occorre infine che vi sia un nesso di causalità fra l'atto deciso o autorizzato ed il danno provocato.

Casistica

Quando concretamente può configurarsi la responsabilità del socio ex art. 2476, comma 7, c.c.? Proviamo ad ipotizzare alcuni casi a titolo esemplificativo.

Si pensi all'approvazione da parte del socio di un bilancio falso, con la consapevolezza che i dati sono stati alterati, attraverso la sopravvalutazione delle poste attive e l'occultamento delle perdite, con lo scopo di non perdere i fidi bancari.

Così anche l'autorizzazione alla vendita sottocosto di un cespite patrimoniale, sapendo in tal modo di danneggiare la società e di pregiudicare la garanzia dei creditori.

Parimenti la cessione di un ramo d'azienda ad un'altra società, della quale il socio che decide è compartecipe, operazione che artatamente pregiudichi gli interessi di altri soci.

Non può comunque essere sottaciuta, nelle ipotesi descritte, la difficoltà di dimostrare il comportamento doloso del socio.

Osservazioni conclusive

L'art. 2476, comma 7, può essere considerata una norma in un certo qual senso rivoluzionaria in quanto intacca il principio della responsabilità limitata del socio, cardine della s.r.l., da cui peraltro la società riceve da denominazione (Sangiovanni, Responsabilità degli amministratori e corresponsabilità dei soci nella s.r.l., cit., 18). Dalla premessa discende la necessità di interpretare la stessa in senso restrittivo, in quanto norma che deroga ad una regola generale.

Si rammenta, infine, che l'azione di responsabilità relativa alla norma in oggetto può essere esercitata dal curatore fallimentare ai sensi dell' art. 146, comma 2 della legge fallimentare, il quale diventa titolare delle azioni che prima dell'instaurarsi della procedura erano esercitate dalla società e dai creditori.