RESPONSABILITA' CIVILE E
RISARCIMENTO DEL DANNO
IN FORMA SPECIFICA

 

(Autore: Pier Giuseppe Monateri - Tratto dal sito: www.altalex.com. Parte della monografia "Atto illecito e responsabilità civile" che e il primo dei tomi dedicati alla materia della responsabilità civile nel "Trattato di diritto privato" diretto da Mario Bessone per la casa editrice Giappichelli).

Sommario:
1. Natura e funzione del risarcimento in forma specifica. I rapporti tra reintegrazione e risarcimento per equivalente
2. La prassi evolutiva verso il riconoscimento di una azione generale di reintegrazione fondata sull'art. 2058 c.c.
3. I limiti alla reintegrazione in forma specifica
4. Profili processuali
5. Risarcimento del danno in forma specifica e Pubblica Amministrazione


1. Natura e funzione del risarcimento in forma specifica. I rapporti tra reinte­grazione e risarcimento per equivalente

La reintegrazione del danno in forma specifica (o, con diversa formula, la riparazione in natura del danno 1) si risolve nell'obbligazione del responsabile di ricostituire la situazione di fatto antecedente alla procurata lesione, consentendo all'attore pregiudicato di attuare l'interesse vantato senza doversi accontentare del mero equivalente pecuniario 2.

L'art. 2058 c.c. dispone che

Tuttavia il giudice può disporre che il risarcimento avvenga solo per equivalente, se la reintegrazione in forma specifica risulta eccessivamente onerosa per il debitore> 3.

Le questioni da affrontare in via preliminare attengono all'individuazione della natura e della funzione dell'istituto.

La parte preponderante dei contributi dottrinali cerca di trarre risposte dall'analisi dei rapporti tra risarcimento in forma specifica e risarcimento per equivalente, ma denota ancor oggi (per il numero ed i contenuti) come le originarie tensioni interpretative non possano considerarsi pacificate o, altrimenti, composte 4.

Le soluzioni suggerite rimangono, infatti, divergenti.

Vi e chi, animato da propositi di organicità, si sforza di ricondurre ad i due rimedi. In tale prospettiva sono state elaborate due diverse ipotesi ricostruttive: o si fa ap­pello alla categoria generale della , comprensiva sia del risarci­mento per equivalente, sia del risarcimento in forma specifica, cui viene attribuita funzione alter­nativa rispetto al primo 5; o si postula l'unicità dell'obbligazione risarcitoria, per poi configurare le due forme di risarcimento come mere modalità alternative di attuazione dell'obbligazione medesima 6.

Vi e chi, per contro, intende riconoscere uno statuto di autonomia ai rimedi, affermando che alla netta separazione esistente, sul piano sostanziale, tra illecito e danno, corrisponde inevitabilmente una altrettanto certa e precisa distinzione tra strumenti di tutela azionabili: l'illecito deve essere represso con il ricorso all'inibitoria; il danno deve essere riparato con il risarcimento 7.

L'adesione alla prima ricostruzione orienta l'indagine verso la comprensione della relazione tra risarcimento in forma specifica e risarcimento per equivalente.

La dottrina ha preteso scorgere tra gli stessi una vera e propria gerarchia, tale per cui l'uno e qualcosa di più, o di prioritario (sotto il profilo pratico, se non ideale), rispetto all'altro. D'altra parte neppure in merito all' si riscontra uniformità di vedute. Taluni Autori al risarcimento in forma specifica, sulla base di argomentazioni varie e di diverso tenore. Talvolta e parsa sufficiente l'affermazione secondo cui proprio la dizione testuale dell'art. 2058 c.c. porta a riconoscere nella reintegrazione il rimedio principale, nel risarcimento per equivalente il rimedio sussidiario 8. Altrove, quasi indulgendo al fascino delle distinzioni ontologiche di platonica memoria, si e sostenuto che il risarcimento in forma specifica rappresenta la di riparazione del danno, destinata a tradursi fenomenicamente, nella normalità del mondo reale, in risarcimento per equivalente. 9 Andando oltre, si e giunti a definire la reintegrazione in forma specifica come parametro di valutazione del risarcimento del danno (anche nel caso in cui la liquidazione sia fatta per equivalente), tanto da considerare contraddittorio predicare il carattere di eccessiva onerosità alla reintegrazione (come ha fatto il legislatore, prevedendo la disciplina dell'art. 2058, 2? co., c.c.), posto che il costo della medesima e la misura del danno 10.

Diversa opinione e stata sostenuta da quanti hanno voluto scorgere, nel meccanismo concreto previsto dall'art. 2058 c.c., la subordinazione della reintegrazione in forma specifica al risarcimento per equivalente 11.

Sul punto specifico (individuazione del rimedio ) alle articolate posizioni della dottrina corrisponde uno scenario giurisprudenziale che solo a livello declamatorio ostenta una maggiore sicurezza ed univocità di interpretazione. Passando, infatti, all'individua­zione della regola operazionale applicata caso per caso, si constata quanto quella certezza sia solo apparentemente esibita. La massima della decisione può si essere forgiata nel senso di attribuire al risarcimento per equivalente il rango di 12, ma a condizione che la conclusione operativa prescelta dal giudicante sia nel senso di negare, nello specifico, proprio la (sia pur ) reintegrazione. Dunque, la giurisprudenza ripropone, in questa sede, i bisticci cui spesso suole dimostrarsi avvezza, dissociando le petizioni di principio dai precetti concreti nel corpo delle singole pronunce.

I contrasti, aperti o (mal)celati, sono, forse, sintomatici della inefficienza, o, comunque, inadeguatezza, delle ipotesi ricostruttive tradizionali. Volgersi verso prospettive consente di ridisegnare la e dimostra come sia stata enfatizzata l'importanza delle questioni interpretative di cui si e dato conto.

Si e, pertanto, proposto di superare l'impostazione consueta che definisce e modella lo strumento di tutela in ragione e funzione del tipo di situazione soggettiva considerata ritenendo, conseguentemente, che le situazioni a contenuto reale siano protette mediante misure di riduzione in pristino, mentre i diritti di obbligazione siano difesi con rimedi risarcitori, ovvero, in executivis, con le procedure di espropriazione forzata.

Suggerimenti significativi provengono dalla dottrina giureconomica nordamericana, sostanzialmente coincidente con la c.d. griglia di Calabresi e Melamed 13. In quest'ottica le regole che presiedono alla tutela delle situazioni soggettive connesse all'attribuzione di una risorsa scarsa vengono distinte in (property rules) e (liability rules): le prime garantiscono al titolare della posizione una tutela piena mediante il mantenimento dell'assetto allocativo dato; le seconde permettono l'appro­pria­zione della risorsa scarsa anche senza il consenso dell'avente diritto, a condizione che questi sia compensato della perdita subita sulla scorta di una valutazione astratta rimessa al giudice sulla base di criteri collettivamente determinati. In definitiva, le regole di responsabilità civile consentono l'attività illecita, ma la rendono costosa.

In base a questa impostazione, come si e correttamente evidenziato, il rimedio in forma specifica ha carattere eccezionale e rappresenta un nell'ambito del sistema di responsabilità civile: essendo distonico rispetto all'istituto, non potrebbe ammettersi in difetto di espressa previsione normativa 14.

2. La prassi evolutiva verso il riconoscimento di una azione generale di reintegrazione fondata sull'art. 2058 c.c.

La giurisprudenza e giunta ad affermare espressamente che la disciplina della reintegrazione in forma specifica ha carattere generale, quantunque dettata con specifico riferimento alla responsabilità aquiliana 15: dunque e configurabile, nel nostro ordinamento, un'azione generale di reintegrazione in forma specifica, fondata sul disposto dell'art. 2058 c.c. e distinta dalla tutela risarcitoria ex art. 2043 c.c. Si tratta di una azione inibitoria generale ed atipica, esperibile a tutela di quelle situazioni per le quali non sia stato previsto un rimedio processuale ad hoc 16.

Il tenore della statuizione induce a verificare, da un lato, attraverso quali tappe si e snodato il cammino che ha condotto ad una simile conclusione; dal­l'altro, ad enucleare le argomentazioni svolte a suo sostegno.

In primo luogo, la giurisprudenza ha individuato le situazioni dominicali, o possessorie, o di detenzione qualificata cui garantire un sistema di tutela rispondente a quello gia offerto mediante l'esercizio di rimedi di riduzione in pristino reali e tipici. In quest'ottica si e utilizzato l'art. 2058 c.c. come property rule (nel senso sopra precisato) per ampliare l'ambito della tutela reale tipica, fino ad includervi situazioni di appartenenza, che, per difetto dei necessari presupposti fattuali, non ne avrebbero altrimenti beneficiato.

Volgendo lo sguardo alla casistica, e possibile individuare, al riguardo, le seguenti ipotesi:

a) l'art. 2058 c.c. e stato applicato a sostegno ed integrazione del divieto generale di immissio in alienum per rimuovere il danno arrecato al titolare di una situazione di appartenenza riguardata da una esternalità continuata. La tutela e stata estesa al possesso, affermando che l'azione di riduzione in pristino spetta anche a chi abbia subito lo spoglio senza essere titolare di un diritto reale sulla cosa 17;

b) considerato che la reintegrazione in forma specifica può consistere in concreto , se ne e fatta applicazione per rafforzare la tutela concessa al nudo proprietario nei confronti dell'usufruttuario che non abbia rispettato l'originaria destinazione economica del bene oggetto di usufrutto 18. Il comportamento abusivo - in quest'ottica - non comporta unicamente la cessazione dell'usufrutto ex art. 1015 c.c., ma costituisce titolo per chiedere ed ottenere la condanna al risarcimento del danno subito dal proprietario mediante il ripristino dell'originario stato dei luoghi;

c) la reintegrazione in forma specifica si e concretata in ordine di demolizione nel caso di violazione di un divieto di sopraelevazione, previsto da regolamento condominiale, da parte di un condomino 19.

In secondo luogo la giurisprudenza ha concesso il rimedio della reintegrazione in forma specifica in funzione suppletoria della stessa tutela reale tipica, ogniqualvolta questa non fosse in concreto esperibile per intervenuta prescrizione dell'azione o difetto di altro requisito di legge 20.

Ancora la giurisprudenza ha assicurato la tutela ex art. 2058 c.c. ai diritti della personalità ed al diritto alla salute, che, anzi, postulano una protezione in forma specifica proprio in considerazione della loro natura, a prescindere dall'onerosità e con il solo limite logico della possibilità 21.

In stretta connessione a questo riconoscimento l'applicazione del rimedio e stata estesa alle ipotesi di compromissione del , o, altrimenti detto, con felice endiadi, del diritto 22.

In materia e, peraltro, intervenuto il legislatore con l. 18 luglio 1986, n. 349. L'art. 18, 1? e 3? co. del testo di legge definisce il danno come e riconosce allo Stato ed agli Enti territoriali, sui quali incidano i beni oggetto del fatto lesivo, il diritto al risarcimento. Il 6? co. del medesimo articolo disciplina le modalità del risarcimento, prevedendo che il giudice, se non sia possibile una precisa quantificazione del danno, lo determina in via equitativa, tenuto conto della gravita della colpa, del costo del ripristino e del profitto che il trasgressore ha conseguito con l'illecito. Il successivo 8? co. aggiunge che il giudice, nella sentenza di condanna dispone, ove possibile, il ripristino dello stato dei luoghi a spese del responsabile.

La dottrina si e interrogata sulla natura della misura ripristinatoria prevista dall'8? co. e sulla sua riconducibilità al quadro normativo dell'art. 2058 c.c. 23 L'opinione più autorevole ritiene inutile od indifferente ogni sottile distinguo, da un lato affermando il carattere di regola di proprietà della previsione speciale, dall'altro rimarcando come la dizione testuale della disposizione ricalchi molto da vicino l'impostazione dell'art. 2043 c.c. 24.

Da ultimo occorre ricordare che la giurisprudenza ha fatto applicazione del principio ex art. 2058 c.c. anche in materia contrattuale 25.

L'esame dell'apparato argomentativo elaborato per sorreggere tali applicazioni consente di individuare due diversi itinerari concettuali.

Alcune decisioni ancorano la regola di tutela piena, con modalità inibitorie, direttamente nelle maglie dell'art. 2058 c.c. 26; altre invocano l'art. 2058 c.c. per soddisfare esigenze di carattere pratico e congiunturale (in primis per garantire la corretta instaurazione del contraddittorio tra le parti della lite, ampliando la legittimazione passiva dell'azione reale esperita), più che per far fronte ad un bisogno di tutela specifico. A tali fini si sostiene che l'azione reale tipica ha per fine essenziale l'accertamento del diritto; ogni altra pretesa, di diverso contenuto, che miri ad una pronuncia di condanna ad un fare o ad un non fare con finalità di ripristino della situazione di appartenenza pregiudicata, e deducibile in una azione meramente personale, fondata (ancora una volta) sul disposto dell'art. 2058 c.c. 27

Le reazioni dottrinali suscitate dal panorama di cui si e dato conto appaiono diversificate.

Alcuni Autori hanno, per cosi dire, percepito , di , rilevando come i giudici abbiano congegnato uno strumento dalle forme mutevoli, capace di superare ogni classificazione delle azioni civili fondata sul contenuto dei diritti soggettivi ed in specie sulla superiorità delle situazioni dominicali. L'orientamento giurisprudenziale richiamato viene, inoltre, accusato di confondere e sovrapporre la lesione del diritto con il (ovvero al) danno: l'attuazione del diritto e operazione giuridicamente diversa dalla riparazione o rimozione del danno 28.

Altri Autori, riconfigurando il sistema di responsabilità civile nel suo complesso, scorgono le due anime della tutela contro i danni: reintegratoria e risarcitoria. Sarebbe proprio la valenza reintegratoria della tutela contro i danni a fondare il potere inibitorio del giudice, consentendo, oltre il ripristino dello status quo ante, anche l'inibizione di violazioni future 29.

3. I limiti alla reintegrazione in forma specifica

L'art. 2058 c.c. prevede due limiti all'operativita, in concreto, della reintegrazione in forma specifica: l'impossibilita della reintegrazione e l'eccessiva onerosità della medesima.

Sono evidenti ipotesi di impossibilita materiale, ostative alla concessione del rimedio, il perimento del bene danneggiato e la distruzione di un bene qualificabile come 30.

Secondo logica non e dato parlare di impossibilita quando il bene pregiudicato sia fungibile e, quindi, perfettamente sostituibile con altro appartenente al medesimo genere ed alla medesima specie 31.

Si parla di impossibilita giuridica quando la prestazione dovuta sia oggetto di uno specifico divieto normativo 32.

In caso di impossibilita parziale la parte non reintegrabile e risarcibile per equivalente.

Il limite dell'impossibilita e stato vagliato criticamente in relazione alla riparazione in forma specifica del danno non patrimoniale, derivante dalla distruzione di un bene infungibile ed insostituibile. Ha prevalso, al riguardo, la tesi che consente l'applicazione dell'art. 2058 c.c. anche in questi casi, dovendosi qui intendere, per riparazione in forma specifica, una riparazione diversa dal risarcimento per pecuniario 33.

Quanto al diverso limite dell'eccessiva onerosità della reintegrazione, la giurisprudenza ha chiarito come essa debba stimarsi non in relazione al valore del bene distrutto o danneggiato, bensì in relazione alle obiettive difficoltà incontrate dal debitore nell'esecuzione della prestazione 34. Secondo l'orientamento giurisprudenziale, l'accertamento deve, quindi, tener conto della proporzione tra danno, costo ed utilità.

Il criterio e stato precisato dalla dottrina.

Alcuni Autori ritengono sia necessario rapportare la valutazione alle condizioni del , per considerare eccessiva la reintegrazione attuabile unicamente da parte di un debitore dotato di mezzi e capacita speciali 35.

Altri apprezzano la sproporzione tra il sacrificio economico sopportato dal debitore e l'interesse del danneggiato 36.

Un'interpretazione letterale della norma porta a sostenere che l'eccessiva onerosità deve essere accertata comparando il danno da ripristinare ed i costi di ripristino normali, salvo tener conto, in ipotesi del tutto specifiche, della peculiare situazione in cui il debitore si trova rispetto all'esecuzione della prestazione 37.

Il limite dell'eccessiva onerosità non e applicabile alle azioni di tutela dei diritti reali, la cui protezione richiede la rimozione del fatto lesivo: il carattere assoluto del diritto impone la reintegrazione in forma specifica, a prescindere da qualsiasi altra considerazione 38.

Parimenti il limite dell'eccessiva onerosità si ritiene inoperante in caso di comportamento doloso del danneggiante: costui, lungi dall'investire adeguatamente in prevenzione, ha positivamente investito in produzione del danno, tanto che le ragioni che conducono a disincentivare comunque gli illeciti dolosi portano a legittimare e giustificare la condanna del soggetto alla reintegrazione, anche a fronte di costi inferiori 39.

In ogni caso la valutazione dell'eccessiva onerosità e giudizio di fatto incensurabile in sede di giudizio di legittimità, ove adeguatamente motivato 40.

4. Profili processuali

Il risarcimento in forma specifica può essere richiesto dal danneggiato, cui solo e rimessa la scelta tra le due differenti forme di riparazione 41. Diverse le opinioni sulla natura giuridica di tale atto di scelta: taluni parlano di facoltà inerente ad una obbligazione alternativa 42; altri sostengono l'unicità dell'obbligazione, che può essere soddisfatta sia per equivalente sia in forma specifica 43; altri, ancora, configurano un'obbligazione di risarcire con facoltà alternativa rimessa al creditore 44.

Il dibattito dottrinale e stato considerato vacua ed inutile speculazione osservando che la domanda di reintegrazione in forma specifica non e un negozio incidente su un rapporto obbligatorio, bensì un atto processuale, come tale rivolto al giudice e non alla controparte 45.

Secondo quanto si evince dalla dizione testuale dell'art. 2058 c.c., la domanda dell'attore attribuisce al giudice un potere discrezionale, nel senso che questi può condannare alla reintegrazione oppure alla prestazione dell'equivalente, laddove, in difetto di specifica domanda, deve condannare il convenuto al risarcimento per equivalente 46.

Processualmente la riparazione per equivalente e un minus rispetto alla reintegrazione in forma specifica, tanto che il giudice adito può disporre d'ufficio l'attribuzione al danneggiato del risarcimento per equivalente a fronte di una domanda di reintegrazione in forma specifica, senza incorrere in una violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato ex art. 112 c.p.c. 47.

Conseguentemente e proponibile in appello la domanda volta ad ottenere il risarcimento per equivalente quando in primo grado sia stata richiesta la reintegrazione, trattandosi di riduzione della domanda originaria; non e ammissibile l'inverso, ossia la richiesta in appello della reintegrazione successivamente alla domanda del risarcimento per equivalente avanzata in primo grado 48.

La Cassazione ha precisato che ex art. 2058 c.c., il risarcimento per equivalente - legittima il creditore ad operare una analoga modifica della domanda, ove la ritenga conforme ai propri interessi, la quale non integra violazione al divieto della proposizione di domande nuove in appello, posto dall'art. 345 c.p.c., ove restino immutati i fatti e le circostanze posti a base della domanda originaria di reintegrazione in formaspecifica>.

La domanda di reintegrazione ex art. 2058 c.c. può poi consistere nella richiesta di restituzione dello stesso bene o di bene uguale a quello distrutto o danneggiato; nell'esecuzione, a spese del danneggiante, delle opere necessarie per ripristinare lo stato originario della cosa; nella riparazione materiale delle avarie cagionate dal convenuto.

La giurisprudenza ha elaborato un preciso criterio per procedere alla valutazione del risarcimento in forma specifica.

Da un lato, ha affermato che il risarcimento del danno per equivalente si estrinseca nella valutazione della differenza tra il valore del bene nello stato in cui si sarebbe trovato in assenza del fatto illecito ed il valore del bene leso, mentre la reintegrazione in forma specifica consiste sia nella pretesa che il danneggiante provveda al ripristino della situazione materiale, sia nella domanda di una somma di denaro corrispondente alle spese necessarie per il ripristino 49.

Dall'altro, ha statuito il principio per cui il danneggiato non può arricchirsi in seguito e per effetto della riparazione in forma specifica: il giudice può tener conto degli aspetti positivi derivanti dalla reintegrazione del diritto pregiudicato e, nel caso in cui le spese di ripristino superino l'effettivo valore del bene danneggiato, può applicare l'art. 2058, 2? co., c.c., disponendo che il risarcimento del danno avvenga solo per equivalente 50.

Secondo un orientamento giurisprudenziale consolidato, anche alla reintegrazione in forma specifica deve essere applicato il termine di prescrizione quinquennale contemplato dall'art. 2947, 1? co., c.c. 51.

A conclusioni non cosi univoche e certe si giunge ove si condivida la tesi secondo cui l'art. 2058 c.c. fonda due rimedi pretori distinti, soggetti a diversa disciplina legale: l'azione risarcitoria (liability rule) e l'azione inibitoria atipica (property rule) 52. Sicuramente alla prima non può che applicarsi il termine quinquennale ex art. 2947, 1? co., c.c.; una pari sicurezza non può mostrarsi con riferimento alla seconda.

In proposito si prospettano due diverse possibili soluzioni. Si può sostenere che l'art. 2058 c.c. e estrinsecazione di un principio generale e fondamento normativo specifico dell'azione inibitoria atipica; d'altra parte l'impossibilita di riferire ad essa la norma dettata dal 2? co. porta ad evidenziare una specifica rispetto alla disciplina integrale dall'art. 2058 c.c., rendendo applicabile il termine di prescrizione ordinaria decennale (e non, appunto, quello di prescrizione breve quinquennale).

In altro senso, configurare l'azione inibitoria atipica come modalità del risarcimento per sostenerne il carattere di rimedio a portata generale, equivale a rendere applicabile alla stessa tutta la disciplina dell'azione di risarcimento del danno, ivi compreso il termine di prescrizione breve, salvo quanto sia risulti incompatibile con la natura assoluta della tutela (ex art. 2058, 2? co., c.c.).

5. Risarcimento del danno in forma specifica e Pubblica Amministrazione

La del rimedio del risarcimento in forma specifica da parte del giudice amministrativo e stata espressamente disciplinata dal legislatore che, nell'arco di due anni, e puntualmente intervenuto in materia due volte.

L'art. 35, 1? co., d.lgs. n. 80/1998 ha stabilito che .

La disposizione e stata successivamente modificata dall'art. 7 della l. n. 205/2000 nei seguenti termini: .

Dunque la scelta del legislatore e stata non solo ribadita, ma addirittura ampliata, consentendo al giudice amministrativo di disporre la reintegrazione in forma specifica anche in sede di giurisdizione di legittimità.

La nuova disciplina ha posto delicati problemi, strettamente connessi sia alla (ancora) controversa natura dell'istituto ed al suo corretto inquadramento sistematico, sia all'effettiva incidenza del potere conferito al giudice amministrativo sull'azione della P.A.

Infatti, l'opzione consacrata nell'art. 35 del d.lgs. n. 80/1998 (cosi come successivamente modificato) ha legittimato un intervento attivo del giudice amministrativo ben oltre il mero momento cassatorio del provvedimento illegittimo: laddove siano in questione interessi pretensivi, la concessione del rimedio della reintegrazione in forma specifica si traduce non nel mero agire incidente sulla realtà materiale per l'eliminazione del danno, ma nell'agire per la produzione di un effetto giuridico la cui mancanza e essa stessa causa del danno.

L'applicazione dell'istituto in seno al procedimento amministrativo ha, inoltre, animato il dibattito sulle seguenti questioni:

a) quale sia il tipo di rapporto esistente tra rimedio risarcitorio per equivalente e rimedio risarcitorio in forma specifica, per comprendere se tra gli stessi sussista infungibilità, o fungibilità piena, ovvero, ancora, all'uno debba essere riconosciuta natura principale, all'altro natura sussidiaria;

b) quali sentenze possano essere pronunciate dal giudice amministrativo nel concedere la tutela risarcitoria specifica: se siano ammissibili sentenze di condanna ad un facere solo generico, ovvero anche specifico, o sia addirittura consentito al giudice pronunciare sentenze di tipo costitutivo sul modello del provvedimento contemplato dall'art. 2932 c.c.;

c) quali siano i limiti concreti all'operatività del rimedio.

Il problema interpretativo e pratico che si e posto con maggiore urgenza ha riguardato il rapporto tra l'azione di annullamento e l'azione risarcitoria.

Infatti la nuova formulazione dell'art. 7, 3? co., l. n. 1034/1971, cosi come introdotta dalla l. n. 205/2000 recita testualmente: .

Incontroversa e l'attribuzione al giudice amministrativo, con riguardo all'intero ambito della sua giurisdizione, del potere di cognizione di tutte le questioni risarcitorie (sia nella forma per equivalente, sia nella forma specifica) e delle questioni relative ai diritti patrimoniali consequenziali.

D'altra parte il ricorso all'aggettivo ha indotto l'interprete a configurare un rapporto di implicazione tra l'azione di annullamento del provvedimento amministrativo e l'azione risarcitoria, tale per cui, se non si e proposta la prima, non e possibile proporre neppure la seconda. In tale prospettiva il legislatore pare aver superato la posizione espressa dalla Cassazione nella sentenza n. 550/1999, favorevole all'affermazione dell'auto­nomia tra le due azioni: l'una (quella di annullamento) da proporsi innanzi al giudice ammi­nistrativo, l'altra (quella di risarcimento) da proporsi innanzi al giudice ordinario.

Le pronunce successive all'entrata in vigore della nuova disciplina si sono orientate nel senso della subordinazione dell'esercizio dell'azione risarcitoria all'annullamento del provvedimento amministrativo 53.

La questione della dell'impugnazione (e dell'annullamento) dell'atto amministrativo lesivo rispetto al risarcimento dei danni e stata, quindi, rimessa all'adunanza plenaria del Consiglio di Stato con due successive ordinanze del Consiglio di Giustizia Amministrativa Siciliana 54.

Pronunciandosi sulla seconda, il Consiglio di Stato in adunanza plenaria ha preso nettamente posizione, concludendo che 55.

L'aver accolto la soluzione peraltro auspicata della necessaria pregiudizialita comporta alcuni consequenziali problemi applicativi.

Il principale riguarda la corretta determinazione del dies a quo del termine prescrizionale relativo all'azione risarcitoria.

Ragioni di coerenza impongono di computare detto termine a partire dalla sentenza di annullamento, non potendosi gravare la parte dell'onere di proporre l'azione risarcitoria prima che il giudice possa pronunciarsi sulla medesima. La giurisprudenza maggioritaria specifica che si dovrebbe aver riguardo alla sentenza , ossia, nel caso di annullamento disposto o confermato dal Consiglio di Stato, il termine di prescrizione decorre dalla data del deposito della pronuncia da parte di detto organo 56.

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NOTE

* Con la collaborazione di Cristina Costantini.

1 A. Chianale, Diritto soggettivo e tutela in forma specifica, Milano, 1992, p. 10 ss. si attarda sulle dispute terminologiche nell'intento di offrire una giustificazione all'impiego di espressioni varie e, forse, solo apparentemente sinonimiche.

2 In argomento P.G. Monateri, La responsabilità civile, in Trattato di diritto civile, a cura di R. Sacco, Torino, 1998, pp. 318-333; M.R. Marella, Riparazione del danno in forma specifica, Padova, 2000; M.R. Marella, Attuazione del diritto e regole di responsabilità, Perugia, 1996; M. Franzoni, Dei fatti illeciti, in Commentario del codice civile Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1993; G. Ceccherini, Nuove ricerche in tema di risarcimento in forma specifica, in Contratto e impresa, 1991, p. 783; M.C. Ebene Cobelli, Risarcimento in forma specifica, in Giur. sist. Bigiavi, a cura di G. Alpa e M.Bessone, V, Torino, 1987; A. De Cupis, Il danno. Teoria generale della responsabilità civile, Milano, 1979; F. Sforza, Ordine di cessazione dell'illecito e risarcimento in forma specifica, in Foro it., 1979, I, c. 615; R. Scognamiglio, Il risarcimento in forma specifica, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1957, p. 201; M. Pogliani, Responsabilità e risarcimento da illecito civile, Milano, 1969.

3 La previsione innova rispetto alla previgente disciplina dettata dal codice del 1865, il cui art. 1222 si limitava a prevedere il diritto del creditore alla distruzione dell'opera eseguita in violazione di un'obbli­gazione di non fare.

4 Abbiamo evidenziato come spesso la discussione tra i dottori si animi e sviluppi nonostante la chiarezza del testo letterale della norma, il quale, nella fattispecie, facoltà del danneggiato, che non si attua se non su domanda di parte e che può essere paralizzata dal giudice per considerazioni che attengono alla salvaguardia deldanneggiante>, P.G. Monateri, op. ult. cit., p. 319.

5 A. De Cupis, op. ult. cit., p. 138; A. Giordano, Natura del debito di risarcimento ed efficacia dichiarativa della liquidazione del danno, in Riv. giur. circ., 1953, p. 800.

6 R. Scognamiglio, op. ult. cit., p. 228; M. Pogliani, op. ult. cit., p. 467.

7 Si tratterebbe di due istituti diversi, non di diversi aspetti di un medesimo isritituto. Cfr. M. Mocciola, Problemi del risarcimento del danno in forma specifica in giurisprudenza, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1984, p. 367; A. Proto Pisani, Brevi note in tema di tutela specifica e tutela risarcitoria, in Foro it., 1983, V, c. 131.

8 M. Pogliani, op. ult. cit., p. 465. A nostro avviso questa e una interpretazione della norma, P.G. Monateri, op. ult. cit., p. 320.

9 G. Bonilini, Il danno non patrimoniale, in La responsabilità civile a cura di G. Alpa e M.Bessone, in Giur. sist. civ. e comm., fondata da Bigiavi, V, Torino, 1987, p. 376 ss.

10 C. Castronovo, Il risarcimento in forma specifica come risarcimento del danno, in Processo e tecniche di attuazione dei diritti, a cura di Mazzamuto, Napoli, 1989, p. 481 ss.; G. Ferri, Danno extracontrattuale e valori di mercato, in Riv. dir. comm., 1994, p. 757.

11 C. Salvi, La responsabilità civile, II, Perugia, 1989, p. 39.

12 Fin dalle risalenti Cass. n. 2874/1951; Cass. n. 1442/1958; Cass. n. 2897/1960.

13 Calabresi & Melamed, Property rules, liability rules and inalienabilita. One view of the Catedral, in Harv. Law Rev., 1972, p. 1089.

14 Sulle nostre conclusioni P.G. Monateri, op. cit., p. 322.

15 Cass. 26 giugno 1984, n. 3739, in Giust. civ., 1984, I, p. 3315; Cass. 23 maggio 1985, n. 3110.

16 A. Bellelli, Risarcimento del danno in forma specifica e azioni dirette alla tutela dei diriiti reali, in Riv. trim. dir e proc. civ., 1979, p. 1301.

17 Cass. 16 marzo 1988, n. 2472, in Foro it., 1990, I, c. 239 (sulla riduzione in pristino del fondo in seguito e per effetto dell'accumulo di terra da riporto da parte del proprietario del fondo confinante); Cass. pen., 1 febbraio 1985, in Giust. pen., 1986, II, p. 342 (in materia di costruzioni abusive realizzate sul demanio marittimo); Cass. 23 novembre 1985, n. 5814, in Foro it., 1985, voce Proprieta, n. 47 (per il caso in cui il proprietario di porzioni immobiliari circostanti e sovrastanti un vano altrui, demolisca quest'ultimo, ricostituendo in loco un edificio diverso, senza ripristinare nello stato precedente la proprietà altrui); Cass. 23 maggio 1985, n. 3110, in Rep. Foro it., voce Servitù, n. 388 per il caso di turbative o minacce che non implichino la contestazione della servitù; Cass. 17 giugno 1982, n. 3687, in Foro it., 1983, I, c. 404 (sulla riduzione in pristino del fondo a seguito dell'esecuzione di migliorie compiute in violazione degli obblighi gravanti sull'affittuario nei confronti del proprietario).

18 Cass. 14 febbraio 1995, n. 1571, in Foro it., 1996, I, c. 216.

19 App. Napoli, 28 marzo 1968, in Dir e giur., 1969, p. 918.

20 Cass. 26 luglio 1962, n. 2124, in Foro it., 1963, I, c. 76; Cass. n. 38/1978; Cass. 16 marzo 1988, n. 2472; Trib. Milano, 7 aprile 1988, in Giur. it., 1988, I, 2, p. 398.

21 Cass. 22 gennaio 1985, n. 256, in Giur. it., 1986, I, 1, p. 129.

22 Cass., Sez. Un., 6 ottobre 1979, n. 5172, in Foro it., 1980, I, c. 144 ha espressamente riconosciuto il diritto alla salute non solo come diritto soggettivo assoluto facente capo al singolo, ma anche come modo di essere della persona umana, da proteggersi in via primaria ed altrettanto incondizionata ed assoluta anche quando si atteggi a diritto all'ambiente salubre. Per lungo tempo la Suprema Corte ha richiamato, per sanzionare la procurata lesione, la norma dettata dall'art. 2058 c.c., ritenendo che la diversa disposizione dell'art. 844 c.c. abbia come unico fine la regolamentazione del conflitto tra usi incompatibili di proprieta finitime. Di conseguenza la Cassazione ha affermato che, Giust. civ., 1986, p. 128. Spingendosi oltre, i giudici di merito hanno fatto appello alla reintegrazione in forma specifica in funzione di inibitoria positiva, pronunciando condanna ad un facere specifico; cfr. Trib. Verona, 13 ottobre 1989, in Foro it., 1990, I, c. 3292. Si interroga sulle ragioni della dell'art. 2058 c.c., proprio in relazione al limitato richiamo dell'art. 844 c.c., M.R. Marella, La riparazione del danno in forma specifica, Padova, 2000, p. 21.

23 Le ragioni di perplessità derivano dal fatto che, secondo lo schema del codice civile, il risarcimento in forma specifica e subordinato alla richiesta del danneggiato, alternativo in tutto od in parte a quello per equivalente ed ammissibile solo se non eccessivamente oneroso per il debitore, oltre che possibile, mentre l'art. 18 della l. n. 349/1986 non contempla il rilievo dell'eccessiva onerosità e attribuisce al giudice il potere di condannare al ripristino dello stato dei luoghi, qualora possibile, a prescindere dalla richiesta del danneggiato.

24 M.R. Marella, op. cit., p. 22.

25 Cass. 29 maggio 1995, n. 6035, in Mass. Foro it., 1995, c. 710; Cass. 17 giugno 1982, n. 3687, in Foro it., 1983, I, c. 304; Cass. 18 dicembre 1970, n. 2720, in Giust. civ., 1971, I, p. 742; Cass. 22 aprile 1970, n. 1149, in Giust. civ., 1970, p. 1361. Il dibattito sull'estensione del rimedio alla materia contrattuale traeva alimento dalla considerazione delle concrete sembianze che il risarcimento in forma specifica può assumere rispetto alle obbligazioni contrattuali. Le risposte negative si giustificavano nell'ottica di attribuire specifica autonomia al risarcimento in forma specifica rispetto all'esecuzione in forma specifica delle obbligazioni inadempiute. Per la necessita di distinguere i due istituti, D. Mandrioli, L'esecuzione forzata in forma specifica, Milano, 1953, p. 23; C.M. Bianca, Dell'inadempimento delle obbligazioni., in Commentario del codice civile Scialoja-Branca, Bologna, 1964, p. 183; R. Scognamiglio, op. cit., p. 226.

26 Cass., Sez. Un., 25 gennaio 1985, n. 440.

27 Cass. 18 febbraio 1977, n. 740, in Foro it., 1977, I, c. 1144; Cass. 28 aprile 1986, n. 2935, in Giur. it., 1986, I, 1, c. 487; Cass. 25 giugno 1991, n. 7124, in Rep. Foro it., 1991, voce Danni civili, n. 163; Cass. 24 febbraio 1992, n. 2255.

28 L'obiezione si deve alla costruzione dogmatica prescelta da Scognamiglio, op. cit., secondo cui la reintegrazione in forma specifica, come modalità risarcitoria, consegue alla produzione di un danno ingiusto, in questo distinguendosi dalle azioni ripristinatorie reali e dalle regole di invalidita sui contratti. La linea di demarcazione tra riparazione del danno in natura e altri mezzi di tutela e segnata proprio dalla definizione del fatto illecito come fatto produttivo del danno contrapposto alla mera situazione antigiuridica creata dalla lesione tout court del diritto.

29 M. Libertini, Le nuove frontiere del danno risarcibile, in Contratto e impresa, 1987, p. 85.

30 A. Chianale, op. cit., p. 156; A. Gambaro, Property, proprieta, eigentum: corso di diritto comparato, Milano, 1992, p. 367.

31 Nella fattispecie il danno prodottosi medio tempore per effetto del mancato utilizzo della cosa sottratta od usurpata e risarcibile per equivalente, Cass. 20 agosto 1981, n. 4958; De Cupis, op. cit., p. 144.

32 A. Chianale, op. cit., p. 159. Una voce dottrinale ravvisa il limite dell'impossibilita anche nelle ipotesi in cui le spese per la riparazione del bene superino il relativo valore commerciale: si tratterebbe di impossibilita giuridica della reintegrazione in forma specifica, in quanto la sua ammissione e conseguente applicazione produrrebbe un arricchimento del soggetto danneggiato. In tal senso M. Franzoni, op. cit., p. 1126; G. Ferri, op. cit., p. 757.

33 C. Castronovo, op. cit., p. 482; A. De Cupis, op. cit., p. 338.

34 A prescindere dalla considerazione delle condizioni economiche soggettive del debitore responsabile. Cass. 4 marzo 1998, n. 2402, in Giur. it., 1999, p. 255, secondo cui l'eccessiva onerosità ricorre .

35 R. Scognamiglio, op. cit., p. 242.

36 A. De Cupis, op. cit., p. 330.

37 P.G. Monateri, op. cit., p. 331. La comparazione deve essere effettuata con il danno e non con il valore, nel caso in cui essi differiscano tra loro; cfr. Trib. Napoli, 23 maggio 1946, in Foro it., 1947, I, c. 75.

38 Il limite non si applica neppure in caso di tutela inibitoria atipica dei diritti assoluti, del possesso e della detenzione qualificata. Cass. 13 novembre 1997, n. 11221, in Mass. Giust. civ., 1997, p. 2157.

39 P.G. Monateri, op. cit., p. 331; P. Cendon-L. Gaudino, Il dolo, in La responsabilità civile. Una rassegna di dottrina e giurisprudenza, diretta da Alpa e Bessone, in Giur. sist. civ. e comm., fondata da Bigiavi, I, Torino, 1987, p. 124.

40 Giurisprudenza costante a far tempo da Cass. 3 agosto 1960, n. 2269.

41 Cass. 23 ottobre 1984, n. 5398; Cass. n. 1838/1961; C. Scognamiglio, op. cit., p. 231; Ebene Cobelli, op. cit., p. 369.

42 O. Perissinotti Bisoni, Reintegrazione in forma specifica e risarcimento per equivalente., in Dir. proc. amm., 1981, p. 466.

43 R. Scognamiglio, op. cit., p. 232; C. Castronovo, op. cit., p. 434.

44 A. De Cupis, op. cit., p. 145.

45 La discussione si presenterebbe, pertanto, come , P.G. Monateri, op. cit., pp. 325-326.

46 Cass. 23 ottobre 1984, n. 5398.

47 Cass. 18 gennaio 2002, n. 552, in Mass. Giust. civ., 2002, p. 94; Cass. 21 giugno 2000, n. 8424, in Mass. Giust. civ., 2000, p. 1360; Cass. 25 novembre 1983, n. 7080, in Mass. Giur. it., 1983, p. 1801; Cass. 7 aprile 1983, n. 2468; Cass. 29 aprile 1982, n. 2710.

48 Si tratterebbe, infatti, di domanda nuova, per diversità di petitum, inammissibile ex art. 345 c.p.c.

49 Cass. 4 marzo 1998, n. 2402, in Giur. it., 1999, p. 255.

50 Cass. 4 marzo 1983, n. 1636; Cass. 9 aprile 1980, n. 2281; Cass. 9 marzo 1993, in Giur. it., 1994, I, 2, p. 1068. Con la necessaria precisazione che il risarcimento in forma specifica deve negarsi nel caso in cui comporterebbe un puntuale ed effettivo vantaggio per il danneggiato, ossia un aumento di valore del bene danneggiato rispetto alla status quo ante. Concretamente possono darsi quattro ipotesi tra loro alternative: può avvenire che il danneggiante reintegri il bene con una somma inferiore all'originario valore (ossia al valore precedente la verificazione dell'evento dannoso) del medesimo; ovvero può accadere che le spese di ripristino equivalgano al valore originario del bene; ovvero, ancora, può accadere che il danneggiante procuri, con la somma spesa per il ripristino, un aumento del valore (in questo caso si invoca il principio per cui il risarcimento in forma specifica non può in alcun modo comportare un arricchimento del danneggiato); ovvero, infine, può accadere che le spese di ripristino superino in ammontare l'originario valore del bene, ma debbano essere egualmente affrontate, in quanto necessarie per riportare il soggetto leso nella medesima situazione nella quale si trovava prima dell'illecito.

51 A far tempo da Cass. 2421/1957. Il dato e consolidato. Cfr. De Cupis, op. cit., p. 336; Ebene Cobelli, op. cit., p. 372.

52 Si osserva che l'art. 2058, 1? e 2? co., c.c. e applicabile alle azioni risarcitorie extracontrattuali; il 1? co. e applicabile anche in ambito contrattuale, mentre il 2? non e applicabile alla tutela dei diritti assoluti, dei diritti reali e del possesso. In caso di azione risarcitoria ex art. 2043 c.c. il risarcimento e un prius, il danneggiato può chiedere la reintegrazione in forma specifica, che può essere negata dal giudice sulla base di considerazioni che attengono alla sfera del convenuto; in caso di azione inibitoria atipica, riferibile in astratto anche a fattispecie diverse da quelle di responsabilità civile, la reintegrazione e il prius e solo in caso di impossibilita giuridica o materiale, la pretesa alla reintegrazione si converte automaticamente in pretesa risarcitoria conseguente alla lesione non reintegrabile; P.G. Monateri, op. cit., p. 324.

53 TAR Campania, Napoli, 8 febbraio 2000, n. 603, in Dir. proc. amm., 2001, p. 1095; TAR Emilia Romagna, sez. II, 7 maggio 2001, n. 364, in TAR, 2001, I, p. 2343; TAR Puglia-Lecce, sez. II, 24 maggio 2001, n. 299, in TAR, 2001, I, p. 2517; TAR Friuli Venezia Giulia, 28 maggio 2001, in TAR, 2001, I, p. 2329; TAR Lazio, sez. II, 14 giugno 2001, n. 5244, in TAR, 2001, I, p. 2173; TAR Campania, sez. I, 27 marzo 2002, n. 1651, in www.giustizia-amministrativa.it; Cons. Stato, sez. IV, 15 febbraio 2002, n. 952, in www.giustizia-amministrativa.it; Cons. Stato, sez. IV, 9 dicembre 2002, n. 6685, in www.giustizia-amministrativa.it. Le decisioni argomentano nel senso che nel giudizio risarcitorio si offre tutela alla situazione soggettiva di interesse legittimo e non all'autonomo diritto soggettivo al risarcimento del danno. Di qui l'affermazione secondo cui la tutela dell'interesse legittimo e assistita tanto dall'azione di annullamento quanto dall'azione di risarcimento e che, essendo gia la prima uno strumento di tutela in forma specifica, l'altra si colloca in posizione subordinata e sussidiaria rispetto alla prima. Se ne trae l'ulteriore conseguenza che l'azione risarcitoria, in presenza di detti caratteri di sussidiarieta e subordinazione, deve ritenersi esperibile solo a seguito dell'azione di annullamento e che, nell'ambito della tutela risarcitoria, la reintegrazione deve considerarsi il rimedio principale (quale dell'azione di annullamento), il risarcimento per equivalente il rimedio eventuale.

In senso contrario Cons. Stato, sez. V, 12 ottobre 2000, n. 5420, in Rep. Foro it., 2000, voce Giustizia amministrativa, n. 1153, con riferimento alla situazione antecedente al d.lgs. n. 80/1998 ed alla l. n. 205/2000: secondo questa pronunzia non vi sarebbe pregiudizialita in quanto l'illegittimità del provvedimento, quale elemento costitutivo dell'illecito civile, avrebbe potuto essere conosciuta in via incidentale dal giudice ordinario nelle materie diverse da quelle riservate alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Più di recente ha escluso la pregiudizialita Cass., Sez. Un., 22 febbraio 2002, n. 2624, in Rep. Foro it., 2002, c. 186. da questa linea si e discostata Cass. 27 marzo 2003, n. 4538, in Foro it., 2003, I, c. 2073.

Per il dibattito in dottrina si vedano Interlandi, Azione di annullamento ed azione risarcitoria: la regola della pregiudizialita esiste ancora?, in Dir. proc. amm., 2002, p. 125; Guidarelli, La pregiudiziale di annullamento nell'azione di risarcimento del danno per esercizio illegittimo della funzione pubblica, ibid., p. 170; Valaguzza, Giudicato amministrativo di annullamento ed effetti risarcitori, ibid., p. 663.

54 Cons. giust. amm. sic., ord. 15 novembre 2001, n. 588, in www.giustizia-amministrativa.it; Cons. giust. amm. sic., ord. 11 giugno 2002, n. 316, in ww.giustizia-amministrativa.it.

55 Cons. Stato, Ad. Plen., 26 marzo 2003, n. 4, in Resp. civ. prev., 2003, p. 790.

56 TAR Puglia, sez. II, 7 aprile 2003, n. 1608, in www.giustizia-amministrativa.it; TAR Puglia, sez. II, 18 luglio 2002, n. 3401, in Foro amm., 2002, p. 3753; TAR Lazio, sez. II, 14 giugno 2001, n. 5244, in Rep. Foro it., 2001, voce Prescrizione e decadenza, n. 19.