DAL FALLIMENTO ALLA

LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE:

E’ SOLO UN CAMBIAMENTO TERMINOLOGICO ?

BREVI RIFLESSIONI SUL NUOVO CODICE DELLA CRISI D’IMPRESA

 

 

Il Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza o Codice dell’Insolvenza(D.lgs 12/01/2019 n. 14), nel prosieguo: CCII”, è entrato in vigore il 15/07/22.

Originariamente sarebbe dovuto entrare in vigore il 15/08/20 ma, a causa della pandemia da COVID-19, è stato rinviato più volte anche al fine di recepire -in data 15/06/22- i principi della Direttiva UE 2019/1023 (c.d. Direttiva sull’Insolvenza).

Più di recente sono intervenuti il D.lgs 17/06/22 n. 83 (entrato in vigore il 15/07/22) ed iD.L. 13/06/2023 n. 69, convertito, con modificazioni, dalla L. 10/08/23 n. 103 entrata in vigore l’11/08/23.

L’intera materia si trova tutt'ora in una fase di continua evoluzione; dettata soprattutto dall’applicazione giurisprudenziale.

Si può dire che l’intero impianto sia stato attuato e che, pur se tra mille difficoltà soprattutto organizzative, sia ormai in efficacia.

A decorrere dal 15/07/22, è cessata la vigenza della L.F. (R.D. n. 267 del 16/03/42) e della legge sul sovraindebitamento (L. n. 3/2012), regolando in un unico testo normativo il fenomeno della crisi e dell’insolvenza delle imprese, attraverso principi generali applicabili a tutte le imprese e regole specifiche che variano in base alla diversa situazione di difficoltà in cui si trovano le stesse. Le procedure concorsuali avviate prima del 15/07/22 vengono disciplinate dalla legge fallimentare previgente.

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Il CCII è un insieme di norme, aventi come obiettivo una privatizzazione del diritto della crisi d'impresa, incentrate sull'adozione di specifiche misure organizzative, amministrative e contabili a seconda della natura e delle dimensioni dell'impresa.

La nuova normativa disciplina tutte le situazioni di crisi e di insolvenza ed, allo stesso tempo, semplifica la gestione di numerose condizioni di difficoltà, al di là della natura del debitore e dell'attività svolta.

A ben vedere, proprio questo elemento rappresenta uno dei motivi che ha determinato maggiori dubbi ed incertezze, la cui principale origine sembra restare quella di aver voluto disciplinare in un unico impianto normativo, di matrice sostanzialmente aziendalistica, situazioni riguardanti soggetti differenti, come lo sono gli operatori economici, da un lato, ed il consumatore, dall’altro.

A mio avviso ciò non deve stupire rimanendo compito della Giurisprudenza e della Dottrina quello di risolvere, di volta in volta, le varie criticità operative, tracciando il percorso più idoneo da seguire agli operatori del settore.

Si tratta di una vera e propria rivoluzione, anche culturale, in materia di insolvenze, che nasce da un doppio obiettivo:

  • diagnosticare ed identificare già dai primi sintomi le aziende “in crisi" di liquidità, limitando per quanto possibile i danni ed, allo stesso tempo,
  • salvaguardare le attività imprenditoriali più meritevoli che per un motivo o per l’altro si trovano a vivere un momento di difficoltà.

Se abbiamo tempo affronteremo nel prosieguo alcune rilevanti novità all’impianto normativo introdotte dalla Giurisprudenza, allo stato in gran parte di merito non avendo avuto il tempo il Giudice di legittimità di pronunciarsi su varie questioni. Di certo assistiamo a decisioni ed indirizzi anche contrastanti con alcuni Tribunali (Milano, Roma, Napoli) che brillano per le loro attività interpretative.

A distanza di circa 1 anno rimangono irrisolti nodi interpretativi legati, per citarne solo alcuni:

§all’ammissibilità dell’imprenditore cessato al piano di ristrutturazione dei debiti (con orientamenti giurisprudenziali opposti);

§alle criticità connesse alla scelta del Legislatore di rinviare, per la regolamentazione di alcuni profili procedurali, alle norme racchiuse nel Titolo III del CCII;

§alle perplessità collegate alla scelta, reiterata, del Legislatore di non munire tale procedura di misure protettive generali e ad ampio respiro, che continuano a rivestire carattere circoscritto, eventuale e, comunque, non sono fruibili nella fase precedente all'ammissione alla procedura;

§ai vari problemi che potremmo definire “terminologici”. Ad esempio il CCII utilizza solo il termine “OCC” (ossia Organismo di Composizione della Crisi) indistintamente, anche quando intende riferirsi al Gestore della Crisi. Ruolo e funzioni delle due figure sono diversi. L’OCC, Organismo dell’ordine territoriale professionale e non solo, svolge attività di organizzazione e di coordinamento, e cura la nomina del Gestore (professionista iscritto all’Organismo in quanto in possesso dei requisiti previsti dalla legge) al quale affida l’incarico per lo svolgimento della procedura. Per alcune funzioni (come quella del Liquidatore), invece, la nomina viene dal Giudice [altro esempio di “confusione terminologica: il CCII parla di “credito di lavoro” (anziché di “procedimento di lavoro”) non soggetto alla sospensione feriale].

Tra le novità introdotte dal nuovo codice, c'è una visione della crisi come fenomeno fisiologico dell’impresa.

L’attore principale nella nuova normativa non è più personificato dall’imprenditore coinvolto nella crisi, bensì dall’azienda e dalla conservazione della stessa.

Le principali finalità del CCII sono:

  1. consentire una diagnosi precoce dello stato di difficoltà delle imprese, evitando che il ritardo nel percepire i segnali di crisi possa poi portare ad uno stato di crisi irreversibile. Viene così introdotto un sistema di allerta per consentire la pronta emersione della crisi, nella prospettiva del risanamento;
  2. preservare, quanto più possibile, l’attività aziendale in crisi a causa di particolari contingenze;
  3. garantire ai creditori l’ottenimento di un soddisfacimento (seppur parziale) del proprio credito;
  4. evitare alla collettività le conseguenze negative connesse alla chiusura di un’impresa, soprattutto in termini di perdita di posti di lavoro;
  5. salvaguardare la capacità imprenditoriale di coloro che vanno incontro a un fallimento di impresa / Conservazione dei “valori aziendali”.

 

Sintesi delle novità del Codice della Crisi

Tra gli aspetti più innovativi della nuova normativa sul CCII:

  1. l’introduzione di obblighi di salvaguardia volti a rilevare le crisi aziendali ed a promuovere l’adozione di strumenti a sostegno dei processi di ristrutturazione sin da una fase iniziale;
  2. un approccio maggiormente favorevole a procedure che consentono la prosecuzione delle attività nel presupposto della continuità aziendale, rispetto a quelle che conducono alla liquidazione dell’impresa; e
  3. disposizioni specifiche in materia di insolvenza/ristrutturazione di gruppi di imprese.

Accanto alle nozioni di crisi ed insolvenza, il CCII considera un’altra situazione di difficoltà dell’impresa, che si identifica con la condizione di “squilibrio patrimoniale od economico-finanziario che rende probabile la crisi o l’insolvenza” e che costituisce il presupposto per l’accesso al nuovo strumento della composizione negoziata della crisi. Viene quindi introdotto il nuovo concetto di “probabilità di crisi” (o pre-crisi) che si caratterizza per la sussistenza di uno squilibrio (patrimoniale od economico-finanziario), non tale da determinare la mancata copertura delle obbligazioni dei successivi 12 mesi con i corrispondenti flussi di cassa.

Oggi dunque, diversamente dal passato, ad un’impresa in stato di crisi è offerta un’ampia gamma di opzioni per affrontare ed auspicabilmente risolvere il proprio stato di crisi.

L’elevato numero di strumenti rischia di creare incertezze e può anche non consentire soluzioni che siano fattibili, giuridicamente ed economicamente.

Da qui la centrale importanza di scegliere il “giusto” strumento di ristrutturazione, tra quelli previsti dal CCII, attraverso il supporto di un esperto.

In ogni caso, quale che sia lo strumento prescelto, la proposta che si rivolgerà ai creditori dovrà risultare concreta e giuridicamente / economicamente fattibile, in modo da garantire un equilibrio tra gli interessi delle parti coinvolte, indipendentemente dalla percentuale di stralcio che si chieda ai creditori di accettare. 

Il parametro di riferimento da rappresentare ai creditori per valutare la proposta ristrutturativa sarà inevitabilmente costituito dal valore che gli stessi percepirebbero nell’alternativa della liquidazione giudiziale, tenuto conto non solo del valore di liquidazione degli attivi aziendali, ma anche del possibile ricavato di azioni di responsabilità e di azioni revocatorie e/o recuperatorie.

 

Adeguatezza degli assets organizzativi

Per prevenire le crisi aziendali e favorirne la tempestiva individuazione, il sistema di allerta introdotto nelle versioni precedenti della riforma è stato sostituito da un insieme di norme inserite nel CCII (art. 3) e nel Codice Civile (art. 2086) incentrate su responsabilità aziendali relative alla predisposizione di adeguate misure organizzative, amministrative e contabili in funzione della natura e delle dimensioni dell’impresa, con diversi livelli di adempimento per gli imprenditori individuali e per le società.

In questo nuovo scenario, la programmazione del bilancio e la pianificazione industriale diventano fattori chiave, in un contesto in cui le tutele citate sono concepite per consentire alle imprese di rilevare l’instabilità finanziaria e di valutare l’effettiva sostenibilità dell’indebitamento e le prospettive di continuità aziendale almeno per l’anno successivo.

Il secondo comma dell'art. 2086 c.c.così dispone: "L’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale".

Il Legislatore richiede quindi ad ogni imprenditore di dotarsi di strumenti di programmazione e di controllo di gestione per la creazione di "adeguati assetti" che permettano una valutazione periodica e un'analisi prospettica dello stato di salute dell'impresa (in base alla sua natura e alle sue dimensioni), a partire dall'assunto che un'eventuale crisi possa essere gestita e superata al meglio tanto più venga individuata tempestivamente ed, alle prime avvisaglie, vengano adottate contromisure idonee.

Se, da un lato, con il nuovo art. 2086 c.c., l'attività di controllo di gestione diventa un vero e proprio dovere per tutte le società disciplinate dal Codice civile; dall'altro lato, il legislatore non ha definito (se non in modo generico) quali debbano essere le caratteristiche che deve presentare l'assetto dell'impresa per poter essere ritenuto in linea con le previsioni dell'art. 2086 c.c.

Tale aspetto viene in seguito ben definito con la modifica dell’art. 3 del CCII introdotta dal D.Lgs. 17/06/2022 n. 83, in base al quale gli assetti risultano essere "adeguati" se consentono agli amministratori di:

  • rilevare eventuali squilibri di carattere patrimoniale o economico-finanziario;
  • verificare la sostenibilità dei debiti almeno per i dodici mesi successivi;
  • ricavare le informazioni necessarie per utilizzare la lista di controllo particolareggiata ed effettuare il test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento.

A proposito di definizioni, il Legislatore non definisce espressamente neppure il concetto di “asset”. Secondo le Norme di comportamento del collegio sindacale di società non quotate, pubblicate dal CNDCEC nel 2021, si intende:

- per assetto organizzativo  "il complesso delle direttive e delle procedure stabilite per garantire che il potere decisionale sia assegnato ed effettivamente esercitato a un appropriato livello di competenza e responsabilità, nonché il complesso procedurale di controllo";

- per assetto amministrativo-contabile  "l’insieme delle direttive, delle procedure e delle prassi operative dirette a garantire la completezza, la correttezza e la tempestività di una informativa societaria attendibile, in accordo con i principi contabili adottati dall’impresa".

Il nuovo secondo comma dell’art. 2086 c.c. non implica dei limiti alla libertà organizzativa dell’imprenditore tali da porre dei vincoli precisi alla  discrezionalità dell’Amministratore. In quest’ottica le scelte in materia di assetti dovranno essere sindacate dall’autorità giudiziaria secondo il criterio della business judgment rule (insindacabilità nel merito delle scelte gestorie).

Si prevede, sulla base delle indicazioni provenienti dalle best practices aziendali, l'adozione di due strumenti:

  • la "lista di controllo particolareggiata" ("check list") ed
  • il test pratico di risanamento.

In questo modo, il legislatore fornisce un quadro operativo del concetto di "adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili", basato su tre pilastri:

  • il controllo di gestione,
  • l'analisi di bilancio ed il
  • risk management (sistema di controllo interno e di gestione dei rischi aziendali).

Tutto ciò si traduce, a livello operativo, nell'adozione da parte di ogni impresa dei cosiddetti "piani aziendali", composti da tre elementi fondamentali:

  1. un business plan,
  2. un budget a dodici mesi e, soprattutto,
  3. un piano di tesoreria previsionale (forecast) volto alla gestione dei flussi di cassa annuali e al monitoraggio periodico (mensile o trimestrale a seconda delle dimensioni aziendali) per la verifica costante della capacità di copertura degli oneri finanziari, inclusi eventuali imprevisti come mancati o ritardati incassi alle scadenze previste.

L’art. 3 CCII introduce obblighi analoghi per l’imprenditore. In particolare vengono individuati specifici segnali di allarme per l’attivazione tempestiva degli organi sociali al fine di superare una crisi finanziaria, segnatamente:

  1. esistenza di debiti per retribuzioni scaduti da almeno 30 giorni in misura superiore alla metà dell’ammontare complessivo mensile delle retribuzioni;
  2. debiti verso fornitoriscaduti da almeno 90 giorni di ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti;
  3. esposizioni nei confronti del sistema creditizioe degli intermediari scadute da oltre 60 gg. o che abbiano superato da almeno 60 gg. il limite degli affidamenti ottenuti (purché rappresentino complessivamente almeno il 5% del totale delle esposizioni);
  4. interessi di morache attivino Obblighi di Segnalazione dei c.d. “creditori pubblici qualificati” (INPS / Agenzia delle Entrate / Agenzia delle Entrate Riscossione).

Alla luce delle suddette disposizioni, in caso di potenziale crisi qualsiasi azienda, indipendentemente dalle dimensioni o dalla natura della stessa, può richiedere l’accesso online alla Camera di Commercio locale per effettuare una Composizione Negoziata. In sostanza, gli imprenditori e gli amministratori delle società debbono privilegiare gli interessi dei creditori rispetto a quelli dell’imprenditore o dei soci.

La check list per la redazione del piano di risanamento ha la forma di un questionario, costituito da circa sessanta domande individuate per decreto dirigenziale. La stesura di tale piano è obbligatoria anche per le imprese in buona salute in un'ottica di prevenzione e costante monitoraggio dell'organizzazione a 360°.

Come specificato nel decreto, per poter procedere alla stesura di questo piano è necessario che l'azienda abbia i requisiti organizzativi minimi e che l'imprenditore sia a conoscenza della situazione economico patrimoniale aggiornata.  

Più nel dettaglio, le domande presenti nella check list si articolano in sei paragrafi corrispondenti alle singole fasi del processo di creazione del piano di rilancio dellÊ1/4impresa:

  1. il requisito dell'organizzazione dell'impresa;
  2. la rilevazione della situazione contabile e dell'andamento corrente;
  3. l’individuazione delle strategie atte a rimuovere le cause della crisi;
  4. le proiezioni dei flussi finanziari;
  5. il risanamento del debito;
  6. il caso di gruppi di imprese. 

Di seguito, a titolo esemplificativo, si riportano le prime 5 domande presenti nella check list, relative ai requisiti minimi organizzativi e rivolte all'imprenditore:

  1. L’impresa dispone delle risorse chiave (sia umane che tecniche) per la conduzione dell’attività?
  2. L’impresa dispone delle competenze tecniche occorrenti per le iniziative industriali che l’imprenditore intende adottare?
  3. ha predisposto un monitoraggio continuativo dell’andamento aziendale?
  4. L’impresa è in grado di stimare l’andamento gestionale anche ricorrendo ad indicatori chiave gestionali (KPI) che consentano valutazioni rapide in continuo?
  5. L’impresa dispone di un piano di tesoreria a 12 mesi?

Una volta concluso il questionario, l'imprenditore ha a disposizione un ulteriore strumento per valutare le effettive chance di risanare l'azienda. Si tratta del cosiddetto "test pratico di risanamento": uno strumento che aiuta a misurare il grado di difficoltà dell’impresa, attraverso l'analisi del rapporto tra l'entità del debito da ristrutturare ed i flussi finanziari disponibili. L'imprenditore potrà svolgere questo test facoltativo accedendo alla piattaforma telematica nazionale realizzata dal sistema delle Camere di Commercio (www.composizionenegoziata.camcom.it).

Anche in questo caso si tratta di uno strumento molto utile per verificare lo stato di salute della propria azienda.

Questo nuovo corpus rappresenta una svolta non solo nell'impianto normativo, ma anche e soprattutto nell'approccio alla prevenzione delle situazioni di difficoltà, grazie all'adozione di una serie di misure e meccanismi che permettono agli imprenditori ed agli organi di controllo di intercettare tempestivamente lo stato di crisi di un'azienda. Si tratta di un vero e proprio sistema di allerta, interno ed esterno all'azienda, che consente ai diversi soggetti coinvolti di intervenire in tempo utile per tutelare il bene dell'impresa, evitando la liquidazione e permettendo così all'azienda di restare sul mercato.

Lo stato di crisi assume quindi una connotazione più ampia, includendo anche la probabilità di una futura situazione di insolvenza, con l'obiettivo di rilevare il prima possibile i segnali di criticità attraverso strumenti di monitoraggio e modelli previsionali. 

 

Composizione Negoziata ed obblighi di segnalazione

La Composizione negoziata (artt. 12-25-quinquies CCII) è un accordo volontario, confidenziale e stragiudiziale a cui può accedere, attraverso una piattaforma online, qualsiasi azienda che si trovi in una situazione di instabilità finanziaria o economica, dove è probabile che si verifichino situazioni critiche o di insolvenza ma il cui recupero è ancora possibile.In questo caso, l'imprenditore viene affiancato da una figura esterna ed indipendente, esperta in materia fallimentare e chiamata a facilitare le trattative con i creditori al fine di garantire il risanamento della situazione finanziaria e debitoria dell'azienda. 

La Composizione Negoziata si svolge sotto la supervisione di un consulente indipendente che fornisce assistenza nelle trattative per il recupero della stabilità economica e finanziaria. La nomina del consulente non comporta l’avvio di un vero e proprio processo di ristrutturazione, né comporta la dismissione degli asset dell’azienda, i cui amministratori continuano a occuparsi dell’attività ordinaria e straordinaria (e possono, ad esempio, anche effettuare pagamenti o farsi autorizzare dal Tribunale a richiedere finanziamenti assistiti da prelazione).

La gestione della società deve essere condotta in modo da non compromettere la sostenibilità economica e finanziaria dell’impresa e “nell’interesse prevalente dei creditori” in caso di rischi emergenti di insolvenza.

Nel CCII si trova più volte il richiamo all’ “interesse prevalente dei creditori”. Sarà interessante appurare come la Giurisprudenza di legittimità valuterà nel concreto quale esattamente sia il prevalente interesse dei creditori e come esso si coordini con l’interesse dei Soci che, a ben vedere, è e rimane alla base del negozio societario.

Nella disciplina della Composizione negoziata non sono più previsti requisiti di accesso dimensionali o riguardanti la natura dell'attività esercitata (prima art. 1 L.F.), essendo l'istituto stato concepito come un percorso utilizzabile da tutti gli imprenditori iscritti nel registro delle imprese (cfr. artt. 12 e 25-quater). Il profilo dimensionale rileva, infatti, soltanto ai fini dell’assoggettabilità alla procedura ordinaria oppure a quella semplificata.

Per quanto concerne l'aspetto dimensionale, le imprese di minori dimensioni, alle quali è consentito il ricorso alla composizione negoziata semplificata, assumono la diversa denominazione di imprese “sotto soglia”.

Con questa locuzione la norma fa riferimento all’“imprenditore commerciale e agricolo che possiede congiuntamente i requisiti di cui all’art. 2, comma 1, lett. d”, vale a dire i requisiti contenuti nella definizione di “impresa minore” elaborata da tale disposizione (la disposizione richiama l’art. 1 L.F. il quale, con i medesimi requisiti, individuava le imprese che non erano soggette al fallimento ed al concordato preventivo. Unica differenza è che alla lettera b dell’art. 1 si parlava di ricavi “lordi” mentre oggi -al n. 2- no).

Va sottolineato che l’espressione “imprese sotto soglia” utilizzata dall’art. 25-quater compare per la prima volta nel lessico del legislatore, il quale, per designare le imprese rientranti nella definizione di “impresa minore”, ha in questo caso preferito adottare la terminologia in uso nel linguaggio comune.

Nella Composizione negoziata si evidenzia la modifica dell’approccio alla crisi introdotta con il CCII:

prima àapproccio lineare: utilizzo del patrimonio / distribuzione dell’attivo

ora àapproccio circolare:

§l’asse non è più il patrimonio bensì l’impresa;

§l’obiettivo è il valore che è in grado di offrire l’impresa;

§ i soci non sono più visti solo come dei creditori postergati rispetto agli altri creditori (art. 2491 c.c.) bensì possono essere delle risorse per il rilancio dell’impresa.   

Ruolo attivo incentivante degli istituti finanziari, che sono invitati a partecipare “attivamente” al processo di negoziazione.

Le trattative possono condurre all’implementazione di accordi e strumenti di risoluzione idonei a superare le difficoltà. In caso contrario, l’impresa può richiedere l’accesso alle procedure concorsuali di ristrutturazione previste dal CCII, ossia:

  • il concordato preventivo,
  • il concordato preventivo “semplificato”,
  • gli accordi di ristrutturazione,
  • i piani di risanamento.

Per favorire una tempestiva risoluzione della crisi, sono stati introdotti obblighi di segnalazione per gli organi di controllo delle società, ora tenuti a riferire agli organi amministrativi societari sulla sussistenza delle condizioni di accesso alla Composizione Negoziata.  Inoltre, i cosiddetti “creditori pubblici qualificati” sono tenuti a segnalare agli organi amministrativi della società il superamento di determinate soglie di esposizione (v. Art. 25 nonies CCII) ed invitare l’azienda ad avviare una Composizione Negoziata se sussistono le relative condizioni.

Tuttavia, nessuna segnalazione può rendere obbligatoria l’adesione da parte di un’azienda alla Composizione Negoziata, che resta uno strumento esclusivamente facoltativo.

 

Vantaggi della Composizione negoziata.

Questo percorso prevede dei vantaggi e delle misure premiali.

Quanto ai vantaggi:

§ la messa a disposizione dell'impresa risanabile di un percorso accessibile e poco costoso, stragiudiziale e riservato, per consentirle di verificare la propria situazione patrimoniale e finanziaria (test pratico di perseguibilità del risanamento e incontro con l'esperto indipendente prodromico alla negoziazione);

§ la possibilità di aprire le trattative con i creditori con l'ausilio dell'esperto;

§cercare soluzioni negoziate della crisi;

§esclusione degli effetti normalmente collegati alle procedure concorsuali (non si apre il concorso dei creditori; nessuno spossessamento del debitore, che conserva la gestione ordinaria e straordinaria dell'impresa e può eseguire pagamenti, fatti salvi gli obblighi informativi nei confronti dell'esperto e il dissenso di questo rispetto agli atti pregiudizievoli per i creditori, per le trattative e per le prospettive di risanamento: art. 21, commi da 3 a 5);

§ possibilità di beneficiare, dal momento della nomina dell’Esperto e con l’intervento del Tribunale, di misure protettive e cautelari a tutela del patrimonio sociale (art. 18);

§ possibilità di contrarre finanziamenti prededucibili e di trasferire l'azienda o uno più suoi rami in deroga all'art. 2560 cod. civ. (che prevede che l’acquirente risponde dei debiti dell’azienda ceduta che risultano nei libri contabili) (art. 22).

In ordine alle misure premiali:

§ sospensione degli obblighi di ricapitalizzazione e delle cause di scioglimento in caso di riduzione o perdita del capitale sociale (artt. 2446 e 2447 c.c. nel caso di riduzione del capitale sociale di oltre 1/3 in conseguenza di perdite per due esercizi);

§ si evita l’attestazione del professionista in caso di accordo sottoscritto anche dall’esperto ex art. 23, 1° comma, lett. c) (profilo di rilievo anche per gli imprenditori agricoli e le start up innovative sopra soglia);

§ si riducono la percentuale di ammissibilità degli accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa (art. 23, 2° comma, lett. b: beneficio che rileva anche per gli imprenditori agricoli sopra soglia).

§conservazione degli effetti degli atti compiuti durante la composizione negoziata (art. 24 i cui commi 3° e 4° sono applicabili anche alle imprese "sotto soglia" in virtù del richiamo operato dall' art. 25-quater, 5° comma).

Tutte le misure di tutela eventualmente adottate devono essere pubblicate nel Registro delle Imprese, così parzialmente rinunciandosi alla riservatezza della Composizione Negoziata (errore lessicale termine “riservatezza”).

La composizione negoziata offre all’imprenditore in difficoltà la possibilità di un risanamento agevolato, a condizione che lo stesso abbia potenzialmente le capacità per restare sul mercato, anche -se necessario- mediante la cessione dell’intera azienda o di un suo ramo.

La mancata od insufficiente adozione degli "adeguati assetti" previsti dell'art. 2086 c.c. comporta non solo l'impossibilità di accedere all'insieme dei benefici e degli strumenti a supporto dell'imprenditore messi a disposizione dal CCII -tra cui la composizione negoziata-, ma anche tutta una serie di possibili conseguenze per i componenti dell'organo amministrativo che non si sono attenuti ai doveri previsti dalla normativa nella gestione sociale dell'impresa. 

Doveri che si concretizzano anche nella responsabilità personale degli amministratori, quale effetto risarcitorio nei confronti dei creditori e dei soci.

Senza dover arrivare ad una situazione di default dell'azienda, gli amministratori sono responsabili in solido per gli eventuali danni provocati alla società dalla loro mala gestio. Più esattamente, gli amministratori non saranno ritenuti responsabili nel (solo) caso in cui:

a)abbiano predisposto un adeguato assetto organizzativo,

b)abbiano rilevato tempestivamente la situazione di crisi e la perdita di continuità aziendale, 

c)si siano immediatamente adoperati per la soluzione dello stato di crisi, nel rispetto del CCII.

Ben si comprende come un'efficace attività di controllo di gestione sia essenziale per dare senso e sostanza agli stessi piani aziendali previsti dagli "adeguati assetti".

Assetti che saranno sempre più richiesti alle società anche dalle banche, così come dagli altri stakeholders aziendali, tra cui clienti e fornitori (frequente oggi nelle cauzioni per gli appalti pubblici). 

Appare quindi indispensabile che anche le PMI colgano il mutato scenario normativo e si dotino di un adeguato sistema di gestione e di budgeting, facendosi anche supportare ed affiancare da consulenti esperti in materia.

Il CCII offre una grande opportunità per il mondo imprenditoriale italiano, chiamato a compiere un importante passo in avanti nell'evoluzione dei modelli d'impresa e nella diffusione di una cultura aziendale basata sulla conoscenza, come risorsa strategica e precondizione per la sopravvivenza e la crescita stessa dell'organizzazione

 

Accordi di ristrutturazione e piani di risanamento

Le modifiche più rilevanti in materia di accordi di ristrutturazione erano già state implementate con gli ultimi emendamenti alla Legge fallimentare previgente, con l’introduzione degli accordi di ristrutturazione ”agevolati” e degli accordi di ristrutturazione “a efficacia estesa” (art. 57 CCII).

In particolare:

  • l’accordo di ristrutturazione “agevolato” (art. 60 CCII) ha il vantaggio che è inferiore il quorum per il consenso dei creditori: (il 30% dell’indebitamento rispetto al 60% degli accordi di ristrutturazione ordinari), purché la società:
  • non abbia presentato un’istanza di concordato preventivo semplificato “in bianco”;
  • non abbia richiesto altre misure di tutela provvisorie; e
  • i creditori che non aderiscono all’accordo siano liquidati tempestivamente;
  • l’accordo di ristrutturazione “ad efficacia estesa” (art. 61 CCII) consente di estendere ai creditori ‘dissenzienti’ le principali disposizioni dell’accordo.

Inoltre, anche i cosiddetti imprenditori ‘non commerciali’ possono, a determinate condizioni, procedere al risanamento del loro debito mediante l’attuazione di un accordo di ristrutturazione.

 

La Convenzione di moratoria (art. 62 CCII)

Ha per obiettivo la dilazione delle scadenze dei debiti dell’imprenditore (anche non commerciale) in stato di crisi. Si sospendono le procedure esecutive e conservative. Non vi è in alcun caso rinuncia al credito. Una volta approvata dal 75% dei creditori di una categoria è efficace nei confronti di tutti gli altri creditori della medesima categoria.

 

Piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione

Il CCII (art. 64 bis e ss.) offre uno strumento caratterizzato da una maggiore flessibilità pur nella tutela degli interessi dei creditori. Ai creditori non si applicano le regole generali in materia di pagamenti/distribuzioni concorsuali e

  • il piano di ristrutturazione non deve necessariamente attenersi al disposto dell’art. 2740 cod. civ. (assegnazione dell’intero patrimonio presente e futuro del debitore al fine di soddisfare i creditori), né al principio della par condicio creditorum previsto dall’art. 2741 cod. civ.;
  • il piano deve prevedere diverse classi di creditori, tenuto conto della loro qualificazione giuridica e dei rispettivi interessi economici; e
  • le retribuzioni dei dipendenti devono essere soddisfatte entro 30 giorni dall’omologazione.

Nell’ambito del procedimento, la gestione ordinaria e straordinaria è affidata agli amministratori della società, purché sia condotta nell’interesse prevalente dei creditori e sotto la supervisione di un Commissario giudiziale.

Il piano è soggetto a un controllo stringente del Tribunale.

L’approvazione del piano presuppone il voto favorevole di tutte le classi di creditori a maggioranza assoluta, oppure dei due terzi dei partecipanti al voto, a patto che i creditori che rappresentano almeno la metà dei crediti della stessa classe partecipino al voto (un meccanismo di voto innovativo introdotto dal nuovo Codice).

 

Concordato preventivo semplificato

Il concordato preventivo semplificato (artt. 84-120 CCII) riflette in gran parte lo strumento disciplinato dalla previgente L.F., che consente alle imprese in difficoltà finanziaria di proporre un piano concordatario.

Se espressamente richiesto, il Tribunale può concedere che i creditori preconcorsuali non possano più avviare o proseguire azioni esecutive o recuperatorie a far data dalla presentazione dell’istanza.

Inoltre, per garantire la continuità delle forniture, i creditori preconcorsuali non possono unilateralmente rifiutarsi di onorare i contratti in essere o di risolverli unicamente a causa di crediti pregressi insoluti (Art. 18 CCII).

Il piano deve essere sottoposto a votazione e approvato dalla maggioranza dei creditori, omologato dal tribunale e attuato. Al contempo, la gestione della società è affidata agli amministratori sotto la supervisione di un commissario giudiziale.

I soli atti di amministrazione straordinaria richiedono l’approvazione del Tribunale.

Il CCII incoraggia quanto più possibile la continuità aziendale rispetto alle mere finalità liquidatorie. Vi sono due tipi di concordato preventivo semplificato:

  • Concordato preventivo semplificato con continuità aziendale (diretta o indiretta).

In questo caso, il piano concordatario deve essere certificato da un esperto indipendente che valuta in che modo la continuità aziendale possa soddisfare al meglio gli interessi dei creditori. Il piano deve prevedere diverse classi di creditori, in base alla loro qualificazione giuridica ed ai rispettivi interessi economici. Il soddisfacimento delle pretese dei creditori non deve necessariamente derivare, in primis, dai proventi derivanti dalla cessione o dall’affitto dell’azienda o di un ramo d’azienda;

  • Concordato preventivo semplificato con finalità liquidatorie (soluzione residuale). Per favorire la continuità aziendale, l’accesso a tale strumento è consentito solo se le risorse patrimoniali dell’azienda aumentano (mediante apporti esterni) di almeno il 10% rispetto a un’ipotesi di liquidazione giudiziale, e comunque non sono inferiori al 20% delle passività residue.

Le risorse esterne possono essere assegnate senza dover osservare la c.d. absolute priority rule (regola della priorità assoluta): si tratta di unaregola distributiva tra creditori ed azionisti del valore di un’impresa riorganizzata. E’ un tradizionale presidio nelle riorganizzazioni, utile anche per la tutela delle classi nelle procedure di ristrutturazione, giustificata dal fatto che attua le priorità contrattuali di pagamento che i creditori otterrebbero al di fuori del fallimento. Risulterebbe così essere presidio efficiente in termini di rapidità della procedura, di certezza dei rapporti giuridici e di deflazione del contenzioso.

Mentre il test del migliore interesse dei creditori (best interest of creditors test) opera come protezione individuale per qualsiasi creditore, la regola della priorità assoluta è concepita come una misura di protezione della classe dissenziente impedendo che si possa effettuare una distribuzione a una classe junior qualora una classe senior dissenziente non sia stata pagata per l’intero.

Anche se la regola della priorità assoluta si apprezza più nell’ambito di una procedura formale di insolvenza anziché nella ristrutturazione preventiva, il principio sotteso vale anche per la ristrutturazione che, in base alla regola in parola, non potrebbe imporre un trasferimento di valore dalla maggioranza dissenziente dei creditori agli azionisti, a meno che, secondo certa dottrina, non vengano utilizzate risorse finanziarie “terze”, non provenienti dal patrimonio assoggettato al concorso

In parziale deroga a tale regola, il valore derivante dalla liquidazione dell’attivo deve essere assegnato ai creditori in base al criterio della c.d. priorità assoluta, mentre la plusvalenza derivante dalla continuità aziendale può essere assegnata ai creditori in base alla regola della c.d. priorità relativa. Ciò significa che è sufficiente soddisfare i crediti compresi in una classe con un trattamento almeno pari a quello delle classi di pari grado e più favorevole di quello delle classi di grado inferiore.

È possibile presentare anche una domanda di concordato ‘in bianco’ o prenotativo, con l’impegno a presentare una proposta e un piano concordatario completo entro un termine di 30 o 60 giorni (come stabilito dal Tribunale), prorogabile di ulteriori 60 giorni per giustificati motivi.

Qualora espressamente richiesto e concesso dal Tribunale, i creditori non potranno iniziare o proseguire azioni esecutive a far data dalla presentazione della domanda e non potranno unilateralmente rifiutarsi di adempiere ai contratti in essere o risolverli per effetto della domanda concordataria.

Da ultimo ma non per ultimo, va richiamata l’esistenza del c.d. concordato ‘minore’, cioè una procedura semplificata per il concordato delle piccole imprese.

 

Liquidazione giudiziale

Sostituisce il “vecchio” fallimento previsto dalla L.F.

E’ una procedura interamente finalizzata alla liquidazione dei beni di un imprenditore o di una società insolvente (artt. 121-283 CCII).

La novità principale risiede nella modifica terminologica: sulla scia di un cambiamento già introdotto in diversi paesi europei, il legislatore italiano ha deciso di adottare qualifiche più neutre per questa procedura, non più adottando il termine “fallimento” storicamente dotato di una connotazione negativa.

Nonostante sembri trattarsi, almeno nell’ambito della società civile, di una modifica meramente terminologica, non può nascondersi trattarsi di un grande salto culturale che riflette l'impianto complessivo del CCII e che mira a ridurre il più possibile il numero dei fallimenti e delle procedure liquidatorie in generale, in favore invece di misure e proposte negoziali volte alla ristrutturazione delle aziende e dei patrimoni.

La grande scommessa del Legislatore consiste, infatti, nell'offrire all'imprenditore tutte le possibilità e gli strumenti idonei per superare la crisi e garantire la continuità aziendale. Continuità che diventa prioritaria e che può essere tutelata anche attraverso il trasferimento dell'organizzazione ad un altro imprenditore per evitare le conseguenti perdite di posti di lavoro e di competenze.

L’idea alla base della riforma è quella di passare da un contesto organizzativo incentrato sulla liquidazione dell’attivo (un ruolo incontrastato da oltre sessant’anni e parzialmente mitigato con le riforme della legge fallimentare del 2005 e del 2006) alla promozione di procedure di regolamentazione delle crisi che favoriscano la continuità aziendale e il risanamento dell’impresa e che si basino su una maggiore autonomia dei soggetti coinvolti, dal debitore ai creditori.

Il ruolo “residuale” della liquidazione giudiziale si può desumere sia dall’art. 7 CCII (che dà priorità alle domande di accesso agli strumenti volti alla ristrutturazione aziendale rispetto alla liquidazione giudiziale) sia dalla scelta di collocare le disposizioni sulla liquidazione giudiziale dopo quelle che disciplinano le procedure con finalità ristrutturative.

Le innovazioni rispetto al “vecchio” fallimento sono volte a semplificare e velocizzare la procedura.

Si segnalano in particolare:

  1. una maggiore centralità del ruolo del curatore, che può promuovere autonomamente le azioni di responsabilità senza dover attendere il parere del Comitato dei creditori e l’autorizzazione del Tribunale;
  2. nuovi obblighi informativi in capo al curatore, che deve ora tenere e aggiornare regolarmente un registro accessibile dal Tribunale e dal Comitato dei creditori;
  3. anticipazione del periodo sospetto per le azioni di recupero alla presentazione dell’istanza di fallimento (non più a partire dall’apertura del fallimento);
  4. la modifica del ruolo del Comitato dei creditori (non più necessario nell’ambito delle procedure minori e semplificato nel contesto della liquidazione giudiziale);
  5. l’estensione dell’ambito di applicazione dei principi volti a ristabilire la figura del fallito secondo la cosiddetta regola del “fresh start“ (nuovo inizio).

 

Gruppi di imprese

Il CCII prevede innovazioni significative in materia di gestione delle crisi finanziarie dei gruppi di imprese (artt. 284-292 CCII), con l’obiettivo di affrontare in prospettiva unitaria le difficoltà che colpiscono tutte od alcune imprese appartenenti allo stesso gruppo.

Il gruppo viene identificato attraverso il concetto di “direzione e coordinamento” ai sensi dell’art. 2497 c.c., e viene definito come un gruppo di società, imprese ed enti diretti e coordinati da una società, un ente o una persona.

Per quanto riguarda l’accesso di un gruppo agli strumenti per la ristrutturazione aziendale, le imprese in difficoltà appartenenti a un gruppo devono presentare:

  • un’unica domanda (a) di ammissione a concordato preventivo semplificato congiunto o (b) di approvazione di un accordo di ristrutturazione; e
  • richieste autonome relative a ciascuna società del gruppo, seppure con l’obbligo di informare le altre onde garantire il necessario coordinamento tra le varie procedure.

In caso di insolvenza di più società appartenenti allo stesso gruppo, è prevista un’unica procedura di liquidazione giudiziale.

 

Gli strumenti a tutela dei consumatori.

A seconda dei casi, verrà scelta una delle procedure previste:

Art. 65 - Ristrutturazione dei debiti del consumatore, che è la proposta del debitore-consumatore (dunque non professionista/imprenditore) e non ha bisogno dell'assenso dei creditori per essere omologata dal Giudice (sostituisce il previgente “Piano del Consumatore”);

Art. 74- Concordato minore, che riguarda il piccolo imprenditore o l'ex imprenditore od il professionista. La proposta di accordo deve essere accettata da almeno il 50% dei creditori ammessi al voto (già Accordo del debitore);

Art. 268- Liquidazione controllata del sovraindebitato, si ha quando il Giudice nomina un liquidatore per destinare ai creditori le disponibilità dei beni del debitore, al netto di quelli essenziali per vivere (già Liquidazione del patrimonio ed esdebitazione).

Esaminiamo ora alcune definizioni, il cui corretto inquadramento è indispensabile per comprendere i vari istituti.

 

Stato di sovraindebitamento

Il piano di ristrutturazione dei debiti si applica al “consumatore” che versi in una situazione di crisi definita come “lo stato del debitore che rende probabile l’insolvenza e che si manifesta con l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi dodici mesi” (art. 2, comma 1, lett. a) ossia versi in una situazione di “crisi” o di “insolvenza”.

In vigenza L.F.: distinzione era tra crisi reversibile e crisi non reversibile.

Oggi la distinzione è tra crisi ed insolvenza, che si manifestano:

CRISI: con l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi dodici mesi; ovvero

INSOLVENZA: con inadempimenti od altri fatti esteriori i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni.

In tal modo si manifesta, ancora una volta, un maggiore interesse per la continuità aziendale; il che arriva a tutelare maggiormente l’interesse dei creditori.

In quest'ottica, l’art. 2 lettera a) (a seguito della modifica introdotta con il D.Lgs. 83/2022) ridefinisce anche la nozione di crisi come "lo stato del debitore che rende probabile l’insolvenza e che si manifesta con l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi dodici mesi".

Legittimazione attiva e la “rivisitata” nozione di Consumatore

La legittimazione attiva per accedere alla procedura rispecchia l’essenza del piano di ristrutturazione dei debiti, che è quella di un “percorso procedimentale” di composizione della crisi riservata dal comma 1 dell’art. 67 CCII al “consumatore sovraindebitato”.

 

Definizione di Consumatore

La qualifica di “consumatore” viene (ri)definita dall’art. 2, co. 1, lett. e): la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o professionale eventualmente svolta” incluso il socio di una delle società appartenenti ad uno dei tipi regolati dai Capi III, IV, e VI del Titolo V (s.n.c., s.a.s., s.a.p.a.) del libro quinto del Codice civile, per i debiti estranei a quelli sociali.

È una nozione più ampia rispetto a quella contenuta nella formulazione originaria della L.3/2012 (art. 6, co. 2, lett. b) (“la persona fisica che ha assunto obbligazioni “esclusivamente” per scopi estranei all'attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta”), che denotava un carattere restrittivo potenzialmente idoneo ad escludere dalla possibilità di accesso al piano tutti i consumatori che registravano, nella propria situazione debitoria, anche passività derivanti dall'attività imprenditoriale o professionale svolta.

L'adozione della nozione propria del Codice del Consumo sembra voler esprimere non solo una volontà di estendere l'ambito applicativo della procedura (permettendo di considerare consumatore anche chi presenti, nella propria situazione debitoria, obbligazioni non aventi carattere personale o familiare) ma anche un mutamento di rotta, nella misura in cui si dovrebbe rendere componibile all'interno della nuova procedura anche il c.d. “debito promiscuo”, ossia derivante da obbligazioni aventi carattere sia personale o familiare, sia imprenditoriale o professionale. Tuttavia, la qualità di consumatore non rappresenta un attributo soggettivo aprioristico, ma è "conferito" di volta in volta dallo scopo del debito contratto e presuppone, pertanto, una precisa indagine conoscitiva.

 

Condizioni ostative

L’art. 69 CCII elenca talune condizioni soggettive ostative per l’accesso alla procedura. In particolare, il debitore è ammissibile, se:

- non abbia determinato il sovraindebitamento per colpa grave, malafede o frode;

- non sia già stato esdebitato nei cinque anni precedenti la domanda;

- non abbia già beneficiato dell’esdebitazione per due volte.

Tra le novità rispetto al passato, il CCII (art. 69 co. 2°) sanziona il comportamento del creditore (non può presentare opposizione o reclamo alla proposta) che abbia:

- determinato la situazione di indebitamento od il suo aggravamento;

- violato i principi di cui all’art. 124-bis del D.lgs. 385/1993 (T.U. delle leggi in materia bancaria e creditizia ànecessità valutare ed aggiornare il merito creditizio del consumatore).

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