Rapporti autonomi di breve durata: la scelta della tipologia contrattuale

Premessa


Gli artt. 61 e ss. del D.Lgs. n. 276/2003, che hanno introdotto nell'ordinamento di diritto del lavoro la fattispecie del «contratto a progetto», non hanno precluso la vigenza di alcune tipologie di rapporti di lavoro autonomo pregresse, determinandone tuttavia il riposizionamento nel quadro normativo. Le caratteristiche delle varie formule utilizzabili per regolamentare le prestazioni di lavoro non dipendente sono infatti contraddistinte da specificità e limiti di utilizzo che ne condizionano l'ambito di applicazione. In particolare l'art. 61, c. 2 del citato decreto esclude dalla disciplina delle collaborazioni a progetto i rapporti di durata complessiva non superiore a trenta giorni nel corso dell'anno solare con lo stesso committente, salvo che il compenso complessivamente percepito nel medesimo periodo sia superiore ad ? 5.000. Conseguentemente i rapporti di breve durata sono sottratti a tale istituto e la loro gestione appare riconducibile alle differenti fattispecie della collaborazione coordinata e continuativa, del contratto d'opera ex art. 2222 c.c., del contratto di lavoro accessorio.

Mini co.co.co.

Sebbene le attività cd. parasubordinate - particolare modalità esplicativa dei rapporti di lavoro autonomo - siano attualmente da riferire in linea generale alla disciplina del contratto a progetto, il c. 3 dell'art. 61 consente ancora eccezionalmente la stipulazione di contratti soggetti alla previgente disciplina delle collaborazioni coordinate e continuative (co.co.co.). Tra tali ipotesi rilevano le prestazioni rese dai componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società, dai partecipanti a collegi e commissioni, dai pensionati di vecchiaia: fattispecie tutte sostanzialmente ascrivibili alla condizione soggettiva dei collaboratori e non soggette a vincoli di tempo e di trattamento. Qualora invece le prestazioni, pur se contraddistinte dal coordinamento esercitato dal committente e dalla continuità dell'attività resa dal collaboratore, non eccedano i limiti temporali e reddituali individuati dal c. 2 dell'art. 61, la stipulazione di collaborazioni coordinate e continuative risulta legittimata da ragioni oggettive ed i rapporti instaurati sono definiti nella prassi «mini co.co.co», a motivo della loro durata ridotta e della bassa consistenza economica.

Lavoro occasionale

In assenza di coordinamento e continuità di rapporti, le prestazioni rese dai collaboratori dell'impresa non possono essere considerate parasubordinate, rientrando quindi nell'ambito delle previsioni civilistiche generali sui contratti d'opera, indipendentemente dalla durata della committenza e dal trattamento erogato a compensazione. Tali rapporti infatti possono anche eccedere i 30 giorni di durata ed i 5.000 euro di corrispettivo, purché la correlazione tra committente e prestatore non sia connotata da un grado di integrazione tale da inficiare la piena autonomia della attività resa.

Lavoro accessorio

Gli artt. 70 e ss. del D.Lgs. n. 276/2003 riferiscono i contratti di lavoro accessorio all'esecuzione di attività di carattere occasionale, rese in alcuni ambiti specificamente previsti, disponendo che la compensazione avvenga con la consegna al lavoratore di appositi «buoni», acquistati dal beneficiario delle prestazioni presso rivendite autorizzate incaricate di provvedere al pagamento al prestatore. Tra le ipotesi, tassativamente definite dalla legge, di legittimo ricorso al lavoro accessorio rilevano i lavori domestici, gli studenti con meno di 25 anni di età, regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso l'università o un istituto scolastico di qualsiasi ordine e grado, le attività rese in regime di impresa familiare ex art. 230-bis c.c. limitatamente ai comparti del commercio, del turismo e dei servizi.

Differenze con le collaborazioni a progetto

La differenziazione sostanziale tra le collaborazioni a progetto e le fattispecie sopra elencate pertanto non è da imputare solo alla brevità del rapporto, ma alla natura stessa delle attività assegnate dal committente, contraddistinte nell'ipotesi delle mini co.co.co. da scarso rilievo oggettivo, nell'ipotesi del lavoro occasionale dall'autonomia di esecuzione, nell'ipotesi del lavoro accessorio dall'occasionalità del rapporto con il datore di lavoro.

Elementi comuni delle tre fattispecie

Nelle tre fattispecie peraltro sono presenti elementi comuni, dovuti al carattere non subordinato delle attività e consistenti nell'irrilevanza del tempo impiegato per l'esecuzione della prestazione, correlata al solo risultato concordato dalle parti, nell'assenza di limitazioni per eventuali proroghe-rinnovi di contratto, nella presenza di un termine temporale determinato o determinabile entro cui il lavoro deve essere eseguito, nell'assenza di assoggettamento gerarchico al committente o a suoi dipendenti-collaboratori. Per quanto attiene agli aspetti formali l'unica regolamentazione diretta dei rapporti di lavoro non subordinato, rinvenibile nel quadro normativo vigente, riguarda la diversa ipotesi di stipulazione di contratti a progetto, che deve rispettare i requisiti specificati dall'art. 62 del D.Lgs. n. 276/2003, peraltro solo a fino probatori, come specificato anche dal punto 3) della circolare Inps n. 9/2004. Anche il vizio formale più rilevante, consistente nella mancata individuazione esplicita del progetto assegnato al collaboratore, determina solo la presunzione iuris tantum - ossia superabile con prova contraria - di un rapporto di lavoro dipendente, risultando quindi attribuita al committente la facoltà di dimostrare, con inversione dell'onere della prova, che si tratti di un rapporto non subordinato. Nelle tre ipotesi succitate non sussiste invece nessun vincolo formale, pertanto eventuali imprecisioni non comportano alcuna presunzione di illegittimità dei rapporti instaurati, sicché anche per quanto attiene le modalità di definizione pattizia dei contratti rilevano forti elementi di elasticità operativa e gestionale.

Comparazione sistematica

Le differenze che contraddistinguono i tre istituti in esame attengono vari aspetti, di seguito specificati.

Trattamento retributivo

Mentre le collaborazioni a progetto devono essere compensate, ai sensi dell'art. 63 del D.Lgs. n. 276/2003, con un trattamento «proporzionato alla quantità e qualità del lavoro eseguito», che tenga conto «dei compensi normalmente corrisposti per analoghe prestazioni di lavoro autonomo nel luogo di esecuzione del rapporto», lecollaborazioni coordinate e continuative applicate nelle ipotesi residuali consentite dall'art. 61, c. 3 non sono soggette ad alcuna esplicita previsione legislativa in merito al corrispettivo dovuto per le prestazioni rese. La compensazione delle mini co.co.co. può quindi essere liberamente definita dall'intesa intervenuta tra le parti, seppure nel rispetto delle previsioni civilistiche generali afferenti la buona fede e correttezza nei rapporti contrattuali nonché il divieto di simulazione. Analogamente icontratti d'opera ex art. 2222 c.c. possono essere stipulati, con le cautele testé citate, definendo liberamente il compenso dovuto al lavoratore autonomo. Viceversa l'art. 72, c. 2 del D.Lgs. n. 276/2003 prevede che i prestatori dilavoro accessorio siano compensati con buoni il cui valore nominale tenga conto «della media delle retribuzioni rilevate per le attività lavorative affini (...) nonché del costo di gestione del servizio», stabilito da un emanando decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. In tutte le ipotesi esaminate peraltro i trattamenti sono da intendersi omnicomprensivi, in quanto al personale destinatario non spettano ratei di trattamenti indiretti e differiti, sicché trattasi di valori assoggettati alle sole ritenute fiscali. Peraltro mentre alle mini co.co.co. trovano applicazione le normali aliquote Irpef, con addizionali comunali e regionali, il contratto d'opera è soggetto a ritenuta d'acconto e successiva operazione di conguaglio di fine anno, mentre il contratto di lavoro accessorio determina la spettanza di un compenso che, ai sensi dell'art. 72, c. 3 del D.Lgs. n. 276/203, «è esente da qualsiasi imposizione fiscale e non incide sullo stato di disoccupato o inoccupato».

Trattamento contributivo

Dal 1° gennaio 2009 è entrato in vigore l'aumento di un punto percentuale delle aliquote contributive per gli iscritti alla gestione separata e non assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie, previsto dall'art. 1, c. 79 della legge n. 247/2007. Un ulteriore aumento è previsto per il 2010, di conseguenza nel corrente anno icollaboratori coordinati e continuativi non assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie sono assoggettati ad una aliquota del 25,72%, i pensionati o iscritti ad altra forma pensionistica obbligatoria sono assoggettati ad una aliquota del 17%. La ripartizione dell'onere contributivo interessa per un terzo il collaboratore e per due terzi il committente, con un massimale di reddito imponibile pari a ? 91.507,00. La contribuzione ha consentito nell'ultimo biennio l'accesso a due trattamenti previdenziali: 1) per i lavoratori iscritti alla gestione separata e non titolari di pensione e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie, l'indennità di malattia, con decorrenza 1° gennaio 2007, purché ricorrano i requisiti contributivi e reddituali già previsti per la corresponsione dell'indennità di degenza ospedaliera. In particolare occorre che nei dodici mesi precedenti risultino accreditati almeno tre mesi, anche non continuativi, di contribuzione alla gestione separata, inoltre nell'anno solare precedente il reddito individuale assoggettato a contribuzione per la gestione separata non deve essere stato superiore al 70% del massimale contributivo. L'evento è indennizzato per un numero massimo di giornate pari a un sesto della durata complessiva del rapporto di lavoro e comunque per almeno 20 giorni. Nel medesimo anno solare il limite è quindi di 61 giorni. La misura dell'indennità di malattia, aggiuntiva all'indennità per degenza ospedaliera, è pari al 50% dell'importo che spetterebbe in caso di ricovero ospedaliero ed è quindi differenziata in funzione dei contributi accreditati nei dodici mesi precedenti l'evento. Non è prevista la contribuzione figurativa; 2) il congedo di maternità/paternità per i parti e gli ingressi in famiglia decorrenti dal 7 novembre 2007. Più specificamente le lavoratrici iscritte alla gestione separata, che non risultino iscritte ad altra forma previdenziale obbligatoria e non pensionate, hanno diritto al congedo ordinario, alla disciplina del periodo intercorrente tra data presunta e data effettiva del parto, del parto prematuro, della flessibilità e dell'interdizione anticipata. Per beneficiare dell'indennità occorrono almeno tre mensilità di contribuzione maggiorata (dello 0,72% per i periodi successivi al 7 novembre 2007) nei 12 mesi precedenti la data presunta del parto. I padri iscritti alla gestione separata hanno diritto ad astenersi dall'attività lavorativa per i tre mesi successivi alla data del parto, nel caso di morte o grave infermità della madre, di abbandono del figlio, di affidamento esclusivo. Per beneficiare dell'indennità economica deve sussistere il requisito di tre mesi di contribuzione maggiorata nei 12 mesi precedenti l'insorgenza del diritto. Alle medesime lavoratrici/lavoratori è inoltre esteso, nelle ipotesi di parto o ingresso in famiglia verificatisi dal 1° gennaio 2007, il congedo parentale per la durata di 3 mesi entro il primo anno di vita del bambino. Sia i periodi di congedo di maternità/paternità, sia i periodi di congedo parentale sono coperti da contribuzione figurativa.

Viceversa i lavoratori che stipulinocontratti d'opera ex art. 2222 c.c. solo qualora percepiscano complessivamente, da uno o più committenti, importi per un reddito annuo superiore ad ? 5.000, devono iscriversi alla gestione separata Inps, in applicazione dell'art. 44 del D.L. n. 269/2003, convertito dalla legge n. 326/2003, con le aliquote sopra riportate. Quand'anche iscritti non spetta loro né l'indennità di malattia (come precisato dal messaggio Inps n. 12768/2007) né il congedo di maternità/paternità o parentale.

Per le prestazioni occasionali di tipo accessorio è dovuta dal concessionario la contribuzione alla gestione separata Inps in misura pari al 13% del valore nominale dei buoni pagati al lavoratore. L'art. 72, c. 5 del D.Lgs. n. 276/2003, come sostituito dall'art. 22, c. 3 del D.L. n. 112/2008, dispone che «le modalità per il versamento dei contributi (...) e delle relative coperture assicurative e previdenziali» sia definito con prossimo decreto del Ministero del lavoro.

Modalità di instaurazione e cessazione del rapporto

La legge n. 296/2006 ha sancito, con effetto dal 1° gennaio2007, l'obbligo di comunicazione al competente Centro per l'impiego, entro le ore 24 del giorno precedente, dell'avvenuta instaurazione dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, comprese le mini co.co.co. I collaboratori coordinati e continuativi devono altresì essere iscritti sul libro unico del lavoro instaurato dal D.L. n. 112/2008. Tali adempimenti non spettano nell'ipotesi di stipulazione di contratti d'opera, che la circolare del Ministero del lavoro n. 13/2007 esclude espressamente per le comunicazioni di assunzione e la circolare del Ministero del lavoro n. 20/2008, riferita al Lul, non cita nell'elenco dei contratti non subordinati da registrare. Anche l'iscrizione al Lul di rapporti di lavoro accessorio non è contemplata dai pronunciamenti amministrativi sino ad ora prodotti, ma stante la sua natura ascrivibile all'ambito del lavoro non subordinato l'obbligo è da intendersi attualmente dubbio, rendendosi necessari chiarimenti interpretativi. Viceversa la circolare del Ministero del lavoro n. 13/2007 esclude espressamente l'instaurazione di rapporti di lavoro accessorio dall'obbligo di comunicazione al Centro per l'impiego. La proroga e/o il rinnovo dei contratti di co.co.co., d'opera e di lavoro accessorio non sono soggetti a limitazioni legislative, potendosi quindi liberamente procedere alla ridefinizione del regime di durata e delle relative compensazioni senza che trovi applicazione alcuna previsione legislativa riguardante particolari vincoli temporali. È tuttavia consentita l'apposizione pattizia di vincoli di durata minima o di termini di preavviso o l'esplicitazione della facoltà di recesso immediato per le ipotesi di interruzione anticipata rispetto alla scadenza concordata, trattandosi altrimenti di inadempienze contrattuali determinanti il rischio di azioni risarcitorie.

Requisito della subordinazione

A completamento della disamina, è opportuna qualche ulteriore precisazione sul requisito dell'autonomia della prestazione, in quanto declinata con differenti modalità nelle tre fattispecie.

I requisiti che consentono di ritenere assente il vincolo di subordinazione, identificando sia le prestazioni d'opera, sia le mini co.co.co., sono riconducibili all'elaborazione giurisprudenziale. In particolare si consideri che a decorrere dai primi anni '90 la giurisprudenza di legittimità (cfr. ad esempio Cass. n. 2680/1990 e Cass. n. 370/1991) ha affermato un principio, oramai consolidatosi nella prassi giudiziaria, in base al quale ogni attività lavorativa può essere eseguita nella forma del contratto di lavoro autonomo ex art. 2222 c.c., purché ricorrano i requisiti tipici di tale fattispecie. In altri termini una distinzione aprioristica tra prestazioni di per sé attribuibili/non attribuibili a personale non dipendente dall'impresa non ha ragione d'essere, in quanto occorre in realtà verificare con precisione le modalità di esecuzione dell'incarico affidato, per accertare la sussistenza/insussistenza dei cd. indici di subordinazione. Semplificando un dibattito dottrinale fondato anche su numerose pronunce della Corte di Cassazione, non sempre tra loro omogenee, si può sostenere che, dopo avere abbandonato il criterio della «sussunzione per approssimazione» - consistente nella comparazione sistematica degli elementi autonomi/subordinati riscontrabili in una particolare attività, al fine di identificarne la prevalenza e conseguentemente qualificare il rapporto - le pronunce degli ultimi anni hanno valorizzato la verifica della eventuale presenza di un potere direttivo, disciplinare ed organizzativo, nonché di vigilanza e controllo sull'esecuzione dell'incarico. Il riscontro di tale elemento è stato riconosciuto come una caratteristica di per sé idonea a dimostrare la sussistenza di un vincolo di subordinazione. Si tratta in pratica dell'evidenziazione di un carattere già inserito nella nozione di lavoro subordinato riportata nell'articolo 2094 c.c., che esclude la sussistenza di un rapporto autonomo nell'ipotesi di attività svolte «alle dipendenze e sotto la direzione» dell'imprenditore. Gli altri indicatori (ovvero le circostanze di fatto riscontrabili) in precedenza considerati in qualche misura utili a dimostrare la sussistenza di un rapporto subordinato - come l'applicazione di un orario individuale rigido, lo svolgimento delle prestazioni fisicamente all'interno dell'azienda, la periodicità del trattamento economico, l'impiego di beni aziendali etc. - sono stati conseguentemente derubricati a criteri sussidiari, rilevanti solo nelle ipotesi in cui la disamina condotta non abbia potuto accertare la sussistenza di un assoggettamento gerarchico.

Si aggiunga che alcune modalità di svolgimento delle prestazioni possono in certa misura agevolare, secondo quanto sostenuto dalla giurisprudenza e dalla dottrina gradualmente prodottesi, la verifica della effettiva ingerenza del datore di lavoro sui tempi e sui modi di esecuzione delle attività assegnate (cfr. Cass. n. 10689/1997). Pur essendo difficile operare una classificazione esaustiva, anche in considerazione dell'assenza di orientamenti sufficientemente dettagliati ed uniformi, si può ricostruire il breve schema riassuntivo di seguito riportato.

Sono circostanze tipiche del rapporto subordinato:

. l'assoggettamento a richiami verbali per errori o imprecisioni nell'esecuzione delle prestazioni assegnate;

. l'inserimento formale o informale del lavoratore nell'organigramma aziendale;

. la presenza di procedure di reperibilità immediata del lavoratore;

. la ricezione di ordini di servizio;

. la presenza di rapporti costanti con personale dipendente dall'impresa per l'esecuzione ordinaria delle prestazioni assegnate;

. l'obbligo di segnalare e di fare autorizzare le eventuali assenze dal lavoro.

La progressiva evoluzione giurisprudenziale ha poi reso particolarmente rilevante, soprattutto nelle circostanze in cui non è agevole individuare il grado di integrazione del lavoratore nell'organizzazione disposta dal datore di lavoro, il criterio sussidiario consistente nella ricostruzione della effettiva volontà delle parti all'atto della instaurazione del rapporto, prescindendo dal nomen iuris attribuito formalmente al negozio giuridico e considerando invece le reali intenzioni dei contraenti. Si noti peraltro che un consistente orientamento di giurisprudenza (risalente a Cass. n. 11925/1990), affermatosi in anni recenti, ha comunque rivalutato indirettamente anche l'importanza della modalità espressiva concordata tra le parti per qualificare formalmente il rapporto, considerandola un indice in grado di agevolare proprio l'identificazione della volontà del committente e del lavoratore. Il principio può quindi risultare utile anche per distinguere tra contratto d'opera e subordinazione quando non sia facile identificare il grado di autonomia nell'esecuzione delle prestazioni assegnate.

Ferma restando l'assenza di subordinazione ricavabile dall'applicazione dei criteri di cui sopra, il contratto di collaborazione coordinata e continuativa è contraddistinto da un maggiore grado di interrelazione con il committente, nel senso sia di una parziale ingerenza nelle modalità di esecuzione delle attività assegnate, oggetto di possibili interventi dispositivi anche nelle fasi di esecuzione, sia dell'adozione di un regime di durata predeterminata che comporta una correlazione temporale, mentre il contratto d'opera può esaurirsi indifferentemente in un tempo breve o prolungato. Più specificamente:

a)   la continuità del rapporto è da intendersi non come durata indeterminata (che non è necessaria, in quanto il rapporto di collaborazione può essere anche a tempo determinato e nella fattispecie in esame - la mini co.co.co - lo è necessariamente) ma come perdurare nel tempo di un legame funzionale tra impresa e collaboratore, che non si esaurisce nell'esecuzione di una singola opera-servizio;

b)   il coordinamento consiste nell'inserimento del collaboratore nell'organizzazione del lavoro del committente e non nell'organigramma del medesimo ovvero nel modello che identifica i rapporti gerarchici applicati nell'impresa per garantirne l'operatività;

entrambi gli aspetti - legame funzionale perdurante e inserimento nell'organizzazione del lavoro - sono estranei al rapporto di lavoro autonomo.

Il contratto per prestazioni occasionali di tipo accessorio è invece una tipologia particolare di rapporto che non prescinde dalla natura subordinata delle prestazioni rese, quindi può svolgersi con gli elementi caratteristici del lavoro dipendente senza che si configurino comportamenti datoriali illeciti. La specificità della disciplina afferisce infatti solo la natura occasionale delle prestazioni, non il grado di subordinazione al datore di lavoro. Ne consegue l'inutilità, per questa fattispecie, della disamina riferita all'eventuale ricorrenza degli indici di subordinazione al fine di accertare la legittimità del rapporto contrattuale, dovendosi piuttosto verificare la corrispondenza tra le mansioni assegnabili elencate dall'art. 70 del D.Lgs. n. 276/2003 e le attività effettivamente eseguite dal prestatore di lavoro accessorio.

Conclusione

La scelta della tipologia contrattuale per la regolamentazione di rapporti autonomi di breve durata non può quindi prescindere, prima che dalla valutazione delle discipline riguardanti i trattamenti retributivi, contributivi e normativi riferiti alle varie tipologie di rapporti in esame, dalla considerazione della natura stessa delle attività assegnate, che rappresenta il criterio fondamentale per l'identificazione corretta dell'istituto adeguato al rapporto che si intende instaurare.

 

Autore: Stefano Malandrini - tratto da "Guida alle paghe" - Ipsoa - giugno 2009