La figura della presupposizione nei piu recenti interventi giurisprudenziali

 

1. Partendo proprio dal titolo di questo contributo l'espressione "figura", nella sua voluta carenza identificante, appare la piu opportuna a richiamare il fenomeno della presupposizione che, ad un indubbio rilievo riconosciutole da dottrina e giurisprudenza, unisce una notevole difficolta, se non proprio l'impossibilita, di venir ricondotta ad uno schema unitario.
A testimonianza di quanto appena osservato si riportano a seguire due brani significativi di altrettanti pronunciamenti della Suprema Corte che saranno di seguito illustrati anche nelle fattispecie concretamente esaminate.
". la "presupposizione" ricorre quando una determinata situazione, di fatto o di diritto, passata, presente o futura, di carattere obiettivo - la cui esistenza, cessazione e verificazione sia del tutto indipendente dall'attivita e dalla volonta dei contraenti e non costituisca oggetto di una loro specifica obbligazione - possa, pur in mancanza di un espresso riferimento ad essa nelle clausole contrattuali, ritenersi tenuta presente dai contraenti medesimi, nella formazione del loro consenso, come presupposto avente valore determinante a i fini dell'esistenza e del permanere del vincolo contrattuale. La presupposizione, cosi intesa, assume rilevanza, determinando la invalidita o la risoluzione del contratto, quando la situazione presupposta, passata o presente, in effetti non sia mai esistita e comunque non esista al momento della conclusione del contratto, ovvero quella contemplata come futura (ma certa) non si verifichi" (cosi Cass. 24 marzo 1998, n. 3083, in Giust. civ., 1998, I, p. 3161).
Ancora piu recentemente ". la presupposizione, sia che venga inquadrata nella condizione allo stato embrionale, ovvero configurata come un motivo determinante la volonta negoziale, benche non assurto a condizione, o come scopo del negozio . in ogni caso determina l'effetto di subordinare la dichiarazione di volonta negoziale alla previsione del suo verificarsi. Quindi, se una determinata situazione di fatto o di diritto, esterna al contratto - nel senso che non deve corrispondere all'oggetto di un'obbligazione delle parti contraenti - e che queste si sono consapevolmente rappresentate - riconoscendo una parte l'importanza determinante attribuita dall'altra parte alla medesima come fondamento del negozio (principio di buona fede soggettiva), e futura e non sopravviene nel corso del rapporto, il vincolo contrattuale si risolve" (Cass. 29 settembre 2004, n. 19563, a quanto consta inedita).

2. Se, da un lato, i passi appena citati dimostrano un'evidente disponibilita della giurisprudenza a riconoscere alla presupposizione la capacita di incidere sulla vita del negozio, dall'altro lato, denotano e in maniera preoccupante come l'indispensabile via logico-giuridica necessaria per raggiungere tale obiettivo non possa in alcun modo rivelarsi chiaramente comprensibile. Si parla, infatti, genericamente di invalidita o risoluzione quale conseguenza di cio che viene, ipoteticamente, ricondotto ad una condizione inespressa, ad un motivo comune determinante, se non, addirittura, ad un vizio dell'elemento causale del negozio.
Non e chi non veda che un approccio siffatto, con la pretesa di ricondurre sotto un'unica denominazione vicende cosi profondamente distanti sul piano teorico, puo finire, anche al di la delle intenzioni dei suoi promotori, per portare su di un piano di scarso rigore e potenziale arbitrio le stesse decisioni che vengono a basarsi su cosi malfermi principi di diritto.
Nella vicenda esaminata dal primo precedente richiamato, in effetti, viene confermata la risoluzione, pronunziata in appello, di un contratto di opzione per la fornitura di carburante ad un edificando distributore dello stesso. L'elemento che, nel caso, viene ritenuto integrare la presupposizione, e rappresentato da una modifica della legislazione regionale che sembra imporre degli oneri aggiuntivi alla societa costruttrice della stazione di servizio rispetto a quelli preventivati, nonche determinare delle varianti al progetto allegato allo stesso contratto di opzione.
Si e correttamente osservato al riguardo che, di fronte a costi ulteriori che, peraltro, non avrebbero inciso sulla possibilita teorica di realizzare la stazione di servizio, una piu coerente ricostruzione della fattispecie avrebbe portato a valutare il ricorrere degli estremi della risoluzione per eccessiva onerosita sopravvenuta (art. 1467 cod. civ.), segnalandosi anche come la perfetta corrispondenza del distributore al progetto non sembrava ragionevolmente costituire un elemento decisivo per chi, per il futuro, si stava impegnando a fornirgli il carburante da erogare.
Nel secondo precedente richiamato, invece, si conferma l'assenza al diritto ad una sorta di compenso in connessione allo svolgimento di un incarico commissionato da una societa ad un'altra per lo sviluppo di un complesso alberghiero. In estrema sintesi l'incarico anzidetto, al di la della sua asserita irrilevante qualificazione nei termini di mandato o di mediazione, viene riconosciuto dai Supremi giudici come correttamente interpretato dalla Corte di appello quale contenente la volonta "sottintesa" delle parti di determinare l'obbligo della corresponsione del detto compenso nel solo caso in cui si fosse, grazie ad esso, proceduto alla vendita del complesso alberghiero.
Poiche, in realta ed almeno nel termine previsto, alcun contratto o preliminare di vendita risultava concluso, nonostante un frenetica attivita di contatti e scambi di proposte tra le parti interessate, mancava il "presupposto" che avrebbe legittimato il pagamento.
Se dal pronunziato emerge, tra l'altro, un ragionevole principio di diritto, sempre ribadito in materia, alla luce del quale la ricostruzione della vicenda che puo portare al riconoscimento o meno del ricorrere della presupposizione risulta essere di esclusiva competenza dei giudici del merito attenendo all'interpretazione del contratto, deve tuttavia evidenziarsi che il non limpidissimo tenore della sentenza lascia qualche perplessita in merito all'esatta configurazione della fattispecie. In particolare, la circostanza che l'entita del compenso fosse percentualmente legata al prezzo della vendita, gia peraltro determinato a quel momento, non sembra prestarsi, dalla narrativa disponibile, all'univoca conclusione cui giunge il giudicante.

3. A questo punto, prima di richiamare altre pronunce sul tema, occorre necessariamente cercare di fare un po' di chiarezza sulle letture dottrinarie che risultano tra le piu convincenti relativamente alle comunque diverse ricostruzioni possibili cui ricondurre la figura delle presupposizione.
Nonostante l'espressione "condizione inespressa", o "in embrione" o "implicita" risulti frequentemente utilizzata in tutte le sedi per tentare di offrire una lettura semplificante del fenomeno, la stessa non risulta aver mai superato la pur risalente, oltre che autorevole critica, per cui se manca l'esplicitazione, cosi come l'immediata riconoscibilita da parte degli interessati, non gli si puo attribuire alcun rilievo. Pena altrimenti, si potrebbe aggiungere, il rischio di pretendere di far rientrare elementi volontaristici nell'interpretazione del contratto che, se forse presenti alla base della originaria teorica della figura, finirebbero per tradire decenni di ricostruzioni dell'interpretazione oggettiva del contratto.
Del resto, anche della ricorrente questione circa la natura soggettiva od oggettiva della presupposizione, sembra essersi liberata la migliore dottrina parlando al riguardo di "illusione ottica". Cio nel senso per cui la circostanza oggettiva non prevista, ad esempio il mutamento della situazione originaria, finisce per assumere il ruolo di presupposizione in ragione di circostanze soggettive quali, a seconda del caso, l'errore della parte, la sua mancata previsione o, comunque, la sua valutazione al riguardo.
Dovrebbe apparire chiaro a questo punto la necessita di operare per esclusione onde effettivamente pervenire ad identificare quelle vicende in cui la carenza normativa, da una parte, unitamente ad un'obiettiva esigenza di tutela del sistema negoziale, dall'altra parte, giustificherebbero l'emersione della figura della presupposizione. Sin da subito, in effetti, l'operazione appare ardua perche, ad esempio, risulta fonte di qualche perplessita l'osservazione per cui tale area andrebbe limitata a quella dei contratti sorti validamente. Anche se la non accettazione di questa osservazione impone la consapevolezza della necessita di svolgere un'attenta attivita di ricostruzione che cerchi di ovviare al rischio di fare della presupposizione un rimedio, per cosi dire, "omnibus", occorre doversi ammettere che e comunque necessario mantenere ampio l'orizzonte dei possibili casi di emersione di una figura che, lo si ripete, non pare possibile categorizzare in senso stretto.
La necessaria connessione della figura con il decorso del tempo, poi, imporra di verificare la sostanziale comunanza della stessa con le invece previste e disciplinate ipotesi della impossibilita sopravvenuta (artt. 1463 ss. cod. civ.) nonche della eccessiva onerosita sopravvenuta (art. 1467 cod. civ.). Per certa giurisprudenza, in effetti, tale norma introdurrebbe espressamente ed in via generale la presupposizione nell'ordinamento (Cass. 28 agosto 1993, n. 9125, in Foro it., 1995, I, c. 1601).
Alla luce di quanto precisato puo allora condividersi la ricostruzione che propone di muoversi in due ambiti di massima:
a) quello costituito da circostanze, comunque intese al momento della conclusione del contratto, che risultano connesse all'oggetto o alla prestazione dello stesso;
b) quello, viceversa, in cui le circostanze in questione sono estranee all'oggetto o alla prestazione del negozio.
In entrambi i casi, poi, potranno operarsi delle valutazioni particolari laddove la carenza dei requisiti ipotizzati possa considerarsi originaria o, piuttosto, sia sopravvenuta in un secondo momento.
Dunque, di fronte all'accertata assenza originaria di requisiti dell'oggetto o della prestazione, al di la della teorica possibilita di realizzare materialmente il programma contrattuale (ad esempio trasferendo il bene), esso non risultera piu corrispondente a quelle che erano le intenzioni delle parti per cui, ragionevolmente, la soluzione giuridica piu idonea a risolvere la questione sara quella della nullita per impossibilita originaria dell'oggetto o, secondo altri, una particolare tipologia di annullabilita connessa all'errore nella rappresentazione della realta. Comunque, in questo caso, la caratteristica presupposta ma assente sembrerebbe integrare elementi tali da inserirsi agevolmente in soluzioni chiaramente codificate.
Laddove, invece, solo in un secondo momento l'oggetto o la prestazione dedotta in contratto perda o non acquisti i caratteri presupposti potra, in prima battuta, ipotizzarsi l'applicazione della risoluzione per impossibilita sopravvenuta (art. 1463 cod. civ.). Nell'ambito, peraltro, dei negozi traslativi tale lettura potrebbe scontrarsi con il principio per cui res perit domino e quindi, in sostanza, l'acquirente, divenuto tale con il semplice consenso, sarebbe tenuto a sopportare tale rischio. Sul punto, invero, certa giurisprudenza ha osservato come andrebbe comunque verificato se la parte acquirente abbia avuto o meno la possibilita di attuare il programma economico alla base della vicenda negoziale, in caso negativo dovrebbe considerarsi possibile la risoluzione per impossibilita sopravvenuta (Cass. 28 agosto 1993, n. 9125, cit., che ha ritenuto applicabile tale rimedio al contratto di vendita di un terreno sul presupposto, riconosciuto presente anche se non esplicitato, della sua edificabilita. Presupposto poi venuto meno a seguito di intervento della pubblica autorita precedente al saldo del prezzo e alla stessa stipulazione per atto pubblico del negozio; si veda anche Cass. 17 maggio 1976, n. 1738, in Foro it,, 1976, I, c. 2399, in cui la risoluzione del negozio e stata concessa dopo la piena attuazione della vicenda negoziale. Cio in considerazione del fatto che la sopravvenuta inedificabilita si era verificata in un tempo cosi breve dalla conclusione della stesso che il programma economico perseguito non avrebbe potuto avere alcun principio di realizzazione).
Passando poi alle ipotesi richiamate sub b) le ricostruzioni possibili assumono indubbiamente profili maggiormente complessi.
Cio, perche, non sembrando corretto basarsi sulla piu limitata disciplina dell'errore, le circostanze esterne all'oggetto del contratto che incidono su quella specifica funzione economica con lo stesso perseguito, finiscono per coinvolgere i profili causali della contrattazione (art. 1325, n. 2, cod. civ.). In sostanza, allora, aderendo alla piu moderna tesi della causa quale funzione economico-individuale del negozio, il contratto in questione risulterebbe nullo per difetto genetico della causa determinato dall'erronea comune valutazione delle parti con riguardo ad esso.
Nel caso in cui, viceversa, elementi esterni all'oggetto contrattuale sopravvengano alla conclusione potra, in astratto, parlarsi della possibilita di applicare i principi della risoluzione per eccessiva onerosita sopravvenuta. Si e specificato in astratto in quanto, la soluzione stessa potra considerarsi applicabile solo laddove il concreto esame della complessiva onerosita dell'assetto di interessi effettivamente divisato ne dimostri lo stravolgimento rispetto ai canoni iniziali. In particolare, il requisito della imprevedibilita dovra essere adeguatamente corretto dal parametro dell'eccezionalita. In astratto, cioe, un evento quale una modifica legislativa o fenomeno naturale puo essere facilmente previsto, ma se il contratto e stato concluso sulla base di ponderate ed equilibrate riflessioni in senso opposto, il verificarsi dell'evento stesso dovra poter essere considerato ai fini della risoluzione del negozio.
Costituisce, poi, principio costantemente ribadito dalla giurisprudenza quello per cui il ricorrere della presupposizione non possa essere dichiarato d'ufficio dovendo all'uopo svolgersi apposita attivita difensiva.

4. Venendo, infine, all'ulteriore illustrazione di alcuni recenti casi concreti e rammentando che la giurisprudenza in materia e assai ampia, si puo partire da Cass. 17 dicembre 2004, n. 23520, pronunziata in materia lavoristica ed a quanto consta inedita.
La contesa riguardava la pretesa di un lavoratore di fruire di un avanzamento di carriera sulla base di un accordo aziendale che, sosteneva invece l'impresa, aveva perso rilievo in ragione del successivo venir meno dei presupposti di fatto alla luce dei quali lo stesso era stato stipulato in conseguenza di una diversa organizzazione del lavoro. I Supremi giudici respingono il ricorso del lavoratore contro la decisione della Corte di appello, favorevole all'impresa, osservando come "la Corte territoriale ha deciso la causa, interpretando il contratto collettivo vigente sulla base della presupposizione, cioe di quella condizione non sviluppata o inespressa che e configurabile quando dal contenuto del contratto risulti che le parti abbiano inteso concluderlo soltanto subordinatamente all'esistenza di una data situazione di fatto che assurga a presupposto, comune e determinante, della volonta negoziale, la mancanza del quale comporti la caducazione del contratto stesso, ancorche a tale situazione, comune ad entrambi i contraenti, non sia fatto espresso riferimento". Sempre in materia lavoristica si richiama anche Cass. 29 aprile 2003, n. 6668 (in Giust. civ. Mass., 2003, f. 4), con la quale si e confermato il riconoscimento ad un lavoratore di un'integrazione alla liquidazione ed all'indennita di mancato preavviso. Dette somme risultavano attribuite sulla base di un accordo aziendale che l'impresa sosteneva avere come presupposto una certe normativa, poi mutata in senso sfavorevole alle aziende poco dopo la stipulazione dell'accordo anzidetto, e che l'impresa aveva quindi ritenuto di poter revocare con comunicazione effettuata ai dipendenti. L'interpretazione suggerita dall'impresa non induce la Cassazione a censurare la lettura in senso esattamente opposto fornita dalla corte territoriale che ha escluso il ricorrere della presupposizione ipotizzata.
In Cass. 23 settembre 2004, n. 19144, in Contratti, 2005, p. 331, si osserva come non si configura la "presupposizione" in un contratto di fornitura e posa in opera di materiali con riferimento all'ipotesi di mancato rilascio della concessione edilizia, ove tale situazione di diritto presupposta sia stata espressamente prevista e sia stato posto nell'accordo stesso a carico del committente un preciso obbligo di attivarsi per ottenerla; ne e rilevante la circostanza che la concessione edilizia non venga rilasciata per fatto non imputabile al committente se nel contratto non sia stata espressamente prevista, per tale eventualita, la risoluzione del contratto.
Si segnala, da ultimo, un interessante precedente di merito. In Trib. Napoli 7 ottobre 2003, in Giur. nap., 2003, p. 397 si e osservato come, nel caso di concessione da parte di un terzo di ipoteca su di un immobile a favore di una banca ed a garanzia di un mutuo concesso ad un terzo, non costituisce presupposizione rispetto al contratto di mutuo, la conclusione del successivo atto di compravendita dell'immobile da parte del detto terzo garante a favore del mutuatario, posto che trattasi di circostanza non indipendente dalla volonta delle parti ed anzi oggetto di una specifica obbligazione. Nel caso, evidentemente, di fronte al rifiuto del mutuatario di utilizzare il denaro ottenuto per acquistare il bene dato in garanzia, il garante stesso ha tentato di far emergere una originaria volonta di acquistare detto bene che non e stata riscontrata dai giudici.

Autore: Avv. Gianfrancesco Vecchio, Prof. Aggr. di Ist. Dir. Priv. a.a. 2005-2006, Universita degli Studi di Cassino - tratto da www.ilquotidianogiuridico.it - gennaio 2006