LE PRECLUSIONI ISTRUTTORIE: DEFINIZIONE DEL THEMA PROBANDUM, PRODUZIONI DOCUMENTALI E POTERI ISTRUTTORI DEL GIUDICE: Lettura pratica dellargomento (tra teoria e prassi) basata sullelaborazione della prassi giurisprudenziale.
Relazione dr. Pier Paolo Lanni Giudice Trib. Civile di Verona al Convegno sulle preclusioni nel Processo Civile organizzato dal GRUPPO INIZIATIVA FORENSE in Verona il 19/12/03
Le preclusioni istruttorie rappresentano lo snodo fondamentale del processo civile, come evidenziato dalla dottrina in sede di ricognizione del primo decennio di elaborazione giurisprudenziale sulla riforma.
SIGNIFICATO DELLESPRESSIONE PRECLUSIONI ISTRUTTORIE
Nel processo civile sono previsti termini perentori per le articolazioni istruttorie delle parti. La previsione di un termine perentorio per unattività processuale comporta, una volta scaduto il termine, la preclusione dellattività processuale medesima, ai sensi dellart. 153 c.p.c., e quindi la decadenza della parte dal potere di esercitare detta attività (v. in generale sullargomento Biavati, Riv. Trim. Dir. Proc. Civ., 1996, 490).
RILEVABILITA DUFFICIO DELLE PRECLUSIONI
La disciplina delle preclusioni in genere (quindi anche delle preclusioni istruttorie) è una disciplina di ordine pubblico processuale tesa ad assicurare la concentrazione ed il sollecito svolgimento del processo, che rappresenta un obiettivo del sistema processuale imposto al giudice (il quale, in base al disposto dellart. 175 c.p.c., deve esercitare i propri poteri al fine di garantire il sollecito svolgimento del processo). Tale esigenza, peraltro, ha ricevuto unespressa copertura costituzionale con la recente modifica dellart. 111 della Costituzione.
La natura pubblicistica della disciplina delle preclusioni comporta che la decadenza dallattività processuale, conseguente al verificarsi della preclusione, deve essere rilevata dufficio dal giudice e non può essere rimessa allaccordo delle parti (come prevede peraltro lart. 153 c.p.c. in materia di termini perentori): v. sul punto Cass. n. 4376/00[1].
COME SI ARRIVA ALLE PRECLUSIONI ISTRUTTORIE: I MOMENTI DI ARTICOLAZIONE DELLE ISTANZE ISTRUTTORIE DELLE PARTI
La definizione del thema probandum costituisce nel sistema processuale un momento successivo dal punto di vista logico rispetto alla definizione del thema decidendum.
In particolare, i due momenti in cui il codice di rito prevede il potere-dovere delle parti di articolare le istanze istruttorie sono: 1) la fase introduttiva del giudizio: art. 163 n. 5 e art. 167 c.p.c.; 2) la fase immediatamente successiva al compimento della attività concernenti la trattazione in senso stretto e la definizione del thema decidendum (disciplinata dallart. 183 c.p.c.).
Questo secondo momento è previsto dallart. 184 c.p.c. (con rubrica: deduzioni istruttorie) che disciplina proprio la fase di definizione del thema probandum con la previsione di termini perentori, con la conseguenza che la scadenza di tali termini preclude alle parti la possibilità di ulteriori richieste istruttorie.
Il rapporto tra questi due momenti in cui le parti possono articolare le istanze istruttorie sarà oggetto di approfondimento nel prosieguo della relazione. Per ora è sufficiente evidenziare la presenza di questi due momenti ed il fatto che alle parti non è preclusa la possibilità di formulare le proprie istanze istruttorie anche nello spazio processuale ricompreso tra i due momenti (ad esempio lanticipazione di alcune istanze istruttorie già in sede di udienza ex art. 180 c.p.c.). E tuttavia sconsigliato per lordinato svolgimento del processo: pertanto, il giudice, nellesercizio dei poteri previsti dallart. 175 c.p.c. può invitare la parte a ricapitolare nella memoria ex art. 184 c.p.c. tutte le istanze istruttorie disseminate nel processo.
IL PASSAGGIO DALLA FASE DI TRATTAZIONE ALLA FASE DI DEFINIZIONE DEL THEMA DECIDENDUM
Proprio questo passaggio ha determinato alcune incertezze interpretative nei primi anni di applicazione della riforma.
Le incertezze possono ricollegarsi al seguente quesito: lart. 183, u.c. c.p.c. prevede la fissazione delludienza per i provvedimenti di cui allart. 184 c.p.c. (concernenti la definizione del thema probandum) nel caso in cui siano richieste le memorie di precisazione del thema decidendum, ma nel caso in cui tali memorie non siano richieste, va fissata comunque unautonoma udienza per i provvedimenti di cui allart. 184 c.p.c.? In altri termini, ludienza per le deduzioni istruttorie di cui allart. 184 c.p.c. deve essere sempre considerata come unudienza indefettibile ed autonoma rispetto alludienza di trattazione disciplinata dallart. 183 c.p.c.?
Sulla risposta a questi interrogativi si sono formati due contrapposti orientamenti interpretativi. Nella giurisprudenza del Tribunale di Verona è prevalso nel corso degli anni lorientamento che nega la necessità (rectius: la possibilità) di fissare unautonoma udienza per le deduzioni istruttorie al di fuori dellipotesi in cui siano chiesti i termini di cui allart. 183, u.c. c.p.c.
Sul punto comunque è intervenuta la Corte di Cassazione, dapprima con una sentenza (Cass. n. 2504/02[2]) passata quasi inosservata (forse perché non ha affrontato in modo sistematico largomento), la cui massima è la seguente: nel procedimento ordinario di cognizione, ludienza per le deduzioni istruttorie indicata dallart. 184 c.p.c. non costituisce un momento indefettibile che debba necessariamente precedere la rimessione della causa al collegio.
Allaffermazione di tale conclusione consegue, tra laltro, che il giudice, ove ritenga la causa matura per la decisione, non è obbligato a concedere il termine per le memorie istruttorie.
Sul passaggio dalla trattazione alla fase istruttoria è poi intervenuta la sentenza della Cassazione (25 novembre, n. 16571), che ha affrontato compiutamente largomento, affermando la correttezza dellopzione ermeneutica acceleratoria: Nel processo civile [...] articolato in fasi successive (la fase preparatoria, la fase istruttoria e la fase decisoria) alle quali si correlano preclusioni allesercizio di poteri processuali, la facoltà di chiedere nuovi mezzi di prova deve essere esercitata a pena di decadenza nel momento in cui si chiude la fase di trattazione preparatoria e si apre la fase istruttoria (in difetto della quale si verifica limmediato passaggio alla fase decisoria [ ]). Pertanto, qualora il giudice al termine della prima udienza di trattazione, in mancanza di anteriori istanze istruttorie o di richiesta di assegnazione del termine di cui allart. 184 c.p.c., comma 1, abbia rinviato la causa per la precisazione delle conclusioni senza fissare unapposita udienza per le deduzioni istruttorie, non prevista obbligatoriamente dalle disposizioni vigenti, resta definitivamente sancita la decadenza delle parti da ulteriori deduzioni istruttorie.
Quindi: 1) la scansione tra le attività di cui allart. 183 c.p.c. e quelle di cui allart. 184 c.p.c. è solo logica e non implica una successione cronologica di udienze; 2) lautonoma udienza per i provvedimenti di cui allart. 184 c.p.c. deve essere fissata solo quando siano richiesti i termini di cui allart. 183, u.c. c.p.c.; 3) ove tali termini non siano richiesti, la deduzioni istruttorie debbono essere effettuate dalle parti (sia nel senso di immediata articolazione delle istanze istruttorie che nel senso di richiesta dei termini per le memorie) nella stessa prima udienza di trattazione al termine delle attività previste dallart. 183 c.p.c.; 4) terminata la fase di trattazione in senso stretto il giudice può non consentire alle parti di effettuare le deduzioni istruttorie, ritenendo la causa matura per la decisione.
La motivazione della sentenza si basa sul dato letterale degli artt 183 e 184 c.p.c. (che non fanno riferimento ad unautonoma udienza per le deduzioni istruttorie: basti evidenziare al riguardo il confronto tra le rubriche degli artt. 183 e 184 c.p.c.), sul dato logico della superfluità di unautonoma udienza rispetto a quella ex art. 183 c.p.c. ove non siano richiesti i termini previsti dallultimo comma ed, infine, sul dato teleologico rappresentato della necessità di garantire la concentrazione ed il celere svolgimento del processo.
La conclusione è che: vi è decadenza dal potere di formulare istanze istruttorie non solo per la parte che, ottenuto il termine perentorio non lo rispetti, ma anche per la parte che al termine della prima udienza di trattazione, senza chiedere i termini di cui allart. 183 u.c. c.p.c., non abbia formulato alcuna istanza istruttoria e non abbia richiesto il termine di cui allart. 184 c.p.c.
Si potrebbe obiettare che questa decadenza non è esplicitata dalla norma, ma si può rispondere che è una decadenza implicita, sulla cui nozione ci si soffermerà anche in seguito in riferimento alla teoria restrittiva sul contenuto delle memorie istruttorie.
Problema: ludienza autonoma per i provvedimenti di cui allart. 184 c.p.c., come evidenziato dalla sentenza, non è necessaria, ma il giudice la può fissare comunque nellesercizio del potere ordinatorio del processo? Per una soluzione affermativa v. DAscola, Corriere Giuridico, 2003, 443 e ss.
CONTENUTO DELLE DEDUZIONI ISTRUTTORIE DI CUI ALLART 184 C.P.C. QUALI ISTANZE ISTRUTTORIE POSSONO E DEBBONO ESSERE FORMULATE DALLE PARTI NELLA SEDE DI CUI ALLART. 184 C.P.C. TEORIA PERMISSIVA e TEORIA RESTRITTIVA.
Chiarite le modalità con cui si arriva alla definizione del thema probandum, occorre esaminare con più precisione il contenuto di quello che in apertura ho qualificato come il secondo momento in cui le parti possono articolare le istanze istruttorie.
In altri termini, in questo secondo momento, ovvero nelle sede prevista dallart. 184 c.p.c., quali istanze istruttorie possono essere formulate dalle parti? Quale rapporto esiste tra lonere di allegazione dei mezzi di prova contenuto negli atti introduttivi e questo secondo momento di allegazione?
Anche sul punto si sono sviluppate due teorie.
Secondo la prima, che può essere definita permissiva o secondo altri lassista, nella sede di cui allart 184 c.p.c. le parti possono articolare qualsiasi nuova istanza istruttoria, anche se negli atti introduttivi, non hanno indicato alcun mezzo di prova ed anche se non si è verificata in sede di trattazione in senso stretto alcuna precisazione o modificazione del thema decidendum.
Alla stregua di una seconda teoria, che può essere definita acceleratoria o restrittiva, le parti possono utilizzare la sede di cui allart 184 c.p.c. solo per articolare le istanze istruttorie che si pongano in relazione di dipendenza con la precisazione o la modificazione del thema decidendum allesito delle attività di cui allart. 183 c.p.c.
Questa teoria fa leva sulluso dellaggettivo nuovo contenuto nellart. 184 c.p.c., che presuppone lavvenuta formulazione di precedenti istanze istruttorie negli atti introduttivi (che costituiscono il tertium comparationis necessario per parlare di novità di qualcosa) e, a conferma di ciò, sulluso dellavverbio deve negli artt. 163 e 167 c.p.c., partendo dallesigenza di abbreviare i tempi del processo e di rendere il sistema coerente alla previsione dellonere iniziale di allegazione istruttoria e di una fase di definizione delle istanze istruttorie successiva alla fase di definizione del thema decidendum (senza contare il rischio di premiare la parte negligente rispetto a quella che ha doverosamente esposto i mezzi di prova sin dal primo momento in cui poteva farlo).
I sostenitori della teoria in esame hanno inoltre replicato allobiezione dellintroduzione di una decadenza non prevista espressamente dalla norma, evidenziando che vi sono delle preclusioni implicite nel sistema processuale (è bene ricordare che alle preclusioni implicite fa riferimento al sentenza sopra richiamata Cass. 16571/02).
Proprio tale sentenza, tuttavia, in un obiter dictum, ha preso posizione sullargomento, affermando che, nella sede di cui allart. 184 c.p.c., le parti possono formulare mezzi di prova del tutto nuovi, cioè non dedotti in precedenza anche per voluta omissione, così come mezzi di prova ulteriori e diversi rispetto a quelli già articolati. In altri termini, secondo la Corte, la deduzione dei mezzi di prova non è condizionata dalle novità emerse dalle attività di cui allart. 183 c.p.c., non essendo tale necessità desumibile dallampia formulazione dellart. 184 c.p.c..
A quanto motivato dalla Corte vanno aggiunti i seguenti argomenti di carattere risolutivo a sostegno della tesi in questione: 1) non è prevista espressamente alcuna decadenza in relazione allindicazione delle istanze istruttorie negli atti introduttivi; 2) non vi è traccia nei lavori preparatori di elementi a sostegno di uninterpretazione così rigida delle preclusioni istruttorie; 3) la previsione di un obbligo senza sanzione non è illogica, data la possibilità di prescrizione confermativa circa il contenuto di atto, assistite da diverse sanzioni; 4) nel processo del lavoro è prevista espressamente la possibilità di articolare nuove prove che le parti non hanno potuto articolare prima (art. 420, comma 5 c.p.c): perché non è stato fatto lo stesso con il rito ordinario ?
ASSEGNAZIONE DEI TERMINI PERENTORI DI CUI ALLART. 184 C.P.C.
Abbiamo detto che le parti al termine della trattazione (intesa anche con lappendice dellultimo comma dellart. 183 c.p.c.) possono formulare direttamente le istanze istruttorie (il che non accade quasi mai) o chiedere lassegnazione di termini per il deposito di memorie istruttorie.
Dalla formulazione dellart. 184 c.p.c. risulta espressamente che i termini in questione sono perentori e non sono necessari.
Entro il primo termine le parti debbono formulare le istanze probatorie dirette e quindi chiedere lammissione delle prove costituende e produrre le prove precostituite.
Un problema può porsi per le prove costituende ed in particolare per la prova testimoniale: è necessaria anche lindicazione dei testi nel termine perentorio assegnato ai sensi dellart. 184 c.p.c.?
Prima della riforma, la giurisprudenza riconosceva, sulla base della formulazione dellart. 244 c.p.c., la possibilità di integrare la lista testi dopo le articolazioni istruttorie, nel termine assegnato dal giudice.
La nuova formulazione dellart. 184 c.p.c. (in particolare il riferimento alla perentorietà del termine assegnato per il deposito di memorie istruttorie e il riferimento generico ai mezzi di prova quale oggetto necessario delle articolazioni istruttorie da compiere nel termine assegnato) induce ad escludere in modo categorico la possibilità di chiedere nelludienza successiva allassegnazione del termine per il deposito delle memorie istruttorie un ulteriore termine per lindicazione dei testimoni.
Daltra parte è irragionevole sottoporre ad un termine perentorio lindicazione del profilo oggettivo della prova e ad un successivo termine perentorio lindicazione del profilo soggettivo della prova, tanto più ove si tratti di prova testimoniale, che al momento dellammissione richiede la valutazione congiunta dei due profili.
Né questa distinzione tra mezzo di prova e fonte di prova trova giustificazione nella logica del sistema.
Questa conclusione, condivisa dalla prevalente giurisprudenza di merito, sembra non esser sostenuta in un precedente della Corte di Cassazione (sent. n. 7682/99[3]), secondo la cui massima le parti potrebbero depositare le liste testi anche dopo la scadenza del termine assegnato ai sensi dellart. 184 c.p.c.
Si tratta tuttavia di una affermazione generale non sufficientemente motivata e non condivisibile, la cui portata può essere ridimensionata, anche tenuto conto del fatto che la fattispecie esaminata nella sentenza riguardava un giudizio di impugnazione avverso una sentenza di un giudice di pace, che aveva assegnato, dopo ludienza ex art. 320 c.p.c. un termine per depositare una lista testi in Cancelleria.
A prescindere da tale sentenza va comunque segnalato la presenza di un orientamento di merito minoritario che afferma la possibilità di indicare i testi quanto meno fino alludienza di ammissione delle prove (e quindi anche dopo la scadenza del termine per le memorie istruttorie): tale orientamento fa leva sulla giurisprudenza di legittimità relativa al rito lavoro, secondo cui lomessa indicazione dei testi nel ricorso introduttivo costituisce una mera irregolarità formale e non comporta decadenza (v. Cass. S.U. n. 262/97[4]).
Nel secondo termine assegnato ai sensi dellart. 184 c.p.c. debbono essere articolate le istanze probatorie contrarie.
La prova contraria può essere diretta (o controprova secondo il linguaggio della giurisprudenza di legittimità) se ha un contenuto specularmente opposto a quello della controparte, in quanto vertente sugli stessi fatti dedotti dallistante, ovvero indiretta, quando è relativa a fatti diversi volti a dimostrare linsussistenza o la diversa configurazione dei fatti allegati dalla controparte.
N.B. non può essere ritenuta controprova (in quanto deve essere considerata prova diretta delleccezione) quella volta a provare le eccezioni di fatti modificativi o estintivi della domande della controparte.
N.B. 2: lart. 184 c.p.c. non prevede che entro il termine assegnato per larticolazione della prova contraria possano essere depositati anche documenti a differenza di quanto previsto per le articolazione dirette.
Tuttavia non può dubitarsi del fatto che la prova contraria possa essere data attraverso documenti: se si desse prevalenza ad uninterpretazione rigorosamente letterale della disposizione, si perverrebbe ad una conclusione illogica, basata su una incomprensibile limitazione delle prove precostituite a differenza di quelle costituende.
ART. 184 BIS C.P.C.
Scaduti i termini in questione, maturano le preclusioni istruttorie.
La preclusione può essere evitata solo con lart. 184 bis c.p.c. (che è una disposizione eccezionale proprio perché consente di superare la scadenza di un termine perentorio: per questo motivo linterpretazione della disposizione è molto rigorosa, tanto che a giurisprudenza di legittimità la limita al solo campo istruttorio e la esclude nel giudizio di secondo grado).
CONTENUTO DELLUDIENZA SUCCESSIVA ALLASSEGNAZIONE DEI TERMINI EX ART. 184 C.P.C.
Il giudice ammette le prove.
E ammissibile la riformulazione da parte dl giudice delle prove dedotte che appaiono inammissibili?
Un siffatto potere veniva desunto prima dalla riforma dalla formulazione generale dellart. 244 c.p.c.
Adesso non dovrebbe essere più possibile, anche se il problema va affrontato nel quadro generale della dilatazione dei poteri istruttori (più in generale dellintervento dufficio del giudice su cui ci soffermerà in seguito con riferimento allart. 281 ter c.p.c.).
Cosa succede se la parte, dopo aver depositato la memoria istruttoria nel termine assegnato dal giudice, non compare alludienza di ammissione delle prova?
Non vi è alcuna decadenza, anche se il giudice non può pronunciarsi sullammissione dei mezzi di prova articolati dalla parte assente, in quanto manca quellimpulso processuale di parte che caratterizza in modo necessario tutta la fase istruttoria (v. artt. 208 e 104 disp. att.).
TUTTE LE ISTANZE PROBATORIE DELLE PARTI SONO SOGGETTE ALLE PRECLUSIONI ISTRUTTORIE?
No. Sicuramente non è soggetto il giuramento decisorio.
E LA DOMANDA DI VERIFICAZIONE O LA QUERELA DI FALSO INCIDENTALI (ARTT. 216 E 221 C.P.C.) SONO COLLEGATE ALLE PRECLUSIONI ISTRUTTORIE?
Tutto sommato si tratta di domanda giudiziali di contenuto istruttorio. Le disposizioni del codice non prevedono un termine finale per la proposizione di tali domande, ma, trattandosi di domande che presuppongono la volontà della parte di avvalersi del documento, si ritiene che debbano essere formulate nello stesso termine entro il quale i documenti possono essere prodotti in giudizio e quindi sono sostanzialmente soggette alle preclusioni istruttorie (v. Appello Napoli 21/12/01, in Foro It. 2003, I, 2077[5]).
E LA RICHIESTA DI CTU È SOGGETTA ALLE PRECLUSIONI ISTRUTTORIE?
Non è soggetta alle preclusioni istruttorie in quanto non è un mezzo di prova.
E pur vero che la CTU può essere meramente valutativa (quando si affida al consulente lincarico di valutare i fatti accertati nel corso del giudizio), ma anche percipiente, quando al consulente si attribuisce il compito di accertare i fatti stessi (in questo caso la consulenza si avvicina ad una fonte di prova, senza che ciò significhi che le parti possono sottrarsi agli oneri di allegazione sulle stesse gravanti, V. Cass., s.u. n. 9522/96[6]; es.: esame DNA), ma ciò non toglie che la CTU non assume mai il ruolo di mezzo di prova e può essere disposta dufficio dal giudice, anche a prescindere dalle richieste delle parti.
I DOCUMENTI SONO SOGGETTI ALLE PRECLUSIONI ISTRUTTORIE?
Sì, come abbiano già visto ne parla anche lart. 184 c.p.c.
Al riguardo va segnalato lorientamento giurisprudenziale sempre saldo che consente la produzione dei documenti in appello, anche se sono stati prodotti tardivamente (quindi sono inammissibili) nel giudizio di primo grado ed anche se non sono stati prodotti nel giudizio di primo grado (v., da ultimo, Cass. n. 15646/03[7]).
A questo punto però vanno segnalati quelli che sono i tentativi più frequenti di aggirare le preclusioni istruttorie maturate in relazione alla produzione di documenti.
1) ordine di esibizione
Ma listanza ex art. 210 c.p.c. rientra tra quelle che debbono essere articolate entro i termini di cui allart 184 c.p.c.. Quindi non è ammissibile listanza di esibizione di documenti proposta dopo la scadenza di tali termini.
2) documenti in possesso delle parti e dei testimoni (artt. 231 e 253 c.p.c.)
Non è possibile acquisire nuovi documenti nel corso dellistruttoria, essendo già maturati i termini di cui allart. 184 c.p.c., salvo, soprattutto in materia testimoniale, la possibilità di acquisire il documento in possesso del testo, invocando la mancata conoscenza inimputabile del documento, e quindi lart. 184 bis c.p.c.
3) documenti acquisiti attraverso il CTU
Il problema in tal caso va affrontato in modo sistematico.
Il codice prevede che i documenti siano depositati dalle parti e disciplina il deposito in modo formale attraverso gli artt. 163 n. 5 e 166 c.p.c., nonché artt. 74 e 87 disp. att.. In altri termini il codice prevede un controllo formale sulla produzione documentale che è effettuato dal cancelliere in caso di produzione documentale fuori udienza e dal giudice in caso di produzione documentale in udienza.
Nessuna norma prevede lacquisizione di documenti da parte del CTU e quindi lingresso di tali documenti nel processo tramite lacquisizione consulenziale.
Ci sono solo due norme speciali: lart. 198 c.p.c. (che peraltro prevede solo lesame dei documenti, non prodotti, da parte del CTU) e lart. 77 del RD n. 1127/39 (che prevede espressamente lacquisizione di documenti non prodotti).
La presenza di queste due disposizioni speciali (soprattutto la presenza della prima nellambito della disciplina generale della CTU) indurrebbe ad escludere la possibilità del CTU di acquisire e valutare documenti non prodotti in giudizio, al di fuori delle ipotesi specificamente previste.
In questottica vanno valutate le sentenze della Corte di Cassazione che, nel vigore del codice ante riforma, hanno affermato la nullità relativa della CTU basata su documenti non prodotti, specificando limpossibilità del giudice di rilevare dufficio la nullità medesima (v. Cass. n. 8659/99[8]).
In realtà ritengo che non vi siano ostacoli alla possibilità di introdurre documenti nel processo attraverso lacquisizione del CTU, per lo meno quando questi provvedimenti provengano dalla parte.
Ed infatti, proprio la previsione in via generale della possibilità del CTU di chiedere chiarimenti ai sensi dellart. 194 c.p.c. senza alcuna limitazione, rende senzaltro compatibile con lattività del consulente lacquisizione e la valutazione di documenti non prodotti (che costituisce un minus rispetto alla richiesta di chiarimenti). Inoltre, il controllo del giudice e la registrazione della produzione documentale può essere posticipato al momento del deposito della CTU, magari anche attraverso linserimento dei documenti nel fascicolo della parte che li ha consegnati al CTU.
Nel caso, invece, di documenti in possesso di terzi la loro acquisizione da parte del CTU deve essere preceduta da unistanza di parte, altrimenti si aggira la necessità dellimpulso di parte previsto dallart. 210 c.p.c.
In ogni caso, però, lacquisizione dei documenti da parte del CTU deve avvenire nel rispetto delle preclusioni istruttorie di cui allart. 184 c.p.c., altrimenti si consente il facile aggiramento di tali preclusioni e ciò è tanto più grave in caso di CTU percipiente.
Il problema deriva soprattutto dallormai pacifica rilevabilità dufficio della preclusione (sopra evidenziata) che obbliga il giudice a non tener conto delleventuale accordo tra le parti come avveniva in passato.
E salva in ogni caso lapplicabilità dellart. 184 bis c.p.c.
Va infine evidenziata la recente Cass. n. 15448/03[9] che sostiene in via generale lammissibilità di acquisizione di documenti da parte del CTU. Si tratta tuttavia di una sentenza pronunciata con riferimento al rito lavoro, rispetto al quale la giurisprudenza di legittimità degli ultimi anni ha sostenuto lammissibilità della produzione documentale anche dopo la fase introduttiva del giudizio di primo grado.
POTERI ISTRUTTORI DEL GIUDICE E PRECLUSIONI
I mezzi di prova che il giudice può disporre dufficio sono 1) interrogatorio libero (art. 117 c.p.c.); 2) ordine di ispezione (art. 118 c.p.c.); 3) richiesta di informazioni alla P.A. (art. 213 c.p.c.); 4) deferimento di giuramento suppletorio ed estimatorio (artt. 240 e 241 c.p.c.); 5) ammissione di testimonianze de relato (art. 257 c.p.c.); 6) confronto tra testimoni (art. 254 c.p.c.); 7) ammissione della testimonianza dufficio ex art. 281 ter c.p.c.
Nel caso di ammissione dufficio di tali mezzi di prova trova applicazione lart. 184 comma 3 c.p.c. (il termine ulteriore, secondo linterpretazione preferibile, deve essere richiesto dalla parte).
Alcuni di tali mezzi di prova presuppongono lespletamento di attività istruttoria (giuramento e testi di riferimento) e sono espressamente qualificati come disponibili dal giudice in ogni momento del processo (interrogatorio libero).
Il problema principale si pone con lart. 281 ter c.p.c.
Tale disposizione prevede un potere di derivazione pretoriale che crea non poche difficoltà applicative.
O si tratta di una norma residuale di limitatissima applicazione oppure è una norma generale che altera completamente il principio dispositivo.
In particolare, un limite pacifico riguarda limpossibilità di provare fatti allegati e la soggezione del potere ai limiti previsti dallart. 2721 e ss cc. Un limite meno pacifico riguarda il rapporto tra il potere e le decadenze delle parti.
Ed infatti, laffermazione sicura secondo cui, attraverso il potere in esame, non è possibile rimettere in termini la parte decaduta, va interpretata.
Sicuramente il potere non può essere esercitato quando il teste da ammettere sia gia stato indicato tardivamente da una delle parti o comunque quando tale prova testimoniale abbia già formato oggetto di una dichiarazione di decadenza.
Cosa succede invece quando il teste non è stato indicato dalle parti ma avrebbe potuto essere indicato tempestivamente?
La risposta a questa domanda riflette le incertezze sulla portata della norma di cui si è parlato.
Va segnalata sul punto la tesi della dottrina secondo cui lunico limite generale allesercizio del potere previsto dalla disposizione in esame è costituito dal principio dellonera della prova previsto dallart. 2697 c.c.: ogni qual volta il giudice non possa invocare tale principio, dovrà far ricorso allesercizio del potere officioso (v. E. Fabiani, Foro It. 2000, I, 2093).
Un ulteriore aspetto discusso riguardo ai limiti dellesercizio del potere previsto dallart. 281 ter c.p.c. si riferisce allindividuazione del momento processuale in cui tale potere può essere esercitato e soprattutto del momento finale rispetto al quale il potere può essere esercitato.
Secondo Corte Cost. ord. 14/03/03[10] il potere in esame deve essere esercitato entro ludienza di ammissione delle prove ai sensi dellart. 184 c.p.c., incontrando lo stesso limite temporale di contenuto preclusivo cui sono soggetti i poteri istruttori delle parti.
Invece secondo Cass. n. 16571/02[11] il potere in esame non è soggetto alle preclusioni previste dallart. 184 c.p.c. ed il giudice può ricorrere ad esso anche durante la fase processuale successiva allammissione e allassunzione delle prove.
Questa seconda soluzione appare preferibile, in quanto maggiormente rispondente al dato letterale dellart. 184 c.p.c. e alla finalità di norma di chiusura sotto il profilo istruttorio dellart. 281 ter c.p.c. (si pensi, peraltro, allipotesi in cui la necessità dellesercizio del potere sorga a seguito dellinterrogatorio formale).
[1] Il regime di preclusioni introdotto nel rito civile ordinario riformato deve ritenersi inteso non solo a tutela dellinteresse di parte ma anche dellinteresse pubblico al corretto e celere andamento del processo, con la conseguenza che la tardività di domande, eccezioni, allegazioni e richieste deve essere rilevata dufficio dal giudice indipendentemente dallatteggiamento processuale della controparte al riguardo (Cass. Civ., sez. I, 7 aprile 2000, n. 4376).
[2] Cfr. Cass. Civ., sez. III, 21 febbraio 2002, n. 2504.
[3] La parte che deposita la lista testimoniale dopo la scadenza del termine assegnatole dal giudice non incorre in alcuna decadenza perché lart. 184, co. 2 c.p.c. prevede la perentorietà del termine per indicare nuovi mezzi di prova, non per indicare i nomi dei testi di una prova già ammessa (Cass. Civ., sez. II, 19 luglio 1999, n. 7682).
[4] Nel rito del lavoro, qualora la parte abbia, con latto introduttivo del giudizio, proposto capitoli di prova testimoniali, specificamente indicando di volersi avvalere del relativo mezzo in ordine alle circostanze di fatto ivi allegate, ma omettendo lenunciazione delle generalità delle persone da interrogare, tale omissione non determina decadenza dalla relativa istanza istruttoria, ma concreta una mera irregolarità, che abilita il giudice allesercizio del potere dovere di cui allart. 421, co. 1 c.p.c.; con la conseguenza che, in sede di pronuncia dei provvedimenti istruttori di cui allart. 420 stesso codice, il pretore, ove ritenga lespletamento del detto mezzo pertinente e rilevante ai fini del decidere, deve indicare alla parte istante la riscontrata irregolarità, che allo stato non consente lammissione della prova, assegnandole un termine per porvi rimedio ed applicando a tal fine la particolare disciplina prevista dal comma 5 della norma da ultimo citata, col corollario della decadenza nella sola ipotesi di mancata ottemperanza allo spirare di questo termine espressamente dichiarato perentorio dal medesimo comma. [ ] (Cass. Civ., sez. un., 13 gennaio 1997, n. 262).
[5] Nel nuovo rito civile, pur in difetto di espressa previsione normativa, listanza di verificazione di scrittura privata disconosciuta in primo grado non può proporsi per la prima volta in appello, cosicché deve rigettarsi il gravame proposto al fine di richiedere la verificazione della sottoscrizione di documenti già prodotti nel grado precedente ed in tal sede ritualmente disconosciuti (Appello Napoli, 21 dicembre 2001).
[6] Il giudice può affidare al consulente tecnico non solo lincarico di valutare i fatti da lui steso accertati o dati per esistenti (consulente deducente), ma anche quello di accertare i fatti stessi (consulente percipiente). Nel primo caso la consulenza presuppone lavvenuto espletamento dei mezzi di prova e ha per oggetto la valutazione di fati i cui elementi sono già stati completamente provati dalle parti; nel secondo caso la consulenza può costituire essa stessa fonte oggettiva di prova, senza che questo significhi che le parti possono sottrarsi allonere probatorio e rimettere laccertamento dei propri diritti allattività del consulente. In questo secondo caso è necessario, infatti, che la parte quanto meno deduca il fatto che pone a fondamento del proprio diritto e che il giudice ritenga che il suo accertamento richieda cognizioni tecniche che egli non possiede o che vi siano altri motivi che impediscano o sconsiglino di procedere direttamente allaccertamento (Cass. Civ., sez. un., 4 novembre 1996, n. 9522).
[7] Il divieto di nuove prove in grado di appello, stabilito dallart. 345 c.p.c., nel testo modificato dallart. 52, L. 353/90, si riferisce esclusivamente alle prove costituende e quindi non riguarda i documenti che, in quanto prove precostituite, possono essere prodotti anche in secondo grado; né è di ostacolo leventuale decadenza in cui sia incorsa la parte per il mancato rispetto del termine perentorio di deposito fissato ai sensi dellart. 184 c.p.c., poiché tale preclusione ha effetto limitatamente al giudizio di primo grado, mirando la norma solo a tutelare la sola concentrazione endoprocessuale, quindi interna a ciascun grado di giudizio (Cass. Civ., sez. III, 20 ottobre 2003, n. 15646).
[8] Il consulente tecnico dufficio, nellambito di un esame contabile, può tenere conto di documenti non ritualmente prodotti in causa soltanto con il consenso delle parti. In mancanza di tale elemento la suddetta attività dellausiliare è, al pari di ogni altro vizio della consulenza tecnica, fonte di nullità relativa soggetta al regime di cui allart. 157 c.p.c. con la conseguenza che il difetto deve ritenersi sanato se non è fatto valere nella prima istanza o difesa successiva al deposito della relazione peritale (Cass. Civ., sez. lav., 14 agosto 1999, n. 8659).
[9] Nel rito del lavoro, rientra tra i poteri istruttori del giudice dappello, che abbia dato mandato al consulente tecnico di compiere ogni opportuna indagine, lacquisizione di atti o documenti ritenuti dal consulente necessari per lespletamento dellincarico. Detto principio trova applicazione quando laccertamento di determinate situazioni di fatto possa effettuarsi soltanto con il ricorso a specifiche cognizioni tecniche, [ ], fermo restando che la consulenza tecnica non costituisce uno strumento previsto al fine di supplire a carenze probatorie relative a fatti che la parte può agevolmente dimostrare con prove documentali o testimoniali (Cass. Civ., sez. lav., 15 ottobre 2003, n. 15448).
[10] In nessun caso il potere officioso di cui allart. 281 ter c.p.c. potrebbero senza attribuire al giudice un arbitrario (più che discrezionale) potere di disporre, per lasciarle o non definitivamente maturare, delle decadenze istruttorie nelle quali una parte fosse incorsa essere esercitato oltre i limiti della fase istruttoria, ferma lapplicabilità del disposto dellart. 184, u. co. c.p.c. (Corte Cost., ord. n. 69 del 14.03.2003).
[11] Ad avviso del Collegio, la norma, la cui rubrica recita Deduzioni istruttorie, non regola una specifica udienza che deve necessariamente seguire la prima udienza di trattazione, ma si limita ad enumerare, nel comma 1, i provvedimenti che il giudice può adottare , una volta chiusa la fase destinata alla definitiva determinazione del thema decidendum e del thema probandum, e quindi nel corso delludienza a ciò destinata, ed a prevedere, nel comma 3, che, nel caso in cui vengano disposti dufficio mezzi di prova, ciascuna parte può dedurre entro un termine perentorio assegnato dal giudice i mezzi di prova che si rendono necessari in relazione ai primi. Questultima previsione mal si concilia con lipotizzata apposita udienza per le deduzioni istruttorie che dovrebbe immediatamente seguire la prima udienza di trattazione, dal momento che il potere del giudice di disporre dufficio i mezzi di prova che il codice gli riserva [ ] non incontra preclusioni e può quindi essere esercitato in qualunque momento della fase istruttoria, anche in momenti successivi allespletamento delle prove richieste dalle parti, come di regola anzi dovrebbe avvenire, poiché la gran aprte dei mezzi di prova suindicati presuppone che le prove dedotte dalle parti siano state non soltanto richieste, ma anche espletate (Cass. Civ., 25 novembre 2002, n. 16571).