La peculiarità degli aspetti processuali nella protezione delle opere dell'ingegno

 

Nel quadro dell'analisi del diritto d'autore, meritano di essere approfonditi i temi relativi alla protezione delle opere dell'ingegno, in considerazione delle peculiarità degli aspetti processuali.


Strumenti processuali

La sezione I del capo III della legge 633/1941 che si occupa degli strumenti processuali di tutela delle opere intellettuali, è stata recentemente modificata dal Dlgs 16 marzo 2006 n. 140 con cui si è data attuazione della direttiva 2004/48/Ce, cosiddetta direttiva Enforcement.
L'articolo 156 della legge sul diritto d'autore, modificato dalla novella del 2006, dispone che «chi ha ragione di temere la violazione di un diritto di utilizzazione economica a lui spettante in virtù di questa legge oppure intende impedire la continuazione o la ripetizione di una violazione già avvenuta, sia da parte dell'autore della violazione che di un intermediario i cui servizi sono utilizzati per tale violazione, può agire in giudizio per ottenere che il suo diritto sia accertato e sia vietato il proseguimento della violazione». Rispetto alla previgente formulazione, l'articolo 156 introduce espressamente la legittimazione passiva dell'«intermediario i cui servizi sono utilizzati» per porre in essere la violazione. La norma è - evidentemente - figlia di quanto previsto dalla direttiva 2004/48/Ce (in particolare, si veda il trentaduesimo considerando), che - nonostante talune maliziose letture - non afferma affatto una responsabilità in capo al mero intermediario, ma - semplicemente - quanto era già indicato anche dalla giurisprudenza nazionale, ovvero la possibilità di coinvolgere (suo malgrado) il fornitore del servizio utilizzato dal contraffattore nell'ambito della misura cautelare. Non si può non rilevare, infatti, che quando si presenta un ricorso per ottenere un sequestro di un sito web il cui contenuto viola i diritti d'autore di taluno, la misura cautelare coinvolge (evidentemente) anche il semplice provider che, incolpevolmente, ha offerto spazio al proprio cliente.
Del resto, il nuovo comma 2 dell'articolo 156 dispone la salvezza delle norme (di derivazione comunitaria) previste dal Dlgs 9 aprile 2003 n. 70 (con evidente riferimento proprio ai principi in tema di responsabilità dell'Internet service provider). Altra rilevante novità rispetto alla disciplina precedente è il riconoscimento della penalità di mora di cui si parlerà oltre. L'azione a tutela dei propri diritti di privativa viene regolata, oltre che dalle norme della sezione I del capo III della legge 633/1941 anche dalle disposizioni del codice di rito civile.

Presupposti per la concessione dell'inibitoria

Frequentemente, nel settore delle misure cautelari nell'ambito delle violazioni dei diritti d'autore, si afferma che - ai fini della concessione delle misure invocate a tutela del diritto patrimoniale, il periculum in mora sussisterebbe in re ipsa. Tuttavia, di recente, si è affermato che lo stesso dev'essere comunque accertato in concreto dal giudice. Il periculum si riscontra, quindi, qualora sia ravvisabile un rischio, in caso di mancato rilascio della misura, di un'incontrollabile espansione del pregiudizio patrimoniale ovvero, almeno, della impossibilità, o della estrema difficoltà, di procedere alla quantificazione del pregiudizio medesimo (Tribunale di Napoli, 17 dicembre 2003 in Giur. napoletana, 2004, pag. 54). Del resto, in taluni casi, non è affatto difficile riscontrare un periculum, che risulta insito:
a) nella permanenza e nel quotidiano aggravarsi del danno, connesso al persistere dell'illecito (ex pluribus: Tribunale di Monza, 12 giugno 1994, in Foro pad., 95, I, c. 117);
b) nella difficoltà di una precisa quantificazione dello stesso ai fini del risarcimento da liquidarsi nella fase di merito (di recente: Tribunale di Venezia, 19 maggio 2004, in Aida, 2005);
c) in particolare, nel fatto che ci si trova di fronte a un danno di non prevedibile capacità espansiva, stante il carattere oramai capillare della distribuzione, e - quindi - non compiutamente riparabile in caso di ulteriore protrazione (Tribunale di Napoli, 31 maggio 1997, in Il dir. ind., 1997, pag. 927).
Soprattutto, non si deve dimenticare che - anche volendo evitare di parlare di un periculum in mora in re ipsa - quasi ogni violazione dell'opera intellettuale altrui comporta un pericolo nel ritardo rappresentato dalla prosecuzione dell'attività censurata nelle more del giudizio di merito, idonea a estendere a radicare un pregiudizio difficilmente risarcibile, anche perché di difficile previsione (Tribunale di Ancona, 16 marzo 1999, in Giur. merito, 2000, pag. 846, con nota di A. Pizzorusso). Una ipotesi di assenza del periculum può essere dato dalla prova fornita dal resistente in ordine al ritiro dal commercio dei supporti che violino i diritti di privativa altrui (tribunale di Milano, 26 febbraio 1998, in Dir. autore, 2000, pag. 137 e tribunale di Bologna, 4 ottobre 2006, inedita). Eppure, ad avviso di chi scrive, è indispensabile che venga fornita puntuale prova del ritiro dal mercato dei supporti. In caso contrario, si mostrerebbe una ingiustificata benevolenza nei confronti del resistente che in mala fede producesse una dichiarazione dal contenuto non corrispondente al vero.
Problemi particolarmente interessanti pone il caso in cui l'inibitoria sia proposta nei confronti di soggetto straniero. Come è noto, ai sensi dell'articolo 10 della legge 218/1995 «in materia cautelare, la giurisdizione italiana sussiste quando il provvedimento deve essere eseguito in Italia o quando il giudice italiano ha giurisdizione nel merito». Ovviamente, nel caso di violazione di diritti di privativa per responsabilità extracontrattuale, si è di fronte alla seconda ipotesi. In particolare, a tale ipotesi si applica quanto disposto dall'articolo 5 della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1987, richiamata dall'articolo 3 della legge 218/1995 i cui criteri valgono, nelle materie da essa previsti, anche quando il convenuto non sia domiciliato nel territorio di uno Stato contraente. Quindi, ai sensi dell'articolo 5 della Convenzione di Bruxelles, in materia di delitti e quasi-delitti (vale a dire nei casi di responsabilità extracontrattuale) si deve affermare la competenza giurisdizionale del «Giudice del luogo in cui è avvenuto l'evento dannoso», ovvero, in virtù del principio di ubiquità (ben sintetizzato dalla Corte di Giustizia nella sentenza datata 30 novembre 1976, causa 21/76) :
a) sia il giudice del luogo dove è insorto il danno;
b) sia il giudice del luogo in cui si è verificato il fatto generatore dello stesso.
Peraltro, ai sensi delle Convenzioni di Bruxelles del 27 settembre 1968, il giudice italiano del forum actoris ha giurisdizione e competenza in ordine all'emissione di provvedimento cautelare chiesto da soggetto italiano in confronto di soggetti stranieri (ex plurimis: Tribunale di Rovereto, 6 marzo 1998, in Giur. merito, 1999, pag. 778).

 
Casistica 

Nel corso degli anni, il ricorso alle misure cautelari ha prodotto un numero ingente di dicta, aventi a oggetto le situazioni più disparate.
Ad esempio, con riferimento ai mezzi di contraffazione utilizzati, si è ritenuto che l'inibitoria non dovesse essere concessa solo nel caso di riproduzione in serie con mezzi assai sofisticati delle opere tutelate dal diritto d'autore, ma dovesse essere disposta in via cautelare l'inibitoria alla riproduzione anche con fotocopiatrice (Pretura di Verona, 23 marzo 1992, in Giur. merito 1993, pag. 638).
Anche con riferimento all'imitazione servile di programmi per elaboratore (ritenuti, per l'appunto, quanto opere dell'ingegno, tutelabili qualora dotati dei caratteri della creatività e della comunicabilità) è stata più volte accolta l'istanza di inibitoria, in via cautelare, di ulteriore produzione e distribuzione di programmi applicativi costituenti imitazione ed elaborazione non consentite di altro software (si veda, ad esempio: Pretura di Bari, 11 febbraio 1991, in Foro it. 1991, I, c. 2258).
Peraltro, si è affermato che l'utilizzo per il commento musicale di uno spot pubblicitario di una parte caratterizzante e originale di una precedente composizione dà diritto a ottenere l'inibitoria e il risarcimento del danno (Tribunale di Milano, 28 ottobre 2002, in Dir. autore, 2003, pag. 486). Allo stesso modo, la giurisprudenza, attribuendo al risultato dell'attività pubblicitaria un particolare valore creativo e ravvisando il periculum nella persistenza della contraffazione, ha ritenuto il messaggio pubblicitario - in sé - protetto dal diritto d'autore e meritevole di essere tutelato dalla concessione di misure cautelari (Tribunale di Bari, in Dir. informatica, 2000, pag. 455).
Si precisa peraltro che la tutela in via cautelare è ovviamente estesa anche ai titolari di diritti connessi e ai loro eredi (Tribunale di Milano, 27 aprile 2005, in Aida, 2006).


Competenza 

Innanzitutto, si deve rilevare che la competenza sui contenziosi di diritto d'autore appartiene alle sezioni specializzate in materia di proprietà industriale e intellettuale istituite presso tribunali e Corti d'appello, dal Dlgs 168/2003. Inoltre, ai fini della determinazione della competenza territoriale in tema di violazione del diritto d'autore relativa a ipotesi di responsabilità extracontrattuale, la giurisprudenza ha ritenuto che dovesse intendersi competente, oltre al giudice del luogo della residenza o domicilio del convenuto, anche quello del luogo di commissione dell'illecito (Appello Milano, 24 novembre 1999, in Giur. it., 2000, pag. 777, con nota di M. Crosignani).

Penalità di mora

L'articolo 2 del Dlgs 140/2006 nel sostituire il testo dell'articolo 156 della legge sul diritto d'autore, sancisce il principio della penalità di mora, stabilendo che - nel pronunciare l'inibitoria, l'Autorità giudiziaria ha la possibilità di indicare «una somma dovuta per ogni violazione o inosservanza successivamente constatata o per ogni ritardo nell'esecuzione del provvedimento».
Benché la norma sia recentissima, si deve osservare che la prassi della penalità di mora (che affonda le proprie radici nell'articolo 41.1 degli Accordi TRIPs), costituiva una prassi già estremamente diffusa nella giurisprudenza nazionale, la quale ne dava applicazione per rafforzare l'inibitoria (Tribunale di Bolzano, 22 aprile 1998, in Giur. it., 1999, pag. 112), ovvero al fine di costituire un forte deterrente, fornendo una misura che consentisse una facile esecuzione forzata (Tribunale di Torino, 27 gennaio 1999, in Giur. Ann. Dir. Ind., 1999, pag. 3978), pur non riconducendo l'istituto nell'alveo delle misure risarcitorie (Corte appello di Bologna, 21 gennaio 1986, in Giur. Ann. Dir. Ind., 1986, pag. 2018) o in quello delle misure compulsorie (Tribunale di Milano, 17 novembre 1980, in Giur. Ann. Dir. Ind., 1981, pag. 1350).

Il nuovo regime delle prove

L'articolo 3 del Dlgs 140/2006 nel dare attuazione all'articolo 6 della direttiva sull'enforcement, ha introdotto nella legge 633/1941 il nuovo articolo 156 bis, il quale consente alla parte che «abbia fornito seri elementi dai quali si possa ragionevolmente desumere la fondatezza delle proprie domande abbia individuato documenti, elementi o informazioni detenuti dalla controparte che confermino tali indizi» di «ottenere che il giudice ne disponga l'esibizione oppure che richieda le informazioni alla controparte». Come rilevato in altra occasione («Guida al Diritto» n. 24/2006, pag. 27), la nuova disciplina dedicata all'acquisizione delle prove sembra quasi discostarsi dai principi espressi dall'articolo 210 del Cpc, in base ai quali l'ordine di esibizione di un documento costituisce una facoltà discrezionale rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito (Cassazione civile, sezione Lavoro, 21 giugno 2004, n. 11497, in Mass. Giur. it., 2004). In realtà, si ha l'impressione che il testo del nuovo articolo 156 bis (probabilmente anche a causa di un goffo tentativo di sganciare il processo industriale dal rito ordinario) tenda a vincolare il giudice innanzi alla presenza di seri elementi addotti dalla parte che lamenti la violazione. Sembra, infatti, che si passi dalla possibilità di disporre l'ordine di esibizione riconosciuto in capo al giudice alla possibilità di ottenere il provvedimento da riconoscersi a favore della parte.
La nuova disciplina dell'acquisizione delle prove può avere un effetto dirompente, giacché la parte che lamenti la violazione può anche ottenere che «il giudice ordini alla controparte di fornire gli elementi per l'identificazione dei soggetti implicati nella produzione e distribuzione dei prodotti o dei servizi che costituiscono violazione dei diritti di cui alla presente legge». Qualora la violazione denunciata avvenga su scala commerciale, l'Autorità giudiziaria, sempre su richiesta di parte, può disporre «l'esibizione della documentazione bancaria, finanziaria e commerciale che si trovi in possesso della controparte». Nel prevedere tali misure, tuttavia, il giudice è tenuto a disporre «le misure idonee a garantire la tutela delle informazioni riservate, sentita la controparte». La disposizione dev'essere letta sulla scia di quanto previsto dall'articolo 211 del codice di rito. Peraltro, la norma consente al giudice di desumere «argomenti di prova dalle risposte che le parti danno e dal rifiuto ingiustificato di ottemperare agli ordini».

I VINCOLI PREVISTI DALLA NORMA

Articolo 156 bis della legge 633/1941
L'accertamento Qualora una parte abbia fornito seri elementi dai quali si possa ragionevolmente desumere la fondatezza delle proprie domande e abbia individuato documenti, elementi o informazioni detenuti dalla controparte che confermino tali indizi, essa può ottenere che il giudice ne disponga l'esibizione oppure che richieda le informazioni alla controparte. Può ottenere altresì, che il giudice ordini alla controparte di fornire gli elementi per l'identificazione dei soggetti implicati nella produzione e distribuzione dei prodotti o dei servizi che costituiscono violazione dei diritti di cui alla presente legge
Documenti bancari In caso di violazione commessa su scala commerciale il giudice può anche disporre, su richiesta di parte, l'esibizione della documentazione bancaria, finanziaria e commerciale che si trovi in possesso della controparte
Le precauzioni Il giudice, nell'assumere i provvedimenti di cui ai commi 1 e 2, adotta le misure idonee a garantire la tutela delle informazioni riservate, sentita la controparte
I sospetti Il giudice desume argomenti di prova dalle risposte che le parti danno e dal rifiuto ingiustificato di ottemperare agli ordini


L'ACCERTAMENTO DEL GIUDICE

Per la
concessione
dell'inibitoria
Il giudice deve accertare in concreto il periculum in mora che si riscontra quando c'è il rischio di una grande espansione del pregiudizio patrimoniale o della impossibilità o difficoltà di procedere alla sua quantificazione Il periculum in mora può
essere insito:

nella permanenza e nel quotidiano aggravarsi del danno, connesso al persistere dell'illecito;
nella difficoltà di una precisa quantificazione dello stesso ai fini del risarcimento da liquidarsi nella fase di merito;
nel fatto che ci si trova di fronte a un danno di non prevedibile capacità espansiva, visto il carattere oramai capillare della distribuzione, e - quindi -
non compiutamente riparabile in caso di ulteriore protrazione

 

Tratto da: Il Sole 24 Ore - Responsabilità e Risarcimento n. 11/2006