Messa in liquidazione della società e
le nuove operazioni degli Amministratori

 
La nuova normativa. introdotta dal D.Lgs. 17 gennaio 2003 n. 6 dispone che gli amministratori conservano il potere di gestire la società ai soli fini della conservazione dell'integrità e del valore del patrimonio sociale, conferendo loro un campo di manovra piu vasto di quanto consentisse la normativa novellata che limitava l'attività degli amministratori alla conclusione dei soli affari in corso .

La norma in esame consente dunque agli amministratori (e nel contempo li obbliga a compiere) quegli atti strettamente necessari alla conservazione del patrimonio esistente al momento in cui si verifica una causa di scioglimento, onde consegnarlo integro ai liquidatori (Paciello, in Sandulli, Santoro, La riforma delle società , 3, Torino, 2003, 247).

Tuttavia la portata della innovazione legislativa non va sopravvalutata in quanto gia prima della riforma, il divieto di nuove operazioni andava raccordato al precetto di cui all'art. 2449, c. 3, prev., che stabiliva la responsabilità degli amministratori per la "conservazione dei beni sociali'' fino alla consegna di questi ai liquidatori.

Divieto di intraprendere nuove operazioni

L'attività gestionale degli amministratori subisce un drastico condizionamento rispetto alla gestione ordinaria e si deve rivolgere esclusivamente a realizzare la messa in liquidazione della società e la conservazione del patrimonio sociale. Non e consentito agli amministratori intraprendere operazioni che abbiano finalità diverse, e ciò indipendentemente dalla circostanza che dette operazioni siano o meno attinenti all'oggetto sociale. Le nuove operazioni vietate sono quelle non finalizzate alla liquidazione della società, o, comunque, non dirette ai fini della conservazione dell'integrità e del valore del patrimonio sociale cioe non necessarie per portare a compimento l'attività gia intrapresa ed implicanti invece l'assunzione di nuovi rischi imprenditoriali o preordinate al conseguimento di nuovi profitti.

Gli amministratori perciò possono compiere gli atti strettamente necessari alla conservazione del patrimonio esistente. Devono inoltre dare esecuzione ai contratti in corso. L'improvvisa interruzione di ogni attività potrebbe infatti pregiudicare la conservazione dell'integrità del patrimonio provocando la perdita dell'avviamento.

Attività degli amministratori dopo la messa in liquidazione

Le operazioni consentite, che continuano a costituire un dovere degli amministratori, sono -per esempio- le seguenti:

contratti in corso di esecuzione; l'interruzione dell'adempimento di impegni gia assunti, oltre che privare la società di opportunità connesse con l'operazione, può costituire motivo per richieste di risarcimenti o penali e non e pertanto opportuna; per la grandi opere su commessa, eccezioni alla regola della prosecuzione possono essere giustificate dalla circostanza per cui il completamento richiede nuovi rilevanti impegni (e nuovi investimenti) della società in liquidazione;

cause in corso; il diritto di difesa, sia esso in corso o sia da esercitare con nuovi provvedimenti, deve essere perseguito nell'interesse della società. Anche eventuali azioni attoree devono essere proseguite o intentate durante il periodo intercorrente tra l'avveramento della causa di liquidazione e la nomina dei liquidatori;

contratti di assicurazione; rappresentano una tipica soluzione a salvaguardia del patrimonio e devono pertanto, se possibile, essere mantenute regolarmente.

contratti di manutenzione; il mantenimento dei contratti in corso e consentito per i beni, il cui valore e condizionato dalla loro efficienza e funzionamento;

interventi urgenti sui beni sociali; continua ad essere preciso dovere degli amministratori operare interventi a salvaguardia dell'integrità dei singoli beni che compongono il patrimonio. In caso di eventi improvvisi o di calamita, le precauzioni da adottare da parte degli amministratori rimangono quella di mettere in atto tutti i rimedi utili ad evitare o ridurre i danni;

utilizzazione dei beni sociali che non richiedono nuovi impegni; la prosecuzione dell'attività che consente di realizzare nuovi proventi, senza l'assunzione di nuovi impegni, può costituire un'operazione diretta alla salvaguardia del patrimonio; si pensi, ad esempio, oltre che ai tempestivi interventi diretti al alienare prodotti deperibili, alla cessione a valore di mercato, anche con nuovi contratti, di beni giacenti in inventario. Tali operazioni possono consentire l'acquisizione di nuovi ricavi e utilizzare al meglio le giacenze, che in fase di liquidazione, possono magari essere cedute soltanto in blocco a valori fortemente svalutati;

adempimenti civilistici e fiscali; la regolarità della gestione demandata agli amministratori, prima della nomina dei liquidatori, comprende, anche ai fini di evitare sanzioni alla società, l'adempimento di tutte le norme in vigore.

Si ritiene in generale consentito agli amministratori dare esecuzione ai contratti in essere e continuare l'impresa con le scorte, i dipendenti presenti al momento dello scioglimento, e ciò in vista della possibilità di cessione dell'azienda in blocco, onde non perdere l' avviamento (Galgano, Il nuovo diritto societario, in Tratt. Galgano, XXIX, Padova, 2003, 405 ss., n. 3); mentre l'improvvisa cessazione dell'attività di impresa può pregiudicare la conservazione dell'integrità del patrimonio La continuazione dell'attività, che può essere funzionale al mantenimento del valore dell'azienda, e legittima in ossequio al principio del massimo ricavo che e sotteso all'intera fase di liquidazione (Niccolini, Scioglimento, liquidazione ed estinzione della società per azioni, in Tratt. Colombo-Portale, VII, 3, Torino, 1997, 481 ss.).

Per le operazioni che costituiscono un obbligo degli amministratori, gli stessi conservano la rappresentanza della società. Eventuali operazioni non consentite, sono, a tutti gli effetti, da considerare atti ultra vires.

Decorrenza degli obblighi

In alcuni casi (ad esempio per il decorso del termine o per delibera assembleare o per previsione dell'atto costitutivo) appare semplice determinare il momento in cui decorrono gli obblighi degli amministratori. In altri casi, che sono i più ricorrenti, in cui la cessazione dell'attività sia imposta da perdite, non sempre e facile determinare la decorrenza della cessazione dell'iniziativa gestionale degli amministratori.

Infatti la reale consistenza delle perdite può essere accertata solo mediante complesse operazioni, che richiedono, tra l'altro, la chiusura dei conti e quindi, in pratica, soltanto con la redazione del bilancio e non può essere richiesto agli amministratori di operare con continuità tali chiusure per sapere in tempo reale l'effettiva situazione delle perdite e l'eventuale riduzione del capitale al disotto del limite legale (G. Bianchi, Gli amministratori di società di capitali, Padova, 2006, 188). Essi, pero (Bonelli, La responsabilità degli amministratori, in Trattato delle società per azioni, diretto da Colombo e Portale, Torino, 1995, 332).

In seguito possono essere compiute soltanto le operazioni strumentali alla liquidazione o al mantenimento del valore del patrimonio.

Responsabilità degli amministratori

Contravvenendo al divieto di intraprendere nuove operazioni al di fuori di quelle consentite, gli amministratori assumono, per gli affari intrapresi, responsabilità illimitata e solidale, sia nei confronti dei terzi che nei confronti della società per i danni provocati dall'attività compiuta. Inoltre i contraenti che hanno stipulato nel periodo successivo allo scioglimento possono richiedere l'adempimento delle obbligazioni assunte direttamente agli amministratori. Dalla eventuale responsabilità risarcitoria non sono esclusi i sindaci, se si prova che non hanno vigilato con la diligenza richiesta dal loro mandato.

La responsabilità gravante sugli amministratori per la violazione degli obblighi di cui all'art. 2486 c.c. - correlata alla loro conoscenza dell'avveramento di una causa di scioglimento, da considerarsi peraltro iuris tantum presunta, in considerazione del loro ufficio - riguarda l'eventuale danno che ne sia conseguito, costituito dalla diminuzione del patrimonio sociale.

La responsabilità gravante sugli amministratori non riguarda più l'operazione in se, ma l'eventuale danno che ne sia conseguito, inteso come diminuzione del patrimonio sociale, mutandosi da responsabilità derivante dalla violazione di un divieto di comportamento di per se valutato antigiuridico e di cui al previgente art. 2449 a responsabilità per un evento dannoso, derivato dal compimento di atti esorbitanti i poteri degli amministratori, limitati per effetto del verificarsi di una causa di scioglimento.

La responsabilità degli amministratori e correlata alla loro conoscenza dell'avveramento di una causa di scioglimento, da considerarsi peraltro iuris tantum presunta, in considerazione del loro ufficio (Trib. Milano 10 maggio 2001, GI, 2001, 1898).

Legittimati attivi all'azione sono la società per la perdita patrimoniale, i soci per la diminuzione della quota di liquidazione loro spettante, i creditori sociali nel caso in cui la violazione comporti incapienza della società e i terzi in genere eventualmente danneggiati.

E ammessa la prova liberatoria in favore dell'amministratore immune da colpa che abbia provveduto agli adempimenti di cui all'art. 2392, terzo comma.

Discutibile e, quanto alla violazione del divieto, se la società sia vincolata dagli atti compiuti dagli amministratori. Se si ammette lo scioglimento come un fattore che determina un mutamento dell'oggetto sociale (dall'attività svolta in precedenza a quella di liquidazione) la fattispecie potrebbe essere ricondotta nell'ambito dell'art. 2375-bis, con conseguente possibilità per la società di sottrarsi all'adempimento degli obblighi assunti dagli amministratori soltanto quando essa possa provare che il terzo abbia intenzionalmente agito a danno della società.

Nel caso di malafede del terzo, di contro, se sicuramente l'atto compiuto dagli amministratori non potrà essere imputato alla società, nessun profilo di responsabilità potrà configurarsi neppure per i liquidatori, poichè essendo il terzo in mala fede viene meno ogni esigenza di tutelare il suo affidamento (Pagliani, Scioglimento della società: divieto di nuove operazioni a carico degli amministratori, in Soc., 1995, 779).

Autore: Dott. Giorgio Bianchi - tratto dal sito: www.ilquotidianogiuridico.it