Lavoro a progetto
Normativa
La disciplina del lavoro a progetto e delle collaborazione coordinate e continuative è oggi contenuta nella riforma di cui al D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276 corretto dal D.Lgs. 6 ottobre 2004, n. 251 nella circolare del Ministero del lavoro 8 gennaio 2004, n. 1.
Progetto: definizione
La definizione di lavoro a progetto - e la relativa disciplina - è contenuta negli artt. da 61 a 69 del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276 .
Ai sensi dell'art. 61, comma 1, i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di cui all'art. 409 n. 3 c.p.c. devono essere "riconducibili a uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto del coordinamento con la organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l'esecuzione della attività lavorativa".
L'art. 61 non sostituisce e/o modifica l'art. 409 n. 3 c.p.c. bensì individua, per l'ambito di applicazione del decreto e - nello specifico - della medesima disposizione, le modalità di svolgimento della prestazione di lavoro del collaboratore, utili ai fini della qualificazione della fattispecie nel senso della autonomia o della subordinazione.
Sul piano generale, peraltro, il lavoro a progetto non tende, allo stato, ad assorbire tutti i modelli contrattuali riconducibili in senso lato all'area della c.d. parasubordinazione. L'art. 61, oltre a definire positivamente le modalità di svolgimento delle collaborazioni coordinate e continuative c.d. a progetto, esclude infatti dalla riconducibilità a tale tipo contrattuale: le prestazioni occasionali, intendendosi per tali i rapporti di durata complessiva non superiore a trenta giorni nel corso dell'anno solare con lo stesso committente, salvo che il compenso complessivamente percepito nel medesimo anno solare, sempre con il medesimo committente, sia superiore a 5 mila Euro. Si tratta di collaborazioni coordinate e continuative per le quali, data la loro limitata "portata", si è ritenuto non fosse necessario il riferimento al progetto e, dunque, di sottrarle dall'ambito di applicazione della nuova disciplina; tali rapporti di collaborazione coordinata e continuativa si distinguono sia dalle prestazioni occasionali di tipo accessorio rese da particolari soggetti di cui agli articoli 70 e seguenti del decreto legislativo , sia dalle attività di lavoro autonomo occasionale vero e proprio, ossia dove non si riscontra un coordinamento ed una continuità nelle prestazioni e che proprio per questa loro natura non sono soggette agli obblighi contributivi previsti per le collaborazioni coordinate e continuative bensì a quelli di cui all' art. 44, comma 2, del D.L. n. 269 del 30 settembre 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326; gli agenti ed i rappresentanti di commercio continuano ad essere regolati dalle discipline speciali; le professioni intellettuali, per le quali è necessaria l'iscrizione in appositi albi professionali, esistenti alla data del 24 ottobre 2003; le collaborazioni rese nei confronti delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate ed agli Enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI (art. 90 L. n. 289/02); componenti di organi di amministrazione e controllo di società; partecipanti a collegi e commissioni; collaboratori che percepiscano pensione di vecchiaia.
La disciplina che emerge dall'art. 61 è, come detto, finalizzata a impedire l'utilizzo improprio o fraudolento delle collaborazioni coordinate e continuative. Al di fuori del campo di applicazione dell'art. 61 si collocano, con tutta evidenza, fattispecie che non presentano significativi rischi di elusione della normativa inderogabile del diritto del lavoro.
Occorre, peraltro, ribadire che sia l'introduzione nel nostro ordinamento della fattispecie dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa nella modalità a progetto sia la previsione di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa a carattere occasionale ex art. 61, comma 2, del D.Lgs. n. 276/03 , non hanno certamente comportato l'abrogazione delle disposizioni del contratto d'opera di cui all'art. 2222 e ss. cod. civ.. Ne consegue che, ad esempio, nel caso di un prestatore d'opera che superi, nei rapporti con uno stesso committente, uno dei due limiti previsti dall'art. 61 comma 2° D.Lgs. 276/03, non necessariamente dovrà veder qualificato il proprio rapporto come collaborazione a progetto o a programma, ben potendosi verificare il caso che quel prestatore abbia reso una o più prestazioni d'opera ai sensi dell'art. 2222 e ss. cod. civ..
L'art. 3 della legge n. 91 del 23 marzo 1981 ha previsto, al secondo comma, talune ipotesi in cui la prestazione sportiva dell'atleta è resa nella forma del contratto di lavoro autonomo; lavoro autonomo che può anche svolgersi, qualora ne ricorrano i presupposti, in forma di collaborazione coordinata e continuativa. Deve ritenersi che in quest'ultimo caso, trattandosi di attività tipiche contemplate espressamente dal legislatore, non si applichi la disposizione che prevede la necessità dell'indicazione di un progetto.
Va precisato, altresì, che nell'espressione "collegi e commissioni" delle società, sopra richiamati, sono inclusi anche quegli organismi aventi natura tecnica.
Nella esclusione dei percettori di pensione di anzianità, è evidente che debbano essere compresi quei soggetti, titolari di pensione di anzianità o di invalidità che, ai sensi della normativa vigente, al raggiungimento del 65° anno di età, vedono automaticamente trasformato il loro trattamento in pensione di vecchiaia.
Va peraltro rilevato che, ai sensi dell' art. 1 del D.Lgs. n. 276/03 , la pubblica amministrazione può continuare a stipulare contratti di collaborazione senza tener conto dei limiti introdotti dalla novella mantenendo il riferimento all'art. 409 n. 3 c.p.c. la cui previsione, per i rapporti che vedano una parte pubblica, non ha subito modificazioni in attesa delle eventuali future determinazioni da adottarsi, ai sensi del comma 8 dell' art. 86 del D.Lgs. n. 276/03 , da parte del Ministro per la Funzione pubblica e delle organizzazioni sindacali, in sede di armonizzazione dei profili conseguenti all'entrata in vigore del decreto legislativo in argomento.
Tra i primi interventi esplicativi sul tema, merita senz'altro un breve cenno la circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri n. 4/2004, ove si osserva che la posizione dei collaboratori coordinati e continuativi delle amministrazioni pubbliche appare più debole rispetto al settore privato, per il quale il D.Lgs. n. 276 del 2003 impone condizioni di stipulazione assai più rigorose (prima fra tutte, la necessità di un progetto connesso all'incarico) e prevede il meccanismo (anche sanzionatorio per il datore di lavoro) della conversione automatica in rapporto subordinato a tempo determinato sin dalla data della stipulazione del contratto.
Si precisa, inoltre, che l'amministrazione, sia in virtù della propria funzione volta alla realizzazione di interessi pubblici, sia in virtù dell'espresso richiamo del legislatore (art. 86, comma 8, del decreto citato) appare comunque tenuta, anche con riferimento alla disciplina dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, ad adottare criteri che impediscano un uso elusivo e distorto di tale forma contrattuale.
Si deve evidenziare, infine, che nell'ambito di applicazione della disciplina in esame dal 24 ottobre 2003 non è più possibile porre in essere rapporti ascrivibili alla collaborazione coordinata e continuativa che non siano riconducibili alla modalità del lavoro a progetto, fatte salve le ipotesi di cui all'art. 61, sopra richiamate, per le quali continua a trovare applicazione la previgente disciplina.
Requisiti
Le collaborazioni coordinate e continuative secondo il modello approntato dal legislatore, oltre al requisito del progetto, programma di lavoro o fase di esso, che costituisce mera modalità organizzativa della prestazione lavorativa, restano caratterizzate dall'elemento qualificatorio essenziale, rappresentato dall'autonomia del collaboratore (nello svolgimento della attività lavorativa dedotta nel contratto e funzionalizzata alla realizzazione del progetto, programma di lavoro o fase di esso), dalla necessaria coordinazione con il committente, e dall'irrilevanza del tempo impiegato per l'esecuzione della prestazione.
Quanto a quest'ultimo requisito, va comunque ricordato che l'art. 62, comma 1, lett. d), del decreto legislativo, prevede che tra le forme di coordinamento dell'esecuzione della prestazione del collaboratore a progetto all'organizzazione del committente sono comprese anche forme di coordinamento temporale. Ond'è che l'autonomia del collaboratore a progetto si esplicherà pienamente, quanto al tempo impiegato per l'esecuzione della prestazione, all'interno delle pattuizioni intervenute tra le parti su dette forme di coordinamento.
Tali requisiti costituiscono il fulcro della differenziazione tra la tipologia contrattuale in esame e quelle riconducibili, da un lato, al lavoro subordinato e, dall'altro, al lavoro autonomo (art. 2222 cod. civ.).
Con particolare riguardo al lavoro a tempo determinato, ove la prestazione è resa con vincolo di subordinazione ed il termine delimita pertanto esclusivamente il periodo in cui il lavoratore è a disposizione del datore di lavoro per lo svolgimento delle mansioni contrattualmente individuate, il lavoro a progetto si differenzia per ciò che la durata del rapporto è funzionale alla realizzazione del progetto, programma di lavoro o fase di esso, in regime di totale autonomia.
In tal senso, infatti, è significativo che ai sensi dell'art. 61, comma 1, il collaboratore deve gestire il progetto in funzione del risultato, che assume rilevanza giuridica indipendentemente dal tempo impiegato per l'esecuzione dell'attività lavorativa. Del tutto coerentemente, del resto, ai sensi dell'art. 67, comma 1, il contratto si risolve al momento della realizzazione del progetto o del programma di lavoro o della fase di esso.
Invero, in occasione della stesura di istruzioni operative per l'attività di vigilanza relativa ai contratti di lavoro a progetto stipulati dai cd. Call center, il Ministero (circ. n. 17/2006) ha precisato che il collaboratore a progetto cui è assegnato l'incarico di compiere le varie operazioni telefoniche può essere considerato autonomo alla condizione essenziale che possa unilateralmente e discrezionalmente determinare, senza necessità di preventiva autorizzazione o successiva giustificazione, la quantità di prestazione da eseguire e la collocazione temporale della stessa.
Ciò implica che il collaboratore non può essere soggetto ad alcun vincolo di orario, anche se all'interno di fasce orarie prestabilite. Di conseguenza, deve poter decidere, nel rispetto delle forme concordate di coordinamento, anche temporale, della prestazione:
a) se eseguire la prestazione ed in quali giorni;
b) a che ora iniziare ed a che ora terminare la prestazione giornaliera;
c) se e per quanto tempo sospendere la prestazione giornaliera.
Da un punto di vista organizzativo ne consegue che l'assenza non deve mai essere giustificata e la presenza non può mai essere imposta.
Progetto/programma
Il progetto consiste in un'attività produttiva ben identificabile e funzionalmente collegata ad un determinato risultato finale cui il collaboratore partecipa direttamente con la sua prestazione.
Il progetto può essere connesso all'attività principale od accessoria dell'impresa.
L'individuazione del progetto da dedurre nel contratto compete al committente. che, in accordo con il collaboratore, definisce al momento della stipulazione del contratto tutti gli elementi qualificanti il progetto/risultato da realizzare.
Il committente, a differenza del datore di lavoro subordinato, non potrà poi successivamente variare unilateralmente il risultato predeterminato oggetto del contratto.
Le valutazioni e scelte tecniche, organizzative e produttive sottese al progetto sono insindacabili.
Il programma di lavoro consiste in un tipo di attività cui non è direttamente riconducibile un risultato finale.
Il programma di lavoro o la fase di esso si caratterizzano, infatti, per la produzione di un risultato solo parziale destinato ad essere integrato, in vista di un risultato finale, da altre lavorazioni e risultati parziali.
Nell'ambito del progetto o del programma la definizione dei tempi di lavoro e delle relative modalità deve essere rimessa al collaboratore.
Ciò perché l'interesse del creditore è relativo al perfezionamento del risultato convenuto e non, come avviene nel lavoro subordinato, alla disponibilità di una prestazione di lavoro eterodiretta.
Le collaborazioni coordinate e continuative nella modalità a progetto hanno una durata determinata o determinabile, in funzione della durata e delle caratteristiche del progetto, del programma di lavoro o della fase di esso. Nel caso di programma di lavoro la determinabilità della durata può dipendere dalla persistenza dell'interesse del committente alla esecuzione del progetto, programma di lavoro o fase di esso. La determinabilità del termine è dunque funzionale ad un avvenimento futuro, certo nell'an ma non anche necessariamente nel quando.
Indipendentemente da ciò, pur tuttavia, il collaboratore a progetto può operare all'interno del ciclo produttivo del committente e, per questo, deve necessariamente coordinare la propria prestazione con le esigenze dell'organizzazione del committente.
Il coordinamento può essere riferito sia ai tempi di lavoro che alle modalità di esecuzione del progetto o del programma di lavoro, ferma restando, ovviamente, l'impossibilità del committente di richiedere una prestazione o un'attività esulante dal progetto o programma di lavoro originariamente convenuto.
Nella circolare n. 4 / 2008 il Ministero del Lavoro si è espresso nel senso di escludere progetti che coincidono totalmente con l'attività principale o accessoria dell'impresa.
Inoltre, nonostante la Corte di Cassazione abbia affermato più volte che ogni attività umana è di per sé riconducibile ad una prestazione lavorativa che può essere svolta sia in forma autonoma che subordinata, il Ministero del lavoro ha elencato (in maniera esemplificativa e non esaustiva) una serie di attività lavorative che sembrano non adattarsi allo schema causale della collaborazione coordinata e continuativa nella modalità a progetto:
- addetti alla distribuzione di bollette o alla consegna di giornali, riviste ed elenchi telefonici
- addetti alle agenzie ippiche
- addetti alle pulizie
- autisti e autotrasportatori
- babysitter e badanti
- baristi e camerieri
- commessi e addetti alle vendite
- custodi e portieri
- estetiste e parrucchieri
- facchini
- istruttori di autoscuola
- letturisti di contatori
- manutentori
- muratori e qualifiche operaie dell'edilizia
- piloti e assistenti di volo
- prestatori di manodopera nel settore agricolo
- addetti alle attività di segreteria e terminalisti
Forma
Il contratto è stipulato in forma scritta.
E' una forma richiesta ad probationem e non ad substantiam.
Contenuto necessario, ai fini della prova del rapporto posto in essere, sono i seguenti elementi:
- indicazione della durata, determinata o determinabile, della prestazione di lavoro;
- indicazione del progetto o programma di lavoro, o fasi di esso, individuato nel suo contenuto caratterizzante, che viene dedotto in contratto;
- il corrispettivo e i criteri per la sua determinazione, nonché i tempi e le modalità di pagamento e la disciplina dei rimborsi spese;
- le forme di coordinamento del lavoratore a progetto al committente sulla esecuzione, anche temporale, della prestazione lavorativa, che in ogni caso non possono essere tali da pregiudicarne l'autonomia nella esecuzione dell'obbligazione lavorativa;
- le eventuali misure per la tutela della salute e sicurezza del collaboratore a progetto (oltre quelle previste ex art. 66, comma 4, del D.Lgs. n. 276/03 ).
Il Ministero del Lavoro, con la circolare n. 4/2008, ha fornito precisazioni al personale ispettivo indicando alcune fattispecie in presenza delle quali il rapporto di collaborazione deve essere ricondotto nell'ambito di un rapporto di lavoro subordinato, fatta salva naturalmente la possibilita' del committente/datore di lavoro di provare in sede giudiziaria l'effettiva sussistenza di un rapporto di natura autonoma.
In particolare, il personale ispettivo, in assenza di un progetto formalizzato per iscritto, deve ricondurre il rapporto nell'ambito del lavoro subordinato senza svolgere alcuna ulteriore attività istruttoria.
Rinnovo
Analogo progetto o programma di lavoro può essere oggetto di successivi contratti di lavoro con lo stesso collaboratore.
Quest'ultimo può essere a maggior ragione impiegato successivamente anche per diversi progetti o programmi aventi contenuto del tutto diverso.
Tuttavia i rinnovi, così come i nuovi progetti in cui sia impiegato lo stesso collaboratore, non devono costituire strumenti elusivi dell'attuale disciplina. possono essere considerati tali la proroga ingiustificata ed il rinnovo per un progetto identico al precedente.
Ciascun contratto di lavoro a progetto deve pertanto presentare, autonomamente considerato, i requisiti di legge.
Corrispettivo
Il corrispettivo deve essere proporzionato alla quantità e qualità del lavoro eseguito.
Trattandosi di lavoro autonomo Il parametro dovrebbe essere costituito dai compensi normalmente corrisposti per analoghe prestazioni di lavoro autonomo nel luogo di esecuzione del rapporto.
La legge Finanziaria per il 2007 (legge n. 296/2006 articolo 1 comma 772), nel tentativo di introdurre alcune tutele tipiche del rapporto di lavoro subordinato, ha pero' stabilito che "i compensi corrisposti ai lavoratori a progetto devono essere proporzionati alla quantità e alla qualità del lavoro eseguito e devono tenere conto dei compensi normalmente corrisposti per prestazioni di analoga professionalità, anche sulla base dei contratti collettivi nazionali di riferimento."
Si tratta indubbiamente di una norma che si coordina difficilmente con l'impianto generale del contratto di collaborazione a progetto.
Secondo alcune interpretazioni, la portata di questa norma potrebbe essere quella di garantire un riferimento al collaboratore in caso di contenzioso con il committente e conseguente richiesta di risarcimento danni.
La quantificazione del compenso deve avvenire in considerazione della natura e durata del progetto o del programma di lavoro, e, cioè, in funzione del risultato che il collaboratore deve produrre. Le parti del rapporto potranno, quindi, disciplinare nel contratto anche i criteri attraverso i quali sia possibile escludere o ridurre il compenso pattuito nel caso in cui il risultato non sia stato perseguito o la qualità del medesimo sia tale da comprometterne l'utilità.
Il compenso non deve essere legato esclusivamente al tempo impiegato per svolgere la prestazione.
Tutele
Tra gli scopi dichiarati dal legislatore era espressamente individuato l'incremento delle tutele per i collaboratori.
L'art. 66, infatti, appronta un sistema di tutele minimo con particolare riferimento alla gravidanza, alla malattia ed all'infortunio stabilendo in primo luogo che essi non comportano l'estinzione del rapporto contrattuale, che rimane sospeso, senza erogazione del corrispettivo.
Malattia e infortunio: fermo restando l'invio, ai fini della prova, di idonea certificazione scritta, la sospensione del rapporto non comporta una proroga della durata del contratto, che si estingue alla scadenza (la previsione è derogabile dalle parti), ma il committente può recedere dal contratto se la sospensione si protrae per un periodo superiore a un sesto della durata stabilita nel contratto, quando essa sia determinata, ovvero superiore a trenta giorni per i contratti di durata determinabile.
Gravidanza: fermo restando l'invio, ai fini della prova, di idonea certificazione scritta, la durata del rapporto è prorogata per un periodo di 180 giorni, salva più favorevole disposizione del contratto individuale.
Si applicano inoltre al collaboratore:
- le disposizioni di cui alla legge n. 533 del 1973 sul processo del lavoro;
- l'art. 64 del D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151, che prevede per le lavoratrici iscritte alla gestione separata di cui alle lavoratrici di cui all'articolo 2, comma 26 della L. n. 335/1995, art. 2 comma 26, non iscritte ad altre forme obbligatorie l'applicazione dell'art. 59 della legge n. 449/97, si applicano le disposizioni di cui al comma 16 dell'articolo 59 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni;
- il D.Lgs. n. 626 del 1994 successive modifiche e integrazioni (ovviamente quando la prestazione lavorativa si svolga nei luoghi di lavoro del committente, nonché le norme di tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, le norme di cui all'art. 51, comma 1, della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e del decreto del Ministero del lavoro e della previdenza sociale 12 gennaio 2001 ).
Riguardo in particolare alla protezione contro i rischi lavorativi, occorrerà naturalmente considerare che, stante la ratio del D.Lgs. n. 626 - principalmente orientata alla tutela della salute e sicurezza dei lavoratori subordinati, ed alla corrispondente responsabilizzazione dei datori di lavoro - non poche prescrizioni di tale provvedimento (per lo più sanzionate penalmente) risultano di problematica applicazione nei confronti di figure, come quelle dei collaboratori, fortemente connotate da una componente di autonomia nello svolgimento della prestazione (in funzione del risultato, ancorché nel rispetto del coordinamento con la organizzazione del committente). Non a caso, per i lavoratori autonomi (figure, sotto questo profilo, assai prossime ai collaboratori) lo stesso D.Lgs. n. 626 ha previsto uno specifico regime di tutela (art. 7).
In proposito, l'attuazione della delega (di cui all'art. 3 della legge di semplificazione 2001, n. 229 del 2003) per il riassetto normativo in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro costituisce l'occasione per un adattamento dei principi generali di tutela prevenzionistica alle oggettive peculiarità del lavoro a progetto.
Svolgimento del rapporto
Il collaboratore può svolgere la sua attività a favore di più committenti, tuttavia il contratto individuale può limitare in tutto od in parte tale facoltà.
La presenza, nel contratto a progetto, di una clausola di esclusiva, di per sè assolutamente legittima, comporta in sede di ispezione una maggiore attenzione nelle attività di analisi al fine della qualificazione del contratto stesso.
Il collaboratore non deve svolgere attività in concorrenza con i committenti né, in ogni caso, diffondere notizie e apprezzamenti attinenti ai programmi e alla organizzazione di essi, né compiere, in qualsiasi modo, atti in pregiudizio della attività dei committenti medesimi.
Il collegamento funzionale con la struttura organizzativa del committente deve lasciare al collaboratore un certo grado di autonomia di scelta delle modalita' operative.
Deve risultare del tutto assente qualsiasi manifestazione del potere disciplinare del committente nei confronti del collaboratore.
L'esecuzione delle prestazioni lavorative non deve essere sottoposta, da parte del committente o per suo conto, ad uno specifico e serrato controllo sull'attività svolta.
Risoluzione del rapporto
In tema di risoluzione del contratto l'art. 66 prevede che esso si risolva al momento della realizzazione del progetto o del programma o della fase di esso che ne costituisce l'oggetto.
Inoltre le parti possono recedere prima della scadenza del termine per giusta causa ed altre cause e modalità (incluso il preavviso) stabilite dalle parti nel contratto di lavoro individuale.
Si deve ritenere pertanto che indipendentemente dal termine apposto al contratto qualora il progetto sia ultimato prima della scadenza il contratto debba intendersi risolto.
Tuttavia se, come ha inteso il legislatore, è il progetto l'elemento caratterizzante della collaborazione il corrispettivo determinato nel contratto sarà dovuto comunque per l'intero.
La comunicazione di dimissioni (risoluzione del rapporto di collaborazione a progetto da parte del collaboratore) doveva essere consegnata, a pena di nullità, dal collaboratore al committente seguendo la procedura indicata dalla legge 188 / 2007 e dal Decreto Interministeriale del 21 gennaio 2008 cioè per mezzo di appositi moduli predisposti e resi disponibili gratuitamente dalle Direzioni Provinciali del Lavoro e dagli uffici comunali, nonché dai Centri per l'Impiego.
Successivamente, con il D.L. n. 112 del 25/06/2008, entrato in vigore il giorno stesso della pubblicazione sulla GU, la legge n. 188/2007 è stata abrogata. A far data dal 25 giugno 2008 quindi anche il recesso del lavoratore dal rapporto di collaborazione torna ad essere libero nella forma, senza altri limiti se non quelli eventualmente previsti dal contratto individuale e dall'art. 2118 cod. civ.
Rinunzie e transazioni
I diritti derivanti dalle disposizioni contenute nelle predette disposizioni possono essere oggetto di rinunzie o transazioni tra le parti in sede di certificazione del rapporto di lavoro secondo lo schema dell'art. 2113 cod. civ.
Sanzioni
I rapporti di collaborazione coordinata e continuativa instaurati senza l'individuazione di uno specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso sono considerati rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto. Si tratta di una presunzione che può essere superata qualora il committente fornisca in giudizio prova della esistenza di un rapporto di lavoro effettivamente autonomo.
Qualora invece, in corso di rapporto, venga accertato dal giudice che il rapporto instaurato sia venuto a configurare un contratto di lavoro subordinato per difetto del requisito dell'autonomia, esso si trasforma in un rapporto di lavoro subordinato corrispondente alla tipologia negoziale di fatto realizzatasi tra le parti.
Il controllo giudiziale è limitato esclusivamente, in conformità ai principi generali dell'ordinamento, all'accertamento della esistenza del progetto, programma di lavoro o fase di esso e non può essere esteso fino al punto di sindacare nel merito valutazioni e scelte tecniche, organizzative o produttive che spettano al committente.
Detto controllo, inoltre, concerne in entrambi i casi l'esistenza nei fatti di un progetto e non la sua mera deduzione nel contratto.
La mancata deduzione del progetto nel contratto, infatti, preclude solo la possibilità di dimostrarne l'esistenza e la consistenza con prova testimoniale.
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Giugno 2008