Deficit informativo e violazione degli obblighi comportamentali dell'intermediario finanziario: quali rimedi esperibili?

 

Vai al D.Lgs. 24 febbraio 1998 n. 58

Vai al Regolamento attuativo Consob n. 11522 del 1 luglio 1998

Premessa

In caso di violazione od omissione degli obblighi comportamentali e/o informativi previsti ex lege in capo all'intermediario finanziario, per cui l'ordinamento non ha stabilito espressis verbis alcuna sanzione, quali sono i rimedi esperibili dal soggetto leso?

Gli obblighi informativi dell'intermediario finanziario e della banca

Nell'ambito dei servizi di investimento il D. Lgs. 58/98 ( T.U. delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria o T.U.F.) e il Regolamento di attuazione, emanato dalla Consob [[1]], contengono le regole tecniche dell'attività degli intermediari finanziari.

L'art. 21 del T.U.F. (D. Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58) pone i principi basilari a cui si deve informare il rapporto intermediario/investitore [[2]].

I soggetti abilitati, nello svolgimento dei servizi di investimento e accessori hanno, secondo il dettato dell'articolo 21, 1 comma, lett. a) del T.U.F., l'obbligo di "comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, nell'interesse dei clienti e per l'integrità dei mercati", indicando loro "canoni di comportamento immediatamente precettivi, anche a prescindere dalla loro sussunzione e specificazione in norme regolamentari" [[3]].

Per diligenza, per l'articolo 21 suddetto, si intende la "diligenza del buon professionista" (e non a quella del "buon padre di famiglia"), diligenza, cui si ricollega la correttezza nell'agire.

Gli obblighi di comportamento definiti dal T.U.F. tendono ad informare l'attività di prestazione dei servizi a finalità di efficienza, trasparenza e tutela del risparmiatore, congiuntamente a finalità di stabilità, competitività e buon funzionamento del mercato finanziario.

I servizi finanziari possono essere svolti, per conto dei clienti, solo dopo aver stipulato un contratto (cd. contratto-quadro ) [[4]] che abbia ad oggetto i servizi medesimi, per il quale l' art. 23 del T.U.F. richiede la forma scritta ad substantiam.

L' assenza della forma scritta determina quindi la nullità del contratto-quadro, la quale però, per espressa disposizione dell'art. 23, 3° comma D. Lgs. 58/98, può essere fatta valere solo dal cliente, in deroga alla regola generale fissata dall'art. 1421 c.c., secondo la quale tale patologia negoziale può essere fatta valere da qualsiasi soggetto interessato.

In assenza del contratto-quadro sono perciò nulle le operazioni di investimento realizzate dalla banca per conto del cliente [[5]].

Sulla stessa linea anche il Regolamento Consob n. 11522/98 che all'art. 30 [[6]] disciplina separatamente il contratto quadro e le operazioni di esecuzione.

Il dovere di informare l'investitore viene unito al dovere di informarsi dall'investitore determinando un insieme di obblighi informativi di contenuto ampio ed articolato. Tale flusso di informazioni deve accompagnare il momento in cui viene istaurato il rapporto fra intermediario ed investitore in maniera che il successivo svolgimento delle operazioni in titoli avvenga nella piena conoscenza e consapevolezza degli elementi necessari.

All'art. 28 del Regolamento Consob si prevede che gli intermediari finanziari, prima dell'inizio delle prestazioni debbono chiedere all'investitore notizie circa la sua esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari, la sua situazione finanziaria, i suoi obiettivi di investimento, nonché la sua propensione al rischio. Si aggiunge inoltre che l'eventuale rifiuto di fornire le notizie richieste deve risultare da contratto ovvero da apposita dichiarazione sottoscritta dall'investitore.

Inoltre, ai sensi dell'articolo 96, 3 comma, del citato Regolamento Consob del 1998, l'intermediario finanziario deve verificare che il cliente "(.) abbia compreso le caratteristiche essenziali dell'operazione proposta, non solo con riguardo ai relativi costi e rischi patrimoniali, ma anche con riferimento alla sua adeguatezza in rapporto alla situazione dell'investitore".

Natura giuridica dei contratti dell'intermediario finanziario

Nell'ambito della intermediazione finanziaria ruolo centrale è svolto dall'intermediario, il quale nel rapporto diretto con il cliente è tenuto a particolari doveri informativi [[7]] e comportamentali che "costituiscono un reticolo idoneo a conferire all'attività di intermediazione finanziaria natura e consistenza di rapporto complesso" [[8]].

Al fine di meglio comprendere l'attività posta in essere dall'intermediario finanziario bisogna sottolineare come l'attività di investimento po' essere scissa in una prima fase che culmina con il contratto quadro d'investimento per cui le norme del TUF e del Regolamento Consob prevedono specificatamente la forma scritta; a ciò seguono i singoli contratti d'investimento in esecuzione del contratto quadro generale per cui non sono previsti specifici requisiti formali.

Il rapporto tra il contratto quadro d'investimento ed i singoli contratti d'esecuzione è stato inquadrato in modo eterogeneo dagli interpreti.

Parte della dottrina afferma che il contratto quadro di intermediazione finanziaria sia qualificabile quale contratto normativo e quindi rientri in una fase di formazione del contratto; in tale fase incombono sull'intermediario obblighi di informazione e comportamentali la cui violazione incide sulla libertà in contraendo delle parti ex artt. 1337-1338 c.c. [[9]].

Altra parte della dottrina tuttavia qualifica il contratto normativo il fulcro dell'operazione negoziale e parte genetica dei futuri contratti d'investimento; pertanto si afferma la natura contrattuale di questi ultimi, il cui inadempimento è sanzionato dalle regole ex art. 1218 e ss cc, applicando, d'altronde le regole della responsabilità per inadempimento in caso di violazione degli obblighi connessi alla stipulazione del contratto [[10]].

La giurisprudenza degli ultimi anni, a seguito dei crack Parmalat e Cirio, e del cd defaul dell'Argentina (detto anche caso tango bond), ha discusso sulla natura degli obblighi a carico degli intermediari finanziari e di conseguenza sui rimedi da applicare in caso di violazione degli stessi [[11]].

Le singole operazioni di investimento sono rese sulla base del suddetto contratto-quadro, cosicché i relativi atti negoziali, comunque qualificati, presentano con il primo una relazione di collegamento cd. necessario (in quanto previsto dalla legge, nel senso che uno dei contratti non può esistere senza l'altro), genetico (in quanto instaurato nella fase costitutiva del rapporto relativo alle singole prestazioni di investimento e accessorie) e unilaterale (in quanto il rapporto di dipendenza non è reciproco).

Da più parti si è proposta la tesi del collegamento negoziale: i singoli contratti d'investimento sono connessi in via genetica e funzionale con il contratto quadro d'investimento, in vista di uno scopo negoziale unitario, avendo ciascuno una propria causa interna.

Con specifico riguardo alla natura del contratto quadro d'investimento, parte della dottrina [[12]] e una certa giurisprudenza di merito [[13]], ritiene applicabile lo schema negoziale del mandato, sottolineando che i singoli contratti d'investimento sono esecuzione del contratto di mandato e pertanto non possono considerarsi atti di autonomia contrattuale; tali atti "non hanno un'autonoma causa negoziale ma trovano il loro fondamento causale nel contratto d'investimento" [[14]].

Seguendo tale ricostruzione l'inesatto o omesso adempimento degli obblighi previsti dal contratto di investimento non sarebbe tutelabile ex se, ma dovrebbe ricondursi all'inadempimento del contratto quadro, quale fonte del rapporto negoziale.

Secondo tale ricostruzione si tratta di un contratto di mandato, collegato ad un diverso contratto bancario, in genere ad un contratto di conto corrente (art. 1823 e ss. c.c.) o ad un contratto di deposito bancario (art. 1834 e ss.), dai quali l'intermediario preleva la provvista per l'esecuzione del mandato.

Il contratto stipulato dalle parti è dunque un mandato a comprare e vendere prodotti finanziari [[15]], che per la peculiarità dell'oggetto del mandato, sovrappone interessi primari dell'ordinamento giuridico, e pertanto sarà eteroregolato non solo dal mandante che, impartisce istruzioni al mandatario-intermediario ma anche dalle norme imperative di legge [[16]].

I sostenitori di tale tesi obiettano alla teoria del collegamento negoziale che non potrebbe agevolmente chiarirsi come "un contratto di cooperazione, che avrebbe la limitata funzione di regolare le modalità della successiva attività negoziale, possa generare degli obblighi di comportamento, molti dei quali aventi natura di obblighi di diligenza, che presuppongo dunque un'attività di adempimento -attività esecutiva- che la natura "normativa" del regolamento pattizio porterebbe invece ad escludere" [[17]].

La natura degli obblighi comportamentali

Secondo la tesi che individua nel rapporto tra intermediario e investitore un complesso rapporto di mandato, gli obblighi di comportamento previsti dall'art. 21 del TUF e dagli artt. da 26 a 29 del Regolamento Consob non sono null'altro che gli obblighi di diligenza gravanti sul mandatario (art. 1710 c.c.).

In tale ricostruzione, l'ordine del cliente non è una proposta di mandato, ma è un'istruzione (art. 1711 secondo comma c.c.) del mandante al mandatario per l'esecuzione del mandato.

L'atto di negoziazione, inteso come adempimento finale degli obblighi nascenti dal contratto di mandato, va annoverato nella categoria dei cosiddetti negozi di attuazione. Lo spostamento patrimoniale conseguente alla negoziazione trova, infatti, la sua giustificazione nel complessivo programma contrattuale, il cui nucleo centrale è costituito dal "contratto relativo alla prestazione dei servizi d'investimento" [[18]].

L'altra ricostruzione puntando sul collegamento negoziale, invece, ritiene che si tratti di obblighi di natura contrattuale a carattere autonomo o al più obblighi precontrattuali i quali si impongono all'intermediario quali effetti giuridici prodotti dal contratto-quadro stipulato con il cliente.

L' adempimento di tali obblighi costituisce quindi attività negoziale esecutiva del contratto; la loro violazione, imputabile alla banca all'atto della prestazione dei servizi di investimento, la espone alle conseguenze giuridiche proprie della responsabilità contrattuale [[19]].

I giudici che aderiscono a tale soluzione più che di "vizio genetico" relativo alla conclusione del contratto, parlano di "vizio funzionale che inerisce il contratto ormai perfezionatosi, e cioè di difetto che riguarda le prestazioni che dovevano essere rese sulla base del negozio concluso"[[20]].

Dalla relazione di collegamento necessario, esistente fra il contratto-quadro ed i successivi contratti di investimento, consegue inoltre che le vicende giuridiche del primo si riflettono anche sui secondi, in applicazione del principio simul stabunt,simul cadent. Quindi, una volta ottenuta la risoluzione del contratto-quadro e del contratto di investimento, il risparmiatore ha diritto alla restituzione dell'intero capitale investito, giusta la regola della retroattività del rimedio della risoluzione, disposta dall' art. 1458, 1° comma c.c.

Violazione degli obblighi comportamentali: quali i rimedi?

Quid iuris: quale rimedio può esperire l'investitore se l'intermediario finanziario viola o omette gli obblighi comportamentali e informativi previsti dall'art. 21 del TUF e dagli artt. da 26 a 29 del Regolamento Consob, con riguardo al singolo contratto d'investimento?

Mentre, infatti, la violazione di tali obblighi comportamentali, riferita al contratto quadro d'investimento, è espressamente sanzionata dal legislatore, ciò non accade se la stessa violazione concerne il singolo contratto d'investimento finanziario.

Nel contenzioso sottoposto ai giudici di merito si sono avute soluzioni non omogenee, che oscillavano dalla declaratoria di nullità dei contratti di acquisto dei bonds, con conseguente obbligo di restituzione delle somme investite dal cliente [[21]], alla responsabilità della banca per inadempimento, che conduce talvolta alla risoluzione del contratto di acquisto, pronunciata a norma dell' art. 1453 c.c. [[22]], altre volte alla condanna della banca al risarcimento del danno cagionato al cliente [[23]], secondo la regola generale dell' art. 1218 c.c.

Vediamo in breve le varie soluzioni proposte.

La tesi della nullità

La giurisprudenza che per prima ha affondato il tema de qua propende per la nullità dei contratti di acquisto dei prodotti finanziari, quando l'intermediario abbia violato gli obblighi che la normativa di settore gli impone di osservare nello svolgimento dei servizi di investimento ed accessori [[24]], non avendo, prima del compimento dell' operazione di compravendita dei titoli, raggiunto un adeguato livello di conoscenza dei prodotti finanziari né informato il cliente dei rischi connessi all'operazione, omettendo inoltre di comunicare l'inadeguatezza dell'investimento rispetto alla sua propensione al rischio e circa la precipitosa riduzione del valore dei titoli acquistati.

I giudice di prime cure che aderiscono a tale interpretazione sostengono che le norme ex artt. 21-23 del T.U.F. (D. Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58) e gli artt. da 26 a 30 Regolamento Consob n. 11522/98 hanno carattere imperativo, in quanto norme rivolte alla tutela di interessi di natura pubblicistica: da ciò consegue che la loro violazione determina la nullità del contratto di acquisto dei titoli, ai sensi dell' art. 1418, 1° comma c.c. secondo tale ricostruzione si scinde la prestazione professionale dell'intermediario in una obbligazione di prestazione e in una obbligazione di protezione; pertanto anche la sola violazione di quest'ultima è causa di nullità dell'intera operazione negoziale, proprio in ragione dei primari interessi statali alla tutela del mercato finanziario e alla tutela degli investitori.

Chiaramente tale interpretazione risulta fortemente influenzata dagli orientamenti comunitari (si veda a titolo d'esempio la legge sulla multiproprietà, sulla vendita fuori dei locali commerciali, o quella sui pacchetti viaggio tutto compreso) che propendono verso la formulazione della cd. Nullità virtuale di protezione (sul punto si veda da ultimo il Codice del consumo).

La tesi dell'inadempimento- risoluzione-annullabilità

Secondo altri giudici di merito in tali casi dovranno applicarsi le regole relative alla risoluzione del contratto per inadempimento, ovvero per vizio del consenso, o per errore rilevante. [[25]].

La banca, violando gli obblighi informativi che derivano, dal contratto-quadro, incorre nella responsabilità di cui all' art. 1218 c.c. Al suddetto contratto va quindi riferita l'azione di inadempimento esercitata dal risparmiatore, anziché al contratto con il quale l' investimento è stato realizzato.

Il giudice dovrà valutare l'illegittimità del comportamento tenuto dall'intermediario e la sua efficienza causale sul danno allegato dall'attore: dovrà, pertanto, accertarsi in giudizio che, ove la banca avesse prontamente ed adeguatamente informato il cliente circa la natura dell' investimento, questi non avrebbe compiuto l' operazione o l'avrebbe realizzata con modalità diverse [[26]] evitando o comunque limitando il pregiudizio sofferto [[27]].

Il risparmiatore potrà, in alternativa all'azione risarcitoria, esercitare l'azione di risoluzione ai sensi dell' art. 1453 c.c., ove ritenga che l'inadempimento della banca sia tale da pregiudicare del tutto l'equilibrio del rapporto contrattuale, impedendone così la prosecuzione.

Altra variante interpretative all'interno di questo orientamento propende per la tesi della risoluzione del contratto accompagnata dal risarcimento del danno, sulla base di un argomentazione testuale e sistematica [[28]]. Più precisamente si ritiene che "l'espressa previsione, per l'ipotesi di inosservanza degli obblighi di condotta di cui all'art. 21, comma 1, TUF, della sanzione del risarcimento del danno, è chiaramente sintomatica dell'opzione legislativa per la riconducibilità della violazione alla categoria dell'inadempimento contrattuale, piuttosto che della invalidità negoziale (cfr. art. 23, ultimo comma, TUF)" e si afferma l'evidente simmetria della fattispecie de qua con quella del consenso informato in materia di responsabilità medica (e professionale in genere).

Alcuni giudicanti hanno ritenuto che l'esplicita menzione dell'inversione dell'onere della prova ex art. 23, ultimo comma, TUF, è chiaramente sintomatica dell'intenzione del legislatore di optare per la soluzione risolutoria e risarcitoria, in quanto se si optasse per la tesi della nullità tale richiamo normativo sarebbe inutile [[29]].

Secondo tali ricostruzioni non può parlarsi di nullità virtuale dei contratti di negoziazione, "perché la negoziazione non è un atto di autonomia dotato di una propria causa ma è un negozio di attuazione del mandato" [[30]]

La tesi della responsabilità precontrattuale

Sul tema è intervenuta di recente la Corte di Cassazione (29 sett. 2005, n. 19024) la quale ha stabilito che l'inosservanza dei vincoli di forma e dei doveri informativi prescritti per le dichiarazioni relative alle operazioni compiute dall'intermediario finanziario è fonte di responsabilità precontrattuale (ex art 1337), relativa alla conclusione di un contratto valido ed efficace ma sconveniente.

La conclusione raggiunte dalle corti di merito non convincono la Cassazione, in particolare la tesi della nullità per nullità virtuale.

Il fondamento giuridico della decisione è la nullità virtuale, ossia la sanzione che l'ordinamento commina ai contratti "contrari a norme imperative"; si tratta di una norma di chiusura, avente cioè carattere residuale, che può trovare applicazione solo quando la legge non preveda una sanzione espressa per il negozio contra legem.

La corte stabilisce che "la "contrarietà" a norme imperative, considerata dall'art. 1418, primo comma, c.c., quale "causa di nullità" del contratto, postula, infatti, che essa attenga ad elementi "intrinseci" della fattispecie negoziale, che riguardino, cioè, la struttura o il contenuto del contratto (art. 1418, secondo comma, c.c.) I comportamenti tenuti dalle parti nel corso delle trattative o durante l'esecuzione del contratto rimangono estranei alla fattispecie negoziale e s'intende, allora, che la loro eventuale illegittimità, quale che sia la natura delle norme violate, non può dar luogo alla nullità del contratto; a meno che tale incidenza non sia espressamente prevista dal legislatore [[31]].

Norme imperative, ai fini dell' applicazione della citata norma, sono innanzi tutto quelle che mirano alla tutela di interessi di carattere generale e che perciò sono inderogabili in senso assoluto per tutti i soggetti di diritto.

La Cassazione ritiene pertanto necessario rivalutare gli obblighi comportamenti prescritti in capo agli intermediari finanziari alla luce degli artt. 1337-1338.

Parte della dottrina legge gli artt. 1337- 1338 in chiave sistematica: il comportarsi secondo buona fede nelle trattative induce un collegamento con le norme di analoga portata ex artt. 1175 e 1375, affermando un'assimilazione tra gli obblighi di correttezza, che insistono nella fase delle trattative, con gli obblighi di protezione nell'esecuzione del rapporto contrattuale; parificando, di conseguenza, il trattamento sanzionatorio in caso di inadempimento agli obblighi stessi, ovvero l'applicazione delle regole ex art. 1218 e ss cc.

Sulla stessa scia di pensiero altri autori sottolineano come dagli artt. 1337-1338 nasca un cd obbligo di protezione puro, ovvero un obbligo di protezione della controparte negoziale che prescinde da una prestazione specifica, la cui violazione incide sul contatto sociale qualificato che si è istaurato tra le parti.

Si ritiene ormai superata la tesi secondo cui con la stipula del contratto ogni questione relativa agli obblighi comportamentali prenegoziali sia preclusa, in quanto la tutela del contraente sarebbe affidata solo alle norme in tema di invalidità ed inefficacia del contratto.

La tesi oggi più accreditata dalla giurisprudenza afferma che la responsabilità precontrattuale si estende, non solo ai casi di trattative infruttuose o di stipula di contratti invalidi, ma anche ai casi per cui la trattativa abbia per esito la conclusione di un contratto valido ed efficace, ma pregiudizievole per la vittima del comportamento scorretto.

Parte della dottrina [[32]], riprendendo la tradizionale ripartizione tra norma sull'atto e norme sul comportamento, ritiene che le norma ex artt. 1337-1338, siano norme sul comportamento e quindi la loro violazione comporti esclusivamente risarcimento del danno.

La Cassazione con la sentenza n. 19024/05 da atto del ruolo centrale dell'art. 1337 cc, il quale assume valore di clausola generale applicabile anche alle ipotesi in cui la trattative si è conclusa, ma il contratto risulta pregiudizievole per la parte vittima di comportamenti scorretti.

In tale ipotesi risulta difficile riconoscere quale risarcimento del danno il solo interesse negativo, così come è stato tradizionalmente inteso; si è rivisitato il criterio di calcolo dell'interesse negativo, non escludendo la possibilità che il soggetto leso dal comportamento scorretto dia prova di "danni ulteriori".

Il danno lamentato dalla vittima consiste non nella lesione dell'interesse all'esecuzione del rapporto contrattuale (c.d. interesse positivo), ma nel c.d. interesse negativo, consiste nel pregiudizio subito:

1. per aver inutilmente confidato nella conclusione o nella validità del contratto ovvero;

2. per aver stipulato un contratto che senza l'altrui ingerenza non avrebbe stipulato o avrebbe stipulato a condizioni diverse.

Parte della dottrina [[33]] ha visto di buon occhio l'apertura fatta dalla Corte di Cassazione in tema di valutazione del danno nella responsabilità precontrattuale: il problema si verifica non solo nei casi di dolo incidente, ma anche nei casi di cd. vizi incompleti [[34]].

In tali ipotesi il criterio di calcolo dell'interesse negativo, normalmente utilizzato, la cui ratio è quella di porre il soggetto leso nella posizione in cui si sarebbe trovata se non avesse iniziato la trattativa, sarebbe inutile. La Cassazione propone il criterio di risarcimento ragguagliato al minor vantaggio o al maggior aggravio economico determinato dal contegno sleale di una delle parti [[35]], a seconda delle circostanza. Pur apprendo tale apertura non può non sottolinearsi l'indeterminatezza data all'interpreta per individuare il quantum da risarcire [[36]].

Autore: Dott. Luca D'Apolllo - tratto da: www.altalex.com

Note:

[1] Sono Imprese di investimento,ai fini dell' applicazione della normativa de quo, le Sim e le imprese, diverse dalle banche, autorizzate a svolgere servizi di investimento ed aventi sede legale in uno Stato comunitario diverso dall' Italia o in uno Stato extra-comunitario (art. 1, 1°comma, lett. h), D.Lgs. 58 cit.)

[2] Art. 21 del T.U.F. (D. Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58).Tali obblighi sono individuati in:

a) comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, nell'interesse dei clienti e per

l'integrità dei mercati;

b) acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre

adeguatamente informati;

c) organizzarsi in modo tale da ridurre al minimo il rischio di conflitti di interesse e, in situazioni di

conflitto, agire in modo da assicurare comunque ai clienti trasparenza ed equo trattamento;

d) disporre di risorse e procedure, anche di controllo interno, idonee ad assicurare l'efficiente

svolgimento dei servizi;

e) svolgere una gestione indipendente, sana e prudente e adottare misure idonee a salvaguardare

i diritti dei clienti sui beni affidati.

[3] In tal senso CAFARO, I prodotti finanziari non sono per tutti: la banca deve selezionare la clientela (oltre ad informare), in www.dirittoegiustizia.it

[4] Art. 23, 1° comma, D.Lgs. 58/98 e art. 30, 1° comma, Regol. Consob n° 11522/98.

[5] In tal senso espressamente BARZAGHI, Bond Cirio, Parmalat e Argentina: come tutelare il risparmiatore nella giungla dei rimedi giurisdizionali (Altalex).

[6] L'art. 30 del Regolamento, nel ribadire che gli intermediari autorizzati non possono fornire i propri servizi se non sulla base di un apposito contratto scritto, prevede inoltre che tale contratto debba:

a) specificare i servizi forniti e le loro caratteristiche;

b) stabilire il periodo di validità e le modalità di rinnovo del contratto, nonché le modalità da adottare

per le modificazioni del contratto stesso;

c) indicare le modalità attraverso cui l'investitore può impartire ordini e istruzioni;

d) prevedere la frequenza, il tipo e i contenuti della documentazione da fornire

all'investitore a rendiconto dell'attività svolta;

e) indicare e disciplinare, nei rapporti di negoziazione e ricezione e trasmissione di ordini, le modalità

di costituzione e ricostituzione della provvista o garanzia delle operazioni disposte, specificando

separatamente i mezzi costituiti per l'esecuzione delle operazioni aventi ad oggetto strumenti

finanziari derivati e warrant;

f) indicare le altre condizioni contrattuali eventualmente convenute con l'investitore per la

prestazione del servizio.

[7] Si veda in tal senso la direttiva 15-3-1993, n. 93/6/CEE, ma soprattutto la direttiva 10-5-1993, n. 93/22/CEE; per quanto concerne la normativa nazionale cfr. Legge n. 1/1991, a cui è seguito il D. Lgs. n. 145/1996 (che da attuazione alle due direttive CEE del 1993) cd. Decreto Eurosim; infine D. Lgs 24-2-1998, n. 58 (TUIF) ed anche Regolamento Consob n. 11522/1998.

[8] Così espressamente LOBUONO, La responsabilità degli intermediari finanziari, Edi, 1998, p. 26 ss.

[9] In tal senso LOBUONO, La responsabilità degli intermediari finanziari, Edi, 1998, p. 22; cfr REALMENTE, Doveri di informazione e responsabilità precontrattuale nell'attività di intermediazione mobiliare, in L'intermediazione mobiliare, a cura di MAZZAMUTO e TERRANOVA, Napoli, 1993, p. 109 e ss; CASTRONOVO, Il diritto civile della legislazione nuova. La legge sulla intermediazione mobiliare, in Banca borsa, tit. cred., 1993, I, p. 330.

[10] Per un ampio quadro della situazione si veda Trib. Genova, sez. I, 18-4-2005, Trib. Genova, sez. I, 15-5-2005, Trib. Mantova, sez. II, 1-12-2004, Trib. Venezia, sez. II, 22-11- 2004, in Danno e resp., 6,2005, p. 604 ss.

[11] Sono Imprese di investimento,ai fini dell' applicazione della normativa de quo, le Sim e le imprese, diverse dalle banche, autorizzate a svolgere servizi di investimento ed aventi sede legale in uno Stato comunitario diverso dall' Italia o in uno Stato extra-comunitario (art. 1, 1°comma, lett. h), D.Lgs. 58 cit.).

[12] LOBUONO, op. cit.

[13] Si ex multis Trib. Rovereto, sent. n. 31, del18 gennaio 2006, in www.ilcaso.it.

[14] Così espressamente Trib. Rovereto, sent. n. 31, del 18 gennaio 2006

[15] Ancora Trib. Rovereto, sent. n. 31, del 18 gennaio 2006, cit. In dottrina LOBUONO, La responsabilità degli intermediari finanziari, cit., p. 27 ss, il quale richiama la tesi di BOCHICCHIO, Intermediazione mobiliare e al pubblico risparmio nella disciplina del mercato mobiliare, in Tratt. dir. comm. pubb. ec., diretto da GALGANO, XX, Padova, 1994, p. 5 ss

[16] Il Trib. Rovereto sent. n. 31/06 sottolinea che "dal contratto scaturisce dunque il rapporto gestorio costituito da un complesso di diritti ed obblighi reciproci tra le parti, tra i quali è caratteristico l'obbligo dell'agente di impiegare la propria attività per la realizzazione dell'interesse del mandante. Gli obblighi di comportamento previsti dall'art. 21 del TUF e dagli artt. da 26 a 29 del Regolamento, lungi dall'essere obblighi precontrattuali, contrassegnano proprio lo svolgimento del rapporto gestorio finalizzato alla realizzazione dell'interesse del cliente, e quindi ad orientare correttamente le sue scelte di acquisto di prodotti finanziari in coerenza al suo profilo di rischio".

[17] Sul punto ampiamente Trib. Rovereto, sent. n. 31, del 18 gennaio 2006, cit.

[18] Ancora espressamente Trib. Rovereto, sent. n. 31, del 18 gennaio 2006, cit.

[19] In tal senso espressamente BARZAGHI, op. cit.

[20] Tribunale Genova, sentenza 15.03.2005 n° 1230

[21] In questo senso: Trib. Palermo, III sez. civile, sent. 07/07/05, n° 3293; Trib. Ferrara, sentenze 25/02/05, n°217 e 1594; Trib. Taranto, sent. 22/11/04, n° 2273; Trib. Mantova, sent. 18/03/04, n° 614; Trib. Bologna, sez. II civile, sentenza 31/10/05, n° 1842.

[22] In questo senso: Trib. Genova, sent. 15/03/05, n° 1230.

[23] Trib. Milano, sez. civ., sent. 25/07/05.

[24] Ex multis Trib. Palermo, III sez. civile, sent. 07/07/05, n° 3293; Tribunale di Mantova, sentenza 18.03.2004;

[25] Trib. Milano, sez. civ., sent. 25/07/05; Trib. Genova, sent. 15/03/05, n° 1230

[26] Trib. Milano, sez. civ., sent. 05/01/06, Tribunale Foggia, sez. II civile, sentenza 21.04.2006, Tribunale Genova, sentenza 15.03.2005 n° 1230

[27] In tal senso espressamente BARZAGHI, Bond Cirio, Parmalat e Argentina: come tutelare il risparmiatore nella giungla dei rimedi giurisdizionali (Altalex).

[28] Tribunale Foggia, sez. II civile, sentenza 21.04.2006.

[29] Da ultimo sul punto Trib. Rovereto sent. n. 31/06, cit.

[30] Trib. Rovereto sent. n. 31/06, cit.

[31] Cassazione, sentenza 29 settembre 2005 n. 19024

[32] Roppo e Afferni, Dai contratti finanziari al contratto in genere: punti fermi della Cassazione su nullità virtuale e responsabilità precontrattuale, Danno e resp., 1, 2006, p. 29 ss

[33] Roppo e Afferni, Dai contratti finanziari al contratto in genere: punti fermi della Cassazione su nullità virtuale e responsabilità precontrattuale, Danno e resp., 1, 2006, p. 29 ss.

[34] Ad esempio errore sui motivi determinante del consenso e riconosciuto da controparte, Roppo e Afferni, op. cit ult., Danno e resp., 1, 2006, p. 29 ss.

[35] Criterio già proposto da Bianca, op. cit., 3.

[36] Così Roppo e Afferni, op. cit ult., Danno e resp., 1, 2006, p. 29 ss.