Codice delle assicurazioni ed indennizzo diretto

 

Il Decreto Legislativo 7 settembre 2005, n. 209, in G.U. n. 239 del 13 ottobre 2005 - S.O. n. 163, rubricato "Codice delle assicurazioni private" (di seguito, per semplicità, Codice) è entrato in vigore il primo gennaio 2006 ed ha segnato un profondo riassetto in materia di assicurazioni.
Inevitabilmente, la riforma in esame è stata accompagnata da una scia di questioni interpretative che hanno alimentato numerosi dibattiti in seno alla dottrina più attenta.

Venendo più da vicino alle disposizioni del Codice deve sottolinearsi come molteplici siano stati i principi e criteri direttivi propri della legge delega n. 229/2003, quali:

  • l'adeguamento della normativa alle disposizioni comunitarie e agli accordi internazionali,
  • la tutela dei consumatori e, in generale, dei contraenti più deboli, sotto il profilo della trasparenza delle condizioni contrattuali, nonché dell'informativa preliminare, contestuale e successiva alla conclusione del contratto, avendo riguardo anche alla correttezza dei messaggi pubblicitari e del processo di liquidazione dei sinistri, compresi gli aspetti strutturali di tale servizio,
  • la salvaguardia dell'effettiva concorrenza tra le imprese autorizzate all'esercizio dell'attività assicurativa in Italia o operanti in regime di libertà di prestazioni di servizi,
  • la previsione di specifici requisiti di accesso e di esercizio per le società di mutua assicurazione esonerate dal pieno rispetto delle norme comunitarie, nonché per le imprese di riassicurazione,
  • la garanzia di una corretta gestione patrimoniale e finanziaria delle imprese autorizzate all'esercizio dell'attività assicurativa, anche nell'ipotesi di una loro appartenenza ad un gruppo assicurativo, nonché con riferimento alle partecipazioni di imprese assicurative in soggetti esercenti attività connesse a quella assicurativa e di partecipazione di questi ultimi in imprese assicurative,
  • l'armonizzazione della disciplina delle diverse figure di intermediari nell'attività di distribuzione dei servizi assicurativi, compresi i soggetti che, per conto di intermediari, svolgono questa attività nei confronti del pubblico,
  • l'armonizzazione della disciplina sull'esercizio e sulla vigilanza delle imprese di assicurazione e degli intermediari assicurativi alla normativa comunitaria,
  • la riformulazione dell'apparato sanzionatorio alla luce dei principi generali in materia: 1) affiancando alle ipotesi di ricorso alla sanzione amministrativa pecuniaria nei riguardi di imprese e operatori del settore, la previsione di specifiche sanzioni penali, modulate tra limiti minimi e massimi, nei casi di abusivo esercizio di attività assicurativa, agenziale, mediatizia e peritale da parte di imprese e soggetti non autorizzati o non iscritti ai previsti albi e ruoli ovvero di rifiuto di accesso, opposto ai funzionari dell'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (Isvap), agli uffici o alla documentazione relativa alle anzidette attività, anche esercitate in via di fatto o, infine, di truffa assicurativa; 2) prevedendo la facoltà di difesa in giudizio da parte dell'Isvap, a mezzo dei suoi funzionari, nei ricorsi contro i provvedimenti sanzionatori di cui all'articolo 6 della legge 5 marzo 2001, n. 57;
  • il riassetto della disciplina dei rapporti tra l'Isvap e il governo, in ordine alle procedure di crisi cui sono assoggettate le imprese di assicurazione.

Nonostante i numerosi criteri direttivi appena enunciati deve evidenziarsi come il legislatore della riforma abbia perso l'occasione di inserire nel Codice - cosa che ben avrebbe potuto fare alla luce del dettato della stessa legge n. 229/2003 - elementi tali da comportare una effettiva semplificazione "sostanziale" e una (anche solo parziale) "deregolazione" della materia, oltre al consolidamento "formale".

Ed invero, ha precisato il Consiglio di Stato come "lo schema in oggetto non sembra sfruttare in pieno le potenzialità della delega, che come si è detto consentono comunque un intervento di riforma sostanziale e non solo di riordino formale.
Va, infatti, ribadito come . l'operazione del Governo non mira tanto ad una effettiva semplificazione della materia - che non viene peraltro evidenziata né dalla relazione né dallo schema di articolato - ma si limita piuttosto ad una raccolta organica delle norme del settore e ad alcune, certamente rilevanti, innovazioni richieste dalla delega (come, ad esempio, quelle relative all'accresciuta competenza sul piano normativo dell'ISVAP .)" (Parere, 14 febbraio 2005, n. 11603 - Presidente Cossu - avente ad oggetto <<Schema di decreto legislativo recante "Riassetto delle disposizioni vigenti in materia di assicurazioni. Codice delle assicurazioni">>.).
Per quanto gli anzidetti principi di diritto appaiano in verità condivisibili ed in taluni punti anche scontati, il Codice, come si è avuto modo di anticipare, solleva diverse questioni interpretative soprattutto avuto riguardo all'impatto che lo stesso spiega nella professione forense.
Nel sistema risarcitorio previsto dal Codice si rilevano i punti di novità che maggiormente interessano la classe forense e, quindi, di riflesso, anche i privati - siano essi danneggiati o danneggianti - coinvolti nel sinistro stradale.
Risulta evidente come ad una compressione del ruolo dell'avvocato consegua, inevitabilmente, una restrizione di tutela per i privati i quali si vengono in tal modo a trovare in balia del tempestoso mare del procedimento per indennizzo senza un valido timoniere.
In definitiva, l'aver voluto relegare la figura dell'avvocato e il suo intervento professionale esclusivamente al momento del mancato accordo tra assicurato ed assicuratore non solo non facilita il raggiungimento dell'obiettivo di una riduzione dei premi assicurativi, conseguente ad una riduzione di spese da parte delle assicurazioni, ma solleva più di un dubbio di legittimità costituzionale.
Ad una attenta lettura delle norme, il sistema appare più farraginoso di quanto non lo fosse già sotto il vigore della vecchia normativa rappresentata, come noto, da un quadro piuttosto composito ed articolato.
Il tutto lascia quindi intendere non già una diminuzione bensì un implemento della litigiosità con la conseguenza di dover necessariamente assegnare all'avvocato, ancora una volta, e di là dai più o meno palesi intenti del legislatore, un ruolo centrale e di primo piano.
E d'altronde il più recente insegnamento della Suprema Corte non sembra lasciare spazi a dubbi di sorta (sez. III civile, sentenza 31.5.2005, n. 11606).
Chiamata a stabilire se il danneggiato a seguito di incidente stradale abbia diritto di farsi assistere da un legale anche nella fase pregiudiziale e di ottenere, quindi, il rimborso del relativo compenso ovvero, nel caso contrario, se la negazione di tale diritto venga a costituire una violazione del diritto di difesa del danneggiato, la Corte ha stabilito che se da un lato è vero che nulla vieta al legislatore, per varie ragioni di ordine pubblico, di subordinare l'esercizio dei diritti a controlli o condizioni (che quindi non sono affatto estranei al processo, ma mirano a delimitarne il thema decidendum in contraddittorio fra le parti), dall'altro lato, è innegabile che nel prevedere le eccezioni alla regola generale il legislatore debba rispettare il fondamentale principio di uguaglianza delle parti e il correlativo diritto di difesa, garantito dall'art. 24, comma secondo, della Costituzione, rispetto al quale il contraddittorio fra le parti si pone quale suo indispensabile presupposto.
Espressamente ha precisato la Suprema Corte: "È ciò che accade nel procedimento per il risarcimento del danno dovuto alla circolazione stradale.
Esso inizia con la spedizione della lettera raccomandata inviata dal danneggiato all'assicuratore dell'auto del presunto danneggiante, al fine di consentire ,fra le parti una, prima verifica delle rispettive pretese e, quindi, di conseguire 1'eventuale composizione bonaria della vertenza.
Non è dubbio che l'attuale sistema legislativo in materia di assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile da circolazione stradale, composto di vari interventi legislativi susseguitisi nel tempo, non è di agevole conoscenza da parte degli utenti e che non tutti hanno il tempo disponibile per l'adempimento delle relative formalità.
Tale rilievo . vale . a far riconoscere le spese stragiudiziali come conseguenza del fatto lesivo, ma non sposta il tema della decisione, che è quello di stabilire se il danneggiato ha diritto di farsi assistere da un legale anche nella fase pregiudiziale e di ottenere, quindi, il rimborso del relativo compenso ovvero, nel caso contrario, se la negazione di tale diritto venga a costituire una violazione del diritto di difesa del danneggiato.
Vale allora considerare che l'intervento di un professionista, sia esso un legale o un perito di fiducia, così come previsto dall'art. 5 ultimo comma legge 5 marzo 2001 n. 57 e come affermato nel regime precedente dalla Corte di cassazione (Cass. civ. 12.10.98 n. 11090, in Giust. civ., 1999, I, 422) è necessario non solo per dirimere eventuali divergenze su punti della controversia, quanto per garantire già in questa prima fase la ove si osservi che l'istituto assicuratore non solo e' economicamente piu' forte,ma anche tecnicamente organizzato e professionalmente attrezzato per affrontare tutte le problematiche in materia di risarcimento del danno da circolazione stradale,, attesa la complessità e molteplicità dei principi regolatori della materia".
Alla luce di questa ampia e condivisibile premessa, i Giudici del Suprema Collegio hanno affermato il principio di diritto in base al quale "nella speciale procedura per il risarcimento del danno da circolazione stradale, introdotta con legge n. 990 del 1969 e sue successive modificazioni, il danneggiato ha diritto, in ragione del suo diritto di difesa, costituzionalmente garantito di farsi assistere da un legale di fiducia e, in ipotesi di composizione bonaria della vertenza, ad ottenere il rimborso delle relative spese legali".
L'accento si pone proprio sull'importanza da attribuire al ruolo dell'avvocato nelle diverse fasi del procedimento risarcitorio cercando di mettere a fuoco i termini del problema ed avendo cura di proporre opzioni interpretative aderenti all'esigenza di tutela dei soggetti assicurati - danneggiati e, soprattutto, allo spirito del dettato costituzionale in tema di diritto di difesa.
Dettato che, come noto, non permette compromissione alcuna garantendo a tutti la difesa quale diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento (art. 24).
L'autentica novità introdotta dal Codice è rappresentatata dalla procedura di risarcimento diretto, si sottolinea come proprio a questa novità siano connessi i maggiori problemi interpretativi: dall'estensione del Cid da modello convenzionale e modello la cui fonte risiede direttamente nella legge, alla questione dei costi di lite sostenuti dalla impresa assicurativa del danneggiato.
Nelle previsioni di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 18 luglio 2006, n. 254 (rubricato "Regolamento recante disciplina del risarcimento diretto dei danni derivanti dalla circolazione stradale, a norma dell'articolo 150 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209 - Codice delle assicurazioni private", in G.U. 28.08.2006, n. 199, S.G.) si fa molto affidamento sulla procedura dell'indennizzo diretto che si ritiene "dovrà consentire effettivi benefici per gli assicurati, attraverso l'ottimizzazione della gestione, il controllo dei costi e l'innovazione dei contratti che potranno contemplare l'impiego di clausole che prevedano il risarcimento del danno in forma specifica con contestuale riduzione del premio per l'assicurato" (art. 14).
Il tutto tenendo ben presente il ruolo che spetta all'avvocato, in una interpretazione cum grano salis della normativa, e l'effettività, o meno, del raggiungimento dell'obiettivo del reale abbattimento dei costi di assistenza legale.
Si riporta di seguito la lettera del Presidente dell'Organismo Unitario dell'Avvocatura Italiana, indirizzata al Presidente del Consiglio dei Ministri e finalizzata ad una più attenta analisi del ruolo da assegnare agli avvocati nel rinnovato sistema delle assicurazioni private.
"Illustre Presidente,
faccio seguito con la presente alla mia precedente comunicazione, di pari oggetto, inviata in data 27 luglio scorso, avendo appreso dei contenuti del parere, emanato dal Consiglio di Stato al termine della seduta del 19 dicembre scorso, in merito al regolamento di attuazione dell'art. 150 (risarcimento diretto) del Codice delle Assicurazioni in vigore dal 1 gennaio del corrente anno, richiesto dal ministero delle Attività Produttive, nella responsabilità dell'On. Claudio Scaiola, in esito ai lavori della Commissione seguita direttamente dal Sottosegretario On. Roberto Cota.
Naturalmente intendo riferirmi in particolare alla parte di detta normativa che attraverso la previsione dell'indennizzo diretto da parte della compagnia assicuratrice del danneggiato, salva la rivalsa di questa avverso la compagnia del danneggiante, tende ad escludere la ripetibilità delle spese di assistenza legale stragiudiziale.
Come già ebbi modo di evidenziare alla Sua attenzione, a contrario delle iniziative in questione, ed a tutela degli interessi dei cittadini danneggiati ed a salvaguardia della pienezza del loro diritto di difesa, l'avvocatura italiana non può che contrastare la prevista e da taluni auspicata negazione della liquidazione dell'intervento legale già in fase stragiudiziale, che costituisce invece opera di assistenza che, grazie all'apporto degli avvocati - la cui esperienza e qualificazione professionali sono garanzia di serietà ed onestà - lungi dal poter essere qualificato come inutile o peggio strumentale, è funzionale da un lato al conseguimento della soddisfazione piena e puntuale dei diritti delle parti lese e dall'altro anche alla legittima aspettativa delle imprese assicuratrici di non vedere dilatato il proprio obbligo risarcitorio oltre i limiti del danno corrispettivo.
Tutto ciò è in linea con i principi cui l'Avvocatura si richiama, appare anche una recente pronuncia della Suprema corte di Cassazione, e precisamente la sentenza emessa dalla Sezione terza civile -sentenza 11606/05, che stabilisce, con ineccepibile motivazione, che il cittadino-danneggiato è portatore del diritto, costituzionalmente garantito, di farsi assistere da un professionista per ottenere il risarcimento del danno dubito e che l'onorario di quest'ultimo è comunque dovuto dall'assicuratore. Laddove la contrastata normativa venisse approvata ed introdotta nell'ordinamento, si produrrebbe una ingiustificata e grave lesione dei diritti delle Vittime della Strada, a vantaggio dei già non modesti profitti delle compagnie e nella illusoria prospettiva di improbabili riduzioni tariffarie, la cui assoluta genericità ed indeterminatezza è oggi stata censurata anche dalla Corte dei Conti.
Sono certa che non potrà che convenire sul fatto che è del tutto inaccettabile che ancora una volta a pagare siano i cittadini, indotti dalla apparente efficienza del risarcimento diretto, ad accettare senza alcuna discussione le somme, ancorché insufficienti, che verranno loro offerte.
Se da un lato è per noi motivo di soddisfazione il verificare come il Consiglio di Stato abbia inteso recepire le censure che l'Oua aveva avanzato in merito alla totale assenza di qualsivoglia garanzia per il cittadino in relazione al promesso e vantato calo dei costi dei premi assicurativi, dall'altro è certamente sconcertante, per altro non dire, constatare come le ulteriori censure mosse dall'avvocatura, fondate e prevalenti, non abbiano trovato alcuna attenzione. A tale riguardo sta proseguendo in tutti i Fori la raccolta di firme avviata dall'Oua e fatta propria da Ordini e Associazioni Forensi, sul documento di protesta varato dalla Giunta nello scorso mese di ottobre.
Per tali ragioni Le chiedo di voler dispiegare il Suo autorevole intervento, a che sia possibile in tempi rapidissimi non soltanto un incontro con il Ministro Scaiola e il Sottosegretario Cota, ma anche l'avvio del ventilato "tavolo tecnico" per la revisione del regolamento di attuazione del Codice delle Assicurazioni, sì da cogliere l'occasione rappresentata dalla "bocciatura" operata dal Consiglio di Stato per poter riesaminare anche i profili di tutela del cittadino che maggiormente ci stanno a cuore.
Con l'auspicio che, almeno in questa occasione, le legittime e fondate istanze dell'avvocatura non rimangano inascoltate, La ringrazio anticipatamente per l'interessamento e l'attenzione che vorrà riservarci e Le porgo rispettoso ossequio".
Le molteplici questioni sottese all'entrata in vigore del Codice già fanno parlare, da parte di taluni, di un bilancio fallimentare della neonata riforma.
Essendo compito dell'interprete analizzare la normativa senza lasciarsi trasportare né dalla tentazione di aderire a questa o quella corrente politica, né dalla voglia di far prevalere punti di vista soggettivi, magari privi di saldi ancoraggi nei principi generali dell'ordinamento giuridico, si opta per un'analisi squisitamente tecnica delle norme del Codice senza, naturalmente, sottacere critiche laddove si vedano violate le disposizioni costituzionali.
Più incline alla soluzione poi accolta dal legislatore della riforma è stata l'Autorità Garante della Concorrenza e del mercato la quale, in più occasioni, ha avuto modo di sollecitare la scelta della procedura per indennizzo diretto.
Ha precisato in proposito tale Autorità come "il Codice delle Assicurazioni, poiché esso abroga buona parte della normativa vigente in materia di assicurazione RC Auto, ed in particolare la legge n. 990/1969, potrebbe, nel rispetto dei limiti imposti dalla delega parlamentare, intervenire proprio sul tema dell'indennizzo diretto.
(.) uno dei principali ostacoli allo sviluppo di effettive condizioni di concorrenza in tale mercato è rappresentato dalla particolare natura del rapporto contrattuale che si instaura: poiché nella RCA l'indennizzato non è il cliente dell'assicurazione, ma tipicamente è una terza parte senza vincoli contrattuali con la compagnia di assicurazione che deve effettuare il rimborso, ciò riduce per le compagnie di assicurazione la capacità di proporre contratti che incentivino comportamenti virtuosi da parte dei diversi soggetti coinvolti (danneggiati, riparatori, ecc.) evitando che ciascuno di costoro, per negligenza o per interesse economico, contribuisca ad elevare artificialmente l'ammontare del rimborso.
Più in generale, una relazione economica che si instaura tipicamente <<sutre lati>>, cioè tra compagnia di assicurazione, assicurato che paga il premio e danneggiato che riceve l'indennizzo, compromette le stesse condizioni attraverso le quali il meccanismo concorrenziale potrebbe efficacemente operare per tenere bassi i costi. Infatti, l'assicurato che è chiamato ad esercitare la sua scelta tra compagnie di assicurazione in concorrenza è di fatto indifferente alla qualità del servizio nella fase di liquidazione; inoltre, le compagnie determinano i premi e la qualità del servizio, avendo come riferimento una prestazione economica differita nel tempo e rivolta a un soggetto - il danneggiato - diverso da quello che ha acquistato la polizza.
In altri termini, il ricorso a forme di indennizzo indiretto del danno - in base al quale la vittima di un sinistro è risarcita dalla compagnia che assicura il responsabile dello stesso - riduce gli incentivi delle imprese al controllo dei costi e può compromettere l'efficace operare del meccanismo concorrenziale.
Per fronteggiare tali problematiche, in numerosi paesi si sono introdotti meccanismi di indennizzo diretto dei danni derivanti dalla circolazione stradale, pur mantenendosi nell'ambito di un sistema di responsabilità civile.
Un sistema di assicurazione RC Auto basato sull'indennizzo diretto presenta numerosi pregi sotto il profilo di tutela della concorrenza: stimola la ricerca della migliore impresa da parte dei potenziali clienti; incentiva le imprese assicurative ad una concorrenza sulla qualità del servizio poiché chi gode dei miglioramenti qualitativi è il cliente dell'impresa che investe in detti miglioramenti (in tal modo le singole imprese di assicurazione hanno anche maggiori incentivi alla stipula di accordi con carrozzerie convenzionate per ottenere condizioni migliori); favorisce il controllo dei costi consentendo alle imprese maggiori margini di manovra sul livello dei premi al fine di attirare il maggior numero di clienti.
Invero, detti stimoli di tipo concorrenziale, anche conseguenti ai numerosi vantaggi in termini di efficienza connessi all'indennizzo diretto, possono essere pienamente conseguiti solo a condizione che il meccanismo di indennizzo sia adeguatamente configurato, laddove la cosiddetta Convenzione di Indennizzo Diretto (CID), utilizzata in Italia, non è risultata efficace nel conseguire tali obiettivi.
Tra i diversi problemi connessi alla CID (.) in questa sede preme sottolineare il ridotto ambito di applicazione della convenzione medesima.
Infatti, essa si applica ad un numero limitato di sinistri: sinistri conseguenti a collisione tra non più di due veicoli a motore, entrambi identificati e coperti da assicurazione RC Auto, esclusi comunque i ciclomotori e le macchine agricole; sinistri per i quali vi sia accordo tra le parti sull'attribuzione di responsabilità e che abbiano prodotto solo danni a cose (da pochi mesi, anche danni alla persona di lieve entità).
Pertanto, al momento della stipula del contratto le parti non sanno se la CID sarà o meno applicabile ad un eventuale sinistro. Ciò non consente alle imprese di predisporre efficacemente quei contratti ottimali (contratti incentivanti, ricorso a carrozzerie convenzionate) che dovrebbero costituire uno dei principali vantaggi dell'indennizzo diretto, in quanto permettono di instaurare quella relazione continuativa tra impresa di assicurazione e danneggiato che manca nella RC Auto con indennizzo indiretto.
In un contesto siffatto, l'Autorità ritiene che il Codice delle Assicurazioni, nel riorganizzare quasi integralmente la materia in tema di assicurazione RC Auto, possa costituire l'occasione per l'introduzione di talune modifiche normative atte a favorire la realizzazione di un sistema di indennizzo diretto più adeguato a perseguire le finalità di maggiore efficienza e di incremento della concorrenza ad esso associate. Tali modifiche dovrebbero principalmente favorire un ampliamento, in modo conforme a quanto sopra evidenziato, dell'ambito di applicazione dell'indennizzo diretto, da trasformare in prospettiva in strumento obbligatorio per la definizione degli indennizzi RC Auto.
In un'ottica di gradualità, simili obiettivi potrebbero sin d'ora essere realizzati, ad esempio, attraverso la modifica dell'attuale procedura stragiudiziale di risarcimento del danno prevista dall'articolo 182 del Codice delle Assicurazioni (corrispondente all'articolo 3, del d.l. 23 dicembre 1976, n. 857), intitolato "Procedura rapida di risarcimento del danno", di modo che tale procedura venga esperita dal soggetto danneggiato direttamente nei confronti della propria impresa assicuratrice.
La modifica di tale procedura risulta infatti compatibile con il sistema della responsabilità civile, in quanto al danneggiato risulta sempre la possibilità di esperire, nel caso di insuccesso dell'indennizzo diretto, l'azione di risarcimento del danno nei confronti della compagnia del danneggiante, disciplinata dall'articolo 179 (norma corrispondente all'articolo 22 della l. 24 dicembre 1969, n. 990).
Siffatte innovazioni, nell'ampliare la possibilità di applicazione dell'indennizzo diretto, potrebbero altresì essere funzionali al miglioramento complessivo della Convenzione CID, realizzabile ad esempio attraverso l'individuazione di procedure semplificate per l'accertamento della responsabilità nel caso in cui non vi sia accordo tra le parti e dunque non si possa pervenire alla firma congiunta del modulo di denuncia del sinistro.
Simili iniziative, adottate nell'ottica di un aperto confronto con l'insieme dei soggetti coinvolti, appaiono maggiormente efficaci nell'agevolare l'innescarsi di effettive dinamiche competitive nel mercato dell'assicurazione RC Auto, rispetto a quelle misure (si veda ad esempio l'articolo 170) che il Codice delle Assicurazioni ripropone od estende, finalizzate alla realizzazione di complessi sistemi di monitoraggio delle tariffe RC Auto, gestiti da enti pubblici, i quali potrebbero, solo qualora fossero realizzati adeguatamente, contribuire in parte a ridurre il gap informativo dell'acquirente di polizze RC Auto nei confronti delle imprese di assicurazione, ma non sono comunque in grado di incidere direttamente sulle condizioni del mercato ed in ultima analisi sui prezzi praticati per le polizze RC Auto" (parere 1 giugno 2005).
Infine, occorre tenere presente come l'entrata in vigore del Codice abbia avuto sul tessuto normativo nazionale una incidenza, a dir poco, dirompente.
Può senza dubbio affermarsi come la procedura di risarcimento diretto (art. 149 Codice ) rappresenti, al contempo, l'aspetto maggiormente innovativo del Codice e quello più articolato e complesso per le numerose implicazioni teorico - pratiche ad essa sottese.
Contestato integralmente dai più, e caldeggiato da pochi, il sistema del risarcimento diretto vede oggi la luce grazie al regolamento di attuazione di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 18 luglio 2006, n. 254 ("Regolamento recante disciplina del risarcimento diretto dei danni derivanti dalla circolazione stradale, a norma dell'articolo 150 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209 - Codice delle assicurazioni private", in G.U., 28.8.2006, n. 199), tale decreto prevede che la procedura in esame si applica ai sinistri verificatisi a partire dal primo febbraio 2007; per i sinistri che coinvolgono ciclomotori, il regolamento si applica a condizione che i ciclomotori stessi siano muniti di targa ai sensi del D.P.R. 6 marzo 2006, n. 153.
Si pensi, invero, che mentre la norma di cui all'art. 149, II, Codice fa espresso riferimento al "conducente non responsabile", quella di cui all'art. 5, I, del decreto di attuazione permette la richiesta di risarcimento diretto anche al "danneggiato che si ritiene non responsabile, in tutto o in parte, del sinistro".
Non solo. Molti dubbi sorgono anche con riferimento all'Allegato A) al d.p.r. n. 254 in esame che, come noto, detta i criteri di determinazione del grado di responsabilità così ponendosi in contrasto con la norma di cui all'art. 2054 c.c. e, quindi, con il sistema di presunzione di pari responsabilità ivi previsto al secondo comma.
Peraltro, secondo quanto affermato in dottrina "il lungo tempo trascorso tra l'approvazione del Codice, in cui sono contenute le disposizioni che introducono il sistema del risarcimento diretto (in particolare gli artt. 145, comma 2, 149 e 150), e l'approvazione dello schema di Regolamento, è dovuto ad alcune difficoltà obiettive, segnatamente alla necessità di individuare i criteri sia per la determinazione del grado di responsabilità delle parti sia per la regolazione dei rapporti interni tra imprese di assicurazione; e probabilmente anche alla necessità di esplicitare alcuni aspetti non del tutto chiari e colmare delle lacune contenute nella disciplina. In quest'ottica, si è anche voluto differire ulteriormente l'operatività del nuovo sistema per consentire alle compagnie di assicurazione ed agli operatori del settore in genere di prendere confidenza con la nuova normativa" (F.A. Magni, Risarcimento diretto nella r.c. auto: il regolamento di attuazione (più ombre che luci nella nuova disciplina, in Corr. merito, 2006,11,1241).
Per quanto tale procedura rappresenti, come detto, una novità introdotta dal Codice i problemi connessi al passaggio da un'assicurazione di responsabilità civile ad un'assicurazione diretta sono noti già da tempo.
Invero, l'Autorità Garante della concorrenza e del mercato ha avuto modo di precisare in proposito che "il passaggio da un'assicurazione di responsabilità civile ad un'assicurazione diretta pone tuttavia numerosi e difficili problemi, alcuni di natura giuridica - connessi con l'abbandono del tradizionale schema dell'assicurazione della responsabilità civile, impostata sul principio, che trova sanzione negli artt. 2043, 2052 e 1917 c.c., per cui del pregiudizio causato da altri deve rispondere l'autore del fatto lesivo che deve, attesa la sua colpa, risarcirlo integralmente al danneggiato, ovvero assicurarsi a tal fine per tale eventualità - altri di natura economica.
In particolare, un'assicurazione diretta dovrebbe per definizione coprire qualsiasi sinistro subito dal contraente la polizza, a prescindere dalla responsabilità. Trattandosi di una polizza destinata a coprire una gamma di rischi più ampia rispetto a quelli RCA, l'utente potrebbe trovarsi a dover pagare un premio più elevato. Inoltre, laddove le imprese prevedessero meccanismi di experience rating nei contratti (come il bonus-malus), il contraente si troverebbe a pagare un premio più elevato qualora dovesse subire un sinistro senza esserne responsabile: il passaggio dalla responsabilità civile verso terzi all'assicurazione diretta sposterebbe così l'onere connesso all'aumento del premio in conseguenza di un sinistro dal responsabile al danneggiato e contemporaneamente farebbe venir meno la responsabilità di colui che ha causato il danno.
Più in generale, l'indagine conoscitiva ha chiarito come, nell'esperienza internazionale, si evidenzino forti resistenze all'applicazione di un principio di assicurazione diretta e che anche i Paesi che, in via esclusiva o come opzione alternativa, lo accolgono, come alcuni degli Stati USA, hanno introdotto vaste e significative limitazioni e modifiche al suo operare.
La stessa esperienza internazionale, soprattutto con riferimento a Paesi in cui i mercati assicurativi presentano un significativo grado di concorrenza, mostra tuttavia che possono esistere vie intermedie efficaci fra l'attuale modello di responsabilità civile con indennizzo indiretto e l'adozione di forme di assicurazione diretta. Si tratta di sistemi che, pur mantenendo il principio della responsabilità civile verso terzi, in virtù di un'applicazione effettivamente generalizzata di meccanismi di indennizzo diretto, riescono ad ottenere gli stessi effetti, in termini di incentivi all'efficienza, dei sistemi di assicurazione diretta.
Risulta particolarmente interessante l'esperienza della Francia, dove negli ultimi dieci anni il prezzo medio pagato dagli assicurati è rimasto invariato nonostante un tasso di inflazione del 14% nello stesso periodo. Analizzando il sistema francese, è emerso che, pur essendosi mantenuta la responsabilità civile verso terzi, è stato previsto il ricorso all'indennizzo diretto, accompagnato, tuttavia, da un efficace meccanismo di compensazione tra le imprese.
A differenza di quanto oggi avviene in Italia con la Convenzione CID, il ricorso all'indennizzo diretto si estende in Francia alla quasi totalità dei danni a cose e ai danni alle persone al di sotto di una certa soglia di invalidità permanente; ma, soprattutto, la compensazione tra l'impresa del danneggiato che risarcisce il danno subito dal proprio assicurato e l'impresa che assicura il responsabile non avviene, come si verifica con la Convenzione CID, ex post sulla base di quanto effettivamente pagato, bensì prevedendo un importo fisso, determinato ex ante e commisurato al valore medio storico dei risarcimenti pagati in un appropriato periodo di riferimento" (provvedimento 17 aprile 2003, n. 11891).

Venendo all'esegesi della norma di cui all'art. 149, occorre preliminarmente precisare come essa prescriva in capo ai danneggiati - al ricorrere di un sinistro tra due veicoli a motore identificati ed assicurati per la responsabilità civile obbligatoria, dal quale siano derivati danni ai veicoli coinvolti o ai loro conducenti - il dovere (trattasi, quindi, si noti bene, di procedura obbligatoria) di rivolgere la propria richiesta di risarcimento all'impresa di assicurazione che ha stipulato il contratto relativo al veicolo utilizzato.
Cioè a dire, il danneggiato dovrà rivolgersi alla propria società assicurativa e non più a quella del responsabile civile.
La norma in esame, secondo quanto riferito da parte di attenta dottrina, è di dubbia legittimità costituzionale almeno con riferimento alla violazione degli artt. 3 e 76 della Costituzione.
Secondo quanto disposto dal Decreto del Presidente della Repubblica 18 luglio 2006, n. 254 in ordine alle modalità della richiesta di risarcimento, il danneggiato che si ritenga non responsabile del sinistro è tenuto a rivolgere la propria richiesta di risarcimento all'impresa che ha stipulato il contratto relativo al veicolo utilizzato mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento o con consegna a mano o a mezzo telegramma o telefax.
La norma del regolamento in esame apre poi la possibilità alle richiesta inviate telematicamente sempre che lo strumento dell'e.mail non sia escluso dal contratto.
La formulazione della norma (in particolare, l'inciso "salvo che nel contratto sia esplicitamente esclusa tale ultima forma di presentazione della richiesta di risarcimento") lascerebbe intendere una sorta di favor  verso queste nuove forme di comunicazione (nel senso che nel regolamento esse non sono escluse a priori, salvo ad essere ammesse dai singoli contratti, ma possono essere escluse dai singoli contratti sulla base di scelte discrezionali da parte delle imprese di assicurazione) anche se l'e.mail non rientra nel novero degli strumenti, per così dire tipici, ricorrendo ai quali si può far pervenire la richiesta di danni.
In proposito, il Consiglio di Stato ha avuto modo di affermare che "la vigente disciplina in materia di comunicazioni telematiche (in particolare si veda il Dpr 68/2005, che disciplina l'utilizzo della posta elettronica certificata), consente, in via generale di utilizzare, a determinate condizioni, tale forma di comunicazione elettronica; del resto, l'articolo 10 dello schema in esame, in linea con questa impostazione, consente all'impresa di accedere in via telematica agli archivi del pubblico registro automobilistico e all'archivio nazionale dei veicoli (articolo 132 del Codice); non sembra che vi siano ragioni per non prevedere in via ordinaria e generale che il danneggiato possa utilizzare tale forma di comunicazione, salvo che l'impresa richieda di escluderlo in modo espresso, per cause organizzative ad essa stessa addebitabili; sembra quindi opportuno modificare il comma 2 dell'articolo 5 dello schema chiarendo che «la richiesta è presentata mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento e a mezzo telegramma o telefax o in via telematica salvo che l'impresa chieda esplicitamente di escludere tale ultima forma di presentazione della richiesta di risarcimento». Il comma 3 dell'articolo 5 va in conseguenza eliminato" (vedi: parere 19 dicembre 2005 avente ad oggetto "Schema di Dpr recante attuazione dell'articolo 150 del D.Lgs 209/05 concernente la disciplina del sistema di risarcimento diretto").
L'impresa che abbia ricevuto la richiesta è tenuta a darne immediata comunicazione all'impresa dell'assicurato ritenuto in tutto (o in parte) responsabile del sinistro, fornendo le sole informazioni necessarie per la verifica della copertura assicurativa e per l'accertamento delle modalità di accadimento del sinistro.
Quanto al contenuto della richiesta, ad oggi, il D.P.R. citato prevede che essa indichi i seguenti elementi (art. 6):

  1. i nomi degli assicurati;
  2. le targhe dei due veicoli coinvolti;
  3. la denominazione delle rispettive imprese;
  4. la descrizione delle circostanze e delle modalità del sinistro;
  5. le generalità di eventuali testimoni;
  6. l'indicazione dell'eventuale intervento degli Organi di polizia;
  7. il luogo, i giorni e le ore in cui le cose danneggiate sono disponibili per la perizia diretta ad accertare l'entità del danno.

Nell'ipotesi di lesioni subite dai conducenti, la richiesta indica, inoltre:

  1. l'età, l'attività e il reddito del danneggiato;
  2. l'entità delle lesioni subite;
  3. la dichiarazione di cui all'articolo 142 del codice circa la spettanza o meno di prestazioni da parte di istituti che gestiscono assicurazioni sociali obbligatorie;
  4. l'attestazione medica comprovante l'avvenuta guarigione, con o senza postumi permanenti;
  5. l'eventuale consulenza medico-legale di parte, corredata dall'indicazione del compenso spettante al professionista.

Qualora la richiesta sia incompleta , l'impresa, entro trenta giorni dalla ricezione della stessa, offrendo al danneggiato adeguata assistenza tecnica ed informativa, invitando lo stesso a fornire le integrazioni e i chiarimenti necessari per la regolarizzazione della richiesta.
In questo caso i termini per la formulazione dell'offerta o per la comunicazione della mancata offerta sono interrotti e ricominciano a decorrere dalla data di ricezione delle integrazioni e dei chiarimenti richiesti (art. 7 D.P.R. cit .).
Quanto all'ambito oggettivo di operatività della procedura per indennizzo diretto, si deve fare riferimento al secondo comma della norma di cui all'art. 149 del Codice a tenore del quale la procedura di risarcimento diretto riguarda:
a) i danni al veicolo,
b) i danni alle cose trasportate di proprietà dell'assicurato o del conducente,
c) i danni alla persona subiti dal conducente (se risulta contenuto nel limite previsto dall'articolo 139).
In tutti questi casi, si noto bene, il conducente non deve aver cagionato l'incidente, neppure in via concorsuale (Si è correttamente osservato in dottrina: "L'art. 149 del Codice non contiene alcuna definizione di sinistro risarcibile, mentre l'art. 1, lett. d) del Regolamento ha specificato che esso consiste nella <<collisione>>tra due veicoli. Dunque, in caso di sinistro senza contatto tra i veicoli il sistema del risarcimento diretto non dovrebbe trovare applicazione ed il danneggiato, tenuto conto che la fattispecie è disciplinata dall'art. 2054 comma 1, cod. civ. e rientra comunque nell'ambito della assicurazione obbligatoria, avrebbe l'azione diretta nei confronti del responsabile civile e della sua impresa di assicurazione. In disparte ogni considerazione sulle discutibili ragioni di una simile esclusione, non potendo certo invocarsi una maggiore difficoltà di accertamento delle responsabilità delle parti, la norma regolamentare introduce una limitazione del sistema del risarcimento diretto che non trova riscontro nell'art. 149 del Codice né siffatto restringimento del raggio d'azione della procedura sembra essere autorizzato dall'art. 150, che individua specificamente le materie che devono essere oggetto del Regolamento delegato. Della legittimità della norma regolamentare, con conseguente sua possibile disapplicazione, è dunque lecito dubitare", F.A. Magni, op. cit., 1243).
Risulta evidente, a questo punto, una netta discrepanza tra la lettera del Codice (art. 149, II) e quella del decreto di attuazione (art. 5, I): quest'ultima norma, infatti, permette la richiesta di risarcimento diretto anche al "danneggiato che si ritiene non responsabile, in tutto o in parte, del sinistro".
Come rilevato, correttamente, in dottrina "mentre il Codice delle assicurazioni circoscrive l'ambito della procedura ai soli casi dell'assenza di qualsivoglia responsabilità del danneggiato, il D.P.R. in commento estende i margini di operatività a tutti gli altri casi in cui tale requisito non sia rispettato, e cioè anche quando non si prospetti una responsabilità esclusiva della controparte" (M. Bona, <<Indennizzo diretto>>: una disciplina carente, incostituzionale e contro la riparazione integrale dei danni, in Corr. merito, 2006,10,1111).
Continuando in ordine all'ambito oggettivo ed oggettivo di operatività della procedura in esame occorre, altresì, tener presente come questa non si applichi ai sinistri che coinvolgono veicoli immatricolati all'estero ed al risarcimento del danno subito dal terzo trasportato per il quale si applica la norma di cui all'articolo 141.
L'impresa, a seguito della presentazione della richiesta di risarcimento diretto, è obbligata a provvedere alla liquidazione dei danni per conto dell'impresa di assicurazione del veicolo responsabile, ferma la successiva regolazione dei rapporti fra le imprese medesime.
Se il danneggiato dichiara di accettare la somma offerta, l'impresa di assicurazione provvede al pagamento entro quindici giorni dalla ricezione della comunicazione ed il danneggiato, da parte sua, è tenuto a rilasciare quietanza liberatoria valida anche nei confronti del responsabile del sinistro e della sua impresa di assicurazione.
Quando invece il danneggiato non intenda accettare, ed in effetti non accetti, la somma offertagli l'impresa di assicurazione è tenuta comunque a corrispondergli, entro quindici giorni, la medesima somma che va ad essere imputata all'eventuale liquidazione definitiva del danno.
Infine, in caso di comunicazione dei motivi che impediscono il risarcimento diretto, ovvero nel caso di mancata comunicazione di offerta, o di diniego di offerta entro i termini previsti dall'articolo 148 , o ancora di mancato accordo, il danneggiato può proporre l'azione diretta di cui all'articolo 145, comma 2, nei "soli confronti" - espressione questa che da adito, come vedremo, a più di un dubbio interpretativo - della propria impresa di assicurazione.
L'impresa di assicurazione del veicolo del responsabile può chiedere di intervenire nel giudizio e può estromettere l'altra impresa, riconoscendo la responsabilità del proprio assicurato ferma restando, in ogni caso, la successiva regolazione dei rapporti tra le imprese medesime regolata secondo quanto previsto nell'ambito del sistema di risarcimento diretto.
Interessante, in dottrina, l'esemplificazione per singoli casi operata da Rossetti, Codice delle assicurazioni - Le nuove norme sulla r.c.a., parte III, on-line in Dottrina e Diritto, secondo cui "Questa procedura, ..., non si applica a tutti i danni ed a tutti i soggetti. L'indennizzo diretto potrà essere domandato:
(a) dal conducente, per i danni alle cose ed alla persona, ma in quest'ultimo caso solo se hanno esiti micropermanenti; in tutte e due le ipotesi, il conducente non deve avere causato, nemmeno concorsualmente, il sinistro;
(b) dal proprietario, per i danni al veicolo od alle cose in esso trasportate di sua proprietà.
La procedura di indennizzo diretto non si applica a:
- i danni alla persona patiti dai trasportati, ivi compreso il proprietario;
- i danni alle cose patiti dai trasportati diversi dal proprietario;
- i danni derivati da sinistri causati da veicoli immatricolati all'estero;
- i danni derivati da sinistri nei quali siano rimasti coinvolti più di due veicoli".
Infine, si è correttamente osservato in dottrina che: "L'art. 149 del Codice non contiene alcuna definizione di sinistro risarcibile, mentre l'art. 1, lett. d) del Regolamento ha specificato che esso consiste nella <<collisione>>tra due veicoli. Dunque, in caso di sinistro senza contatto tra i veicoli il sistema del risarcimento diretto non dovrebbe trovare applicazione ed il danneggiato, tenuto conto che la fattispecie è disciplinata dall'art. 2054 comma 1, cod. civ. e rientra comunque nell'ambito della assicurazione obbligatoria, avrebbe l'azione diretta nei confronti del responsabile civile e della sua impresa di assicurazione. In disparte ogni considerazione sulle discutibili ragioni di una simile esclusione, non potendo certo invocarsi una maggiore difficoltà di accertamento delle responsabilità delle parti, la norma regolamentare introduce una limitazione del sistema del risarcimento diretto che non trova riscontro nell'art. 149 del Codice né siffatto restringimento del raggio d'azione della procedura sembra essere autorizzato dall'art. 150, che individua specificamente le materie che devono essere oggetto del Regolamento delegato. Della legittimità della norma regolamentare, con conseguente sua possibile disapplicazione, è dunque lecito dubitare" (F.A. Magni, op. cit., 1243).


Autore: Avv. Giuseppe Cassano - tratto da "Quotidiano Giuridico" 01/02/2007
Per una trattazione più esaustiva sull'argomento vedi: "Codice delle assicurazioni e indennizzo diretto. Il ruolo dell'avvocato nel nuovo sistema risarcitorio" di Giuseppe Cassano, ed. Ipsoa, 2007.