Imprenditori individuali e societa di persone. |
Sommario: Imprenditori e attività di impresa. Libertà di iniziativa economica, libertà di concorrenza. 2.1. Imprenditori e imprese I principi generali del sistema. I fenomeni dell illecito di impresa.La responsabilità sociale di impresa --.2.2 Imprenditori privati e imprenditorialità pubblica.Le dimensioni di impresa e i «piccoli imprenditori».La natura e loggetto delle attività . Impresa agricola, impresa artigiana. 3. Lo statuto giuridico dellimprenditore commerciale.La disciplina dellagire in suo nome. Il registro delle imprese, la tenuta delle scritture contabili, le procedure concorsuali. 4.. La nozione di «società» e lo scenario di insieme.Il contratto e le altre fonti costitutive. Lautonomia patrimoniale. Oggetto e scopo delle attività. Società commerciali, società non commerciali. Scopo lucrativo, scopo mutualistico, scopo consortile. 5. Le società di persone. Società semplice, società in nome collettivo, società in accomandita semplice. Società «di fatto», società «apparenti», società «occulte». Il caso delle società «irregolari».-6. La crisi economica di imprese e società. Insolvenza dellimprenditore commerciale e procedure concorsuali.
1. Imprenditori e attività di impresa. Libertà di iniziativa economica, libertà di concorrenza.
Gli studiosi di economia insegnano che è «imprenditore» chi organizza fattori di produzione, perciò risorse di capitale e forza lavoro per svolgere una attività, la attività di impresa che dallimpiego di capitale e lavoro deriva beni e servizi offerti al mercato. Limprenditore opera a suo rischio e secondo principio di economicità. Il rischio è che i ricavi della attività non riescano a compensare i suoi costi. E principio di economicità significa organizzare limpresa in modo tale da scongiurare quel rischio, spingendo i ricavi ad una soglia così elevata da remunerare sia i fattori di produzione sia lo stesso imprenditore, con un suo margine di profitto a premio della attività svolta. Nel caso dellimprenditore pubblico o di altri imprenditori che non perseguano finalità di profitto a premiare la attività di impresa sarà comunque il risultato di un attivo o di un pareggio di bilancio a riprova del positivo andamento delle attività di impresa. Attività che sono comunque e sempre iniziativa economica regolata dallart. 41 Cost.
La norma costituzionale regola liniziativa economica secondo principio di libertà ma al tempo stesso prefigura limiti, programmi e controlli. L«iniziativa economica privata è libera». Alle libertà di «iniziativa economica privata» tuttavia segnano limiti valori costituzionali ancora più forti, essendo stabilito che «non può svolgersi in contrasto con lutilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana». E «a fini sociali» la norma costituzionale segnala al legislatore ordinario strumenti di politica del diritto. Se occorre «la legge determina i programmi e i controlli opportuni perché lattività economica» sia privata o pubblica «possa essere indirizzata e coordinata» appunto «a fini sociali». E nellart. 43 sono ancora «fini di utilità generale» e il «preminente interesse generale» a motivare originarie riserve o successivi trasferimenti al settore pubblico di «determinate imprese» o di «categorie di imprese» che si riferiscano «a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio».
Limiti, programmi, controlli e riserve di attività tuttavia non sono spazio aperto alla pura e semplice decisione politica. Possono operare soltanto nella misura indicata da norme di costituzione economica che sono al tempo stesso norme di garanzia delle libertà dei privati. Garanzia di libertà di iniziativa in una economia di mercato dove competere secondo regole di concorrenza tra imprenditori e imprese. Le norme costituzionali ignorano il mercato ma il principio della libertà di concorrenza a veder bene è già contenuto nella garanzia di libertà delliniziativa economica. Se posizioni dominanti o intese restrittive della concorrenza o concentrazioni di poteri non consentono ad altri laccesso al mercato o spingono fuori del mercato, «libertà di concorrenza» tuttavia è soltanto insieme di parole senza un significato utile. Da ciò il grande rilievo della l. 10 ottobre 1990 n. 287 che finalmente guarda al mercato e al principio di concorrenza attivando la necessaria disciplina di garanzia.Occorreva infatti assegnare al principio di concorrenza un valore sconosciuto alle norme del codice civile.
Lart. 2595 avverte che la concorrenza deve svolgersi «nei limiti stabiliti dalla legge». Lart. 2596 cirscoscrive loggetto e lorizzonte temporale degli accordi contrattuali di non concorrenza. Lart. 2597 obbliga «a contrattare con chiunque» e a «parità di trattamento» limprenditore che operi in regime di monopolio legale. E alla concorrenza le norme del codice civile (sono le norme degli artt. 2598 a 2601) ancora guardano per la dovuta prevenzione e sanzione degli atti di concorrenza sleale. Ad esse si dovevano aggiungere discipline di settore certamente utili. E in questo senso si devono segnalare le norme (del d.lgs. 25 gennaio 1992 n. 74) di prevenzione e di sanzione della pubblicità ingannevole. Ma una cosa sono frammentate disposizioni che pretendono lealtà nelle relazioni di mercato tra imprese, vincolano limprenditore monopolista ad un corretto agire di mercato e segnano un limite ai poteri negoziali dei singoli imprenditori, derivando da ciò in modo indiretto e comunque molto limitato risultati di miglior andamento delle attività di mercato e di tutela dei consumatori. Tuttaltra cosa una organica disciplina di garanzia a misura dei principi di costituzione economica.
Quanto al mercato internazionale una disciplina di garanzia era già assicurata dalle norme del diritto comunitario. La legge del 1990 finalmente provvede a regolare il mercato nazionale assegnando al principio di concorrenza un valore sconosciuto alle norme del codice civile e a singole normative di settore. Opera una autorità amministrativa indipendente che ha consistenti poteri di intervento, per lappunto una Autorità garante della concorrenza e del mercato che le norme della legge del 1990 impegnano a decisive funzioni di vigilanza. Finalmente si reagisce agli abusi di posizione dominante che in vario modo (più precisamente nei modi indicati dallart. 3 della legge) violano il principio di libera concorrenza con inevitabile «danno dei consumatori». Abusi che la legge del 1990 colpisce con norme che ingiungono la «eliminazione delle infrazioni» e in caso di «infrazioni gravi» applicano non lievi sanzioni amministrative di genere pecuniario.
Sono vietate e comunque «nulle ad ogni effetto» le intese tra imprese che «abbiano per oggetto» o per risultato l«impedire, restringere o falsare» e lart. 2 della legge precisa «in maniera consistente» il gioco della concorrenza allinterno del mercato nazionale o in una sua parte «rilevante». E si tratti di fusione di imprese, di controllo di imprese o di costituzione di nuove imprese, se si configurano le fattispecie indicate dallart. 16 della legge le operazioni di concentrazione imprenditoriale devono essere comunicate alla Autorità garante, che valuterà se esse comportano «la costituzione o il rafforzamento di una posizione dominante» tale da «eliminare o ridurre» le possibilità di concorrenza «in modo sostanziale e durevole». Se è così allAutorità garante competono poteri di sospensione e di divieto. E naturalmente garantire libertà di concorrenza una volta di più significa promuovere una competizione tra imprese che in punto di qualità e di prezzi assicuri migliori opportunità ai consumatori dei beni e dei servizi che sul mercato si offrono. In ogni caso una «economia di mercato aperta e in libera concorrenza» è quanto il Trattato di Maastricht indica come modello obbligato per ogni paese dellUnione Europea.
2.1. Imprenditori e imprese. I principi generali del sistema. I fenomeni di illecito.Diritto penale di imprese e società.
Per lart. 2082 c.c. è imprenditore chiunque eserciti professionalmente una attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi. «Professionalmente» e perciò in modo sistematico e non occasionale, dovendosi tuttavia considerare che il requisito della professionalità esiste anche se lattività dimpresa si aggiunge ad altre e non si svolge con carattere di continuità. Deve tuttavia trattarsi di una attività economica organizzata «al fine della produzione e dello scambio». In assenza di una organizzazione che operi con finalità di produzione e scambio si tratterà di attività di altro genere. Comunque non di impresa perché lattività di impresa si identifica con lorganizzazione di risorse finanziarie, di attrezzature e di lavoro per un mercato dove offrire beni e servizi (e sarà il caso di leggere quanto precisa lart. 2238 per le professioni intellettuali).
Non è invece requisito necessario dellimprenditorialità lo scopo di lucro che infatti lart. 2082 non richiama. Naturalmente nel gran numero dei casi si è imprenditori per scopo di lucro. Ma le imprese esercitate da enti pubblici dellart. 2093 non perseguono finalità di profitto. Limpresa cooperativa dellart. 2511 non ha principalmente scopo lucrativo. Svolgono attività che sono sicuramente attività di impresa anche associazioni o fondazioni sul modello del primo libro del codice civile che tuttavia non sono in alcun senso organizzazioni costituite a scopo di profitto. Perciò non il fine di lucro ma la natura della attività e la spedita del nome identificano limprenditore (cosa tuttavia talvolta non facile: si pensi al caso tra breve considerato dellimprenditore < occulto> che svolge la attività di impresa senza spendere il suo nome: esercita la attività ma allesterno compare soltanto un prestanome: il regime di fattispecie di questo genere è a tuttoggi materia di contrastanti opinioni).
Con lavvio delle attività di organizzazione (ritengono alcuni) o con lavvio delle attività operative (ritengono altri) si ha inizio dellimpresa. Diventano così applicabili le norme che disegnano lo statuto giuridico dellimprenditore a cominciare da una serie di disposizioni a carattere generale. Talvolta si tratta di norme che (come ad esempio gli artt. 1330, 1368, 1722 e 1824) riguardano i contratti dellimprenditore o (come lart. 2598) le regole della concorrenza, altra volta di norme che disciplinano il complesso dei beni organizzati per lesercizio dellimpresa (e sono le norme degli artt. 2555 a 2562) e comunque si tratta di norme che (come ad esempio gli artt. 2084 e 2087 o ancora lart. 2094) in linea di principio valgono per ogni e qualsiasi imprenditore. Le norme di statuto giuridico condivise dalla generalità degli imprenditori tuttavia costituiscono soltanto una prima approssimazione alla disciplina che li regola.
Come si preciserà più avanti distinzioni si impongono occorrendo infatti distinguere tra impresa e impresa a seconda del soggetto imprenditore, della dimensione e della posizione di mercato dellimpresa, della sua organizzazione su base individuale o collettiva e delloggetto della attività esercitata. Occorre quindi seguire una lunga linea di percorso che deve riguardare sia la complessa trama delle norme sia i problemi che ne restano insoluti. Problemi numerosi e talvolta di grande rilievo dovendosi poi considerare in che misura possono darsi fenomeni devianti e gravi punti di caduta del sistema. Ne è significativo esempio lintera serie delle situazioni che si determinano quando lesercizio dellimpresa si sottrae alle regole che valgono in materia di rischio finanziario e responsabilità patrimoniale dellimprenditore.
In linea generale e per principio a identificare limprenditore provvede la spendita del nome. E gli atti giuridici che riguardano limpresa sono imputati al soggetto che per lappunto «spende» e impegna il suo nome come imprenditore, quale che sia la realtà delle cose riguardo a provvista di mezzi, organizzazione dellimpresa, operazioni di mercato, guadagni di capitale o altro ancora. Sia pure in assenza di una norma che così stabilisca, questo è quanto deriva da un principio che per orientamento fortemente consolidato si deve a tuttoggi considerare regola costitutiva del sistema. Ma si tratta di regola messa a dura prova da fattispecie di abuso tradizionalmente consegnate allimmagine dellimprenditore occulto che opera senza spendere il suo nome. Provvede ai mezzi necessari per lo svolgimento della attività, assume le decisioni imprenditoriali e ne acquisisce i risultati economici. Esercita lattività di impresa ma allesterno non compare.
È un imprenditore «occulto» che per gli atti giuridicamente impegnativi si avvale di un «prestanome» oppure di una società «di comodo», egualmente utile allo scopo di sottrarsi a personali obbligazioni nei confronti dei «terzi» entrati in rapporto di affari con limpresa o suoi prestatori di lavoro. E se così accade senza che la posizione dellimprenditore occulto giuridicamente rilevi, sarà chiaro che cosa ne deriva in punto di allocazione del rischio finanziario e di tutela giuridica dei suoi creditori. Opera un imprenditore che allontana da sé ogni forma di responsabilità patrimoniale. In questo modo limprenditore irresponsabile naturalmente agisce in danno dei terzi, che a garanzia del loro credito trovano soltanto un prestanome, verosimilmente sprovvisto delle risorse finanziarie che occorrono per fare fronte agli impegni assunti. Ma la situazione non è diversa nel caso della società di comodo.
Società costituita con capitale irrisorio di modo che anche in tal caso limprenditore occulto trasferisce il rischio di impresa e delle sue inadempienze sui terzi creditori per il lavoro prestato o altro ancora. Da ciò ulteriori situazioni con caratteri di criticità e largomentare di quanti ritengono che numerose norme del codice civile consentano di affermare un principio di necessaria continuità tra esercizio di poteri e assunzioni di responsabilità. Si elaborano complesse teorie e si richiamano le norme degli artt. 2267, 2291 e 2318 (e ancora gli artt. 2320 e 2362). Dal loro insieme si deriva lassunto che anche un imprenditore occulto dovrebbe perciò rispondere delle obbligazioni conseguenti alle attività di impresa. Richiamando lart. 147 della legge fallimentare altri ritengono che in caso di insolvenza anche limprenditore occulto dovrebbe essere assoggettato al fallimento. Ma i riferimenti normativi lasciano residuare forti perplessità e comunque a tuttoggi prevale il diverso orientamento che si è segnalato.
Inderogabile regola di sistema sembra essere che per decidere «chi» è imprenditore (e ne deriva tutte le responsabilità) vale il criterio formale della spendita del nome, e non invece il criterio sostanziale dellesercizio dellimpresa in senso economico, del potere di direzione o altro ancora. Lopinione prevalente ha consistenti motivazioni che non sono soltanto di genere normativo e formale. Si osserva infatti che entrando in rapporto con limpresa i terzi non potevano mettere in conto la responsabilità patrimoniale di un «imprenditore» rimasto «occulto», perciò non esistendo in allora affidamenti che possano poi essere presi in considerazione. Ma è pur vero che limprenditore occulto si avvale di «prestanome» e «società di comodo» per esercitare attività di impresa con modalità gravemente devianti. Per parte sua la giurisprudenza si sforza di elaborare strumenti di reazione agli abusi. Si configura come attività di una impresa a sé lattività dellimprenditore «occulto» che movimenta risorse finanziarie, appresta mezzi e gestisce limpresa «palese». E per quanto possibile se ne derivano le conseguenti responsabilità.Altro poi lo scenario dei fenomeni che con terminologia anglosassone si indicano come shadow economy per segnalare la serie delle attività di impresa in vario modo caratterizzate da irregolarità che configurano illegalità o peggio attività criminali.
In seguito saranno considerate talune fattispecie di genere deviante ma non i complessi problemi che si devono al caso della attività di impresa che in sé configuri un illecito per essere contraria a norme imperative, ordine pubblico e buon costume. Il caso della impresa illecita appartiene infatti a materia diversa da quella considerata in queste pagine. Si deve tuttavia almeno avvertire che attività di impresa di tal genere non sono fenomeno di carattere marginale. E lesperienza degli anni recenti insegna che anche alla scala sovranazionale shadow economy e la criminalità economica attrezzata nella forma delle attività di impresa hanno crescenti grandezze e attraversano con effetti tavolta devastanti numerosi settori delleconomia reale così come i diversi comparti delleconomia finanziaria. Da ciò la comprensibile e forte domanda di nuove normative capaci di operare in prevenzione dellillecito essendo comunque escluso che le norme di statuto dellimprenditore possano in qualche modo andare a beneficio di una impresa illecita.
Si avverte con urgenza sempre maggiore lesigenza delle normative necessarie per identificare usi perversi della forma giuridica «impresa» messi in atto da soggetti che operando nella shadow economy spesso si avvalgono di una tecnica giuridica molto sofisticata. E occorre elaborare nuovi strumenti di prevenzione dellillecito così come strumenti di reazione punitiva, essendo poi necessario garantire efficace operatività alla sanzione delle violazioni di norme volta a volta accertate. Al tempo stesso si rendono indispensabili normative anche in altro senso ben congegnate, perché sarà tuttavia pur sempre da considerare la posizione dei terzi entrati in rapporto con limpresa senza per questo essere parte dellillecito, che perciò meritano tutela e certamente non invece un qualche pregiudizio. A veder bene impresa illecita in ogni caso è soltanto una formula di prima approssimazione ad un argomento che non consente discorsi di superficie. La materia ha forti caratteri di specialità a tuttoggi non ancora interamente esplorati. Una volta di più si deve comunque distinguere tra fattispecie quanto mai lontane tra loro.
Una cosa è infatti lillecito costituito dalla violazione di norme che non consentono di svolgere una attività di impresa (e per esempio la attività bancaria) in assenza di particolari autorizzazioni. Altra cosa è la sistematica violazione delle norme che regolano nei contenuti lo svolgimento della attività di impresa (e per esempio le norme sulle modalità di sollecitazione del pubblico risparmio). Infine tuttaltra cosa ancora è organizzare in forma di impresa le attività che si sono indicate come possibili forme di criminalità economica (e per esempio il <riciclaggio > di < denaro sporco > oggi così spesso movimentato per via informatica). Come si capisce ne deriva ampio spazio per una riflessione da svolgere in una prospettiva di analisi che in queste pagine non sarà tuttavia considerata. E soltanto mediante sommarie indicazioni di rinvio si riferiscono le stesse norme di disciplina penale dellimpresa che pur nel contesto di una attività perfettamente legittima per taluni suoi singoli atti integri fattispecie di reato.
Non sarà tuttavia necessario insistere nel segnalare il grande rilievo delle disposizioni che assoggettano le imprese ad un controllo di legalità con lo strumento forte della norma penale perchè davvero non si conosce il diritto di imprese e società senza conoscere ciò che è loro disciplina di questo genere. Sia pure in via di prima approssimazione è perciò sicuramente utile richiamare i fattori distintivi di un insieme normativo di carattere molto particolare. Prevalgono infatti le disposizioni di legge speciale che si sono succedute senza una sufficiente organicità di complessivo disegno del diritto penale dellimpresa ,che in consistente misura è ormai anche disciplina di prevenzione e di sanzione del delitto informatico.In linea di principio si possono comunque indicare come interessi protetti dalla norma incriminatrice i valori sociali che negli artt. 41 e 47 o in altre disposizioni costituzionali segnano limiti alla iniziativa economica.
Ogni singola norma incriminatrice ha naturalmente una sua particolare ratio legis che occorrerà di volta in volta precisare. Ancor prima occorre tuttavia distinguere tra le diverse norme incriminatrici in considerazione del loro diverso ambito di operatività.E va considerato quanto è difficile congegnare disposizioni a misura dei fenomeni di <delitto > consumato mediante strumenti di tecnologia informatica (in materia di cyber crime meritando grande attenzione il progetto di trattato internazionale che per la criminalità informatica è in corso di elaborazione presso l' European Committee on Crime Problems del Consiglio d'Europa ). Parte del sistema sono comunque fattispecie di reato che possono configurarsi per qualsiasi attività di impresa e per qualsiasi società «soggetta a registrazione». Altre disposizioni dove si prefigurano fattispecie di reato sono invece norme incriminatrici che si riferiscono in via esclusiva alle società di capitali. Altre ancora stabiliscono infine speciale disciplina delle società azionarie con azioni quotate e del mercato finanziario.
Luniverso delle fattispecie che costituiscono «delitto» o «contravvenzione», e che perciò comportano sanzioni penali di comportamenti devianti ha quindi la ulteriore e crescente complessità che si può bene immaginare. Normative a sé valgono per singole categorie di soggetti (e ad esempio per le società di revisione contabile), così come per singoli settori di industria (e ad esempio per il settore bancario) e per i fenomeni di insolvenza delle imprese con caratteri di rilevanza penale (configurandosi allora le diverse ipotesi di reati fallimentari). A tutto questo si aggiunga la nuova disciplina penale delle attività imprenditoriali di intermediazione in valori mobiliari. Ne risulterà con chiarezza la estensione di campo di normative di prevenzione e sanzione dellillecito di impresa che in queste pagine si segnalano soltanto per i possibili approfondimenti. Sarà bene tuttavia quanto meno rilevare fino da ora un elemento distintivo dellintera disciplina che al tempo stesso ne costituisce grave punto di caduta.
Configurando il regime penale di imprese e società molto spesso si è infatti privilegiata una tecnica legislativa che definisce la fattispecie criminosa mediante rinvio ad altre disposizioni. E si tratta di tecnica legislativa che naturalmente non si sottrae ad una motivata critica. La norma penale stabilisce la sanzione ma gli elementi costitutivi della fattispecie di reato si devono derivare da altre norme. E molto spesso si tratta di norme di diritto privato o di diritto amministrativo, di per sé incapaci di una descrizione di comportamenti così puntuale quanto richiede il principio di stretta legalità che è invece per tutti garanzia costituzionalmente stabilita. Da ciò una serie di norme penali in bianco che comportano un elevato rischio di discutibili applicazioni.
Ragionando in termini di politica del diritto sarà infine chiaro che limpiego della norma penale esige misura. È pur sempre necessario quando occorre agire in prevenzione e a sanzione di comportamenti con caratteri di particolare gravità. Anche in materia di imprese e società (ma a veder bene sempre) il ricorso allo strumento forte della norma penale si giustifica tuttavia soltanto nella misura resa indispensabile dalla provata mancanza di altri e meno afflittivi mezzi di reazione allillecito.In ogni caso occorrono discipline capaci di scongiurare tutti i pericoli delle norme penali a contenuto indeterminato. E in questo senso sono del maggior rilievo( meritano ampio consenso ) le innovazioni di sistema operate dal decreto legislativo che a marzo del 2002 ha riformato il regime degli <illeciti penali > di <società e consorzi >, sia sostituendo intearmente lundicesimo titolo del quinto libro del codice civile sia prefigurando nuove fattispecie di reato con una tecnica normativa finalmente lontana dal modello delle norme penali <in bianco> .
A quanto sia analisi di stretto diritto positivo sia pure in via breve altro poi occorre aggiungere dovendosi considerare che se massimamente rilevano il sistema delle norme con carattere di imperatività e il loro regime sanzionatorio tuttavia non esauriscono luniverso delle regole che devono governare lo svolgimento delle attività di impresa .Si pensi al tema della responsabilità sociale dell impresa ,e perciò a quanto sempre più spesso si discute con riguardo al non financial report costituito dal bilancio <sociale >dellimpresa oggi sempre più al centro di numerose iniziative e di così ampio dibattito.Si teorizza ( e talvolta si comincia a praticare) la responsabilità sociale dellimpresa quale <rendicontazione > del suo operare agli stakeholders e alla generalità dei soggetti interessati <alla vita dellazienda >. E precisando i contenuti del bilancio <sociale > dellimpresa rappresentativo della sua corporate social responsability, si avverte che non deve trattarsi semplicemente di un documento in più da allegare ai documenti di bilancio prescritti dal diritto contabile di imprese e società. Rilevano <grandezze di natura sociale e ambientale > e gli altri< valori collettivi >variamente indicati nella parte propositiva del modello a suo tempo elaborato dallIstituto europeo per il bilancio sociale .
Pensato in puntuale correlazione con il bilancio di esercizio dellimpresa secondo precisa logica di sistema , il non financial report elaborato dallIstituto europeo è modello condiviso dal Social and Ethical Auditing and Accounting Network . Muove da una <premessa metodologica > e consiste di più parti che variamente riguardano <identità aziendale >,<rendiconto > di impresa ,criteri di selezione e di di rilevazione dei fattori significativi, <attestazioni> procedurali e altro ancora,trattandosi comunque di documentare il punto di incontro e il grado di compatibilità tra <quantità economiche > e <qualità di relazione > tra agire con scopo di profitto ,decisioni imprenditoriali, ,posizioni di interesse collettivo e < valori> della collettività sociale di riferimento.Da ciò i termini fondamentali delle discussioni in tema di responsabilità sociale dellimpresa così ricorrenti nel mondo anglosassone ma finalmente avviate anche nel caso italiano.
Nel mondo anglosassone è da tempo consolidato lassunto (talvolta espressamente condiviso anche da posizioni ufficiali delle autorità di governo ) che <va respinta> e non corrisponde a realtà l <idea erronea secondo la quale > agire di impresa e <obiettivi sociali> inevitabilmente <si trovano> in obbligato <conflitto> , aggiungendosi che comunque le imprese <devono essere <socialmente responsabili> con un forte impegno nelle <comunità> di loro appartenenza. In estrema sintesi si domanda di coniugare <il bene dellimpresa > con < il bene della più ampia comunità sociale > ,e si domanda di considerare in qual ( rilevante ) misura le iniziative orientate in questa direzione <socialmente utile> al tempo stesso portano con sé rilevanti <benefici > di impresa ,perché dellimpresa accrescono la <reputazione > sociale , valorizzano segni distintivi e <marchio> societario, incrementano i processi di <fidelizzazione della clientela> essendo ormai diffuso un sentire collettivo che privilegia appunto le imprese socialmente responsabili.
Il problema di politica del diritto oggi dominante rinvia poi allinterrogativo se <la virtù > imprenditoriale possa <essere imposta >,e perciò se in materia di attività di impresa <socialmente responsabili> occorra codificare regole giuridicamente vincolanti o se occorra invece riconoscere <natura volontaria > a quanto su questo fronte è possibile conquistare . E la posizione preferibile sembra rappresentata da quanti avvertono che sono impensabili (e comunque non utili )normative con carattere di imperatività là dove occorre lasciare spazio alla autonomia e alle libertà di impresa. .Ma se è vero che in questa materia deve considerarsi esclusa una inimmaginabile policy di segno dirigista sarà chiaro che possono pur sempre utilmente congegnarsi normative di incentivo in una prospettiva di analisi economica del diritto da valutare con il metodo di analisi già variamente elaborato da numerosi studiosi esperti di law and economics .
E se a tuttoggi prevalgono le valutazioni e le dichiarazioni di intenti nelle forme della moral suasion ,con ogni evidenza acquistano campo anche le progettazioni di puntuali disposizioni e di basic rules pensate come regole del genere soft law ma pur sempre costitutive di un impegno di imprenditori e imprese a <tener conto dellimpatto economico,sociale e ambientale > che il loro operare ha <sulle comunità> che ne sono <interessate>.Un <impatto > e un <impegno> di responsabilità sociale talvolta indicati come fattore da considerare necessariamente <condizionante >le strategie di impresa.Anche nel caso italiano le più evolute strategie di governo del welfare state comunque ormai sempre più spesso guardano appunto ai temi di responsabilità sociale dellimpresa adesso significativamente indicati come una delle <priorità del semestre di presidenza italiana> del.Ma di questo si dirà con maggior precisione quando saranno allesame società di capitali e <gruppi > di società per loro essendo in particolare evidenza i problemi di corporate social responsability.
2.2 Imprenditori privati e imprenditorialità pubblica.Le dimensioni di impresa e i «piccoli imprenditori .» La natura e.loggetto delle attività.Impresa agricola, impresa artigiana.
Come si è già avvertito distinzioni si impongono occorrendo distinguere tra impresa e impresa a seconda del soggetto imprenditore, della dimensione dellimpresa, della sua organizzazione su base individuale o collettiva e delloggetto della attività esercitata. Quanto al soggetto «imprenditore» occorre in primo luogo distinguere tra privati imprenditori e impresa pubblica. E occorre ancora distinguere tra il caso dellente pubblico «imprenditore» che in via diretta esercita attività di impresa (operando il regime degli artt. 2201 e 2221) e il caso della partecipazione di un ente pubblico al capitale sociale di una impresa che tuttavia continua pur sempre ad essere impresa privata (operando perciò lordinario regime dellimpresa privata ma anche le norme degli artt. 2449 e 2450). In tempi di progressiva privatizzazione del settore pubblico delleconomia, una complessa legislazione a carattere speciale delinea nuovi scenari di regime dellimpresa, già sufficientemente esemplificati dalle norme della legge 359 dell agosto 1992 che ha disposto la trasformazione di enti pubblici di primario rilievo in imprese di diritto privato La qualità di imprenditore in ogni caso si acquisisce con lavvio della attività di impresa
. Lintenzione di operare per il mercato di per sé non ne integra lo status. Occorre tuttavia avvertire che se così sicuramente è nel caso dellimprenditore individuale assai discusso è invece il caso dellimprenditore <società > , da parte di molti ritenendosi che la società acquisti identità imprenditoriale già dal momento della sua costituzione e perciò in momento che temporalmente precede lavvio della attività di mercato . Va comunque considerato il rilievo delle attività per così dire <preliminari > intese come tali le operazioni organizzative sempre indispensabili per attrezzare limpresa alla sua offerta di beni o servizi.E secondo una opinione da condividere atti di organizzazione dellimpresa significativamente coordinati in funzione dellavvio delle iniziative di mercato sono quanto occorre per documentare l avvenuto <inizio> della operatività imprenditoriale.Quanto alla <fine > dellimpresa vale ancora una volta il principio di effettività. Limpresa cessa( e la qualità di imprenditore si estingue )con a cessazione dellimpresa anche se molto occorrerà precisare per limprenditore che sia < società >.
Con riguardo alle dimensioni dellimpresa si deve attentamente considerare la particolare posizione e il regime giuridico del piccolo imprenditore, che anche quando sia imprenditore commerciale non è obbligato alla tenuta di scritture contabili, si deve iscrivere in una speciale sezione del registro delle imprese e non è assoggettato al fallimento e alle altre procedure concorsuali. Per lart. 2083 sono piccoli imprenditori sia i coltivatori diretti del fondo, sia gli artigiani sia «i piccoli commercianti» e comunque in linea generale «coloro i quali esercitano unattività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia». La prevalenza del fattore «lavoro» e del lavoro familiare è perciò lelemento distintivo dellart. 2083.
È quindi evidente che non si ritrova impresa del «piccolo imprenditore» là dove sullimpiego di forza lavoro prevalga limpiego di ingenti capitali o là dove invece dellorganizzazione familiare delle attività si riscontri il più complesso assetto organizzativo delle imprese di genere societario. Per limpresa artigiana opera nel senso che si preciserà una speciale disciplina di settore. Allimpresa familiare si riferisce lart. 230 bis che tutela quanti in famiglia offrono prestazioni di lavoro al coniuge o al parente «imprenditore». Ai membri della famiglia che in modo continuato paretcipano alle attività di impresa si riconoscono sia diritti patrimoniali che diritti amministrativi. Limpresa familiare non è necessariamente piccolo imprenditore e le disposizioni dellart. 230 bis meritano la più attenta lettura. In passato ( e fino alla riforma della disciplina del diritto di famiglia del 1975 ), il lavoro prestato in famiglia si considerava infatti prestazione < a titolo gratuito > con tutte le evidenti possibilità di abuso. Sarà precisato più avanti in che senso alla dimensione della impresa comprensibilmente guardano norme di legislazione speciale a misura dei fenomeni di crisi di imprese a grande dimensione.
Quanto poi allorganizzazione di impresa e alla distinzione tra impresa individuale e impresa collettiva, sarà chiaro che una cosa è limpresa esercitata da un singolo imprenditore, altra cosa la società costituita sul modello dellart. 2247 da «due o più persone» per «lesercizio in comune di una attività economica», mediante conferimenti di «beni» o «servizi» che alla attività di impresa consentono di operare con strumenti e ad una scala semplicemente impensabile per limpresa organizzata a misura delle forze del singolo imprenditore individuale.E vero che possono adesso darsi anche società ( a responsabilità limitata o società azionarie ) unipersonali ma in linea generale imprese individuali e società appartengono a mondi diversi e separati da una distanza che già le norme del codice civile misurano per intero. Si deve infine considerare la diversificazione tra imprese e regimi di imprese che si deve alloggetto della attività imprenditoriale che è naturalmente multiforme.
Nella sua originaria formulazione lart. 2135 del codice civile definiva limpresa agricola e più precisamente limprenditore agricolo, inteso come tale «chi esercita unattività diretta alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, allallevamento del bestiame» e «attività connesse». E ancora lart. 2135 avvertiva poi che «si reputano connesse le attività dirette alla trasformazione o allalienazione dei prodotti agricoli» ma soltanto se e in quanto si tratti di attività «che rientrano nellesercizio normale dellagricoltura». Da ciò la qualificazione di attività connessa allesercizio dellimpresa agricola variamente estesa a tutta una serie di trasformazioni del prodotto della attività (e per esempio la trasformazione delluva in vino), così come allofferta dei prodotti della coltivazione del fondo (e per esempio esposti al pubblico per una diretta vendita a chi passa), non essendo tuttavia più esercizio normale dellagricoltura una attività industriale di trasformazione dei prodotti o lorganizzazione di una rete di vendita sul modello del grande commercio.
Alla originaria formulazione dellart. 2135 del codice civile si sono adesso apportate significative integrazioni con le norme del decreto legislativo 228 del 18 maggio 2001. Coltivazione del fondo e comunque attività di impresa agricola sono considerate anche le attività «dirette» alla cura e allo sviluppo di un «ciclo biologico» o di «una sua fase» mediante lutilizzo del fondo o delle altre risorse indicate dalle norme del decreto legislativo, che in misura molto consistente ampliano poi lambito delle attività da ritenersi normalmente connesse alloperare dellimpresa agricola.Per la nuova formulazione del secondo comma dellart. 2135 strutturalmente connesse alla attività principale dellimprenditore agricolo sono infatti le attività di «conservazione» e «trasformazione» ma anche di «commercializzazione» e «valorizzazione» dei «prodotti» derivati dal fare impresa agricola.
Allo stesso modo lo sono le attività relative alla «fornitura di beni e servizi» mediante lutilizzo «prevalente» di attrezzature o risorse dellimpresa normalmente impiegate nello svolgimento dellimpresa, non escluse quante consistono in valorizzazioni del territorio e del patrimonio «rurale e forestale» (o ancora in prestazioni di «ricezione» e «ospitalità» che con ogni evidenza si riferiscono al rilevante comparto dellagriturismo). La nuova formulazione dellart. 2135 avverte poi che imprenditore agricolo può anche essere una «cooperativa» di agricoltori o un loro consorzio se per la attività si impiegano in misura prevalente risorse prodotte dai soci o se con essa ai soci si offrono «beni» e «servizi» per la cura e lo sviluppo di un ciclo biologico E «liscrizione degli imprenditori agricoli» ma anche «delle società semplici esercenti attività agricola» nella sezione speciale del registro delle imprese «oltre alle funzioni di certificazione anagrafica ed a quelle previste dalle leggi speciali» ha «lefficacia di cui allarticolo 2193 del codice civile».Altro in via breve occorre infine segnalare.
Con il decreto legislativo 228 si sono infatti stabilite nuove discipline per l«esercizio» dellattività di vendita «diretta» e «al dettaglio» dei «prodotti provenienti in misura prevalente» dallimpresa agricola. E lart. 10 del decreto legislativo stabilisce quali requisiti «società di persone» e «società di capitali» devono presentare per essere imprenditore agricolo «a titolo principale» Si stabiliscono precisi contenuti delle discipline statutarie volta a volta diversi a seconda del singolo tipo di società. Con un riferimento «percentuale» che quanto alle società in accomandita si riferisce ai soli soci accomandatari,per le società di persone è disposto che almeno la metà dei soci deve essere in possesso della qualifica di imprenditore agricolo «a titolo principale». Nel caso della società di capitali una quota maggiore del cinquanta per cento del capitale sociale deve essere sottoscritta da imprenditori agricoli anchessi «a titolo principale». Qualifica ancora richiesta per un numero di soci almeno pari alla metà nel caso della società cooperativa che dovrà comunque avvalersi di «prodotti» conferiti da soggetti «soci».Va infine ricordato che con il decreto legislativo 226 del 18 maggio 2001 si è opportunamente riformato il regime del settore delle attività di pesca mediante lequiparazione dellimprenditore ittico a quello «agricolo» a «titolo principale».
Anche da ciò significative innovazioni di disciplina in settori delleconomia che comunque conservano una loro particolare specialità di ordinamento. Fino a che lattività svolta dallimpresa appartiene allambito delle attività che per le norme di legge sono fare impresa «agricola», il suo regime si caratterizza infatti per una speciale disciplina che in grande misura significa esclusione delle prescrizioni che valgono per limprenditore commerciale. Non operano le disposizioni intese a regolare lagire negoziale dei dipendenti che agiscono in rappresentanza dellimprenditore commerciale. Non operano le disposizioni che per limprenditore commerciale stabiliscono stringenti vincoli in materia contabile. E in caso di insolvenza limprenditore agricolo non è assoggettato alle procedure concorsuali. Ne consegue uno statuto giuridico dellimprenditore agricolo che costituisce oggetto di motivate perplessità. E già in linea di principio è ormai molto discutibile la stessa distinzione di regime tra impresa agricola e impresa commerciale.
Si tratti di «coltivazione del fondo», di attività «connesse» o di quantaltro è attività indicata dalle disposizioni dellart. 2135 (e dalle norme che con esse fanno sistema), anche in agricoltura sono ormai assolutamente prevalenti modalità duso delle risorse e tecnologie produttive davvero lontane da ciò che un tempo segnava la loro distanza dalle imprese di genere industriale. Va poi rilevato che per un mondo di agricoltura «industrializzata» il ricorso al credito e al mercato dei capitali è fenomeno a grandi dimensioni. Con frequenza sempre maggiore mancano perciò le ragioni costitutive di una speciale disciplina. Anche se utilmente riformate le norme di regolazione del settore in questo senso continuano ad essere uno statuto giuridico di attività di impresa che in ampia misura ancora guarda al passato (e in ampia misura da ripensare: ma questa è materia complessa e coinvolge valutazioni di politica e di analisi economica del diritto che in queste pagine non possono davvero trovare spazio).
Alluniverso normativo delle imprese e imprese commerciali appartiene poi con una presenza di grande rilievo anche limpresa artigiana. Si deve ricordare che molti non sono di questo avviso. Ma se è vero che chi è artigiano non svolge attività «industriale» nellaccezione dellart. 2195 sarà chiaro che limpresa artigiana svolge pur sempre una attività «diretta alla produzione di beni e servizi». E il sistema del codice civile non conosce imprese diverse dallimpresa commerciale se non nel caso dellimpresa agricola che naturalmente è tuttaltra cosa. Semmai si deve avvertire che il discorso da fare sullimpresa artigiana è molto complesso già guardando alle grandi linee del sistema. Va intanto considerato il disegno delle norme costituzionali, e perciò il secondo comma dellart. 45 Cost. dove si prefigurano interventi con finalità di «tutela» e di «sviluppo» dellartigianato (così come lo spazio a suo tempo già aperto dalla norma dellart. 117 a possibili interventi del legislatore regionale).
Occorre poi considerare la disposizione del codice civile che (allart. 2083) guarda allartigiano come figura di «piccolo imprenditore». Occorre infine valutare il particolare rilievo delle norme della «legge quadro» per lartigianato, le norme della legge 443 dell8 agosto 1985 che stabiliscono misure di incentivazione e sostegno di questo importante comparto delleconomia.Al tempo stesso lintervento legislativo che si è operato con la legge «quadro» del 1985 ha provveduto a significative disposizioni di principio. Per indicazione delle norme della legge dellagosto 1985 è possibile oggetto dellimpresa artigiana qualsiasi «produzione di beni» o qualsiasi «produzione di servizi». Sono esclusi soltanto taluni settori di attività enumerati dal primo comma dellart. 3 (e tra questi comunque quanti appartengono allambito di operatività dellimpresa agricola).
Imprenditore artigiano è chi «esercita personalmente» e «professionalmente» in qualità di «titolare» la attività di impresa. Ne deriva «piena responsabilità» per «oneri» e «rischi» conseguenti alla «direzione e gestione» della attività. Ma al tempo stesso chi è «artigiano» alla attività assicura il suo contributo svolgendo «in misura prevalente» il «proprio lavoro, anche manuale» nel «processo produttivo» che caratterizza limpresa. Non è invece stabilito un principio di prevalenza del lavoro suo (e di membri della famiglia) sul lavoro altrui e sul capitale investito nellimpresa, essendo stabiliti soltanto limiti di soglia al numero dei dipendenti «estranei alla famiglia dellimprenditore».Norma del codice civile e norme di legge speciale offrono ampia materia a contrastanti orientamenti.
Secondo una opinione assai accreditata , le diverse norme coesistono dovendosi provvedere ad una loro (non facile) organizzazione in sistema unitario. Secondo altra opinione, le norme di legge speciale sono invece ormai la nuova disciplina di statuto dellimprenditore artigiano, operando in sostituzione di quanto si possa derivare dallart. 2083 del codice civile, che per altri invece si deve ancora ritenere norma costitutiva della nozione di impresa artigiana per ciò che non sia legislazione di «incentivazione» e «sostegno» del settore. Comunque è certo che lartigiano appartiene al numero degli imprenditori commerciali ma non necessariamente al numero dei «piccoli imprenditori». In caso di insolvenza sarà quindi soggetto al regime delle procedure concorsuali ogni volta che non si tratti di piccola impresa artigiana. E non è «piccola impresa» limpresa artigiana che si costituisca in forma di società, volta a volta società in nome collettivo, in accomandita semplice o ancora società a responsabilità limitata «unipersonale», non essendo poi da escludere il ricorso alla forma giuridica della società cooperativa.
Va infine segnalata la innovazione disposta dalle norme della legge delche amplia il numero delle possibili fattispecie di configurazione dellimpresa artigiana come società di capitali secondo il tipo della società a responsabilità limitata. A integrazione del regime già stabilito per limpresa «unipersonale», le norme della nuova legge consentono anche alla società artigiana di costituirsi come «società a responsabilità limitata» se «nel processo produttivo» più di un socio «in prevalenza» svolge «lavoro personale», e se la maggioranza dei soci «attivi» nel «processo produttivo» detiene la maggioranza del capitale sociale. Anche a non considerare i possibili benefici di carattere fiscale, una normativa che costituisce porta aperta allingresso di un grande numero di imprese artigiane nel comparto delle società a responsabilità limitata è innovazione di consistente rilievo. Permette infatti alle imprese di acquisire le maggiori risorse finanziarie così necessarie per linnovazione tecnologica e per una presenza di mercato davvero competitiva.
3. Lo statuto giuridico dellimprenditore commerciale.La disciplina dellagire in suo nome. Il registro delle imprese, la tenuta delle scritture contabili, le procedure concorsuali.
Lo statuto giuridico dellimprenditore commerciale consiste di norme che presentano caratteri di particolare rilievo. Norme che non si applicano allimprenditore agricolo e stabiliscono invece per limprenditore commerciale che non sia piccolo imprenditore una disciplina quanto mai rigorosa. Se non è piccolo imprenditore lo obbligano infatti alla iscrizione nel registro delle imprese con i rilevanti effetti che si preciseranno Allo stesso modo lo obbligano alla tenuta delle scritture contabili secondo la impegnativa disciplina degli artt. 2188 a 2202. E se non è piccolo imprenditore in caso di crisi dellimpresa e di insolvenza lo assoggettano al fallimento e alle altre procedure concorsuali. Ma al riguardo sarà necessario un separato discorso che distinguendo tra fallimento, amministrazione controllata dellimpresa, forme di concordato e altre procedure concorsuali consenta di valutare in che misura imprenditori e società commerciali sono oggetto di una speciale disciplina di settore, espressamente intesa a garantire tutela dei creditori e generali interessi di ogni economia di mercato anche mediante gli strumenti del diritto penale.
Gli artt. 2203 a 2213 regolano la posizione di quanti come institori, procuratori o commessi operano in rappresentanza dellimprenditore commerciale. Con la frequenza e la estensione di campo che è facile immaginare(da sempre e sempre più spesso) per fare contratti è attività di impresa limprenditore si avvale di altri che agiscono in suo nome e per suo conto. E una volta di più si riscontrano precise distinzioni di regime. Se si tratta di collaborazioni prestate da quanti non sono dipendenti dellimpresa operano le norme di disciplina generale della rappresentanza. Quando invece limprenditore sia commerciale e si avvalga di dipendenti dellimpresa si applica la particolare disciplina stabilita per «institori», «procuratori» e «commessi» appunto dalle norme degli artt. 2203 a 2213. Sempre che limprenditore non decida di limitare le attribuzioni dei suoi dipendenti, lo svolgimento di mansioni professionali porta con sé i poteri di rappresentanza normalmente commisurati alla mansioni svolte, cosa che naturalmente tutela i terzi entrati in rapporto con limpresa ben sicuri di trattare con qualcuno che ha legittimazione a contrarre.
Institori sono i dipendenti al vertice dellimpresa o di una sua «sede secondaria» o ancora di un suo singolo «ramo», che sia pure entro i limiti segnati dallart. 2204 possono «compiere tutti gli atti pertinenti allesercizio dellimpresa» e per quanto sia materia di «preposizione institoria» possono «stare in giudizio in nome» dellimprenditore che li ha designati. Sono procuratori, e per essi vale la norma dellart. 2209 i dipendenti che svolgono attività in posizione dirigente anche se non al vertice dellorganizzazione, non essendo «preposti» allesercizio dellimpresa (come ad esempio nel caso di un direttore del personale). E i commessi svolgono mansioni esecutive (come nel caso del cameriere al ristorante), con riguardo alla loro attività essendo stabilita la circostanziata disciplina degli artt. 2210 a 2213. Per tutti è regola che delle obbligazioni contratte operando per limpresa risponderà limprenditore «rappresentato». Ma quanto alle possibili limitazioni dei poteri di institori e procuratori si leggano con attenzione gli artt. 2204 a 2207 (e si legga che cosa lart. 2208 dispone in punto di loro personale responsabilità).
Già ne risulta un insieme di norme dovute ad una precisa necessità di stabilire garanzie per il mercato e comunque per chi intrattenga rapporti con limpresa. E in modo particolare è forte lesigenza di apprestare garanzie di tutela dei creditori dellimprenditore integrate da più generali garanzie di certezza e di trasparenza delle sue attività. Risultati che in ampia misura si conseguono mediante documentazioni e atti di certificazione. Anche in questo senso quanto più efficiente è il loro sistema di garanzie tanto più economia e mercati accrescono la loro soglia di razionale operatività. Sarà perciò di immediata evidenza il grande rilievo della prevista istituzione di un registro delle imprese configurandosi un obbligo di iscrizione nel registro con tutta la estensione di campo indicata dallart. 2195. Per una economia di mercato linformazione su soggetti e attività è valore primario. Deficit di trasparenza e asimmetrie informative si considerano (intollerabili e sono) una anomalia da rimuovere, informazione e trasparenza essendo dovunque indicate come un bene pubblico assolutamente irrinunciabile.
Si provvede perciò con disposizioni di obbligo che hanno inderogabile carattere di imperatività. Obbligo in materia societaria dallart. 2200 del codice civile esteso alle società cooperative, e comunque alla generalità delle imprese che pur non esercitando attività commerciale scelgano la forma giuridica delle società commerciali. In taluni casi liscrizione nel registro svolge funzioni di pubblicità costitutiva nel senso che soltanto ladempimento pubblicitario «costituisce» e fa esistere leffetto giuridico. Operano norme che riguardano società di capitali, società cooperative così come le operazioni di fusione e scissione di società e altro ancora. Appunto in tema di pubblicità costitutiva tra le tante sarà bene segnalare fino da adesso la disposizione dellart. 2331. La società per azioni acquista la personalità giuridica soltanto con la iscrizione nel registro, per le operazioni compiute «in nome della società» prima di allora essendo «illimitatamente e solidalmente responsabili» verso i terzi «coloro che hanno agito».
Medesimo regime vale per le altre società di capitali e per le imprese cooperative. Ma ha efficacia costitutiva anche liscrizione nel registro di importanti operazioni di assetto imprenditoriale e finanziario . E se è vero che esistono ed operano anche in assenza dei dovuti adempimenti, in caso di mancata iscrizione nel registro società in nome collettivo e società in accomandita semplice sono società irregolari, per disposizione degli artt. 2297 e 2317 dà ciò derivando le rilevanti variazioni di regime che saranno precisate più avanti. In un grande numero di casi liscrizione svolge invece funzioni di pubblicità dichiarativa. Regola perciò le condizioni di opponibilità ai terzi degli atti registrati secondo il regime stabilito dallart. 2193. E se si guarda allintera serie delle norme che prescrivono iscrizioni (ma già se si guarda alla disposizione dellart. 2196) si rileva con chiarezza in che misura loperare del registro è struttura portante del sistema e necessaria garanzia di documentazione di ciò che al mercato occorre conoscere .
Più precisamente finalità del registro è documentare sia gli elementi distintivi dellimpresa variamente costituiti dallidentità dellimprenditore, dalla sua sede, dalloggetto dellattività (e altro ancora) sia le vicende, gli atti e i fatti che nello svolgimento della attività di impresa configurano la complessa trama dei suoi rapporti con il mercato e con i creditori. Lart. 2193 stabilisce il regime dei «fatti» da iscrivere nel registro mediante disposizioni che sono naturalmente di primaria importanza per lintera serie dei possibili rapporti tra impresa e terzi entrati con essa in relazioni daffari. Una volta iscritti i «fatti» si considerano a conoscenza dei terzi che perciò non possono invocare una loro «ignoranza». Ma «se non sono stati iscritti» non possono essere «opposti ai terzi» da «chi» era obbligato alliscrizione «a meno che questi provi che i terzi ne abbiano avuto conoscenza».
Così prefigurata nei suoi effetti già dalle norme del codice civile la istituzione di un registro delle imprese doveva costituire per decenni un progetto incompiuto. In mancanza del necessario decreto di sua esecuzione, per cinquantanni si è infatti operato nel regime transitorio stabilito da talune disposizioni di attuazione del codice civile. E alla attivazione del registro delle imprese si è pervenuti soltanto con lart. 8 della legge 580 del dicembre 1993. Le sue regole hanno variato in consistente misura loriginario progetto del codice, delineando la disciplina poi completata dal d.p.r. 581 del 7 dicembre 1995 e successivamente modificata con le prescrizioni del d.p.r. 559 del 16 settembre 1997. Appunto lart. 7 del decreto del dicembre 1995 provvede ad elencare le imprese destinatarie della iscrizione nel registro adesso organizzato con tecnologia informatica finalmente evoluta presso la Camera di commercio .
Nella sua attuale configurazione il registro delle imprese si presenta nelle forme di un apparato documentale a carattere complesso. Accoglie nella sua sezione ordinaria e con effetti di pubblicità legale le informazioni relative agli imprenditori commerciali ( che non siano piccoli imprenditori ) e alle società comunque costituite in forma di società commerciale(anche se non svolgono attività commerciale ). Alla medesima sezione si iscrivono consorzi e società consortili, «gruppi europei di interesse economico» con sede nel nostro paese , le imprese «ente pubblico» che hanno per oggetto lattività commerciale e società estere (se nel nostro paese hanno sede amministrativa o loggetto primario della loro attività). E per le «sedi secondarie» si deve domandare iscrizione allufficio del registro delle imprese «dove è la sede principale dellimpresa».
Sezioni speciali del registro accolgono le informazioni che riguardano piccoli imprenditori, imprese artigiane, imprenditori agricoli e società semplici. Ancora una volta si opera con finalità di trasparenza ma su scala minore. Dalla iscrizione in queste speciali sezioni del registro di regola deriva infatti soltanto leffetto di pubblicità notizia che consegue alla conoscibilità di quanto ne risulta.Ma di regola liscrizione dellatto o del fatto di per sé non ha leffetto di renderlo opponibile ai terzi essendo materia di prova la loro conoscenza di atti o fatti rilevanti. Ma un regime particolare vale per la società semplice che esercita limpresa agricola e comunque per la generalità degli imprenditori agricoli , considerato che secondo la disposizione dellart. 2 del decreto legislativo 228 del con riguardo ad essi liscrizione nel registro produce invece effetti di pubblicità legale.
Grande rilievo ha poi la documentazione contabile delle attività di impresa. Per il piccolo imprenditore anche se imprenditore commerciale vale la disposizione di esonero del terzo comma dellart. 2214. Ma per ogni altro imprenditore commerciale esiste un obbligo di tenere scritture contabili. E ( con esclusione della società semplice )obbligo di tenuta di scritture contabili esiste per le società costituite in forma di società commerciale anche quando la attività svolta non sia attività commerciale .Si tratta di adempimenti che contestualmente svolgono diverse ma egualmente importanti funzioni. Una corretta tenuta della contabilità è indispensabile già allimprenditore per le necessarie valutazioni degli andamenti di impresa secondo criteri di loro razionale apprezzamento. Occorre ai terzi per derivarne le informazioni che servono a quanti entrano con limpresa in rapporti di affari. E nelleventualità di una situazione di insolvenza dellimprenditore saranno appunto le scritture contabili a consentire di accertare e misurare la sua esposizione debitoria.
Il libro giornale deve indicare «giorno per giorno» le operazioni relative allesercizio dellimpresa. Il libro degli inventari deve contenere «indicazione» e «valutazione» delle attività e delle passività relative allimpresa secondo le modalità e con le finalità stabilite dallart. 2217. Linventario deve redigersi «allinizio dellesercizio dellimpresa» e successivamente ogni anno. Deve contenere indicazione e valutazione delle attività e delle passività relative allimpresa «nonché delle attività e delle passività dellimprenditore estranee alla medesima». E si deve chiudere con il bilancio e il conto dei profitti e delle perdite «il quale deve» dimostrare «con evidenza e verità» gli utili conseguiti o le perdite subite (ma per i documenti di bilancio a suo tempo sarà necessario più ampio e separato discorso con particolare riguardo al diritto contabile delle società di capitali).
Sono infine obbligatorie le ulteriori scritture contabili richieste «dalla natura e dalle dimensioni dellimpresa», che saranno volta a volta il libro mastro, il libro magazzino o altri ancora. Occorre al tempo stesso «conservare ordinatamente» le documentazioni enumerate dal secondo comma dellart. 2214. Le prescrizioni da osservare per la regolarità delle scritture contabili sono indicate dagli artt. 2215, 2216, 2217 e 2219. Ne risultano stabilite le modalità di «tenuta» e di «conservazione» di una «ordinata contabilità» con puntuale determinazione di tempi e configurazione degli adempimenti dovuti. E va ricordato che una omessa o irregolare tenuta delle scritture espone anche al rischio di sanzioni disposte dalla legislazione fiscale (e al rischio di sanzioni penali quando ne risulti configurata la fattispecie del reato di bancarotta documentale).
Sarà bene avvertire che la materia è complessa e multiforme. Per taluni settori di impresa (e ad esempio nel caso delle imprese bancarie o assicurative e delle imprese di <cartolarizzazione > dei crediti) valgono infatti speciali regole di scritturazione e contabilità che ne qualificano in misura determinante il regime normativo. E si preciserà in seguito quanto riguarda la disciplina delle imprese comunque costituite in forma di società di capitali. A determinare il valore delle scritture contabili come mezzo di prova a favore dellimprenditore o contro limprenditore (e largomento è importante) provvedono comunque gli artt. 2709 e 2710. Operano disposizioni nel segno della necessaria chiarezza. I libri e le altre scritture contabili delle imprese «soggette a registrazione» per la norma dellart. 2709 «fanno prova contro limprenditore». Ma va considerato che «chi vuol trarne vantaggio non può scinderne il contenuto». E ha particolare rilievo la norma dellart. 2710.
Questa disposizione stabilisce infatti che «quando sono regolarmente tenuti» i libri contabili possono comunque fare prova «tra imprenditori» per «i rapporti inerenti allesercizio dellimpresa». Si tratti poi di loro «comunicazione integrale» o di una singola «esibizione» di documenti, a regolare limpiego processuale di libri, scritture contabili e corrispondenza di impresa servono le disposizioni dellart. 2711. Dal giudice la comunicazione integrale può essere ordinata soltanto in materia di controversie che riguardano scioglimento di società, comunione di beni e successioni per causa di morte. In casi diversi da questi «anche dufficio» il giudice tuttavia può pur sempre ordinare che i libri si esibiscano «per estrarne le registrazioni concernenti la controversia in corso» (e può anche ordinare lesibizione di «singole scritture contabili», fatture e ancora altre documentazioni se «concernenti la controversia» in atto).
4. La nozione di «società» e lo scenario di insieme. Il contratto e le altre fonti costitutive. Lautonomia patrimoniale. Oggetto e scopo delle attività. Società commerciali, società non commerciali. Scopo lucrativo, scopo mutualistico, scopo consortile
È società lorganizzazione che consente a più soggetti di svolgere in comune una attività economica. Si uniscono le forze quanto a risorse di capitale e talvolta anche quanto a capacità operative. Si condividono e perciò si rendono meno gravosi i fattori di rischio. E già per questi motivi la società costituisce lo strumento privilegiato per avviare iniziative imprenditoriali di rilievo. Operano norme di legge molto numerose che talvolta vincolano fortemente i contenuti dellatto costitutivo e dello statuto della società, residuando tuttavia pur sempre ampio spazio per lautonomia di valutazione che compete a quanti assumono iniziative societarie. Da norme di legge e disciplina statutaria saranno regolati gli obblighi dei soci e i loro diritti che configurano una complessa posizione giuridica del socio comprensiva di diritti patrimoniali, diritti amministrativi di partecipazione allattività sociale e diritti di controllo sulla gestione della società. Saranno ancora norme di legge ma anche autonomia di disciplina statutaria a definire lassetto organizzativo della società. E molto rilevano le norme del decreto legislativo del marzo 2002 che ha sostituito le disposizioni dellundicesimo titolo del quinto libro del codice civile formulando nuove disposizioni per la disciplina penale della materia societaria .
Come risulta con ogni evidenza già da una sommaria ricognizione di campo che ne consideri soltanto loggetto e il regime patrimoniale, la materia societaria comprende in sé fenomeni e fattispecie del più diverso genere.Quanto alloggetto delle attività il criterio primario di distinzione è tra società non commerciali che appunto non possono svolgere attività commerciale, come è il caso della società semplice e società invece commerciali che svolgeranno perciò attività di imprenditore commerciale, e saranno volta a volta società di persone in nome collettivo o in accomandita semplice oppure società di capitali ,e perciò società per azioni, società in accomandita per azioni e società a responsabilità limitata per esse dovendosi considerare la radicale riforma di sistema operata a gennaio del 2003. E per le società azionarie lart. 2325 bis provvede ad una identificazione delle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio ,le società con azioni quotate in mercati regolamentati o comunque diffuse tra il pubblico in misura rilevante assoggette poi ad una loro speciale disciplina.
.Lo scenario di insieme è davvero multiforme e complesso dovendosi tener presente che che la forma giuridica di una delle società commerciali può essere scelta anche per svolgere una attività non commerciale, senza tuttavia che questo comporti applicazione alla società delle norme di regime degli imprenditori commerciali. Quanto al regime patrimoniale delle società occorre distinguere tra le società di persone che hanno autonomia patrimoniale imperfetta e perciò non sono «persona giuridica», come è il caso della società semplice, della società in nome collettivo e della società in accomandità semplice mentre sono invece società <persona giuridica > che opera in regime di perfetta autonomia patrimoniale la società per azioni, la società in accomandita per azioni e la società a responsabilità limitata. Esistono infine società a scopo di lucro e società non lucrative dovendosi considerare in modo particolare il regime giuridico della società cooperativa (anche quando non sia società a mutualità prevalente sul modello dellart. 2512 ).
Nel disegno delle norme del codice civile «fonte costitutiva» di una società è in linea di principio il contratto, per lappunto il contratto di società che lart. 2247 definisce con concisa chiarezza. Con il contratto di società «due o più persone conferiscono beni e servizi per lesercizio in comune di una attività economica allo scopo di dividerne gli utili». Come si preciserà più avanti esistono tuttavia norme di legge che per singole fattispecie consentono la costituzione di società per atto unilaterale. Società a responsabilità limitata e società per azioni già in linea di principio possono comunque essere costituite anche con atto unilaterale. E fattispecie di costituzione di società con atto unilaterale si ritrovano in leggi speciali che riguardano processi di trasformazione in società di enti creditizi, dismissioni di partecipazioni azionarie dello Stato (e di altri enti pubblici) e ancora la «trasformazione» in «società» di aziende degli enti locali. Guardando ai recenti fenomeni di privatizzazione di importanti comparti del settore pubblico, va poi considerato con la dovuta attenzione anche il caso delle società legali, intese come tali sia le società costituite in via diretta da una norma di legge sia le società che una norma di legge impone di costituire. Ma si tratta pur sempre di fattispecie particolari.
Nella generalità dei casi opera infatti la regola dellart. 2247 e la società origina da un contratto di società che appartiene allambito dei contratti associativi e con comunione di scopo. Il contratto di società è per sua natura potenzialmente «plurilaterale», è contratto di organizzazione di attività e ad esso si applicano gli artt. 1420, 1446, 1459 e 1466. E naturalmente si applicano le norme di disciplina generale dei contratti se compatibili con le norme di speciale disciplina dei singoli tipi di società indicati dallart. 2249. Questa disposizione configura un sistema normativo che tuttavia stabilisce il principio del numero chiuso dei tipi di società. Alle parti del contratto perciò è consentito scegliere tra tipo e tipo di società e non è esclusa la possibilità di integrarne il regime con particolari e «atipiche» clausole negoziali essendo assai indicativa la nuova disciplina delle società a responsabilità limita. Ma non è consentito costituire società non appartenenti ad un tipo legale.
La necessaria conformità di ogni società ad un tipo legale in decisiva misura ne precostituisce il regime che sarà volta a volta diverso a seconda del tipo prescelto dai contraenti. Esistono tuttavia pur sempre regole di carattere generale già in grande evidenza se si considerano le disposizioni in materia di conferimenti, la disciplina dell«esercizio in comune» dellattività di impresa e lo «scopo di dividerne gli utili». Si tratti di beni materiali o di beni immateriali, di crediti o di servizi prestati (o più semplicemente di denaro) in ogni società i conferimenti dei soci confluiscono in un patrimonio sociale, che di tempo in tempo varierà a seconda degli andamenti della gestione che determinano la soglia dellattivo e del passivo sociale. Ma latto costitutivo della società deve stabilire e indicare il valore degli iniziali conferimenti dei soci in quanto capitale sociale, inteso come tale il valore in denaro dei conferimenti che così considerati svolgono necessarie funzioni di garanzia e altre ancora.
Funzioni di garanzia (efficacemente esemplificate da norme come lart. 2303 o lart. 2447) perché le norme vincolano la società a conservare quel valore (che diventa perciò indisponibile) a garanzia di tutela dei terzi entrati rapporti di affari con la società, che sulla consistenza economica del capitale sociale possono in ogni caso fare conto per la riscossione dei loro eventuali crediti. Altre e rilevanti funzioni lentità numerica del capitale sociale svolge poi quanto alle valutazioni di bilancio. Ogni società deve periodicamente valutare il suo andamento di gestione mediante un bilancio di esercizio che serve ad accertare se la gestione ha conseguito un utile o registrato invece perdite. E naturalmente un utile esiste soltanto se lattivo di bilancio supera le passività aumentate dellimporto del capitale sociale, che per la sua stessa funzione di garanzia dei creditori va considerato un debito verso terzi (e perciò va segnato al passivo del bilancio societario). Si dirà più avanti della speciale disciplina della società cooperativa che opera in regime di capitale variabile.
Ad indicare ulteriori requisiti del contratto di società lart. 2247 poi provvede indicando come elemento distintivo di ogni e qualsiasi società lesercizio in comune di una attività economica. E tale sarà naturalmente anche il caso di società che come la società di engineering o la società di revisione contabile pure esercitano in prevalenza attività di elaborazione concettuale di problemi tecnici. Considerato che nellart. 2247 «attività» significa comunque serie di atti coordinati secondo una logica di programma, sarà chiaro che non è invece «società» liniziativa avviata da operatori economici semplicemente interessati a fare insieme una singola operazione di mercato che a veder bene non comporta alcuna organizzazione di attività (e per esempio una vendita congiunta di merci che vendute insieme consentono di conseguire un maggior prezzo).
Lart. 2247 tuttavia non richiama il requisito della professionalità invece dallart. 2082 ritenuto necessario perché esista impresa. Perciò non esiste impresa ma esiste pur sempre società nel caso delle società occasionali, costituite per lo svolgimento di una operazione di mercato a carattere complesso, che esige organizzazione di una serie di atti coordinati secondo logica di programma, anche se lattività svolta non avrà il carattere durevole delle attività professionali (e la società sarà sciolta una volta venduti gli immobili costruiti in esecuzione del progetto di insediamento abitativo). Altra (molto discussa e molto rilevante ) fattispecie di società senza impresa sembra configurare il caso della società tra professionisti (ma la problematica è complessa e la disciplina della fattispecie ancora in via di definizione).
Sempre in tema di regime delle attività lart. 2248 distingue con sufficiente chiarezza tra società e comunione a scopo di godimento, disponendo che nel caso di una comunione costituita o mantenuta «al solo scopo del godimento di una o più cose» non si applicano le norme in materia di società. In tal caso manca infatti il genere di attività che ne giustifica il regime, essendo evidente che una cosa è la attività di genere imprenditoriale e altra cosa lattività di pura e semplice cura di beni con finalità di un loro miglior godimento. Perciò lart. 2248 stabilisce che a tale fattispecie si applicano le norme che il terzo libro del codice civile prescrive appunto per la comunione di beni. E in questo senso si devono considerare vietate le società di mero godimento (ma naturalmente non lo sono società che impiegano beni in comproprietà nel contesto di una organizzazione di impresa: si pensi al caso della società che non si limita alla locazione di immobili, impiegando invece immobili nella attività di gestione di un complesso apparato di servizi residenziali).
Ancora lart. 2247 avverte poi che non esiste società senza esercizio «in comune» di una attività. E società non esiste nel caso della associazione in partecipazione che si concreta quando si assicurano apporti finanziari allaltrui attività di impresa, senza che tuttavia ne consegua alcuna forma di concorso alla sua gestione né alcun «esercizio in comune» di attività imprenditoriali. Il contratto può anche prevedere modalità di controllo (e comporta diritti di rendiconto) secondo quanto stabilisce lart. 2552. Ma non è contratto di società ed è invece puro e semplice contratto di scambio sul modello dellart. 2549, che prefigura appunto contratti mediante i quali un imprenditore «associante» attribuisce ad un soggetto «associato» una partecipazione agli utili della sua impresa» o di uno o più affari «verso il corrispettivo di un determinato apporto». Lart. 2553 precisa che «salvo patto contrario» lassociato partecipa alle perdite nella stessa misura in cui partecipa agli utili. Ma le perdite che colpiscono lassociato non possono superare il valore del suo apporto. In ogni caso la gestione dellimpresa o dellaffare compete in via esclusiva allassociante (e gli compete in via esclusiva anche nel caso dei contratti di cointeressenza prefigurati dallart. 2554).
Quanto allo scopo di lucro occorre intanto distinguere tra società e altre organizzazioni collettive che pure possono svolgere attività di impresa. Va infatti considerato che per lart. 2082 lattività di impresa non ha necessariamente scopo di lucro. E attività di impresa possono svolgere anche organizzazioni collettive che non sono società. Si pensi al caso di una associazione del libro primo del codice civile che a integrazione delle sue iniziative di genere culturale nel settore dellarte contemporanea per statuto preveda anche lo svolgimento di attività di impresa. Attività che lassociazione svolgerà senza scopo di lucro e soltanto al fine di promuovere ulteriori attività associative. Si venderanno libri e opere darte, si organizzeranno viaggi e molto altro. E tutto questo sarà attività di impresa di una associazione «imprenditore commerciale» diverso dallimprenditore «società», come diversi dallimprenditore «società» sono enti pubblici che svolgano anchessi attività di impresa senza scopo lucrativo. Altro invece lo scenario delineato dalle norme che regolano le attività di impresa svolte in forma societaria.
Lart. 2247 segnala infine come finalità tipica del contratto di società lo scopo di divisione degli utili. Occorre tuttavia precisare che per questa sua parte lart. 2247 riguarda soltanto le società lucrative, che saranno volta a volta società semplici, società in nome collettivo, società in accomandita, società per azioni o società a responsabilità limitata costituite appunto a scopo di lucro.Ma si consideri che le società consortili possono non avere come scopo la divisione di utili e si deve avvertire che spesso norme di leggi speciali configurano particolari fattispecie di società (e di regola società per azioni) che se hanno forma giuridica di società lucrativa tuttavia istituzionalmente escludono qualsiasi scopo di divisione di utili (il lucro in senso soggettivo), e talvolta esclusa è la stessa finalità di conseguire un utile di impresa (il lucro in senso oggettivo). Ma si tratta di norme che operano in via di eccezione. Per i tipi di società che si sono indicati è infatti pur sempre principio generale che il contratto di società ha causa lucrativa.
Tipi di società che non hanno scopo lucrativo indicano invece gli artt. 2511 e 2615 ter. In misura talvolta assolutamente prevalente non hanno scopo lucrativo e hanno invece uno scopo mutualistico le società cooperative dellart. 2511 che si sono già segnalate . E come già si sa non hanno necessariamente scopo lucrativo le società indicate dallart. 2615 che «come oggetto sociale» possono assumere lo scopo consortile dellart. 2602. Si tratterà allora di contratti di società che costituiscono un consorzio tra imprenditori, configurandosi così una organizzazione comune istituzionalmente chiamata a regolare o a svolgere «determinate fasi» della attività degli imprenditori consorziati. La società consortile potrà anche essere consorzio con attività esterna sul modello dellart. 2612 e perciò svolgere «unattività con i terzi», perseguendo comunque risultati di contenimento dei costi imprenditoriali e di incremento dei profitti di impresa senza per questo perseguire in senso tecnico uno scopo lucrativo. E società non lucrative possono essere anche le associazioni di impresa e joint ventures se la società che si costituisce per integrare le forze di due o più imprenditori persegue finalità diverse dalla produzione immediata di utili da dividere tra i soci.
5. Le società di persone. Società semplice, società in nome collettivo, società in accomandita semplice. Società «di fatto», società «apparenti», società «occulte». Il caso delle società «irregolari»
Sono società di persone la società semplice, la società in nome collettivo e la società in accomandita semplice. La società semplice può esercitare soltanto attività non commerciale. La società in nome collettivo che pure è società commerciale può esercitare sia attività commerciale che attività non commerciale. E lo stesso vale per la società in accomandita semplice. Per maggior chiarezza sarà il caso di leggere la disposizione dellart. 2249. Le società «che hanno per oggetto» lesercizio di una attività diversa dalla attività commerciale «sono regolate dalle disposizioni sulla società semplice». Perciò la società semplice è il tipo di società naturalmente destinato alle attività dellimpresa agricola. Al secondo comma lart. 2249 tuttavia non esclude che i soci di una impresa pure non commerciale possano invece scegliere di «costituire la società secondo uno degli altri tipi di società». Da ciò il caso dellimpresa non commerciale organizzata nella forma giuridica della società in nome collettivo o di altro tipo di società commerciale fosse anche un tipo di società di capitali. Per espresso divieto dellart. 2249 non possono invece darsi imprese commerciali in forma di società semplice.
Se questo è il complessivo disegno delle norme del codice civile (ormai da tempo, e da più parti ) si è segnalata l'esigenza di una loro riforma, occorrendo un intervento legislativo che alle società di persone assegni un regime in linea con la domanda di un adeguamento delle normative agli attuali assetti delleconomia. E muovendo in questa direzione lo «schema» di disegno di legge approvato a febbraio del 2001 prefigurava «revisione» delle disposizioni generali in materia societaria e riforma della disciplina delle società di persone, progettando la «soppressione» del tipo sociale «società semplice». Contestualmente si indicava nella società in nome collettivo il modello di organizzazione societaria da privilegiare per la generalità delle società personali, sia commerciale oppure di diverso genere la attività svolta da imprese che non assumono la forma e il regime delle società di capitali. E una riforma orientata in questa direzione ha precise motivazioni.
Si deve infatti considerare che allatto pratico il tipo della società semplice non ha trovato occasioni di frequente impiego. Il rilevante interesse delle disposizioni che la regolano si deve perciò in decisiva misura alle disposizioni degli artt. 2293 e 2315, che come si preciserà ne utilizzano ampiamente i contenuti per dare disciplina a società in nome collettivo e società in accomandita. E già da esse si derivano gli elementi distintivi delle società di persone. «Di persone» perché nel loro regime lelemento personale rileva in modo assolutamente particolare. Si guardi al regime di responsabilità dei soci per le obbligazioni sociali, dei poteri di amministrazione della società e del trasferimento della qualità di socio. Ne risulterà con ogni evidenza che le norme da considerare sono numerose, comportano numerose varianti di regime e talune disposizioni non si uniformano ai principi generali. Ma i principi generali sono di segno assolutamente univoco.
Le società di persone non configurano una «persona giuridica» con un suo patrimonio interamente separato anche se va considerata la loro possibile trasformazione in società aventi personalità giuridica secondo la previsione dellart. 2498,occorrendo leggere quanto lart. 2500 ter dispone in ordine alle deliberazioni che si devono assumere ( ma anche quanto stabiliscono lart. 2500 quater s in tema di assegnazione di partecipazioni sociali e lart. 2500 quinquies in tema di responsabilità patrimoniale ). In queste pagine tuttavia è possibile considerare i lineamenti generali della disciplina ,e anchessi soltanto in via di di prima approssimazione allanalisi di un regime con notevoli caratteri di complessità.
In linea generale per le obbligazioni sociali vale la regola della illimitata e solidale responsabilità di tutti i soci :Regola tuttavia esclusa ( soltanto) per la categoria dei soci accomandanti della società in accomandita. E ancora in linea di principio la qualità di socio in linea di principio assicura ad ognuno un accesso ai poteri di amministrazione della società. Sempre in linea di principio la qualità di socio non si trasferisce a terzi senza il consenso degli altri soci. Da ciò il particolare rilievo del fattore personale che indica tal genere di società come modello normativo certamente preferibile quando si tratta di iniziative imprenditoriali dove più contano le qualità soggettive dei soci e il rapporto fiduciario che li lega, non occorrendo invece la ingente raccolta di risorse finanziarie consentita soltanto a società di capitali.
Quanto alla basic rule della illimitata responsabilità per le obbligazioni sociali si dovranno considerare disposizioni (dellart. 2267) che consentono un diverso accordo societario o disposizioni (dellart. 2313) che per la accomandita configurano una categoria di soci accomandanti a responsabilità limitata. Ma il principio generale è pur sempre nel senso che di regola il socio delle società di persone nellattività di impresa impegna e mette a rischio tutto il suo patrimonio. Un rischio tanto maggiore se si considera che la sua illimitata responsabilità è al tempo stesso responsabilità solidale dellart. 1292, di modo che dal creditore della società ogni singolo socio potrebbe «essere costretto alladempimento per la totalità» dellobbligazione. Ma se la posizione del socio della società «di persone» comporta così pesanti responsabilità ben si spiega quanto lart. 2257 stabilisce in materia di poteri di amministrazione.
Ancora una volta fa eccezione il caso del socio accomandante. Ma in linea generale e «salvo diversa pattuizione» lamministrazione della società «spetta a ciascuno dei soci disgiuntamente dagli altri». E se poteri di amministrazione competono «a ciascuno dei soci» illimitatamente responsabili «ciascun socio amministratore ha diritto di opporsi alloperazione che un altro voglia compiere». È vero che la «diversa pattuizione» regolata dallart. 2258 può assegnare soltanto a taluni soci i poteri di amministrazione della società e poteri da esercitare «congiuntamente». Ma in nessun caso per gli altri la posizione di socio diventa pura e semplice partecipazione finanziaria allattività dellimpresa. Da ciò ancora una volta il particolare rilievo del fattore personale che trova puntuale conferma nella disciplina del trasferimento a terzi della qualità di socio. Per esso occorre il consenso degli altri soci (e lart. 2284 avverte che nel caso della morte di un socio soltanto il consenso degli altri consentirà ai suoi eredi laccesso alle attività sociali, essendo ancora una volta eccezione alla regola quanto per laccomandante dispone lart. 2322).
Va infine considerato che società di persone possono operare anche in assenza di un atto scritto che le costituisca. Può perciò darsi il caso di rapporti contrattuali e società di fatto, inteso come tale il caso dellattività di impresa che si esercita in comune senza che tuttavia esista alcun formale contratto, esistendo appunto soltanto e in via di fatto condivisione di risorse, di iniziative e di guadagni o perdite. A seconda che si tratti oppur no di attività commerciale si applicherà la disciplina della società in nome collettivo o quella della società semplice. E qualora si tratti di società che svolge attività commerciale la sua insolvenza comporterà fallimento ( della società di fatto e di tutti suoi soci ). Altra la fattispecie della società apparente che si presenta quando allapparenza di in vincolo societario non corrisponde la realtà delle cose esistendo per lappunto soltanto le apparenze di un esercizio in comune di attività societarie. Ma per diritto giurisprudenziale laffidamento ingenerato dalle apparenze non sarà senza conseguenze configurandosi una responsabilità di tutti gli apparenti «soci» nei confronti dei terzi entrati con loro in relazioni daffari.
Altre ancora le fattispecie della società palese che ha soci occulti (anchessi assoggettati alle dovute responsabilità ) e infine la fattispecie della società essa stessa occulta. La società esiste ma per accordo tra i soci la sua esistenza non si manifesta perchè nelle relazioni daffari con i terzi slattività di impresa si presenta come lagire di un imprenditore individuale dissimulandosi lesistere di di una società e di soci che per lappunto si occultano . E naturalmente tutto questo al perverso fine di limitare le responsabilità patrimoniali verso terzi al (solo e verosimilmente contenuto) patrimonio di chi spende il suo nome come se fosse imprenditore individuale.Ma ancora una volta opera un diritto giurisprudenziale (assai discusso ma comunque) tale da configurare regole di responsabilità verso i terzi estese a società occulta e soci occulti ,tutte le volte che ai terzi riesca di provare lesistenza di un accordo sociale e che gli atti messi in essere da chi appare (imprenditore individuale ) sono in realtà atti da riferire alla società occultata.E si pensi alla eventuale insolvenza che concreti i presupposti della procedura fallimentare.
Quanto all ordinario regime delle società di persone non sarà cosa difficile fare chiarezza già per ciò che riguarda i lineamenti generali della disciplina della società semplice. Per la costituzione della società semplice non esistono requisiti di forma. Più precisamente lart. 225 stabilisce che «il contratto» sociale «non è soggetto a forme speciali, salvo quelle richieste dalla natura dei beni conferiti». E se non ci sarà scrittura ricorrerà il caso della società di fatto. Liscrizione della società nella sezione speciale del registro delle imprese vale con gli effetti che si sono già indicati. Quanto allamministrazione opera il già indicato modello di amministrazione disgiuntiva dellart. 2257 dove è espressamente previsto che <salvo diversa pattuizione> la amministrazione della società <spetta> appunto <a ciascun socio disgiuntamente dagli altri >. E qualora si operi invece in regime di amministrazione congiuntiva devono osservarsi le prescrizioni dellart. 2258.
Per la rappresentanza della società dispone lart. 2266 avvertendo che in mancanza di diversa disposizione del contratto sociale <la rappresentanza spetta a ciascun socio amministratore>essendo estesa a tutti gli atti che< rientrano nelloggetto sociale > . E lart. 2266 regola contestualmente anche la legittimazione a stare in giudizio . In tema di responsabilità per le obbligazioni sociali, i creditori «possono far valere i loro diritti sul patrimonio sociale «ma come precisa lart. 2267 «rispondono inoltre personalmente e solidarmente» i soci che hanno agito «in nome e per conto della societa». E rispondono anche «gli altri soci» salvo «patto contrario». Ma un patto di questo genere deve «essere portato a conoscenza dei terzi con mezzi idonei» perché in mancanza di ciò la limitazione della responsabilità o la esclusione della solidarietà non sono opponibili «a coloro che non ne hanno avuto conoscenza». Al socio richiesto del pagamento lart. 2268 assicura il beneficio della preventiva escussione del patrimonio sociale.
La società in nome collettivo configura il tipo di società commerciale maggiormente diffuso. In caso di attività commerciale se gli accordi tra i soci non comportano più complesso regime la società sarà infatti società in nome collettivo. E sarà società disciplinata dalle norme degli artt. 2291 a 2312. Ma in osservanza della disposizione dellart. 2293 alla società in nome collettivo si applicano anche le norme che regolano la società semplice per tutto quanto non sia diversamente stabilito.Rilevano in modo particolare le prescrizioni che adesso si segnalano. Per la società in nome collettivo lart. 2295 prescrive precisi e circostanziati contenuti dellatto costitutivo. E lart. 2296 prescrive requisiti di forma, latto pubblico o la scrittura privata autenticata che tuttavia non sono condizioni di esistenza della società ma soltanto presupposti della sua regolarità. Latto pubblico o la scrittura privata occorrono per la iscrizione nel registro delle imprese. In sua mancanza la società pur sempre esiste ed opera essendo tuttavia società in nome collettivo irregolare, assoggettata alla previsione dellart. 2297 dove si stabilisce che «ferma restando la responsabilità illimitata e solidale di tutti i soci» fino a quando «la società non è iscritta ( ) i rapporti tra la società e i terzi ( ) sono regolati dalle disposizioni relative alla società semplice».
Rilevano poi in modo particolare le norme in materia di conferimenti dei soci dovendosi leggere quanto lart. 2253 stabilisce con riguardo al <conseguimento delloggetto sociale > (ma sarà bene leggere con attenzione anche le successive disposizioni che con lart. 2253 fanno sistema ). E il valore attribuito ai conferimenti dei soci secondo la previsione dellart. 2295 consentirà di determinare lammontare del capitale sociale. .Allamministrazione della società si provvederà in osservanza della regola che ogni socio è amministratore sempre che la disciplina statutaria non riservi soltanto ad alcui la fuizione amministrativa originandosi allora la distinzione tra amministratori e soci che non sono amministratori. In ogni caso e come già si sa è regola il principio di amministrazione disgiuntiva dellart. 2257 ma lalternativa prudenziale dellamministrazione congiunta è offerta dallart. 2258. Il bilancio di esercizio a suo tempo consentirà di stimare utili e perdite in funzione delle eventuali assegnazioni di utili secondo la previsione dellart. 2262
Massimamente rilevano infine le norme di speciale disciplina del regime di responsabilità per le obbligazioni sociali. Lart. 2291 stabilisce infatti che nel caso della società in nome collettivo tutti i soci «rispondono solidalmente e illimitatamente per le obbligazioni sociali». È vero che non diversamente da quanto è previsto per la società semplice è possibile un «patto contrario». Ma occorre chiarezza quanto alla assoluta diversificazione di regime perché nel caso della società semplice la limitazione di responsabilità stabilita a favore di taluni soci è opponibile ai terzi se portata a loro conoscenza <con mezzi idonei». Mentre invece lart. 2291 avverte che nel caso della società in nome collettivo tale patto non ha effetto nei confronti dei terzi. E questo significa che i creditori della società trovano adeguate garanzie di tutela del loro credito sia nel patrimonio sociale sia in quello personale di ogni singolo socio.
A vantaggio dei soci opera invece la regola che lart. 2304 stabilisce in punto di autonomia patrimoniale della società. I creditori sociali infatti non possono pretendere il pagamento dei debiti sociali dai singoli soci se non dopo la escussione del patrimonio sociale. Nel loro interesse opera perciò una disposizione più favorevole di quanto non sia lart. 2268 per i soci della società semplice, che sono invece tenuti a domandare la preventiva escussione della società dovendo poi indicare «i beni sui quali il creditore possa agevolmente soddisfarsi». Si consideri poi che se al creditore particolare di un socio di società semplice è consentito domandare la liquidazione della quota del socio debitore, «finché dura la società» questo non è consentito al creditore particolare di un socio di società in nome collettivo. Per il caso di trasformazione della società operano le prescrizioni che si sono segnalate.
Quanto alla società in accomandita semplice lart. 2315 stabilisce che ad essa si applicano le disposizioni relative alla società in nome collettivo se «compatibili con le norme» di speciale regime degli artt. 2313 a 2324. La società in accomandita come già si diceva ha il suo elemento distintivo nella presenza di due diverse categorie di soci. Presenza necessaria perché come avverte lart. 2323 «quando rimangono soltanto soci» di una delle due categorie si determina una causa di scioglimento della società. Sono accomandatari i soci che amministrano la società e portano su di sé illimitata e solidale responsabilità per le obbligazioni sociali. Accomandanti sono i soci che invece di esse rispondono limitatamente alla quota conferita e per disposizione dellart. 2320 non possono compiere atti di amministrazione né trattare o concludere affari in nome della società «se non in forza di procura speciale per singoli affari». Sullamministrazione della società i soci accomandanti hanno poteri di controllo assicurati dal secondo comma dellart. 2320, dove si stabilisce che «in ogni caso» essi «hanno diritto di avere comunicazione annuale del bilancio e del conto dei profitti e delle perdite» e diritto di «controllarne lesattezza, consultando i libri e gli altri documenti della società».
Va poi considerato che «sotto la direzione» dei soci accomandatari e «amministratori» della società i soci accomandanti «possono tuttavia prestare la loro opera» non essendo escluso che latto costitutivo della società «per determinate operazioni» preveda una loro autorizzazione o un loro parere. Ma si tratta pur sempre di soci per così dire «capitalisti» che in previsione di un utile finanziano attività di impresa amministrate da altri, i soci accomandatari e imprenditori che nellesercizio delle attività di impresa si devono uniformare alla già segnalata disposizione dellart. 2315, là dove si stabilisce che alla società in accomandita semplice « in quanto ( ) compatibili» si applicano le norme che valgono per la società in nome collettivo. Particolarità di disciplina non mancano se ad esempio si considera che la quota di di partecipazione del socio accomandante è «trasmissibile per causa di morte». Ma prevalgono le uniformità di regime dovendosi tuttavia considerare che cosa stabilisce lart. 2317 quanto al caso della società in accomandita irregolare per il caso di mancata iscrizione nel registro delle imprese. Per il caso della trasformazione in società di capitali con gli effetti dellart. 2498 si devono ancora una volta leggere le norme che già si conoscono
6. La crisi economica di imprese e società. Insolvenza dellimprenditore commerciale e procedure concorsuali.
Situazioni di crisi dellimpresa e stato di insolvenza possonono riguardare qualsiasi imprenditore ma nel caso dellimprenditore commerciale si configurano fattispecie che con ogni evidenza sono del massimo rilievo e della maggior gravità. Limprenditore si trova in stato di insolvenza quando non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni. Il loro inadempimento ne è un possibile segnale ma stato di insolvenza esiste anche se alle obbligazioni assunte si provvede con anomale modalità che tendono a dissimulare il dissesto dellimpresa. E se si tratta di una impresa commerciale che non sia piccolo imprenditore né ente pubblico a tutela dei suoi creditori opera la disciplina del fallimento stabilita con le norme della fallimentare 267 del. marzo 1942 che si segnalano anche per la configurazione di tutta una serie di fattispecie di reato.
Ne risulta un regime della materia fallimentare sempre più esposta a motivate obiezioni di assoluta inadeguatezza essendo ormai verosimilmente non lontani i tempi di approvazione della normativa riformatrice già ampiamente discussa nelle sedi parlamentari (e si consideri quanto stabilisce il regolamento comunitario del maggio 2000 adesso finalmente operante). Finalità principale della procedura concorsuale è garantire il soddisfacimento dei creditori dellimpresa secondo principio di parità di trattamento. Come si legge nellart. 52 della legge fallimentare, la dichiarazione di fallimento «apre il concorso dei creditori sul patrimonio del fallito». I creditori diventano creditori concorsuali e non sono più consentite azioni esecutive individuali, al loro soddisfacimento dovendosi provvedere mediante la procedura che si avvia con la dichiarazione di fallimento. E più avanti si dovranno considerare anche le procedure concorsuali diverse dal fallimento ma per intanto occorre fare chiarezza sulla già segnalata urgenza di una organica riforma dellintera materia delle insolvenze di impresa.
In presenza di normative del diritto europeo che privilegiano policies assai diverse tra loro ma talvolta esposte al rischio di determinare <liquidazioni> di imprese ancora <risanabili> per un eccesso di tutela dei creditori, e altra volta invece al contrario esposte al rischio di favorire una <conservazione >di imprese non più capaci di una gestione utile, una intera letteratura di comparazione giuridica ne indica i punti di caduta al tempo stesso indicando con precisione in qual direzione orientare una evoluta politica del diritto. E sono comunque ben visibili e gravi le carenze di una normativa che nel caso italiano non consente di affrontare in modo adeguato problemi che sono con ogni evidenza del maggior rilievo.Cosa che da più parti (e ancora di recente in sedi istituzionali assai accreditate)si è segnalata quale <passività sociale > del <sistema paese> rilevante anche alla scala macroeconomica.
Anche a non considerare (come invece si deve ) i costi delle procedure e la loro durata che è anchessa pesante fattore di costo , le normative in vigore non consentono infatti di identificare un giusto punto di equilibrio tra difesa dei valori di impresa e tutela dei creditori .E guardando allo scenario internazionale gli esperti di materia spesso indicano come modello di razionale policy il Bankruptcy Act nord-americano del 1978 che ha provatamente agevolato una razionale e più efficiente amministrazione delle crisi di impresa. Una volta stabilito che in linea di principio occorre assicurare tutela all<interesse dei creditori > al tempo stesso le norme del Bankruptcy Act utilmente distinguono tra procedure di liquidazione e procedure di <riorganizzazione > dellimpresa,privilegiando le opportune modalità di reorganization quando esista modo di attivarne una new financial structure in funzione di un possibile e naturalmente desiderabile <rilancio> delliniziativa imprenditoriale.
Da ciò la motivata insistenza per interventi legislativi anche nel caso italiano davvero capaci di distinguere tra situazioni di temporaneo deficit di liquidità e stato di insolvenza che invece già prefigura crisi di impresa senza ritorno dovendosi apprestare discipline diversificate a seconda delle particolarità della singola fattispecie .Occorrono comunque norme di diritto sostanziale e disposizioni di procedura che come già si diceva pervengano ad un giusto punto di equilibrio , così da regolare la singola fattispecie nel modo che occorre per <massimizzare > e non distruggere < il valore dellimpresa> contestualmente assicurando alla massa dei creditori insieme con una corretta valutazione delle <priorità> creditorie una <soddisfazione> patrimoniale che per quanto possibile sia la più elevata .
Sarà allora chiaro in qual misura si rende necessaria una politica legislativa da praticare con il metodo dellanalisi economica del diritto .E perciò una politica legislativa che guardi alla crisi di insolvenza dellimpresa come ad un caso di market failure da valutare in termini di costi e benefici delle possibili normative .Quanto poi alla preferenza per procedure di reorganization ( da organizzare sul modello nord americano del Bankruptcy Act )non sarà necessario aggiungere ulteriori considerazioni, essendo di immediata evidenza che in punto di law and economics limpresa è un valore sempre maggiore del valore dei singoli bene che ne sono parte , di modo che ( se talvolta sono obbligate per lassenza di alternative praticabili ) le misure diverse dal <risanamento> e dalla <riorganizzazione> dellimpresa per un suo < rilancio> imprenditoriale inevitabilmente portano con sé una grave perdita di valore (segue ).
(*) Autore: Mario Bessone - tratto dal sito: www.diritto.it
Queste pagine sono una prima parte della esposizione elementare della disciplina di materia che sarà compresa in un capitolo della quarta edizione del volume collettaneo A.A.VV., Lineamenti di diritto privato in corso di pubblicazione presso la casa editrice Giappichelli