ILLECITO DEL PROMOTORE E RESPONSABILITÀ DELLA SIM
(commento a Cassazione Civile, Sez. I°, 07/04/2006 n.
8229 )
Sommario:
1. Considerazioni preliminari
2. La responsabilità della Sim per violazione da parte del promotore di norme comportamentali
3. Segue: il concorso di colpa del danneggiato
4. La responsabilità della Sim per l'attività posta in essere dal promotore dopo la cessazione del rapporto di preposizione.
1. CONSIDERAZIONI PRELIMINARI
La giurisprudenza di
legittimità torna, ancora una volta, ad occuparsi della responsabilità della
società di intermediazione finanziaria per fatto illecito del promotore
finanziario. I profili della decisione che meritano attenzione sono
essenzialmente due e riguardano: a) la responsabilità della Sim per violazione
da parte del promotore di norme comportamentali; b) la responsabilità della Sim
per l'attività posta in essere dal promotore dopo la cessazione del rapporto di
preposizione.
2. LA RESPONSABILITÀ DELLA SIM PER VIOLAZIONE DA PARTE DEL
PROMOTORE DI NORME COMPORTAMENTALI
Avendo riguardo al primo profilo
giova evidenziare come nella vicenda indagata il promotore finanziario avesse
sottratto denaro al cliente-risparmiatore, ricevendo da quest'ultimo assegni al
portatore. Ed è proprio questa modalità di pagamento e non tramite assegni
circolari intestati alla società d'intermediazione a far escludere stando alla
tesi difensiva qualsiasi imputazione di responsabilità in capo alla Sim.
In
altri termini per la società ricorrente il responsabile dell'accaduto (quanto
meno in termini di concorrenza) è il cliente, reo di aver violato le condizioni
contrattuali che imponevano l'uso di assegni intestati alla società di
intermediazione mobiliare.
Più nel dettaglio si rilevava che le schede
predisposte dalla Sim e sottoposte alla sottoscrizione del cliente prevedessero
espressamente che i pagamenti avrebbero dovuto essere fatti mediante assegni
bancari o circolari intestati alla società.
Nel decisum i giudici di
legittimità affrontano la questione muovendo esclusivamente dalla considerazione
che l'art. 5, comma 4, della legge 1/1991 (Disciplina dell'attività mobiliare e
disposizioni sull'organizzazione dei mercati mobiliari) applicabile ratione
temporis ai fatti di causa disponeva che "la società di intermediazione
mobiliare è responsabile in solido degli eventuali danni arrecati a terzi nello
svolgimento delle incombenze affidate ai promotori finanziari anche se tali
danni siano conseguenti a responsabilità accertata in sede penale".
Per
completezza devesi segnalare che in tal senso si è poi indirizzato l'art. 31,
comma 3, del d.lgs. n. 58/1998 (Testo Unico delle disposizioni in materia di
intermediazione finanziaria) (1).
La Corte di Cassazione ritiene del tutto
superfluo verificare se nella vicenda ricorra o meno una forma di responsabilità
oggettiva, né quali possano essere le implicazioni sistematiche con la
responsabilità contemplata in via generale dall'art. 2049 c.c. a carico dei
padroni e dei committenti per i fatti illeciti imputabili ai domestici ed ai
commessi (2).
I
giudici di legittimità, più semplicemente, sottolineano come la responsabilità
dell'intermediario, la quale pur sempre presuppone che il fatto illecito del
promotore sia legato da un nesso di occasionalità necessaria all'esercizio delle
incombenze a lui facenti capo (3), trovi la sua ragion d'essere per un verso nel
fatto che l'agire del promotore è uno degli strumenti dei quali l'intermediario
si avvale nell'organizzazione della propria impresa, traendone benefici cui è
ragionevole far corrispondere i rischi; per altro verso, ed in termini più
specifici, nell'esigenza di offrire una più adeguata garanzia ai destinatari
delle offerte fuori sede loro rivolte dall'intermediario per il tramite del
promotore, giacché appunto per le caratteristiche di questo genere di offerte
può essere più facilmente sorpresa la buona fede dei clienti.
Il nesso di
"necessaria occasionalità" è dunque ravvisabile tutte le volte in cui il
comportamento del promotore rientri nel quadro delle attività funzionali
all'esercizio delle incombenze di cui è investito (4).
Proprio con tale
garanzia proseguono i giudici il legislatore ha inteso rafforzare attraverso un
meccanismo normativo volto a responsabilizzare l'intermediario nei riguardi dei
comportamenti di soggetti, quali sono i promotori, che l'intermediario medesimo
sceglie, nel cui interesse essi operano e sui quali nessuno meglio
dell'intermediario è concretamente in grado di esercitare efficaci forme di
controllo.
Nella stessa ottica, del resto, si collocano anche le disposizioni
regolamentari ed in particolare, avendo riguardo alla vicenda in esame l'art. 14
comma 9 del Regolamento Consob 5388 del 1991 (vigente all'epoca dei fatti di
causa), che fa obbligo ai promotori finanziari di ricevere dal cliente
esclusivamente: a) titoli di credito che assolvano la funzione di mezzi di
pagamento, purché siano muniti di clausola di non trasferibilità e siano
intestati al soggetto indicato nel prospetto informativo o nel documento
contrattuale ove il prospetto non sia prescritto; b) titoli di credito
nominativi intestati al cliente e girati a favore di chi presta il servizio di
intermediazione mobiliare offerto tramite il promotore.
Coerentemente i
giudici di legittimità addebitano in via esclusiva al promotore finanziario la
responsabilità dell'evento, escludendo la possibilità di poter configurare un
concorso colposo del danneggiato nella produzione dello stesso.
In
particolare si rileva come la disciplina in materia sia espressamente volta alla
tutela degli interessi del risparmiatore. Ciò non consente, logicamente, che
essa si possa tradurre in un onere di diligenza posto a carico del
risparmiatore, tale per cui l'eventuale violazione di detta prescrizione si
risolva in un addebito di colpa a carico del cliente danneggiato dall'altrui
atto illecito (5).
I
giudici di legittimità chiariscono una volta per tutte uno degli aspetti più
problematici della responsabilità del promotore finanziario ed avallano,
definitivamente, l'orientamento di quella parte della dottrina che ha sempre
manifestato la propria contrarietà in ordine alla possibilità di individuare un
concorso colposo dell'investitore per fatto illecito del promotore (6).
Ragionando in
questi termini, i giudici ritengono del tutto irrilevante la circostanza che la
previsione normativa in ordine alle modalità di pagamento fosse stata inserita
nei moduli sottoscritti dal cliente; questo, osserva la Cassazione, non consente
in ogni caso di mutare la funzione di quella regola e trasformarla da obbligo di
comportamento del promotore in vista della tutela dell'investitore, in un onere
gravante su quest'ultimo in funzione della tutela dell'intermediario rispetto ai
rischi di comportamento infedele del promotore.
Tale impostazione appare
senz'altro condivisibile soprattutto se si tiene a mente che nella fattispecie
più frequente, rappresentata dalla volontà del promotore di sottrarre
dolosamente danaro al cliente-risparmiatore, non può ritenersi che alla società
di intermediazione sia dato appellarsi, al fine di limitare le pretese
risarcitorie, alla violazione delle regole sulla consegna dei mezzi di
pagamento; tale conclusione non muta neppure quando si tratti di regole previste
in apposite norme o contenute come nella vicenda in esame all'interno del
contratto (7).
Coerentemente è stato sottolineato che il fatto che il risparmiatore abbia
consentito al promotore di violare norme rigorose, fissate proprio a sua tutela,
non elimina la finalità della disposizione e non può, certamente, essere
utilizzata per addivenire ad una sanzione impropria quale limitazione o
addirittura l'esclusione della possibilità di beneficiare della responsabilità
oggettiva dell'impresa (8).
Non può infatti dimenticarsi che il raggiro
perpetrato dai promotori finanziari è posto in essere proprio attraverso l'abuso
del rapporto fiduciario che inevitabilmente si crea tra chi affida il proprio
denaro e chi si assume il compito di investirlo. In altri termini, è proprio la
peculiarità della relazione risparmiatore-promotore finanziario a giustificare
una rigida interpretazione della normativa settoriale nella direzione più
favorevole al cliente-risparmiatore.
È chiaro che la leggerezza del
risparmiatore qualora sia ravvisabile passa in secondo piano e non è in grado di
compromettere il diritto al risarcimento (9).
In questa prospettiva come è stato
opportunamente evidenziato in dottrina può essere revocata in dubbio la natura
obiettivamente negligente della condotta dell'investitore che si affida al
promotore finanziario anche nella scelta dei mezzi di pagamento (10). Se è vero che
promotore finanziario rappresenti nell'ambito della disciplina
dell'intermediazione uno strumento di rafforzamento della tutela
dell'investitore in un'attività che la legge considera di particolare rilevanza
economica e di elevato rischio finanziario, non avrebbe alcun senso imputare
responsabilità al cliente ovvero a colui che confida nella correttezza,
professionalità e rispetto delle regole del "giuoco" contrattuale del suo
interlocutore.
3. SEGUE: IL CONCORSO DI COLPA DEL DANNEGGIATO
Ciò
non esclude in astratto un concorso di colpa del danneggiato. Sull'argomento i
giudici sono molto puntuali ritenendo possibile l'applicazione dell'art. 1227
c.c. (comma 1 o 2, a seconda dei casi) tutte le volte in cui l'intermediario
provi che vi sia stata se non addirittura collusione quanto meno una consapevole
e fattiva acquiescenza del cliente alla violazione, da parte del promotore, di
regole di condotta su quest'ultimo gravanti. Quindi, se è vero che nel settore
dell'intermedizione finanziaria la regolamentazione (soprattutto la più recente)
appare fortemente orientata verso la protezione dell'investitore, non può
escludersi una responsabilità di quest'ultimo tutte le volte che pur in presenza
di violazione di obblighi comportamentali da parte del promotore sia del tutto
mancata la diligenza contemplata all'art. 1227 c.c. (11). Ben si comprende,
dunque, come non possa bastare al fine di un concorso colposo del danneggiato la
sola difformità rispetto alla previsione normativa di consegna da parte del
cliente di somme di denaro al promotore.
Ciò vale prevalentemente in tutte
quelle ipotesi in cui l'attività del promotore sia connotata dal dolo, in
ragione del fatto che appare assolutamente privo di fondamento individuare una
colpa del danneggiato nelle ipotesi in cui ci sia stata una precisa volontà del
danneggiante di procurargli un danno. In particolare se il cliente è stato
vittima di un reato di truffa, perché tratto in inganno dagli artifizi e raggiri
posti in essere dal promotore finanziario, è chiaro che tra la mancanza di
prudenza e attenzione della persona offesa ed il delitto doloso non sussiste
alcun nesso di causalità.
Completamente differente è invece l'ipotesi in cui
ci sia la consapevolezza del cliente circa l'estraneità della condotta del
promotore alla sfera di attività del soggetto per conto del quale egli avrebbe
dovuto operare. È ovvio che tale consapevolezza giustifica e legittima il
concorso colposo del danneggiato ed è in grado di eliminare o limitare nei casi
più gravi il diritto al risarcimento del danno nei confronti della Sim (12).
Una volta
appurata la violazione da parte del promotore appare fuor di dubbio giova
ribadirlo la responsabilità solidale della Sim in virtù del nesso di necessaria
occasionalità tra fatto illecito del promotore ed esercizio della sue
incombenze. In altri termini la società di intermediazione mobiliare è
responsabile in solido per i danni arrecati a terzi dal promotore finanziario,
in tutte le ipotesi in cui il comportamento del promotore rientri nel quadro
delle attività funzionali all'esercizio delle incombenze di cui è investito (13).
4. LA RESPONSABILITÀ DELLA SIM PER L'ATTIVITÀ POSTA IN ESSERE DAL
PROMOTORE DOPO LA CESSAZIONE DEL RAPPORTO DI PREPOSIZIONE
Uno dei
profili che rendono di sicuro interesse la decisione in commento è la
circostanza che la Corte di legittimità ha confermato la ricorrenza della
responsabilità della Sim per i danni subiti dal cliente-risparmiatore per due
indebite appropriazioni di denaro effettuate dal promotore, quando oramai da
circa un mese e mezzo aveva cessato di lavorare per la Sim.
Sul punto i
giudici di legittimità confermano la decisione della Corte d'Appello di Milano
che aveva giustificato la responsabilità della Sim per il fatto che il
risparmiatore pur essendo da tempo cliente della società d'intermediazione non
era stato informato dalla società della cessazione di ogni rapporto tra questa
ed il promotore. Quest'ultimo, inoltre, era stato lasciato in possesso del
materiale a suo tempo fornitogli dalla Sim per l'espletamento dell'attività ed
aveva continuato ad utilizzare i moduli intestati alla società. La Sim non si
era neppure attivata per assicurarsi che il promotore fosse stato privato del
tesserino "onde costui aveva potuto esibirlo traendo in inganno il cliente in
occasione dell'operazione di cui si tratta".
La responsabilità della Sim
nella vicenda indagata è del tutto giustificata posto che ci si trova in
presenza di oggettivi riscontri a giustificazione dell'apparenza, quali l'uso di
credenziali, prospetti intestati etc., e si pone in perfetta sintonia con
l'esigenza di tutelare la parte più debole del rapporto che nel caso specifico
per il comportamento omissivo della società non aveva ricevuto alcuna
informazione in ordine cessazione del rapporto tra la società ed il
promotore.
Per la Corte di cassazione non v'è dubbio che in un caso come
quello di cui si tratta possano trovare applicazione i principi dell'apparenza
del diritto, elaborati dalla giurisprudenza soprattutto nella materia della
rappresentanza negoziale. Ed in effetti già in passato i giudici (14) in applicazione
degli schemi generali in materia di conclusione del contratto hanno risolto
attraverso la figura del rappresentante apparente il problema dell'assenza di
poteri rappresentativi in capo al consulente finanziario, imputando alla società
di intermediazione finanziaria direttamente la conseguenza dell'attività posta
in essere dal falsus procurator.
Il presupposto è che nei confronti del terzo
si sia ingenerata la ragionevole convinzione che il promotore sia dotato del
potere di rappresentanza in quanto circostanze univoche lo fanno apparire come
rappresentante (15).
Ora ritengono i giudici di legittimità può
effettivamente dubitarsi che una società di intermediazione disponga in concreto
dei mezzi necessari per conseguire con certezza la restituzione, da parte di un
promotore dimissionario, di tutta la modulistica prima fornitagli per esercitare
la sua attività in favore della medesima società. Inoltre, si evidenzia nella
decisione come, ex art. 6 lett. f) Reg. Consob 5388, non fosse la Sim deputata
al ritiro del tesserino ma, a ciò avrebbe dovuto provvedere la competente
commissione regionale per i promotori.
Diversamente si rileva nel decisum
come non si debba dubitare del fatto la Sim avrebbe dovuto tempestivamente
informare il cliente della cessazione del rapporto di preposizione proprio al
fine di impedire il verificarsi di possibili eventi pregiudizievoli. Del resto
si legge nella motivazione emerge nel campo dell'intermediazione "quell'esigenza
di informazione tempestiva del terzo alla quale, sia pure con una norma non di
per sé applicabile alla presente fattispecie, il legislatore si è mostrato ben
sensibile dettando l'art. 1396 c.c.".
Certo, ciò non implica che
l'intermediario debba informare della cessazione del rapporto di preposizione
sempre e comunque tutti coloro che in passato siano entrati in qualche modo con
lui in contatto per il tramite del promotore cessato. Correttamente, osserva la
Corte di cassazione, un tale dovere di informazione connesso al dovere di
protezione dell'altro contraente che naturalmente si estende a tutto quanto
immediatamente consegue alla relazione contrattuale è invece configurabile nei
confronti di coloro i quali, essendosi ripetutamente avvalsi del promotore poi
dimissionario, hanno intrattenuto rapporti con la società d'intermediazione in
un arco di tempo che, ragionevolmente, può far supporre la loro attitudine ad
effettuare ulteriori investimenti per il tramite di quel medesimo
promotore.
Ed in effetti nella vicenda indagata non c'è dubbio che la Sim
avrebbe dovuto informare il proprio cliente posto che quest'ultimo aveva
compiuto investimenti per tramite del promotore sino a quattro mesi prima delle
sue dimissioni.
È chiaro che proprio il comportamento della Sim ha portato il
cliente a porre incolpevolmente il proprio affidamento nell'esistenza del
rapporto di preposizione; per tali ragioni ben si comprende come sia del tutto
irrilevante ai fini risarcitori il dato che il rapporto tra Sim e promotore si
sia interrotto per le dimissioni di quest'ultimo posto che non può certo
presumersi che tale circostanza fosse nota al cliente.
Le suesposte
argomentazioni ci consentono di formulare alcune brevi considerazioni. Una prima
attiene al dato che la cessazione formale del rapporto di preposizione tra la
Sim ed il promotore (nel caso specifico per dimissioni di quest'ultimo) non è in
grado di far cessare l'eventuale responsabilità della società d'intermediazione
tutte le volte in cui a quest'ultima sia addebitabile l'incolpevole affidamento
del cliente, convinto della permanenza del rapporto (16).
Ne consegue che
ai fini risarcitori, nel caso che ci riguarda, sussiste il nesso di necessaria
occasionalità tra fatto illecito del promotore ed esercizio delle mansioni
affidategli anche successivamente alla cessazione del rapporto professionale tra
la Sim ed il promotore. È fuor di dubbio che il comportamento del promotore si
colloca nel quadro delle attività funzionali all'esercizio delle incombenze di
cui era investito.
Tutto ciò consente di affermare che l'autonoma iniziativa
criminosa del promotore finanziario non sia in grado di recidere il collegamento
con l'intermediario che di lui si sia avvalso in passato, in quanto sussiste la
possibilità per la Sim attraverso la sua organizzazione di scongiurare il
verificarsi dell'evento dannoso attraverso una mera comunicazione
all'investitore. Laddove manchi tale comunicazione la Sim concorre alla
realizzazione della falsa rappresentazione della realtà, favorendo l'incolpevole
affidamento dell'investitore.
È ovviamente esclusa dall'ipotesi appena
considerata quella in cui venga dimostrata la conoscenza da parte del cliente
della cessazione del rapporto tra Sim e promotore ed il cliente abbia
consapevolmente richiesto al promotore dimissionario investimenti finanziari (17).
Autore: Dott. Fernando Greco, pubblicato in "Resp. civ. e prev.",
2007, 2, 332
Note:
(1) La scelta del legislatore è stata quella di far ricadere
sull'intermediario le conseguenze dannose dei comportamenti illeciti del
promotore finanziario, sul presupposto che l'intermediario, scegliendo di
svolgere l'attività di offerta fuori sede, debba anche calcolarne e, quindi,
prevenirne i rischi, e neutralizzarli nella programmazione della propria
attività d'impresa, anche attraverso la stipulazione di idonee coperture
assicurative.
(2) Va evidenziato al riguardo che la
giurisprudenza, ancor prima della regolamentazione settoriale in materia, aveva
riconosciuto la responsabilità della Sim ex art. 2049 c.c. concernente la
responsabilità dei padroni e dei committenti. Sul punto si rinvia
Parrella-D'ambrosio, L'intermediazione finanziaria e la gestione collettiva del
risparmio, in Manuale di diritto dei mercati finanziari, a cura di Ambrosino e
Bedogni, Milano, 2004, 146. In argomento v. anche F. Greco, Ancora sulla
responsabilità dell'intermediario per fatto illecito del promotore finanziario,
in questa Rivista, 2006, 460 ss. La decisione commentata nel confermare la
decisione dei giudici di seconda cure, poiché il rapporto era sorto nel 1990
(antecedentemente all'entrata in vigore della l. n. 1/1991) ha ritenuto
sussistere la responsabilità della Sim sulla scorta dell'art. 2049 c.c.
concernente la responsabilità dei padroni e dei committenti. Per la Cassazione
il ricorso ad un'ipotesi di responsabilità oggettiva che ponga l'obbligo a
carico della società di intermediazione finanziaria a prescindere da ogni
rilievo in ordine alla ragionevolezza della sua condotta, trova giustificazione
proprio in un'esigenza di offrire garanzie al danneggiato.
(3) Va ricordato come l'elemento della
connessione del fatto illecito del promotore con l'esercizio delle incombenze
rappresenti un nodo problematico: nel diritto applicato ricorrendo ad un
concetto di nesso di occasionalità più ampio dell'ordinario nesso di causalità
si ritiene sufficiente che l'evento dannoso sia reso possibile, o comunque
agevolato dall'adempimento delle mansioni o incombenze affidate al
preposto.
(4) Sul punto Trib. Lecce, 28 giugno 2004, in
www.ilcaso.it; Cass. civ., 19 luglio 2002, n. 10580; Cass. civ., 17 maggio 1999,
n. 4790.
(5) Recentemente il Tribunale di Mantova (27
ottobre 2005 in www.ilcaso.it), in ordine alla deduzione secondo cui il nesso di
causalità rispetto all'illecito commesso sarebbe venuto meno per effetto del
comportamento del risparmiatore che avrebbe consegnato il denaro in contanti ed
in violazione di una specifica clausola contrattuale e regolamentare, ha
sottolineato che le modalità di pagamento afferiscono ad un elemento secondario
della fattispecie (non tale da inficiare l'esistenza del rapporto) e ciò non
esclude la responsabilità dell'intermediario.
(6) Il riferimento è A. Tucci, Illecito del
promotore finanziario e responsabilità solidale della società di intermediazione
mobiliare, in Banca borsa tit. cred., 2002, II, 758 ss. il quale evidenzia che
le norme sui mezzi di pagamento costituiscono altrettanti obblighi a carico del
promotore, della cui violazione non può che rispondere il soggetto abilitato che
ha conferito l'incarico. La posizione è condivisa anche da Frumento,
Responsabilità (art. 2049 c.c.) dell'intermediario finanziario per l'illecito
del promotore-agente, in Danno resp., 2006, 141 ss. secondo il quale l'argomento
del concorso colposo del risparmiatore è intrinsecamente debole. Per
quest'ultimo A. il meccanismo di responsabilità solidale dell'intermediario per
fatto illecito del promotore sarebbe destinato a trovare difficile applicazione
se la tutela del danneggiato fosse limitata alle ipotesi di versamenti conformi
alle prescrizioni normative.
(8) In questi termini G. Rotondo, La
responsabilità nell'offerta fuori sede a distanza di strumenti finanziari e
servizi di investimento, in La responsabilità nella prestazione dei servizi di
investimento, Milano, 2004, 317.
(9) In questa direzione già in passato si era
pronunziata la giurisprudenza di merito. Per tutte Trib. Milano, 24 giugno 1996,
in Giur. comm., 1997, 466 per il quale "le esigenze di tutela del privato di
fronte a comportamenti truffaldini o comunque pregiudizievoli occasionati
dall'attività di promozione di servizi finanziari, prevalgono secondo la scelta
attuata dal legislatore, rispetto a quella di tutelare la società che colloca il
servizio, nel cui interesse è svolta l'attività apportatrice del rischio, la
quale società è sicuramente in grado di meglio valutare, rispetto al privato,
quanto sia affidabile l'agente prescelto".
(10) A. Tucci, Responsabilità
dell'intermediario per illecito del promotore finanziario e concorso di colpa
dell'investitore, in Banca borsa tit. cred., 2006, 153 ss.
(12) In argomento v. Frumento, cit., 141 ss.
il quale prospetta la possibilità di un concorso colposo dell'investitore
allorquando il cliente sia pienamente consapevole, magari per averlo appreso
successivamente rispetto al primo conferimento, che il promotore sia in grado di
procurare investimenti al di fuori di quanto offerto dalla propria mandante,
magari ottenendo performances più interessanti e che i mezzi di pagamento
irregolari costituiscono una modalità necessaria per conseguire tali
risultati.
(13) Sul punto v., tra le altre, Trib.
Lecce, 28 giugno 2004, in www.ilcaso.it; Trib. Mantova, 27 ottobre 2005, in
www.ilcaso.it; Cass. civ., 19 luglio 2002, n. 10580; Cass. civ., 17 maggio 1999,
n. 4790.
(14) Trib. Milano, 3 aprile 1997.
(16) Non è pertanto necessario ai fini della
responsabilità che la Sim sia l'effettiva titolare degli interessi e delle
attività in occasione dei quali si sia verificato il fatto illecito.
(17) In argomento cfr. C. Scognamiglio, Sulla responsabilità dell'impresa bancaria per violazione di obblighi discendenti dal proprio status, in Giur. it., 1995, IV, 356.