Gestione "surrettizia" di portafogli di investimento da parte di promotori finanziari 

 

(commento a sentenza Cassazione civile, sez. II°, 28/05/07 n. 12479 )

 

Autore: Alessandro Colavolpe - tratto da "Le Società", 11 / 2007, p. 1351

 

Secondo la Corte di cassazione, la differenza tra la legittima attività di promozione presso il cliente e l'attività cd. di gestione patrimoniale surrettizia (o impropria o abusiva) posta in essere da un promotore finanziario consiste nel fatto che, nel primo caso, il promotore finanziario esercita un'attività di consulenza e assistenza nelle attività decisionali del cliente stesso che, pur essendo diretta ad incrementare il patrimonio di quest'ultima, è priva di generico mandato preventivo e discrezionalità, laddove si ha gestione patrimoniale abusiva quando ricorrono gli elementi discretivi del mandato e della gestione individualizzata, cui è sotteso il profilo della discrezionalità.

 

Il caso

I. Con delibera adottata nel corso dell'ottobre del 1998, richiamata nella sentenza in commento, la Consob disponeva la sospensione, per due mesi, di una persona dall'albo dei promotori finanziari, per aver costei posto in essere "numerose operazioni aventi per oggetto titoli azionari, caratterizzate dall'essere state effettuate da una parte della clientela nelle stesse date, sugli stessi titoli, con gli stessi segni, spesso con i medesimi limiti di prezzo e, se ineseguite, poi riproposte con i limiti di prezzo identici per tutti i clienti".

L'assunto su cui veniva basato detto provvedimento di sospensione era che quei "fatti" integrassero - almeno, "ad avviso della Consob" - "l'esercizio abusivo di una gestione di fatto dei patrimoni dei clienti in violazione delle norme che riservavano alle imprese di investimento, alle banche ed agli agenti di cambio l'attività di gestione di patrimoni tramite operazioni aventi ad oggetto valori mobiliari".

In accoglimento del ricorso in opposizione proposto avverso il provvedimento di sospensione dal promotore finanziario colpito, il Tribunale di Chiavari annullava la sopra richiamata delibera della Consob e, quindi, ordinava la reiscrizione dell'opponente nell'albo dei promotori finanziari: ciò, a motivo che, "(...) ai fini della configurabilità del concetto di gestione su base individuale di portafogli di investimento per conto terzi, occorreva, secondo il legislatore comunitario, l'esistenza di un mandato su base discrezionale (...)". Il Giudice di merito soggiungeva che il promotore finanziario in questione "(...) non aveva ricevuto alcun mandato da parte dei suoi clienti, considerato che tutti gli ordini di effettuare operazioni in titoli portavano la sottoscrizione dei clienti stessi, i quali avevano poi dichiarato per iscritto di avere assunto in autonomia la decisione degli investimenti effettuati (...)".

La Consob proponeva ricorso dinnanzi alla Corte di cassazione, che, tuttavia, lo ha rigettato.

 

La gestione su base individuale di portafogli di investimento per conto terzi: a) gli intermediari abilitati alla prestazione del servizio

All'epoca dei fatti ai quali allude la sentenza in commento, i dati normativi ai quali occorre fare riferimento attengono, da un lato, agli intermediari abilitati - rectius, alla identificazione degli intermediari abilitati - alla prestazione del servizio di investimento de quo, dall'altro lato (e in modo di gran lunga meno puntuale), al servizio di investimento in quanto tale.

Sotto il primo profilo, la L. 23 novembre 1939, n. 1966 (di seguito, "L. n. 1966/1939"), recante la "Disciplina delle società fiduciarie e di revisione", con o senza "intestazione fiduciaria", segnò il punto di arrivo [1] e, insieme, il punto di partenza di una vicenda normativa complessa che non può dirsi ancora conclusa, stando, almeno, alle "promesse" [2] di una "riforma organica della disciplina delle società fiduciarie e di revisione" formulate dal Legislatore del 1991 e da quello del 1998.

Essa provvide a delimitare le funzioni delle "società fiduciarie e di revisione", stabilendo, tra l'altro, al primo comma, che "sono società fiduciarie e di revisione e sono soggette alla presente legge quelle che, comunque denominate, si propongono, sotto forma di impresa, di assumere l'amministrazione dei beni per conto terzi, l'organizzazione e la revisione contabile di aziende e la rappresentanza di portatori di azioni e di obbligazioni".

La L. n. 1966/1939 cit., tuttora in vigore, inoltre, al secondo comma dell'art. 6, precisava che "nulla è innovato alle disposizioni del Regio Decreto Legge 26 ottobre 1933, n. 1598," - il cui contenuto fu poi trasfuso nell'art. 45 del D.P.R. 13 febbraio 1959, n. 449, recante il Testo Unico sulle assicurazioni private - "per quanto si riferisce alle società fiduciarie che abbiano per oggetto la gestione fiduciaria di beni conferiti da terzi, corrispondendo utili della gestione", da ciò conseguendo una distinzione netta e chiara, almeno nelle intenzioni del Legislatore, fra la "attività di amministrazione di beni per conto di terzi" e la attività di "gestione fiduciaria", onde sottrarre i soggetti che esercitavano quest'ultima dall'ambito soggettivo di applicazione della stessa L. n. 1966/1939 [3].

Con riguardo alla "attività di amministrazione di beni per conto di terzi", va rilevato come, osservandone la linea storico-evolutiva, lo svolgimento della stessa da parte delle società fiduciarie appaia scandita da due fasi [4]. In una prima lunga fase, l'attività de qua consistette esclusivamente nella prestazione, da parte della società fiduciaria, di un servizio di amministrazione di tipo conservativo, avente ad oggetto titoli di massa ovvero altri beni mobili, assai spesso accompagnato dall'intestazione degli stessi alla società fiduciaria. In un seconda fase, che cronologicamente si potrebbe situare intorno alla metà degli anni settanta, essa attività si arricchì di nuovi contenuti, di talché al servizio di amministrazione di tipo conservativo venne ad affiancarsi, assumendo un sempre maggior rilievo, una particolare fattispecie di amministrazione di beni per conto di terzi, contraddistinta dalla massimizzazione degli utili attraverso l'investimento in valori mobiliari del denaro gestito e dal successivo compimento - da parte del gestore, dotato di un più o meno ampio potere di amministrazione dei beni amministrati - di operazioni di compravendita di valori mobiliari, e individuata come servizio di gestione patrimoniale o di amministrazione "dinamica". Insorse poi questione se le società fiduciarie potessero svolgere così il servizio di gestione patrimoniale "personalizzata" come il servizio di gestione patrimoniale "in monte", questione per la quale, in un quadro normativo lacunoso, furono fornite risposte che rivelavano una notevole disparità di vedute in dottrina [5].

Il problema dianzi riferito, in prosieguo di tempo, finì col perdere di interesse. L'approvazione e l'entrata in vigore della L. 23 marzo 1983, n. 77 (di seguito, "L. n. 77/1983"), recante l' "Istituzione dei fondi comuni di investimento mobiliare", introdusse per la prima volta nell'ordinamento giuridico italiano, riservandola a "speciali" società per azioni, una forma di gestione collettiva del risparmio ulteriore rispetto a quella delineata dal citato art. 6 del Regio Decreto Legge 26 ottobre 1933, n. 1598. I due tipi di gestione collettiva, però, coesistettero solo per breve tempo: infatti, l'art. 1 del D.L. 16 febbraio 1987, n. 27 - la cui rubrica recitava: "Misure urgenti in materia di enti di gestione fiduciaria" e con il quale è abrogato il citato art. 45 del T.U. sulle assicurazioni private, e che viene convertito, con modificazioni, nella L. 13 aprile 1987, n. 148 -ebbe l'effetto di precludere alle società fiduciarie la possibilità di offrire il servizio di gestione collettiva o "in monte" [6].

Nel quadro dei controlli contemplati dalla L. n. 77/1983 - che con l'art. 12 apportò modifiche assai rilevanti alla disciplina in materia di "sollecitazione del pubblico risparmio", già dettata dall'art. 1/18 della L. 7 giugno 1974, n. 216 - la Consob, al fine di assicurare una sempre maggiore trasparenza nel mercato finanziario e di rafforzare la tutela dei risparmiatori, cercò di supplire, riuscendovi però soltanto in parte, alla carenza ed all'ambiguità della L. n. 1966/1939, che pose l'accento sulla regolamentazione dei "soggetti" abilitati a svolgere "l'amministrazione di beni per conto di terzi" piuttosto che sulla disciplina dell'attività: ciò, ritenendo, con la Comunicazione n. 84/11815 del 10 settembre 1984 [7], soggette alla disciplina delle "sollecitazioni" - "vista la riserva di attività introdotta dall'art. 10 della L. n. 77 del 1983 in favore delle società autorizzate a gestire fondi comuni di investimento mobiliare" - le attività di offerta al pubblico di servizi di gestione mobiliare svolte dalle società fiduciarie e giungendo, per tal via, a porre specifici vincoli all'autonomia negoziale delle parti contraenti [8].

Con la Circolare n. 15523 del 14 agosto 1985, poi trasfusa nelle Istruzioni di Vigilanza per gli enti creditizi [135 aggiornamento del 14 aprile 1997 alla Circolare n. 4 del 29 marzo 1988] [9], la Banca d'Italia, dopo avere constatato che "fra i servizi tradizionalmente offerti dalle istituzioni creditizie figurano quelli di gestione di patrimoni mobiliari in favore della clientela orientata agli investimenti nel comparto titoli" e dopo avere evidenziato che "siffatti servizi, oltre a prevedere le usuali prestazioni di custodia ed amministrazione, possono comportare la gestione del portafoglio mobiliare di pertinenza dei clienti con operazioni di acquisto e di vendita di titoli, volte ad ottimizzare il rendimento complessivo degli investimenti", osservò che il contratto diretto a disciplinare il rapporto tra banca e cliente, di cui venne fornito uno schema, "può assumere la forma del mandato: "con preventivo accordo", quando ogni singola operazione da effettuare deve ricevere il preventivo assenso del cliente. In tal caso l'intervento della banca è sostanzialmente riconducibile ad una prestazione di mera consulenza; "senza preventivo accordo", quando tale assenso non è necessario di volta in volta, essendo espresso in via generale nel mandato conferito".

In tempi relativamente recenti, è stato opportunamente ricordato in dottrina che, nonostante la forte somiglianza tra il servizio offerto dalle banche e quello offerto dalle società fiduciarie, si escluse l'applicabilità della normativa sulla sollecitazione alle gestioni patrimoniali bancarie [10].

Agli interventi della Consob e della Banca d'Italia seguì quello dell'allora denominato Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato, che con la Circolare del 5 maggio 1989, n. 3188/C definì le "Procedure per il rilascio e la conferma di autorizzazioni e disposizioni di vigilanza sulle società fiduciarie e di revisione". Questa Circolare, che fu emanata "al fine di assicurare uniformità di contenuto sostanziale" dei documenti che le società fiduciarie (e di revisione) avrebbero dovuto produrre unitamente all'istanza di autorizzazione all'esercizio dell'attività fiduciaria e di revisione e che venne poi sostituita con il Decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato del 16 gennaio 1995, tuttora in vigore, opera una distinzione fra gli "incarichi di amministrazione fiduciaria" e gli "incarichi di gestione personalizzata di valori mobiliari" in funzione dell'individuazione delle regole minimali che avrebbero dovuto presiedere vuoi all'approntamento della modulistica da accludere all'anzidetta istanza di autorizzazione vuoi all'espletamento degli incarichi rientranti nelle anzidette tipologie: in questo modo, fu ripresa la partizione contenuta nella sopra richiamata Comunicazione della Consob.

Con la L. 2 gennaio 1991, n. 1 (di seguito, "L. n. 1/91") trovò attuazione la prima disciplina organica dell'intermediazione finanziaria mobiliare.

In virtù del coordinato disposto del primo comma dell'art. 1 e del primo comma dell'art. 2 della L. n. 1/91, viene riservato alle SIM - vale a dire, alle società di intermediazione mobiliare - l' "esercizio professionale nei confronti del pubblico" delle "attività di intermediazione mobiliare" normativamente individuate [11].

Detta riserva fu quindi estesa alle "aziende ed istituti di credito" - con esclusione dell'attività di "negoziazione per conto proprio o per conto di terzi ovvero sia per conto proprio che per conto terzi, di valori mobiliari" "relativamente ai valori mobiliari diversi dai titoli di Stato o garantiti dallo Stato, quotati in borsa e negoziati al mercato ristretto" - per effetto del primocomma dell'art. 16 della medesima L. n. 1/91.

Ancora, ai sensi del primo periodo del primo comma dell'art. 19 della L. n. 1/91, "gli agenti di cambio in carica alla data di entrata in vigore della presente legge" - vale a dire, alla data del 5 gennaio 1991 - "restano autorizzati, purché non iscritti nel ruolo speciale di cui all'articolo 7, comma 4" della medesima Legge [12], "allo svolgimento dell'attività di negoziazione per conto terzi in borsa e nel mercato ristretto, nonché delle altre attività consentite agli agenti di cambio".

Infine, la L. n. 1/91 provvide, tra l'altro, a consentire con il primo comma dell'art. 17 alle società fiduciarie, "fino all'entrata in vigore della legge di riforma" delle medesime "l'attività di gestione di patrimoni mediante operazioni aventi per oggetto valori mobiliari, in nome proprio e per conto terzi" [13]- ciò, peraltro, solo "in via esclusiva" [14], come si trovò evidenziato nel successivo quarto comma della disposizione - stabilendo:

- l'obbligo a carico delle società fiduciarie le quali avessero avuto l'intenzione di continuare a svolgere "l'attività di gestione di patrimoni mediante operazioni aventi per oggetto valori mobiliari, in nome proprio e per conto terzi", di richiedere l'iscrizione in una "apposita sezione" dell'albo istituito dalla Consob in relazione agli intermediari autorizzati allo svolgimento di una o più attività di intermediazione mobiliare;

- l'applicabilità alla "attività di gestione di patrimoni mediante operazioni aventi per oggetto valori mobiliari, in nome proprio e per conto terzi", tra l'altro ed in estrema sintesi: (a) dei principi generali e delle regole di comportamento ai quali le SIM - rectius, gli intermediari finanziari (bancari e non bancari) ai quali è riservato l'esercizio professionale nei confronti del pubblico di una o più delle attività elencate nel primo comma dell'art. 1 della L. n. 1/91 - dovrebbero attenersi nello svolgimento delle attività di intermediazione mobiliare per le quali abbiano richiesto ed ottenuto la prescritta autorizzazione; (b) delle regole specifiche per la specifica attività di gestione; (c) delle disposizioni di vigilanza sulle SIM e sulle aziende e sugli istituti di credito; (d) delle disposizioni di carattere penale.

In questo modo, venne dato fondamento normativo alla distinzione fra amministrazione in senso stretto e gestione di valori mobiliari.

Successivamente, furono emanate le Direttive del Consiglio CEE del 10 maggio 1993, n. 22, relativa ai servizi di investimento nel settore dei valori mobiliari, e del 15 marzo 1993, n. 6, relativa alla adeguatezza patrimoniale delle imprese di investimento e degli enti creditizi. "Le Direttive in questione" - si legge nella Relazione illustrativa al decreto legislativo 23 luglio 1996, n. 415 [15]- "costituiscono lo strumento essenziale per la realizzazione del mercato unico europeo dei servizi di investimento, attraverso il riconoscimento a tutte le imprese comunitarie operanti nel settore dei valori mobiliari del diritto di prestare i propri servizi all'interno dell'Unione europea e di accedere ai relativi mercati regolamentati rimanendo assoggettati alla disciplina del Paese d'origine".

In attuazione della delega conferita al Governo dall'art. 6 della L. 6 febbraio 1996, n. 52, recante "Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 1994", fu emanato il D.Lgs. 23 luglio 1996, n. 415 (cd. "Decreto Eurosim") (di seguito, "D.Lgs. n. 415/96"), che "oltre ad eliminare le barriere attualmente esistenti all'accesso nel territorio della Repubblica degli intermediari esteri e alla possibilità per gli stessi di operare nei mercati regolamentati italiani definisce un quadro normativo in tema di intermediari e di mercati caratterizzato da elasticità e completezza, volto ad assecondare lo sviluppo del settore e l'integrazione nel mercato globale che conseguirà all'apertura delle frontiere all'interno dell'Unione europea" [16].

Così, il primo comma dell'art. 2 del D.Lgs. n. 415/96 riservò l'esercizio professionale nei confronti del pubblico dei servizi di investimento [17] alle "imprese di investimento" [18] ed alle banche. Il secondo comma del successivo art. 17 stabilì che "nello svolgimento dei servizi, le imprese di investimento e le banche possono, previo consenso scritto, agire in nome proprio e per conto del cliente".

Quanto alle società fiduciarie, il quarto comma dell'art. 60 del D.Lgs. n. 415/96 [19] statuì, in buona sostanza: (a) l'obbligo per le società fiduciarie (le quali avessero offerto il servizio di "gestione su base individuale di portafogli di investimento per conto terzi") di modificare, entro novanta giorni dall'entrata in vigore del Provvedimento avente forza di legge testé richiamato, la denominazione sociale mediante l'introduzione delle parole "società di intermediazione mobiliare"; (b) la previsione dell'iscrizione "di diritto" delle società fiduciarie ora in considerazione in una sezione speciale dell'albo di cui all'art. 9 dello stesso D.Lgs. n. 415/96, istituito con la Deliberazione Consob 4 novembre 1996, n. 10296; (c) che esse società fiduciarie "continuano a prestare il servizio di gestione di portafogli d'investimento, anche mediante intestazione fiduciaria" e "non possono essere autorizzate a svolgere servizi di investimento diversi da quello di gestione di portafogli di investimento a meno che non cessino di operare mediante intestazione fiduciaria"; (d) la disapplicazione, in favore delle disposizioni contenute nel D.Lgs. n. 415/96, delle due principali fonti di produzione normativa contenenti la disciplina dell'attività fiduciaria: la L. n. 1966/1939 ed il D.L. 5 giugno 1986, n. 233, convertito, con modificazioni, dalla L. 1 agosto 1986, n. 430.

Pertanto, le società fiduciarie restarono le uniche società alle quali era consentita l'intestazione fiduciaria, ma le peculiarità di tale modalità non risultano salienti con riferimento agli aspetti operativi connessi alla negoziazione, restando piuttosto in capo alle società fiduciarie stesse la possibilità di offrire alcuni servizi al cliente, connessi, per l'appunto, con la possibilità di interporsi in qualità di soggetto fiduciario [20].

 

In base al coordinato disposto del primo e secondo comma dell'art. 18 del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 e successive modificazioni, recante il "Testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli 8 e 21 della Legge 6 febbraio 1996, n. 52", (di seguito, "TUF") la regola di ordine generale è che l'esercizio professionale nei confronti del pubblico dei servizi di investimento [21] è riservato sì alle "imprese di investimento e alle banche", ma, anche alle società di gestione del risparmio [22] e le società di gestione armonizzate [23] (purché, queste ultime, siano state autorizzate nel Paese di origine) è consentito di "prestare professionalmente" il servizio di gestione su base individuale di portafogli di investimento per conto terzi. Per quanto riguarda le società fiduciarie, l'art. 199 del TUF stabilisce che "fino alla riforma organica della disciplina delle società fiduciarie e di revisione, conservano vigore le disposizioni previste dalla Legge 23 novembre 1939, n. 1966 e dall'articolo 60, comma 4, del decreto legislativo 23 luglio 1996, n. 415", introducendo così un margine di incertezza circa la sorte che il Legislatore vorrà riservare alle cosiddette fiduciarie - SIM nel quadro della riforma organica delle società fiduciarie [24].

Il TUF ha dunque introdotto profondi mutamenti normativi in ordine alla definizione dell'attività in esame, ponendo l'attenzione sull'attività di gestione piuttosto che sul prodotto della stessa e introducendo la figura del "gestore unico" - la società di gestione del risparmio - abilitata in via esclusiva ad offrire congiuntamente i servizi di gestione collettiva e individuale del risparmio [25].

 

(segue): b) il "proprium" dell'attività

E' venuto ora il momento di parlare del contenuto del servizio di gestione individuale del risparmio, così come il servizio di gestione su base individuale di portafogli di investimento per conto terzi è usualmente chiamato per ragioni di comodità espositiva.

Come ho già fatto cenno nel precedente paragrafo, la L. n. 1/91, con il primo comma dell'art. 1, ricomprese la "gestione di patrimoni mediante operazioni aventi ad oggetto valori mobiliari" fra le "attività di intermediazione mobiliare" il cui "esercizio professionale nei confronti del pubblico" veniva riservato agli intermediari ivi individuati, ne dettava, nel successivo art. 8, le regole di svolgimento, ne completava la disciplina con le previsioni di carattere generale che nella Legge medesima erano ritenute applicabili a qualsivoglia forma di intermediazione mobiliare [26], ma non offriva alcuna definizione.

Quanto alla sua disciplina contrattuale, la stessa si trovava disegnata nel "Regolamento disciplinante l'esercizio delle attività di intermediazione mobiliare", approvato dalla Consob con la Delibera n. 5387 del 2 luglio 1991, - si vedano, in particolare, gli artt. da 33 a 35 - e nel "Regolamento di esecuzione di alcune norme della Legge 2 gennaio 1991, n. 1, concernenti le SIM ed altri intermediari mobiliari", approvato dalla Consob con la Delibera n. 5386 del 2 luglio 1991, ma non forniva alcuno spunto ai fini della delimitazione concettuale del servizio.

La soprarichiamata Direttiva del Consiglio CEE del 10 maggio 1993, n. 22, relativa ai servizi di investimento nel settore dei valori mobiliari, definiva, nel n. 1) del primo comma dell'art. 1, il "servizio di investimento" come "qualsiasi servizio elencato nella sezione A dell'allegato, relativo ad uno degli strumenti che figurano nella sezione B dell'allegato, prestato a terzi" [27]. Tra i servizi di investimento veniva dunque compreso quello di "gestione, su base discrezionale e individualizzata, di portafogli di investimento nell'ambito di un mandato conferito dagli investitori, qualora tali portafogli includano uno o più strumenti contemplati nella sezione B".

Il terzo comma dell'art. 1 del Decreto Eurosim introdusse nell'ordinamento italiano la nozione, di derivazione comunitaria, di "servizi di investimento", che sostituì quella di intermediazione mobiliare contemplata nel primo comma dell'art. 1 della L. n. 1/91. Questa scelta è stata poi confermata con il TUF.

In via generale, l'elencazione delle attività aventi ad oggetto strumenti finanziari [28] riproduceva sostanzialmente quella contenuta nella Sezione A della Direttiva comunitaria da ultimo citata.

Per quel che riguarda il servizio di gestione individuale, in sede di confronto fra la dizione comunitaria - "gestione, su base discrezionale e individualizzata, di portafogli di investimento nell'ambito di un mandato conferito dagli investitori, qualora tali portafogli includano uno o più strumenti contemplati nella sezione B" - e quella italiana - "gestione su base individuale di portafogli di investimento per conto terzi" - l'omissione, nella disposizione del Decreto Eurosim (e, quindi, in quella del TUF), dell'ulteriore specificazione "su base discrezionale" contenuta nella Direttiva, "dato che la discrezionalità del gestore costituisce elemento insito in tale servizio", è stata in dottrina da taluno stimata come "priva di rilievo" [29], da altri, all'opposto, qualificata nel senso che "(...) il mutuo riconoscimento appare disposto solo per la gestione di portafogli di investimento "su base discrezionale", la riserva invece per la gestione di portafogli di investimento in generale, senza alcuna restrizione" [30].

Alla disparità di vedute emersa in dottrina corrispose la non uniformità di indirizzi in giurisprudenza.

Con la sentenza n. 2402 del 25 ottobre 1999, il T.A.R. Lazio [31] stabilì che "la definizione della gestione di patrimoni contenuta negli artt. 1, comma 1, lett. c), L. 2 gennaio 1991, n. 1 e 1, comma 3, lett. d), D.Lgs. 23 luglio 1996, n. 415 ha portata più ampia di quella contenuta nella sezione A dell'allegato alla direttiva 10 maggio 1993 n. 93/22/CEE; pertanto, resta assicurata l'introduzione nell'ordinamento italiano della disciplina della detta direttiva, mentre non configura alcuna violazione del diritto comunitario la circostanza che la medesima disciplina sia estesa anche ad ulteriori ipotesi".

Invece, con ordinanza n. 6225 dell'11 luglio 2000, il T.A.R. Toscana [32] rimise "in via pregiudiziale alla Corte di Giustizia delle Comunità europee, ai sensi dell'art. 177 del Trattato istitutivo, la questione di interpretazione dell'allegato, sezione A, punto 3, della direttiva 93/22/CEE del 10 maggio 1993, ai fini di una corretta applicazione della norma comunitaria medesima", formulando "i seguenti specifici quesiti, in parte su richiesta dei ricorrenti e in parte d'ufficio, nell'esercizio del proprio potere di autonoma definizione del quadro normativo di riferimento, anche al di là della specifica prospettazione offertane dalle parti: I quesito: se l'allegato, sezione A, n. 3, alla direttiva 93/22 del Consiglio del 10 maggio 1993 (relativa ai servizi di investimento nel settore dei valori mobiliari), che reca la definizione "gestione, su base discrezionale e individualizzata, di portafogli di investimento nell'ambito di un mandato conferito dagli investitori ...", debba essere interpretato nel senso che costituisca violazione della stessa disposizione comunitaria la norma nazionale che se ne discosti e che, nella specie, non richieda che la gestione di portafogli di investimento avvenga "su base discrezionale e individualizzata" e "nell'ambito di un mandato conferito dagli investitori"; II quesito: se invece rientri nella previsione normativa comunitaria anche una norma nazionale che, nel dare attuazione ad una direttiva "di armonizzazione", prescinda dal ricorrere dei suddetti requisiti".

Con la sentenza n. 356/00 del 21 novembre 2002, la Corte di Giustizia delle Comunità europee stabilì, tra l'altro, quanto segue: "La sezione A, punto 3, dell'allegato alla direttiva del Consiglio del 10 maggio 1993 93/22/CEE, relativa ai servizi di investimento nel settore dei valori mobiliari, che definisce la nozione di gestione di portafogli di investimento, osta a che una normativa nazionale si discosti da tale definizione non prevedendo, ai fini dell'attuazione di detta direttiva, che la gestione di portafogli abbia luogo "su base discrezionale e individualizzata" e "nell'ambito di un mandato conferito dagli investitori". Tuttavia nulla impedisce ad uno Stato membro di estendere mediante la normativa nazionale l'applicabilità delle disposizioni della detta direttiva ad operazioni non disciplinate dalla stessa, a condizione che risulti chiaramente che la normativa nazionale di cui trattasi non rappresenta una trasposizione della direttiva, ma risulta dalla volontà autonoma del legislatore" [33]. In sostanza, la Corte individuò l'attività di gestione di portafogli in base a tre elementi costitutivi: (i) doveva trattarsi di un'attività svolta in forza di un mandato con cui un investitore autorizza un'impresa a investire per suo conto; (ii) i portafogli gestiti dovevano includere uno o più strumenti finanziari elencati nella sezione B dell'allegato alla citata Direttiva n. 93/22/CEE; (iii) la gestione di portafogli doveva essere svolta su base discrezionale e individualizzata [34].

Raccogliendo le fila del discorso, a nessuno sfuggirà l'inesistenza di una definizione "legale" diretta ad individuare il contenuto del servizio de quo.

Così, la Consob ha ritenuto di poter definire il "contratto di gestione" "come il contratto con il quale un intermediario autorizzato si obbliga, verso corrispettivo, a gestire mediante operazioni aventi ad oggetto valori mobiliari un patrimonio del cliente composto da valori mobiliari ed attività liquide", di poi precisando: "L'obbligo di gestire, pertanto, comprende tanto l'obbligo di effettuare discrezionalmente valutazioni professionali circa le opportunità di investimento quanto l'obbligo di predisporre la possibilità che dette valutazioni si traducano in operazioni. Peraltro - come già evidenziato dalla scrivente con comunicazioni n. BOR/RM/91007025 del 6 dicembre 1991 e n. BOR/RM/92001325 del 28 febbraio 1992 - l'elemento che contraddistingue, in via principale, il contratto di gestione di patrimoni mobiliari va individuato non tanto nell'esistenza di poteri discrezionali rispetto alla movimentazione delle consistenze patrimoniali del cliente quanto, piuttosto, nella finalità di valorizzazione di un determinato patrimonio, da realizzarsi mediante il compimento di una serie di atti unitariamente volti al conseguimento di un risultato utile dell'attività di investimento e disinvestimento in valori mobiliari. Infatti, anche ove sia pattuito che ogni atto di disposizione sul patrimonio debba essere preventivamente autorizzato dal cliente, può ricorrere un'ipotesi di attività di gestione di patrimoni, purché dal testo contrattuale, in relazione all'assetto di interessi concordato tra le parti, emerga la presenza dell'elemento causale sopra delineato" [35].

L'impostazione dianzi riferita non ha incontrato unanimità di consensi in dottrina, alcuni studiosi aderendovi [36], altri assumendo che l'elemento rappresentato dalla discrezionalità integri un requisito essenziale al contratto di gestione individuale [37] .

 

Lo svolgimento surrettizio dell'attività di gestione individuale di patrimoni da parte di promotori finanziari

La fattispecie concreta sottoposta al vaglio della Suprema Corte appare riconducibile nell'alveo di quelle situazioni nelle quali la distinzione tra un comportamento lecito e l'abusivo esercizio di un'attività riservata solo a soggetti normativamente individuati appare estremamente disagevole.

La Consob e la giurisprudenza hanno più volte rimarcato il nesso di contiguità esistente tra il servizio di investimento denominato "gestione individuale di portafogli" ed altre fattispecie tipiche, in rapporto al pericolo che il primo venga abilmente occultato, da parte di soggetti privi dell'autorizzazione necessaria per il suo esercizio, dietro il legittimo svolgimento di una diversa attività [38], proponendo, però, soluzioni differenti: ciò emerge con particolare evidenza con riguardo a quella che viene usualmente individuata come attività di gestione "surrettizia" su base individuale di portafogli di investimento per conto terzi da parte di soggetti non autorizzati e, soprattutto, di promotori finanziari.

Orbene, la Consob - ad avviso della quale, come ho già avuto modo di riferire, l'elemento che contraddistingue, in via principale, il contratto di gestione di patrimoni mobiliari va individuato non tanto nell'esistenza di poteri discrezionali rispetto alla movimentazione delle consistenze patrimoniali del cliente quanto, piuttosto, nella finalità di valorizzazione di un determinato patrimonio, da realizzarsi mediante il compimento di una serie di atti unitariamente volti al conseguimento di un risultato utile dell'attività di investimento e disinvestimento in valori mobiliari - segue un orientamento di tipo pragmatico, in ragione della constatazione del fatto che non è "possibile formulare un giudizio preventivo ed aprioristico circa la configurabilità di una fattispecie astratta come gestione surrettizia: ciò in quanto occorre valutare se, in concreto, le operazioni poste in essere - anche nell'eventualità in cui siano state formalmente disposte dai clienti mediante la sottoscrizione di appositi moduli - siano o meno - nella sostanza, decise dal promotore finanziario e se, quindi, siano riconducibili alla sfera di discrezionalità ed all'iniziativa di quest'ultimo piuttosto che dello stesso investitore" [39].

Peraltro, secondo un orientamento che essa stessa definisce "costante", la Consob "individua l'ipotesi di attività cd. surrettizia (o impropria o abusiva) nel caso in cui vengano posti in essere da parte di promotori finanziari "per conto di una rilevante parte della clientela, un elevato numero di operazioni di conversione tra comparti del medesimo fondo caratterizzate da evidenti analogie" o "un elevato numero di operazioni sostanzialmente identiche, con i medesimi parametri, contestualmente o in un breve lasso di tempo'" [40]. Lo stesso Organo di controllo, inoltre, tiene a sottolineare di avere, "in un pluralità di casi, ritenuto che la sussistenza tanto del criterio "quantitativo" (elevato numero di operazioni identiche o sostanzialmente analoghe poste in essere per conto di una rilevante parte della clientela) quanto di quello "temporale" (operazioni poste in essere contestualmente o in un breve lasso di tempo) valga a qualificare una determinata operatività come gestione surrettizia anche quando le operazioni siano state fondamentalmente disposte dai clienti mediante la sottoscrizione su appositi moduli (cd. gestione con preventivo assenso): ciò in quanto, in tali ipotesi, "non sono stati prodotti elementi idonei", da un lato, ad escludere la discrezionalità del promotore, dall'altro a provare l''autonoma determinazione" della clientela "nelle proprie scelte di investimento" (...)".

In sostanza, la Consob tende a dedurre il compimento, da parte dei promotori finanziari, dell'attività di gestione di patrimoni allorquando, indipendentemente dai vantaggi procurati alla clientela, siano loro imputabili le decisioni operative, ossia allorché i promotori non si limitino a raccogliere gli ordini impartiti dalla clientela, bensì risulti ad essi imputabile l'individuazione delle operazioni da far porre in essere alla clientela e trasmettano gli ordini [41].

La giurisprudenza è intervenuta sulla problematica de qua in poche occasioni, assumendo, peraltro, un indirizzo univoco e difforme da quello fatto proprio dalla Consob.

In particolare, la Corte di cassazione ha affermato il principio secondo cui "la differenza tra la legittima attività di promozione presso il cliente e attività cd. di gestione patrimoniale surrettizia (o impropria o abusiva) posta in essere da un promotore finanziario consiste nel fatto che, mentre nel primo caso, il promotore finanziario esercita un'attività di consulenza e assistenza nelle attività decisionali del cliente stesso che, pur essendo diretta ad incrementare il patrimonio di quest'ultima, è priva di generico mandato preventivo e discrezionalità, laddove si ha gestione patrimoniale abusiva quando ricorrono gli elementi discretivi del mandato e della gestione individualizzata, cui è sotteso il profilo della discrezionalità" [42]. Principio, quello dianzi testualmente riferito, che appare perfettamente in linea con quello precedentemente affermato dalla stessa Suprema Corte, per cui "si ha gestione patrimoniale ai sensi del D.Lgs. n. 415/96 (ora del D.Lgs. n. 58/98) là dove siano presenti gli elementi del mandato e dello svolgimento dell'attività su base discrezionale ed individualizzata; ove tali elementi caratterizzanti manchino, si è al di fuori del servizio di gestione patrimoniale, rientrandosi nell'area, consentita ai promotori finanziari (che pertanto vanno esenti da provvedimenti sanzionatori), della consulenza ed assistenza nelle attività decisionali del cliente" [43].

Ai fini dell'individuazione del servizio di gestione del risparmio, dunque, la giurisprudenza tende a valorizzare gli elementi del mandato, della personalizzazione dell'incarico gestorio e dello svolgimento di esso secondo valutazioni discrezionali, uniformandosi, per tal via, alle norme e alle pronunce degli organi comunitari [44].

 

La sentenza

Con la sentenza ora in commento, la Corte di cassazione sì riprende l'orientamento interpretativo precedentemente espresso [45], dichiarando "infondate" le censure mosse dalla Consob mediante il ricorso proposto avverso la richiamata sentenza del Tribunale di Chiavari ma, al contempo, introduce un'interessante elemento di novità.

Il Giudice di legittimità prende le mosse dal rilievo che la locuzione "attività di gestione su base individuale di portafogli di investimento per conto terzi", di derivazione comunitaria, postula la necessità che sussista un mandato a gestire in modo discrezionale un patrimonio altrui, di talché, avuto riguardo alla circostanza che, nella fattispecie in esame, il promotore finanziario rispetto al quale era intervenuto il surriferito provvedimento di sospensione dall'albo, "non aveva ricevuto alcun mandato, da parte dei suoi clienti (...)", lo stesso non aveva posto in essere alcuna attività di gestione riservata. In questo modo, viene disatteso l'orientamento più volte espresso dalla Consob con riguardo al proprium dell'attività di gestione individuale di portafogli e di cui si rinviene un'eco nel ricorso proposto avverso la più volte richiamata sentenza pronunciata dal Tribunale di Chiavari.

 

Sin qui, nihil novi sub soli. Tuttavia, nella sentenza qui in commento, la Suprema Corte appare consapevole del fatto che determinate operazioni poste in essere formalmente dai clienti siano suscettibili di essere riferite a condotte del promotore finanziario travalicanti le attribuzioni del medesimo, tanto da suggerire che "(...) il criterio decisivo a tali fini consiste nel verificare la sussistenza o meno di una autonoma decisione, da parte degli investitori, circa le diverse operazioni finanziarie intraprese e, quindi, nell'ipotesi che tale elemento non ricorra, nell'accertare l'esistenza di un ampio e preventivo programma strategico di investimenti, elaborati direttamente dal gestore, sulla base evidentemente di un pregresso conferimento di carattere generale da parte del cliente (...)".

Dall'accoglimento di questa impostazione, la Corte di cassazione fa discendere due ordini di conseguenze.

La prima è che laddove difettino "gli elementi del mandato e dello svolgimento su base discrezionale ed individualizzata", "si è al di fuori della gestione patrimoniale, rientrandosi nell'area, consentita ai promotori finanziari, della consulenza ed assistenza nelle attività decisionali del cliente".

In questa prospettiva, dunque, la differenza fra l'attività di promozione presso il cliente e la gestione "surrettizia" o "impropria" di portafogli di investimento, posta in essere da un promotore finanziario, viene fatta - rectius, continua essere fatta - consistere nel fatto che, nel primo caso, il promotore esercita un'attività di assistenza e di consulenza nelle attività decisionali del cliente stesso che, pur essendo diretta ad incrementare il patrimonio di quest'ultimo, è priva di generico mandato preventivo e di discrezionalità, mentre si ha gestione patrimoniale abusiva qualora ricorrano gli elementi discretivi del mandato e della gestione individualizzata, cui è sotteso il profilo della discrezionalità [46], con l'ulteriore conseguenza che, in difetto di "atti di preventivo assenso" degli investitori all'operatività dei promotori, l'attività discrezionale da questi ultimi svolta sia da ricondurre non nell'ambito della consulenza bensì in quello della gestione surrettizia o abusiva di portafogli di investimento [47].

Tuttavia, a mio modo di vedere, tale ordine di conseguenze non pare essere pienamente coerente con l'assunto secondo cui nell'ordinamento giuridico italiano l'unica forma di attività configurabile quale gestione è - almeno, anteriormente all'entrata in vigore delle disposizioni di attuazione in Italia della Mifid - quella contrassegnata dalla discrezionalità. Infatti, la Suprema Corte sembra implicitamente non solo - e, oserei dire, non tanto - affermare che le attività di ricezione ordini e di negoziazione, unite alla consulenza sono legittime in linea di principio, sebbene possano sconfinare nella gestione surrettizia, quanto, piuttosto, interpretare il modo in cui va inteso il requisito della necessità dell'espletamento delle singole scelte da parte del cliente nel senso non soltanto di sola imputabilità effettiva delle stesse al cliente, ma anche di ruolo effettivamente attivo del cliente, "con la conseguenza che scelte sempre e sistematicamente confermative dei consigli dell'intermediario manifesterebbero una rimessione delle scelte stesse all'attività di indirizzo propria dell'intermediario, senza margine di autonomia effettiva in capo al cliente: si realizzerebbe quindi una forma di gestione con preventivo assenso" [48].

In questa ottica, allora, il concetto di discrezionalità dell'intermediario sembra cedere il passo a quello di effettiva attività di indirizzo del cliente, facendosi così rientrare a pieno diritto la gestione con preventivo assenso nella gestione tout court, di talché solo allorquando non sia dato cogliere la sussistenza di una attività effettiva di indirizzo del cliente scatta l'obbligo di verificare se vi sia un "ampio e preventivo programma strategico di investimenti, elaborati direttamente dal gestore, sulla base evidentemente di un pregresso conferimento di carattere generale da parte del cliente (...)".

La seconda conseguenza viene fatta risiedere in questo: che è da respingersi la tesi, sostenuta dalla Consob, che la nozione di gestione individuale del risparmio elaborata dal Legislatore italiano sia più ampia rispetto a quella comunitaria. Questa linea interpretativa è certamente condivisibile non soltanto per le ragioni esposte nella sentenza in commento, ma altresì sulla scorta della cosiddetta presunzione di conformità del diritto interno al diritto comunitario, che induce a privilegiare l'interpretazione del diritto interno che attui i precetti del diritto comunitario [49].


Note:

1 Sulla genesi della L. n. 1966/1939, cfr. ex multis: A. Gentili, Società fiduciarie e negozio fiduciario, Milano, 1978, 19 ss.; F. Di Maio, Società fiduciarie ed enti di gestione fiduciaria, Milano, 1986, 9 ss.; G. Di Chio, voce Società fiduciarie, in Noviss. Dig. it., Appendice, vol. VII, Torino, 1987, 334; L. Pauletto, Le società di revisione. Sviluppi funzionali e prospettive di revisione, 1990, 7 ss.; M. Nuzzo, voce Società fiduciaria, in Enc. dir., vol. XLII, Milano, 1990, 1096; G. Rotondo, Le società fiduciarie, in M. Rispoli Farina (a cura di), Studi sugli intermediari finanziari non bancari, Napoli, 1998, 227 s.; N. Nisio, L'attività di "amministrazione" delle società fiduciarie (evoluzione e prospettive), in Banca, borsa, tit. cred., 2003, I, 42 ss.

2 L'espressione indicata nel testo è contenuta in V. Mezzacapo, Commento all'art. 199 del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, in F. Capriglione - G. Alpa (a cura di), Commentario al Testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, Padova, 1998, t. III, 1787 s.

3 Sull'argomento, cfr.: U. Li Causi, Gli enti di gestione fiduciaria. Origini, carattere ed evoluzione, Firenze, 1981, II ed., 150 s.; F. Di Maio, Società fiduciarie ed enti di gestione fiduciaria, cit., 197 ss. 

4 Cfr. G. Rotondo, Le società fiduciarie, cit., 229.

5 Cfr. U. Li Causi, Gli enti di gestione fiduciaria. Origini, carattere ed evoluzione cit., 154 s.; F. Di Maio, Società fiduciarie ed enti di gestione fiduciaria, cit., ult. loc. cit.; V. Mezzacapo, Profili sistematici del "parabancario": società fiduciarie ed enti di gestione fiduciaria, in G. Restuccia (a cura di), L'attività parabancaria. Esperienze e prospettive, Milano, 1987, 293 ss.; G. Di Chio, voce Società fiduciarie cit., 340; S. Dottarelli, Le gestioni collettive ed individuali di patrimoni mobiliari, in Giur. mer., 1988, 954 ss. In giurisprudenza, v. Trib. Milano 10 maggio 1985, in Foro it., 1986, I, 560.

6 Sul punto, cfr. F. Capriglione, Le gestioni di patrimoni mobiliari in Italia, in F. Capriglione (a cura di), Le gestioni di patrimoni mobiliari. Un'analisi comparata, Milano, 1991, 190 s.

7 La Comunicazione della Consob evocata nel testo è reperibile anche in F. Di Maio, Società fiduciarie ed enti di gestione fiduciaria cit., 319.
8 Cfr. M. Maccarone, La regolamentazione e i controlli dell'attività di gestione di patrimoni mobiliari, in Dir. banc., 1989, 55. Sull'argomento, cfr., tra gli altri: G. Di Chio, voce Società fiduciarie, cit., 341; A. Jannuzzi, Le società fiduciarie, Milano, 1988, 55 ss.; M. Nuzzo, voce Società fiduciaria, cit., 1105 ss.; L. Santedicola, Le gestioni patrimoniali: aspetti istituzionali, in S. Preda (a cura di), Fondi di investimento e gestioni patrimoniali, Milano, 1990, 120 ss.; P. Ferro-Luzzi, Le gestioni patrimoniali, in Giur. comm., 1992, 46 ss.

9 Vedasi il Capitolo XXXVI, Paragrafo 1. Il Provvedimento evocato nel testo è stato poi sostituito dalle Istruzioni di vigilanza per le banche, allegate alla Circolare della Banca d'Italia n. 229 del 21 aprile 1999. In dottrina, cfr. F. Capriglione, Le gestioni bancarie di patrimoni mobiliari, in Banca, borsa, titoli di credito, 1987, I, 274 ss.

10 Cfr. M. Salvatore, Servizi di investimento e responsabilità civile, Milano, 2004, 154.

11 Ai termini del primo comma dell'art. 1 della L. n. 1, "per attività di intermediazione mobiliare si intende: a) la "negoziazione per conto proprio o per conto terzi ovvero sia per conto proprio che per conto di terzi, di valori mobiliari"; b) il collocamento e la distribuzione di valori mobiliari con o senza preventiva sottoscrizione o acquisto a fermo, ovvero l'assunzione di garanzia nei confronti dell'emittente; c) la "gestione di patrimoni, mediante operazioni aventi ad oggetto valori mobiliari"; d) la "raccolta di ordini di acquisto o vendita di valori mobiliari"; e) la "consulenza in materia di valori mobiliari"; f) la "sollecitazione del pubblico risparmio effettuata mediante attività anche di carattere promozionale, svolta in luogo diverso da quello adibito a sede legale o amministrativa principale dell'emittente, del proponente l'investimento o del soggetto che procede al collocamento (...)".

12 La disposizione richiamata in oggetto prevedeva che "gli agenti di cambio che siano soci, amministratori o dirigenti delle società di intermediazione mobiliare, nonché quelli di cui le società di intermediazione mobiliare si avvalgano (...), sono iscritti in un ruolo speciale istituito presso il Ministero del tesoro. Essi possono svolgere le attività loro consentite dal presente articolo unicamente della società di appartenenza, ed essere soci, amministratori o dirigenti soltanto di una delle predette società. Essi restano individualmente assoggettati ai divieti ed alle incompatibilità stabiliti dalle leggi vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge". Peraltro, l'art. 214 del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, abrogò la L. n. 1/91, disponendo però che gli artt. 3, comma 2, lett. b), c), d) ed e); 4, comma 2; 9, commi 12, 13 e 14; 15 continuassero ad applicarsi fino al termine e con le modalità ivi previste.

13 Cfr., tra gli altri: Assogestioni (a cura di), Legge 2 gennaio 1991. Un commento preliminare al Titolo I, sub art. 17, Roma, 1991, 128 ss.; F. Capriglione, Le gestioni di patrimoni mobiliari in Italia, cit., 207 ss.; C. Coltro Campi, La nuova disciplina dell'intermediazione e di mercati mobiliari (Commento alla L. 2 gennaio 1991, n. 1), Torino, 1991, 96 ss.; A. Giurazza, Commento all'art. 17 della Legge 2 gennaio 1991, n. 1, in A. Giurazza (a cura di), La riforma degli intermediari mobiliari e l'organizzazione dei mercati finanziari, Napoli, 1992, 125 ss.

14 Non è inopportuno ricordare che l'art. 3 del D.L. 9 settembre 1992, n. 372, convertito, con modificazioni, nella L. 5 novembre 1992, n. 429, stabilisce: "L'art. 17, comma 4, della Legge 2 gennaio 1991, n. 1 si interpreta nel senso che le società fiduciarie iscritte alla sezione speciale dell'albo prevista dal secondo comma del medesimo articolo possono esercitare soltanto l'attività di cui al primo comma dello stesso articolo".

15 Il testo della Relazione Governativa può reperirsi anche in G.F. Campobasso (a cura di), L'Eurosim. D. Lgs. 23 luglio 1996, n. 415, Milano, 1997, 664.

16 Così ancora la Relazione illustrativa al D.Lgs. 23 luglio 1996, n. 415.

17 Ai sensi del terzo comma dell'art. 1 del D.Lgs. n. 415/96 "per "servizi di investimento" si intendono le seguenti attività, quando hanno per oggetto strumenti finanziari: a) negoziazione per conto proprio; b) negoziazione per conto terzi; c) collocamento, con o senza preventiva sottoscrizione o acquisto a fermo, ovvero assunzione di garanzia nei confronti dell'emittente; d) gestione su base individuale di portafogli di investimento per conto terzi; e) ricezione e trasmissione di ordini, nonché mediazione".

18 Il quinto comma dell'art. 1 del D.Lgs. n. 415/96 prevedeva, tra l'altro, che "si intendono per: (...) c) "società di intermediazione mobiliare" (SIM), l'impresa, diversa dalle banche e dagli intermediari finanziari iscritti nell'elenco previsto dall'art. 107 del T.U. bancario, autorizzata a svolgere servizi di investimento, avente sede legale e direzione generale in Italia"; (...) e) "impresa di investimento comunitaria", l'impresa, diversa dalla banca, autorizzata a svolgere servizi di investimento, avente sede legale e direzione generale in un medesimo Stato appartenente all'Unione europea, diverso dall'Italia"; f) "impresa di investimento extracomunitaria", l'impresa, diversa dalla banca, autorizzata a svolgere servizi di investimento, avente sede legale in uno Stato non appartenente all'Unione europea; g) "imprese di investimento", le SIM e le imprese di investimento comunitarie ed extracomunitarie.

19 Cfr., ad esempio: F. Clemente, Commento all'art. 60 del D. Lgs. 23 luglio 1996, n. 415, in F. Capriglione (a cura di), La disciplina degli intermediari e dei mercati finanziari, Padova, 1997, 509 ss.; G. Palmieri, Commento all'art. 60 del D.Lgs. 23 luglio 1996, n. 415, in G.F. Campobasso (a cura di), L'Eurosim. D. Lgs. 23 luglio 1996, n. 415, cit., 387 ss.; F. Di Maio, Nuovo genus di società fiduciaria o prima attuazione di trust amorfo?, in Contr. e impr. europa, 1997, 593 ss.; F.M. Giuliani, Intestazione fiduciaria e servizi di investimento, in Giur. comm., 1997, I, 31 ss.; G. Fauceglia, voce Gestione fiduciaria, in Enc. dir., Aggiornamento, vol. VI, Milano, 2002, 387 ss.; M. Cossu, La "gestione di portafogli di investimento" tra diritto dei contratti e diritto dei mercati finanziari, Milano, 2002, 140 s.

20 Così F. Clemente, Commento all'art. 60 del D.Lgs. 23 luglio 1996, n. 415, cit., 511. In senso contrario, però, si è sostenuto che "non solo (...) si equiparano SIM e banche alle società fiduciarie sotto il profilo (...) della riservatezza dell'identità del cliente, ma si espunge il legame tecnico giuridico tra intestazione fiduciaria e attività di gestione, caratteristica "aberrante" del vecchio sistema": così F. Chiappetta, Le gestioni patrimoniali dalla legge 1/91 al d.lgs. n. 415/96, in G. Ferrarini - P. Marchetti (a cura di), La riforma dei mercati finanziari dal decreto Eurosim al Testo Unico della finanza, Roma, 1998, 141 s.

21 La definizione che dei "servizi di investimento" viene offerta dal quinto comma dell'art. 1 del TUF è identica a quella contenuta nel terzo comma dell'art. 1 del D.Lgs. n. 415/96, riprodotta testualmente nella precedente nt. 18, cui faccio pertanto rinvio.

22 Sulla scorta delle definizioni riportate nelle lett. o) ed n) del primo comma dell'art. 1 del TUF, la società di gestione del risparmio è "la società per azioni con sede legale e direzione generale in Italia autorizzata a prestare il servizio di gestione collettiva del risparmio", per tale intendendosi "il servizio che si realizza attraverso: 1) la promozione, istituzione e organizzazione di fondi comuni di investimento e l'amministrazione dei rapporti con i partecipanti; 2) la gestione del patrimonio di OICR, di propria o altrui istituzione, mediante l'investimento avente ad oggetto strumenti finanziari, crediti o altri beni mobili o immobili".

23 In base alla lett. o bis) del primo comma dell'art. 1 del TUF, la "società di gestione armonizzata" è "la società con sede legale e direzione generale in uno Stato membro diverso dall'Italia, autorizzata ai sensi della direttiva in materia di organismi di investimento collettivo, a prestare il servizio di gestione collettiva del risparmio".

24 Così G.P. La Sala, Commento all'art. 37 del T.U.F., in G.F. Campobasso (a cura di), Testo Unico della finanza. Commentario, vol. I (Intermediari e mercati), Torino, 2002, 337. Cfr. anche: V. Mezzacapo, Commento all'art. 199 del D. Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, cit., 1787 ss.; G.L. Fornari Lanzetti, Commento all'art. 199 del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, in C. Rabitti Bedogni (a cura di), Il Testo Unico dell'intermediazione finanziaria. Commentario al D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, Milano, 1998, 1087 ss.; P. Ferro-Luzzi, L'assetto e la disciplina del risparmio gestito, in Riv. dir. comm., 1998, 205; F. Annunziata, Commento agli artt. 198-199 del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, in P. Marchetti - L.A. Bianchi (a cura di), La disciplina delle società quotate nel Testo Unico della finanza. D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58. Commentario, tomo III, Milano, 1999, 2039 ss.

25 Cfr. M. Sepe, Il risparmio gestito, Bari, 2000, 68; F. Capriglione, Gestioni patrimoniali, asset management, tutela del risparmiatore, in Banca, borsa, titoli di credito, 2002, I, 450 s.

26 Cfr. F. Capriglione, Note introduttive alla disciplina delle s.i.m. e dell'organizzazione dei mercati finanziari, in Banca d'Italia, Quaderni di ricerca giuridica della Consulenza Legale, giugno, 1991, n. 25, 31.

27 Riporto qui di seguito le Sezioni A e B della Direttiva ora in considerazione: "Allegato, sezione A, Servizi: 1. a) Ricezione e trasmissione, per conto di investitori, di ordini in relazione a uno o più strumenti di cui alla sezione B; b) Esecuzione di tali ordini per conto terzi. 2. Negoziazione per conto proprio di tutti gli strumenti di cui alla sezione B. 3. Gestione, su base discrezionale e individualizzata, di portafogli di investimento nell'ambito di un mandato conferito dagli investitori, qualora tali portafogli includano uno o più strumenti contemplati nella sezione B. 4. Assunzione a fermo per tutte o per alcune emissioni degli strumenti di cui alla sezione B e/o collocamento di tali emissioni. Sezione B, Strumenti, 1. a) Valori mobiliari; b) Quote di un organismo di investimento collettivo. 2. Strumenti del mercato monetario. 3. Contratti a termine fermo (futures) su strumenti finanziari, compresi gli strumenti equivalenti che si regolano in contanti. 4. Contratti a termine su tassi d'interesse (FRA). 5. Contratti SWAPS su tassi d'interesse, su valute o contratti di scambio connessi a indici azionari ("equity swaps"). 6. Opzioni per acquistare o vendere qualsiasi strumento contemplato da questa sezione dell'allegato, compresi gli strumenti equivalenti che si regolano in contanti. Sono comprese, in particolare, in questa categoria le opzioni su valute e sui tassi d'interesse".

28 Vedi supra n. 17.

29 Così G.F. Campobasso, Commento all'art. 1 del D.Lgs. 23 luglio 1996, n. 415, in G.F. Campobasso (a cura di), L'Eurosim. D.Lgs. 23 luglio 1996, n. 415, cit., 8. Cfr., nel medesimo senso: L. Zitiello, Decreto Eurosim: la disciplina degli intermediari e delle attività, in questa Rivista, 1996, 1011; Costi, Il mercato mobiliare, Torino, 1997, 185 ss.; Lener, Strumenti finanziari e servizi di investimento. Profili generali, in Banca, borsa, titoli di credito, 1997, I, 343; F. Parrella, L'intermediazione finanziaria e la gestione collettiva del risparmio. I servizi di investimento, in S. Amorosino - C. Rabitti Bedogni (a cura di), Manuale di diritto dei mercati finanziari, Milano, 2004, 83 s.; A. Tucci, Sulla cd. gestione surrettizia di portafogli di investimento da parte di promotori finanziari, in Banca, borsa, titoli di credito, 2004, II, 20. Non sembra prendere posizione sul punto Napoletano, I servizi di investimento: soggetti e autorizzazione; operatività transafrontaliera, in C. Di Noia - R. Razzante (a cura di), Il nuovo diritto societario e dell'intermediazione finanziaria, Padova, 1999, 45.

30 Così G. Minervini, Gestione di portafogli di investimento con preventivo assenso, in Giur. comm., 2001, II, 70, par. 1.

31 Vedasi T.A.R. Lazio, sez. I, 25 ottobre 1999, n. 2402, in Trib. Amm. Reg., 1999, 4208.

32 Il Provvedimento richiamato nel testo è reperbile in: Giur. comm., 2001, II, 62; in www.giustizia-amministrativa.it 

33 La sentenza di cui al testo si trova pubblicata in Guida al dir., 2002, fasc. 47, 100.

34 Cfr. A. Corrado, Nel rispetto del mandato conferito dal cliente il limite alla libertà di movimento della banca, in Guida al dir., 2002, fasc. 47, 106. Per un commento alla sentenza di cui alla precedente nt. 33, cfr., altresì, A. De Nisi - F. Trapanese, La gestione surrettizia di patrimoni. Analisi normativa alla luce della Corte di Giustizia CE del 21 novembre 2002, in Fisco, 2003, n. 15, fasc. 1, 2274 ss.

35 Vedasi la Comunicazione Consob n. BOR/RM/94005134 del 23 maggio 1994, reperibile nel sito www.consob.it. Nel medesimo senso, vedasi altresì la Comunicazione Consob n. DI/99023323 del 26 marzo 1999, reperibile nel sito www.consob.it. Per alcune osservazioni critiche rispetto all'orientamento riferito nel testo, cfr. L. Enriques, Dalle attività di intermediazione mobiliare ai servizi di investimento, in Riv. soc., 1998, 1034 s.

36 Cfr.: F. Capriglione, Note introduttive alla disciplina delle s.i.m. e dell'organizzazione dei mercati finanziari, cit., loc. cit.; R. Maviglia, La legge 2 gennaio 1991, n. 1. Le società di intermediazione mobiliare, in D. Velo - P. Berlanda (a cura di), Le s.i.m. e la riforma del mercato finanziario. La nuova Borsa, la gestione del risparmio e il ruolo dei promotori finanziari, Milano, 1991, II ed., 68; F. Carbonetti, I contratti di intermediazione mobiliare, Milano, 1992, 83 s.; L. Zitiello, Decreto Eurosim: la disciplina degli intermediari e delle attività, cit., loc. cit; F. Capriglione, Gestioni patrimoniali, asset management, tutela del risparmiatore, cit., 452; L. Gaffuri, Gestione di portafogli "surrettizia" da parte di promotori finanziari, in questa Rivista, 2004, 468. Nel medesimo senso, cfr., altresì, Assogestioni (a cura di), Legge 2 gennaio 1991. Un commento preliminare al titolo I, sub art. 1, cit., 21.

37 Cfr., ad esempio, R. Clarizia - A. Magnoni, La gestione personalizzata di patrimoni mobiliari. La L. n. 1/91 e i regolamenti Consob, Milano, 1993, 7; R. Lener, Strumenti finanziari e servizi di investimento, in G. Ferrarini - P. Marchetti (a cura di), La riforma dei mercati finanziari, Roma - Milano, 1998, 91 ss.; P. Cipolla, La gestione surrettizia di patrimoni da parte di promotori finanziari nel quadro della responsabilità penale per abusivo svolgimento di servizi di investimento, in Giur. mer., 2001, IV, 269 s.; R. Costi - L. Enriques, Il mercato mobiliare, Padova, 2004, 245.

38 Cfr. F. Ciraolo, Gestione surrettizia di portafogli di investimento: questioni in tema di identificazione della fattispecie, in Contr. e impr., 2006, 1646.

39 Così la Comunicazione n. DIN/2014610 del 4 marzo 2002, reperibile nel sito www.consob.it. In proposito, cfr., in dottrina, N. Graziano, Il consenso preventivo ottenuto dal cliente esclude la responsabilità del professionista, in Guida al dir., 2005, fasc. 24, 71; M. de Mari - L. Spada, Intermediari e promotori finanziari, Bologna, 2005, 72 ss.; F. Bochicchio, Consulenza da parte del promotore ed operazioni di negoziazione e raccolta ordini, in Dir. ed econ. ass., 2006, 39 ss.

40 Così ancora la Comunicazione n. DIN/2014610 del 4 marzo 2002, cit. Nel medesimo senso, vedansi altresì le Comunicazioni: n. 11470 del 3 giugno 1998; n. 11475 del 3 giugno 1998; n. 12011 dell'8 giugno 1999; n. 12399 del 29 febbraio 2000; n. 12401 del 29 febbraio 2000; n. 13273 del 26 settembre 2001.

41 Cfr. P. Cipolla, La gestione surrettizia di patrimoni da parte di promotori finanziari nel quadro della responsabilità penale per abusivo svolgimento di servizi di investimento, cit., 274.

42 Così Cass., sez. I, 12 aprile 2005, n. 7546, in Guida al dir., 2005, fasc. 24, 69. Nel medesimo senso, vedasi già Cass., sez. I, 2 luglio 2004, n. 12126, in Mas.s, 2004.

43 Così Cass., sez. I, 20 marzo 2003, n. 4081, in: Foro it., 2003, I, 2085; in Banca, borsa, titoli di credito, 2004, II, 12, in questa Rivista, 2004, 463.

44 Cfr. F. Ciraolo, Gestione surrettizia di portafogli di investimento: questioni in tema di identificazione della fattispecie, cit., 1657 s. Sul punto, cfr., nel medesimo senso, A. Tucci, Sulla cd. gestione surrettizia di portafogli di investimento da parte di promotori finanziari, cit., 2004, II, loc. cit.

45 Vedi supra nt. 42 e nt. 43.

46 Così F. Ciraolo, Gestione surrettizia di portafogli di investimento: questioni in tema di identificazione della fattispecie, cit., 1656 s.

47 Cfr. M. de Mari, Nota a Cass., sez. I, 20 marzo 2003, n. 4081, in Foro it., 2003, I, 2086.

48 Così F. Bochicchio, Consulenza da parte del promotore ed operazioni di negoziazione e raccolta ordini, cit., 2006, 40.

49 Cfr., in tal senso, G. Minervini, Gestione di portafogli di investimento con preventivo assenso, cit., 72, par. 5.

Autore: Alessandro Colavolpe - tratto da "Le Società", 11 / 2007, p. 1351