IL FONDO PATRIMONIALE: ELEMENTI DISTINTIVI E LIMITI PER LA TUTELA DI UN BENE. COMMENTO AD ORDINANZA CASS. 2904/2021

 

1) Premessa: Aspetti generali del fondo patrimoniale

Le azioni di disposizione del patrimonio esperibili dai coniugi non si esauriscono nella scelta del regime della comunione, separazione o altro regime convenzionale, ma possono riguardare la costituzione congiunta di un fondo patrimoniale. Il predetto istituto è costituito da quell’insieme di beni che vengono vincolati (dai coniugi o da terzi) ai bisogni della famiglia e che vengono gestiti congiuntamente dai coniugi, ex art. 167 c.c.

Quanto alla natura giuridica, l’istituto del fondo patrimoniale rinviene il proprio precedente nel “patrimonio familiare” previsto dal codice del 1942, ante riforma del 1975. La differenza tra i due istituti risiede nel fatto che il patrimonio familiare sottraeva, in ogni caso, i beni alla garanzia dei creditori, che potevano esecutarne solo i frutti; il fondo patrimoniale, invece, consente che gli stessi possano aggredire non solo i frutti, ma anche i beni medesimi, sia pure nei limiti di cui all’art. 170 c.c.

Ciò premesso, problemi sono sorti, in dottrina ed in giurisprudenza, circa l’individuazione della natura giuridica del fondo patrimoniale, essendo state prospettate opinioni e tesi sostanzialmente diverse.

Secondo alcuni, si ritiene che la destinazione dei beni ai bisogni della famiglia sia una sorta di “donazione obnuziale” la cui normativa sarebbe direttamente applicabile. Secondo altri, l’atto di costituzione del fondo si qualificherebbe come donazione solo qualora il bene vincolato sia di proprietà di uno solo dei coniugi o di un terzo.

Un ultimo filone di pensiero, invece, considera il fondo patrimoniale come un atto a titolo oneroso; ne deriverebbe, dunque, la necessità per l’attore di provare la consapevolezza da parte del terzo del pregiudizio che l’atto arrecherebbe alle ragioni dei creditori.

Secondo giurisprudenza maggioritaria, invece, la costituzione del fondo configura un atto di liberalità, anche qualora i coniugi conferiscano beni di proprietà comune come chiarito da Cass. 866/2007.

2) Costituzione ed estinzione del vincolo

La costituzione del fondo patrimoniale nel concreto è un atto tipico, più nello specifico, può parlarsi di una convenzione matrimoniale, con la conseguente applicazione delle norme per essa dettate. Tuttavia, il fondo non figura come un autonomo regime patrimoniale e viene ad affiancarsi al regime prescelto dai coniugi.

L’istituto è regolato dagli artt. 167 - 171 c.c., così come novellati dalla riforma del 1975. In esso possono confluire solo beni immobili, beni mobili iscritti in pubblici registri e titoli di credito (devono però essere resi nominativi), che saranno destinati a far fronte ai “bisogni della famiglia”. Conferire beni in fondo patrimoniale significa apporre sui beni stessi un vincolo di destinazione ai bisogni della famiglia, senza che sia necessario un successivo trasferimento di proprietà.

Per famiglia s’intende la c.d. “famiglia nucleare”: in essa saranno compresi i figli dei coniugi, minori e maggiorenni non economicamente autosufficienti. Ed invero, il fondo nasce dall’esigenza di assolvere al c.d. “dovere di contribuzione” ex art 143 c.c. in base al quale i coniugi sono chiamati, ciascuno nei limiti delle proprie capacità reddituali, a soddisfare i bisogni immediati e futuri, secondo l’obiettivo di vita concordato.

Quanto al conferimento dei beni, si potrà scegliere tra due opzioni: che la proprietà del bene conferito vada ad entrambi i coniugi ovvero che ciascun coniuge sia proprietario esclusivo del bene conferito.

Il fondo può essere costituito da parte dei coniugi personalmente o da parte di un terzo, in quest’ultimo caso si perfezionerà con l’accettazione di entrambi i coniugi. Potrà essere costituito attraverso atto pubblico oppure tramite testamento.

L’amministrazione dei beni costituenti il fondo patrimoniale è regolata dalle norme relative all’amministrazione della comunione legale (artt. 177, 178, 179 c.c.), pertanto è affidata disgiuntamente ai coniugi per gli atti di ordinaria amministrazione e congiuntamente ad entrambi, con eguali poteri, per gli atti di straordinaria amministrazione.

Per poter validamente alienare o disporre dei beni del fondo, a maggiore garanzia delle finalità a cui mira l’istituto, occorre distinguere due ipotesi: nel caso in cui non vi siano figli minori, sarà sufficiente il consenso di entrambi i coniugi; nel caso in cui vi siano figli minori, oltre al consenso dei coniugi sarà necessaria l’autorizzazione del Tribunale. Dibattuta è la questione se l’autorizzazione in parola sia richiesta ogni qualvolta vi siano figli minori o solo nel caso in cui, in presenza di figli minori, nulla sia disposto a riguardo nell’atto di costituzione. Parte della giurisprudenza propende per la seconda soluzione, ritenendo che “pur in presenza di figli minori la disciplina di cui all’art. 169 c.c. si rende applicabile solo in mancanza di deroga prevista nell’atto di costituzione del fondo patrimoniale”.

Il fondo patrimoniale è da intendersi fondo separato in quanto destinato alla garanzia di specifici creditori. I beni compresi nel fondo possono essere aggrediti solo dai creditori della famiglia: ciò significa che, qualora il creditore sappia che il debito non ha nulla a che vedere con i bisogni della famiglia, non potrà soddisfarsi sui beni del fondo.

Ai sensi dell’art. 171 c.c. il fondo si estingue e dunque il vincolo cessa, con l’annullamento, con lo scioglimento o con la cessazione degli effetti civili del matrimonio e non con la separazione personale. In questi casi il fondo patrimoniale cessa di esistere perché viene meno il principio dell’unità familiare. Tuttavia, qualora al momento della cessazione del matrimonio ci sono dei figli minorenni, il vincolo rimane in vita fino a che l’ultimo dei figli diventa maggiorenne.

In quest’ultimo caso il Giudice potrà adottare, su istanza di chi vi abbia interesse, norme per l’amministrazione del fondo e potrà attribuire ai figli, considerate le loro condizioni economiche, quelle dei genitori ed ogni altra circostanza, una quota dei beni del fondo, in godimento od in proprietà.

3) Pignorabilità del fondo e art. 170 c.c.  

Il fondo patrimoniale è (quasi) impignorabile, rispondendo infatti solo per i debiti contratti per le esigenze familiari e non per altre tipologie di debiti.

L’impignorabilità del fondo sancita dall’art. 170 c.c., si è  però indebolita a seguito della sentenza emessa dal Tribunale di Taranto n. 3688/2014.

La questio, di cui è stato investito il Tribunale, riguardava una persona che aveva contratto un debito con un avvocato affinchè recuperasse un credito svolto durante il suo lavoro.  Secondo i Giudici il debito non era estraneo alle necessità familiari; il termine “necessità familiari” andava inteso in senso ampio e dunque non solo avuto riguardo ai bisogni essenziali familiari, bensì anche al potenziamento della situazione lavorativa. Nel caso specifico il debito era sorto per recuperare un debito professionale il cui denaro sarebbe andato presumibilmente alla famiglia.

Nello stesso senso: Cass. Civ., 30.5.2007, n. 12730; Cass. Civ., 7.7.2009, n. 15862; Cass. Civ., 19.2.2013, n. 4011: hanno ritenuto pignorabile un immobile costituito in fondo patrimoniale, qualora uno dei coniugi abbia contratto il debito al fine di ottenere il miglioramento delle condizioni e della produttività del lavoro della famiglia.

Diverso sarebbe stato il caso se il debito fosse nato verso un fornitore o per acquistare utensili da lavoro: in questo caso il creditore sarebbe stato a conoscenza della estraneità del bene alla famiglia e quindi il fondo sarebbe stato impignorabile. Da quanto detto si deduce che l’impignorabilità dovrà essere valutata caso per caso.

Il fondo patrimoniale può essere costituito sia prima che dopo il debito, di seguito si analizzano le due ipotesi:

– se il debito sorge prima della creazione del fondo, il creditore può proporre al Giudice azione revocatoria (ordinaria) ai sensi dell’art. 2901 c.c. ma solo a particolari condizioni.

Il creditore avrà l’onere di dimostrare che:

il fondo ha pregiudicato i suoi diritti;

il debitore era cosciente del pregiudizio arrecato;

– se il fondo patrimoniale è costituito dopo il debito, il creditore può proporre azione revocatoria se dimostra che il debitore ha premeditato la creazione del fondo appositamente per proteggere i beni da quel credito, agendo quindi in modo fraudolento. I creditori possono chiedere la revocatoria del fondo entro il termine di 5 anni dalla creazione del fondo stesso.

Il fondo patrimoniale, quindi, non può più ritenersi in grado di “proteggere” la casa come un tempo: il confine tra pignorabilità e impignorabilità diventa sempre più sottile, al punto che alcuni coniugi, per proteggere la casa dai creditori, simulano l’accordo di separazione trasferendo la titolarità della casa coniugale al coniuge non debitore.

4) Azione revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c.

L’art. 2901 c.c. disciplina l’esercizio dell’azione revocatoria ordinaria, considerata come mezzo di conservazione della garanzia patrimoniale per i creditori (diversa da quella penale e da quella fallimentare), i quali possono domandare l’inefficacia nei loro confronti di atti di disposizione del patrimonio con i quali i debitori hanno generato pregiudizio alle loro ragioni.

Affinchè il creditore possa esercitare l’azione revocatoria è sufficiente accertare l’esistenza dell’eventus damni, ossia la mera variazione qualitativa del patrimonio del debitore e la scientia damni, ossia la consapevolezza di arrecare pregiudizio agli interessi dei creditori o comunque la previsione di un mero danno potenziale.

In caso di bene immobile o bene mobile registrato, il creditore pregiudicato dall’atto costitutivo dl fondo patrimoniale può pignorare direttamente il bene purché sia munito di titolo esecutivo e agisca entro un anno dalla trascrizione dell’atto pregiudizievole.

Sotto il profilo penale invece, l’amministrazione finanziaria può agire in giudizio per denunciare il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, qualora si dimostri che la causa tipica del fondo patrimoniale è stata strumentalizzata con il fine di rendere inefficace, in tutto o in parte, la procedura di riscossione coattiva del credito erariale.

Di più, i beni conferiti nel fondo patrimoniale sono soggetti ad ipoteca come chiarito da Cassazione 1652/2016 che ha esaminato il caso del proprietario di un fondo che aveva richiesto di cancellare l’ipoteca iscritta da Equitalia per debiti fiscali. Secondo i giudici il proprietario del fondo avrebbe dovuto dimostrare che il debito fiscale fosse relativo a esigenze estranee alle necessità familiari, cosa che non è avvenuta.

Il fondo patrimoniale diventa inattaccabile decorsi 5 anni dalla sua costituzione, conteggiati dal giorno in cui l’atto viene redatto dal notaio e non dal giorno della trascrizione nei registri pubblici.

5) Commento all’ordinanza della Corte di Cassazione, Sez. 3° civile, n. 2904 del 08/02/2021

La pronuncia sorge dall’iniziativa giudiziaria intrapresa da uno dei titolari del fondo patrimoniale aggredito dall’azione esecutiva della banca, creditrice nei suoi confronti di somme di denaro relative a fideiussioni da questi prestate nell’ambito dell’attività imprenditoriale esercitata.

In primo ed in secondo grado venivano respinte tanto l’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., quanto il gravame proposto avverso la predetta pronuncia di rigetto dell’opposizione. Il ricorrente, titolare del fondo patrimoniale, decideva dunque di proporre ricorso per cassazione.

Punto saliente del ricorso riguardava la violazione e falsa applicazione dell’art. 170 c.c. dolendosi, il ricorrente, del fatto che la Corte di merito avesse nella specie ravvisato la pignorabilità dei beni in virtù dell’essere stato il debito contratto per il soddisfacimento dei bisogni della famiglia.

A tal proposito, il ricorrente indicava che “non tutti i debiti che sorgono in capo al pater familias che abbia una partecipazione sociale, automaticamente hanno una matrice familiare”. Si lamentava in particolare della “mancanza di prova che il fatto generatore dell’obbligazione, contratta rilasciando fideiussione, si dovesse rinvenire nello scopo di soddisfare i bisogni della famiglia”.

La Corte di Cassazione offre un interessante excursus in tema di fondo patrimoniale, in particolare soffermandosi sul vincolo di destinazione proprio dell’istituto il quale comporta che il fondo non sia aggredibile per debiti che i creditori conoscevano essere stati contratti per bisogni estranei alla famiglia.

In quanto strumento che riduce la garanzia generale spettante ai creditori sul patrimonio dei costituenti un fondo patrimoniale, questo può essere dichiarato inefficace nei confronti di quei creditori a mezzo di azione revocatoria ordinaria, ex art. 2901 c.c., mezzo di tutela del creditore rispetto agli atti del debitore di disposizione del proprio patrimonio, poiché con l’azione revocatoria ordinaria viene rimossa, a vantaggio dei creditori, la limitazione alle azioni esecutive che l’art. 170 c.c. circoscrive ai debiti contratti per i bisogni della famiglia, sempre che, naturalmente, ricorrano le condizioni di cui all’art. 2901 co. 1 n. 1 c.c..

Ad avviso della Corte, atteso che l’art. 170 c.c. disciplina l’efficacia sui beni del fondo patrimoniale di titoli che possono giustificare l’esecuzione su di essi, il criterio identificativo dei crediti il cui soddisfacimento può essere realizzato in via esecutiva sui beni conferiti nel fondo patrimoniale va ricercato nella relazione esistente tra gli scopi per cui i debiti sono stati contratti ed i bisogni della famiglia, con la conseguenza che l’esecuzione sui beni del fondo o sui frutti di esso può avere luogo qualora la fonte e la ragione del rapporto obbligatorio abbiano inerenza diretta ed immediata con i bisogni della famiglia. A tale stregua, delle obbligazioni assunte, anche anteriormente alla costituzione del fondo per bisogni estranei alla famiglia, i beni vincolati in fondo patrimoniale non rispondono.

Nelle obbligazioni assunte per soddisfare i bisogni familiari vanno incluse quelle contratte per il mantenimento e lo sviluppo della famiglia, ovvero per il potenziamento della capacità lavorativa dei familiari, con esclusione delle sole obbligazioni contratte per soddisfare esigenze di natura meramente voluttuaria di uno dei coniugi (es. acquisto di oggetti di lusso), o caratterizzate da interessi meramente speculativi (ad es. investimenti in borsa ad alto rischio). Tra i debiti contratti per i bisogni familiari vanno inclusi anche i debiti per oneri condominiali e per spese processuali sopportate dal condominio per riscuotere gli oneri (cass. n.23163/2014).

Quanto ai debiti derivanti dall’attività professionale o d’impresa del coniuge, anche se la circostanza che il debito sia sorto nell’ambito dell’impresa o dell’attività professionale non è di per sé idonea ad escludere in termini assoluti che esso sia stato contratto per i bisogni della famiglia.

Secondo la Corte, è necessario l’accertamento da parte del Giudice di merito della relazione sussistente tra il fatto generatore del debito ed i bisogni della famiglia intesi in senso ampio, avuto riguardo alle specifiche circostanze del caso concreto.

Ebbene, atteso che la prova dei presupposti di applicabilità dell’art. 170 c.c. grava su chi intenda avvalersi del regime di impignorabilità dei beni costituiti in fondo patrimoniale, ove venga proposta opposizione ex art. 615 c.p.c. per contestare il diritto del creditore di agire esecutivamente, il debitore opponente dovrà dimostrare non soltanto la regolare costituzione del fondo e la sua opponibilità al creditore procedente, ma anche che il suo debito verso quest’ultimo è stato contratto per scopi estranei ai bisogni della famiglia.

Secondo la Cassazione, le obbligazioni concernenti l’esercizio dell’attività imprenditoriale o professionale risultano, di norma, avere un’inerenza diretta ed immediata con le esigenze dell’attività imprenditoriale o professionale, potendo assolvere solo indirettamente e mediatamente al soddisfacimento dei bisogni della famiglia, se e nella misura in cui con i proventi della propria attività professionale o imprenditoriale il coniuge, in adempimento dei propri doveri ex art. 143 c.c., vi faccia fronte: salva prova contraria. Pertanto accoglie il ricorso, cassando la sentenza della Corte d’Appello e rinviando a diversa composizione della stessa la relativa statuizione.

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