Il Fermo amministrativo dei beni mobili registrati: finalità dell'istituto ed esame di alcune importanti problematiche sottese all'applicazione della misura, con particolare riguardo alla natura giuridica ed alla legittimità del provvedimento emesso dal Concessionario delegato alla riscossione.

 

Sommario:

1. L'individuazione della natura giuridica del fermo amministrativo dei beni mobili registrati.
2. La competenza giurisdizionale: l'orientamento prevalente, e la posizione assunta recentemente dal T.A.R. Puglia, sezione di Bari (sent. 25/07/2003 n. 3000), anche alla luce della L. 21.7.2000 n.205 lett. e).
3. Considerazioni finali in ordine alla costituzionalità del provvedimento di "Fermo amministrativo".

1) L'individuazione della natura giuridica del fermo amministrativo dei beni mobili registrati.

Il fermo amministrativo dei veicoli, comunemente noto anche con l'appellativo di "ganascia fiscale" - il cui nomignolo, rievoca altri istituti similari, dei quali s'era persa ogni traccia e memoria, di prevalente origine romanistica (all'epoca dei "Cives", era tipica la "prassi" di ridurre in ceppi e catene il debitore ritenuto inadempiente alle proprie obbligazioni. Un'analoga misura era prevista anche dal vecchio Codice Civile del 1865 c.c. - del quale era nota l'ispirazione napoleonica - per talune forme di illecito punite con la reclusione) - è stato introdotto nell'Ordinamento giuridico del nostro Paese dall'art. 1, comma 4, lett. e) del D. L. 31 dicembre 1996, n. 669, convertito con modificazioni nella L. 28 febbraio 1997, n. 30, con la quale, è stato introdotto l'art. 91 bis al D.P.R. 29/09/1973, n. 602.

Già nella formula normativa approvata ab origine dal Legislatore, si intravedeva chiaramente la ratio dell'istituto, riconoscibile a chiare lettere, nella possibilità, concessa all'Amministrazione procedente, di apporre, sul bene mobile registrato, un vincolo, diretto a colpire - escludendola temporaneamente - la materiale disponibilità del predetto bene mobile registrato, attraverso un procedimento sostitutivo e diverso dal pignoramento - previsto e disciplinato nel Libro III°, Titolo secondo, capo primo, sezione seconda, del Codice di Procedura Civile - in un'ottiva protesa al raggiungimento dell'obiettivo di sottrarne l'jus utendi ac fruendi al legittimo titolare - od a qualsiasi persona delegata da quest'ultimo, che, di fatto, entri in contatto diretto con il bene assoggettato alla misura del "fermo" - sotto comminatoria di una sanzione amministrativa a carattere pecuniario di cospicua entità, e, del contestuale affidamento della res in custodia, a titolo oneroso, presso un depositario autorizzato.

Orbene, a parere di un'autorevole corrente dottrinale, sostenuta, da un'altrettanto conforme orientamento giurisprudenziale di identica fattura, il fermo amministrativo non dovrebbe configurarsi come un'istituto rientrante nella procedura esecutiva dell'espropriazione mobiliare, in considerazione delle ritenute peculiarità della misura, tra le quali, l'immediato mancato reperimento del bene in sede di apposizione del vincolo.

In merito a tale questione, gli stessi Autori, ritengono che l'istituto in esame si atteggi, piuttosto, come una vera e propria misura cautelare atipica, dotata di un'efficacia esecutiva, a contenuto inibitorio, di carattere provvisorio, con la chiara funzione di garantire la concreta possibilità di soddisfacimento della pretesa di credito da parte dell'Amministrazione procedente.

Personalmente, - a tal riguardo, soprassedendo da ogni considerazione (di cui si dirà appresso) volta a chiarire la complessa e particolare natura giuridica del provvedimento in esame, e, conseguentemente, la stessa connessa problematica afferente all'individuazione dell'Autorità competente in sede giurisdizionale - pur ritenendo, pienamente confacente, quanto agli effetti, l'identificazione delle caratteristiche dell'Istituto in disamina, quale atto permeato da una palese natura cautelare (atipica), ritengo, di contro, parzialmente errata l'addotta configurazione intrinseca dello stesso, specie, ove lo si ritenga completamente distinto ed avulso dal procedimento esecutivo, sulla scorta di una duplice considerazione, riferita, rispettivamente, da un lato, allo stesso procedimento di apposizione del vincolo (mediante annotazione nel competente pubblico registro nel quale risulta iscritto il bene che si intende assoggettare al "Fermo") e, dall'altro, al procedimento di opposizione e cancellazione dello stesso, che, sia nella forma, sia nella sostanza, riecheggiano, sia pure a grandi linee, la fase iniziale, ed il successivo evolversi, della procedura esecutiva ordinaria, disciplinata nel libro III° del Codice processuale civile.

Del resto, proprio lo stesso inquadramento dell'istituto in esame nell'ambito delle misure cautelari, suscita non pochi problemi interpretativi, sia in ordine alla concreta configurabilità della disposizione normativa, sia in relazione all'effettiva collocazione nel "sistema" giuridico dell'Ordinamento, con le ovvie conseguenziali ripercussioni anche dal punto di vista giurisdizionale.

A conferma dell'evidente "parallelismo" esistente con il processo esecutivo, giova ricordare alcuni passi del decreto ministeriale datato 7 settembre 1998, n. 503 con il quale, si prevedevano le istruzioni esplicate per l'esecuzione del "Fermo amministrativo".

In particolare, il fermo era richiesto dal Concessionario, decorsi sessanta giorni dall'apposizione del visto di cui all'art. 79 del d.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43.

Nei venti giorni dalla richiesta, la Direzione Regionale delle Entrate doveva emettere il provvedimento richiesto, in duplice copia, consegnandone una al Concessionario delegato per la riscossione, il quale, a sua volta, nei sessanta giorni successivi, eseguiva il fermo mediante l'iscrizione, - anche in via telematica od attraverso lo scambio dell'apposito supporto magnetico - nel competente Registro, dandone altresì comunicazione al controinteressato entro cinque giorni dall'esecuzione della predetta misura.

A partire dalla data di iscrizione del suddetto vincolo nel Pubblico Registro, diventava inopponibile qualsiasi atto di disposizione del veicolo, eseguito con atto avente data certa posteriore rispetto all'iscrizione del fermo.

In caso di trascrizione di un atto avente data certa anteriore rispetto alla misura innanzi considerata, l'Autorità deputata all'esecuzione - ed al controllo della regolarità cronologica - delle iscrizioni doveva darne immediata comunicazione entro dieci giorni alla Direzione Regionale delle Entrate, la quale, provvedeva all'annullamento del fermo informandone il Concessionario ed il controinteressato.

Già in tali adempimenti, è possibile scorgere delle evidenti similitudini rispettivamente con la richiesta di pignoramento eseguita dall'Ufficiale Giudiziario su istanza del creditore, e, la successiva trascrizione dello stesso, a partire dalla cui data, diventano inopponibili eventuali atti di disposizione compiuti dal debitore nei confronti del creditore procedente.

Successivamente, interveniva la "fusione per assorbimento" dell'art. 91 bis, nell'art. 86 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, introdotto dall'art. 16 del D.Lgs.vo 26 febbraio 1999, n. 46, sostitutivo dell'intero titolo II del D.P.R. n. 602 del 1973, e, conseguentemente, anche del Capo III, concernente le "Disposizioni particolari in materia di espropriazione di beni mobili registrati" in vigore dal 1° luglio 1999, ai sensi del successivo art. 39 del citato D.Lgs.vo n. 46 del 1999.

Inoltre, veniva normativamente previsto che, decorso inutilmente il termine di cui all'articolo 50, comma 1, il concessionario aveva il potere di disporre il "fermo" dei beni mobili registrati, ascrivibili alla titolarità del debitore, o, di eventuali soggetti coobbligati, dandone tempestiva notizia alla competente Direzione Regionale delle Entrate nella Regione di residenza dell'interessato.

Il carattere innovativo di tale ultima modifica legislativa, consisteva da un lato, nel trasferimento della potestas decidendi in ordine all'adozione della misura, dall'Amministrazione (titolare della pretesa impositiva) al Concessionario territorialmente competente, delegato alla riscossione, dall'altro, nell'omesso "ancoraggio" dell'emanazione, e, del successivo avvio dell'esecuzione del provvedimento del "fermo" alla previa formazione di un verbale di pignoramento negativo.

In buona sostanza, contrariamente rispetto a quanto previsto nello schema originario della norma, nella quale, la possibilità di avvalersi del "fermo" presupponeva l'esperimento del tentativo di eseguire il pignoramento su un determinato bene mobile registrato (conclusosi con esito negativo), - per cui la misura, poteva ritenersi giustificata, in considerazione del fondato timore di perdere il bene, in un'ottica protesa a garantire l'effettività della pretesa dell'Amministrazione, quale creditore procedente.

Proprio da tale impostazione, ne è derivata - per parte della dottrina e della giurisprudenza - l'attuale ricostruzione esegetica della natura cautelare (atipica) dell'istituto.

Infatti, nella disciplina attualmente in vigore, l'emissione del "fermo" costituisce una vera e propria scelta autonoma del concessionario, di fatto, completamente svincolata da ogni preventivo accertamento, circa un'riscontro, anche solo potenziale, della reale esistenza del periculum in mora, e, soprattutto, del fumus boni juris concernente la stessa fondatezza della pretesa di credito azionata dal Concessionario in sede di apposizione del vincolo sulla res.

Quindi, è innegabile la particolare connotazione atipica dell'istituto, che, può legittimamente portare ad una definizione "ibrida" dello stesso, considerato che, da un lato, più che di natura cautelare, sarebbe corretto parlare di funzione a scopo cautelare, - atteso il fine precipuo perseguito in concreto dalla norma, volta unicamente a garantire, medio tempore, l'effettivo soddisfacimento del credito vantato dall'Amministrazione -  mentre, dall'altro, sarebbe quantomeno arduo, persistere nel voler disconoscere ad ogni costo l'evidente connotazione esecutiva dell'istituto in esame, affine, almeno nei tratti salienti, con l'ordinaria procedura di esecuzione processual-civilistica.

Qualche Autore argomenta la propria tesi ritenendo che il processo esecutivo inizia con il pignoramento, come prescrive l'art. 491 c.p.c.
Ciò ovviamente, corrisponde al vero, ma, tuttavia, in tale sede, tale richiamo appare fuori luogo, ove si consideri che l'esecuzione della predetta misura - esaminata la stessa voluntas legis, - è ritenuta alternativa, e, quindi, sostitutiva rispetto all'esperimento dello stesso tentativo di pignoramento (con esito negativo).

Del pari, neppure potrebbe giustificarsi a priori, per ovvie ragioni di economia sostanziale e processuale, (considerato altresì il vigente principio dell'economicità ed efficacia dell'azione amministrativa, inclusa quella finalizzata ad addivenire al recupero delle somme ingiunte ad un soggetto privato) una cumulabilità dei mezzi di esecuzione forzata, senz'altro consentiti in linea generale dall'Ordinamento, ma, che, in tale sede, dovrebbe formare oggetto di un'attenta e prudente valutazione da parte del Concessionario delegato all'esecuzione delle operazioni di riscossione dei crediti vantati dalla P.A.

Peraltro, ad ulteriore conferma dell"inappropriata" definizione cautelare - con riferimento all'<essenza> del "fermo" piuttosto che agli <effetti> originati dallo stesso - sovviene un'ulteriore argomentazione, degna di opportuna considerazione, quale diretto e conseguenziale corollario della disposta modifica legislativa: la potestas decidendi sottesa all'adozione del "fermo amministrativo" è affidata al Concessionario delegato per la riscossione (che non è il titolare della pretesa impositiva) il quale, a sua volta, non è obbligato a compiere alcun genere di riscontro preventivo, circa la concreta ricorrenza del fumus e periculum in mora con riferimento alla posizione del debitore (notoriamente elementi tipici ed essenziali per l'emanazione di un qualsivoglia provvedimento cautelare) ragion per cui, risulterebbe estremamente contraddittorio ritenere sussistente la natura cautelare dell'istituto in esame, laddove si consideri l'inesistenza di un preventivo obbligo di accertamento dei precitati requisiti (fumus e periculum), essenziali e caratterizzanti qualsiasi tipologia di provvedimento a contenuto cautelare.

Di contro, concordando parzialmente con gli Autori che individuano nel "fermo amministrativo" un prevalente carattere "afflittivo" o "parasanzionatorio", a maggior ragione, può quindi ritenersi notevolmente affievolita la natura cautelare (atipica) dell'istituto, prendendo vigore proprio l'antitesi, riferita alla chiara finalità perseguita concretamente dall'istituto, sotto il profilo della mera funzione, e dei correlati effetti (quest'ultimi, di indubbia natura cautelare).

In definitiva, non appare affatto opportuno - da un punto di vista esegetico e rappresentativo - individuare la natura del Fermo amministrativo in quella cautelare (atipica), a meno che, quest'ultima, come appena detto, la si consideri, con mero riguardo agli effetti ed alle finalità perseguite dalla norma, prescindendo in toto, da qualsivoglia valutazione di carattere esclusivamente "sostanziale".

2. La competenza giurisdizionale: l'orientamento prevalente e la posizione assunta recentemente dal T.A.R. Puglia, Sez. di Bari (sent. 25/07/03 n. 3000) anche alla luce della L. 21/07/2000 n. 205 lett. e).

Un'ulteriore importante questione, attiene alla statuizione in ordine all'esatta individuazione della competenza giurisdizionale da parte dell'Autorità investita della cognizione di una controversia rientrante nella materia trattata.

A tal fine, sembra potersi concludere che il fermo amministrativo è un provvedimento di natura e contenuto atipico, emesso da un Concessionario privato, che si risolve - sostanzialmente - nell'emanazione di un atto idoneo ad incidere nella sfera giuridico-patrimoniale di un determinato soggetto, mediante l'apposizione di un vincolo giuridico, volto a statuire la temporanea inibizione dello jus utendi ac fruendi, che, in definitiva, si estrinseca in un divieto di utilizzazione materiale della res, la cui eventuale violazione, espone il titolare del bene, - o, chiunque si trovi, anche occasionalmente, in relazione diretta con quest'ultimo, con possibilità d'utilizzo - all'applicazione di una sanzione amministrativa a carattere pecuniario, ed all'immediato ricovero del veicolo presso un depositario autorizzato.

Inoltre, all'emanazione della predetta misura, corrisponde l'esercizio delegato di una facoltà concernente l'emissione del provvedimento, che involge in sé una valutazione di opportunità, rispettivamente sull'an e sul quid, in quanto, come innanzi precisato, al Concessionario delegato per la riscossione, è rimessa la facoltà di scegliere se adottare o meno la misura, ma anche di "dosarla" saggiamente, nei tempi, e, con le modalità applicative rimesse alla prudente valutazione opportunistica del medesimo (ad esempio, decidendo se assoggettare al "fermo" uno o più beni mobili registrati, ed il momento nel quale attivarsi per l'emissione del relativo provvedimento).

La contestazione del fermo amministrativo, sia che riguardi aspetti formali, sia che attenga ad aspetti sostanziali, non potrebbe quindi risolversi sic et simpliciter nella mera denuncia dell'uso illegittimo di una facoltà concessa attraverso una delega (che sarebbe quindi improprio e fuorviante denominare come un vero e proprio "potere discrezionale", come è stato adombrato recentemente da qualche illustre Autore, tenuto conto dell'impossibilità per la p.a. di delegare l'esercizio di un "potere" di dichiarata natura pubblicistica, riservato per legge esclusivamente a sé medesima).

Infatti, a ben vedere, quello che viene leso, non è un interesse legittimo riconducibile alla posizione di un privato cittadino, ma bensì un vero e proprio diritto soggettivo, concernente da un lato, la violazione del precetto generale del <neminem laedere> attinente direttamente alla disposta sospensione dello jus utendi ac fruendi innanzi richiamato, e, dall'altro, non l'esercizio illegittimo di un potere discrezionale da parte del Concessionario, (che, come appena detto, non troverebbe alcuna valida ragion d'essere, e, che peraltro, sarebbe esercitato sempre e solo "de relato", essendo il Concessionario stesso un semplice soggetto delegato per la riscossione dei crediti dell'Amministrazione, e, non anche il titolare del relativo potere, che, compete unicamente al suo titolare effettivo (p.a.), non essendo giuridicamente concepibile nel nostro Ordinamento, una delega "in bianco" concessa ad un privato (il Concessionario) ad emettere un atto - ritenuto in senso proprio, di contenuto formalmente e sostanzialmente - amministrativo), ma bensì il riscontro dell'illegittimità afferente alla condotta di quest'ultimo, laddove risulti posta in essere al di fuori dei consueti canoni legali, dalla quale, possono derivare conseguenze gravemente pregiudizievoli a carico del destinatario dell'atto, in quanto, idonea a provocare una significativa lesione nella sfera giuridica di quest'ultimo.

Del resto, l'orientamento espresso recentemente dai giudici di merito territorialmente competenti, ricompresi nei ranghi dell'A.G.O. e dell'A.G.A. depone ampiamente in tal senso, avendo espresso sostanzialmente un'interpretazione che, da un punto di vista esegetico, risulta perfettamente compatibile con la tesi sostenuta, individuando la competenza dell'A.G.O. per ogni controversia rientrante nella materia del fermo amministrativo.

Infatti, contrariamente rispetto a quanto affermato dai Giudici del T.A.R.-Puglia il fermo amministrativo, è un atto (eventuale) che si inserisce in un procedimento esecutivo già esistente, per essere stato già intrapreso, finalizzato a preservare da eventuali "sorprese" l'atto terminale del procedimento, concretantesi appunto, nella riscossione della pretesa di credito dell'Amministrazione.

In merito, devesi opportunamente sottolineare che, l'oggetto della delega espressa in favore del Concessionario, risulta essere solo l'esercizio - e non anche la titolarità - della pretesa impositiva della P.A.

Quindi, in relazione a quanto sopra, può ragionevolmente dissentirsi dall'osservazione critica volta a negare l'esistenza del "fermo" quale atto (eventuale) rientrante nella disciplina riconducinile nell'alveo della procedura esecutiva ordinaria, attesa, come accennato, l'evidente similitudine normativa con l'ordinario procedimento di opposizione all'esecuzione ed agli atti esecutivi contemplati dagli artt. 615 e 617 c.p.c.

Inoltre, un'ulteriore argomento, depone a favore della competenza dell'A.G.O. essendo rilevante la stessa prosecuzione della procedura introdotta "incidentalmente" dall'emanazione del Fermo amministrativo.

Su tale punto specifico, è evidente come, a seguito dell'apposizione del vincolo, la stessa procedura debba continuare - ove non intervenga un'atto di opposizione, il quale non costituirebbe neppure di per sé, uno strumento idoneo a determinare l'immediata sospensione dell'esecuzione - fino ad addivenire all'ultimazione della procedura (esecutiva) di vendita della res.

Ed in quanto tale, ogni eventuale contestazione sollevata dal diretto interessato, non potrebbe che essere introitata validamente dinanzi all'A.G.O. e, nel caso specifico, dinanzi al Giudice dell'Esecuzione!

Del resto, l'Ordinanza emessa dallo stesso TAR-Puglia, sezione di Bari, in data 5.3.2003, si contraddice, laddove nell'affermare la propria giurisdizione, nel rinviare all'art. 1, co. 1, lett. q) del D.Lgs.vo n. 193 del 2001 - che riconosce al Concessionario l'esercizio di una mera facoltà (e non di un potere) di disporre il fermo amministrativo - "dilata" il suddetto principio espresso nella norma, sostenendo che il pregiudizio arrecato al ricorrente dall'atto impugnato, risulta direttamente ed immediatamente imputabile ad un "cattivo utilizzo del potere" attribuito allo stesso Concessionario.

Orbene, delle due l'una: o il Concessionario è titolare di una mera "facoltà" ad emettere il provvedimento in ordine al quale si discute, oppure, ne ha il "potere" che notoriamente spetta al titolare della pretesa di credito.

Tuttavia, appare evidente che, ove anche si ritenga di accogliere tale ultima impostazione, francamente, riuscirebbe difficile sostenere che un soggetto privato possa essere validamente delegato dalla p.a. ad emettere un atto amministrativo (in senso formale e sostanziale) per la tutela di interessi collettivi (la cui titolarità, non dimentichiamolo, è direttamente ed immediatamente riferibile alla stessa p.a.), la cui natura, deve ritenersi permeata da una latente connotazione pubblicistica.

Per mero tuziorismo e completezza d'indagine espositiva, devesi eliminare a priori, qualsiasi riferimento alla L. 21.7.12000 n.205, art. 7, lett.e) riguardante le attività e le prestazioni di ogni genere, anche di natura patrimoniale, rese nell'espletamento di pubblici servizi, ivi comprese quelle rese nell'ambito del Servizio sanitario nazionale e della pubblica istruzione, con esclusione dei rapporti individuali di utenza con soggetti privati, delle controversie meramente risarcitorie che riguardano il danno alla persona o a cose e delle controversie in materia di invalidità.

Infatti, tale norma, esula completamente dalla fattispecie considerata, poiché attiene alle attività e prestazioni di ogni genere, con esclusione dei rapporti individuali di utenza con soggetti privati.

Orbene, nell'attività delegata al Concessionario, quest'ultimo "discerne" in via del tutto discrezionale, in ordine alla singola posizione afferente un determinato soggetto privato, decidendo, - con caratteristiche avulse da qualsiasi criterio di matrice pubblicistica - anche in relazione ai tempi ed alle modalità di esecuzione della misura del "Fermo amministrativo".

In buona sostanza, si adopera un criterio di rimessione all'esecuzione di quella che la stessa fonte normativa sopra considerata attribuisce ad un Concessionario delegato al compimento di un'attività di riscossione, la quale, si svolge nell'assoluta discrezionalità rimessa appunto a quest'ultimo.

Nè potrebbe giovare il richiamo - pure contenuto nella sentenza del Tar Puglia, Sezione di Bari del 25/07/2003 n.3000 -al disposto di cui all'art. 7 lett.e) della L. 205/2000, in tema di giurisdizione esclusiva.

Infatti, l'ambito applicativo di tale previsione, risulta strettamente incentrata sulla natura generalizzata del "provvedimento od atto" del Concessionario, in quanto soggetto delegato della P.A.

Orbene tale indicazione, come fonte della giurisdizione, in tale materia, dovrebbe prendere in corretto esame il chiaro dettato letterale della norma, soprattutto laddove la stessa norma individua il presupposto della giurisdizione amministrativa nei termini di atto e/o provvedimento.

E' innegabile che tale indicazione, non può che riferirsi ad una determinata attività della p.a. e, per essa, del Concessionario, di natura "generale" e, non già ad un'azione certamente intrapresa sulla scorta di elementi individualizzanti e miranti ad incidere esclusivamente nei confronti del cittadino considerato uti singuli, e certamente diretta all'attività di riscossione (o secondo quanto affermato innanzi alla mera tutela) del credito.

In quest'ultima ipotesi - che, è poi quella del "fermo amministrativo" si riscontra un'evidente e tipica individualità, - ben diversa dal "provvedimento" od "atto" amministrativo - la cui attività non solo non risulta corredata dalla discrezionalità tipica dell'attività di natura generale, ma è altresì connotata dai requisiti di una scelta, non già di tipo regolamentativo, ma "pragmatico", e, finanche tipica, ove si consideri la figura del creditore che presceglie lo strumento reputato più idoneo, per l'efficace e migliore perseguimento - nel singolo caso considerato - del proprio debitore.
Una discrezionalità, si noti bene, caratterizzata da un contenuto non meramente tecnico, ma bensì effettivo, identificabile come tale, né più, né meno, che nella scelta effettuata dallo stesso Concessionario, in sede di decisione dei tempi e delle modalità, oltre che del tipo e della specie di bene sul quale rivolgere ed indirizzare la propria azione (esecutiva).

Quindi, valutato in tali termini il richiamo alla norma di cui sopra, le argomentazioni tornerebbero ancor più a favore della tesi che ritiene di poter individuare il "fermo" come un'atto di chiara e spiccata natura esecutiva, connotato da un tipo di discrezionalità del tutto difforme rispetto a quella contemplata nel provvedimento od atto indicato alla lettera e) dell'art. 7 della L.205/2000.

3) Considerazioni finali in ordine alla costituzionalità del provvedimento di "fermo amministrativo".

Per quanto attiene ai possibili profili concernenti un qualche velato dubbio di costituzionalità del Fermo amministrativo dei veicoli, da ultimo, modificato dall'art. 1, comma 2, lettera q) del D.Lgs.vo n. 193 del 2001, potrebbe osservarsi che, esisterebbero alcuni margini apprezzabili, per un'attenta valutazione dell'istituto in esame da parte del Giudice delle Leggi.

In primis, non si può non sottolineare, come nella lettera della legge, risulta stranamente omesso qualsiasi riferimento all'Autorità Giurisdizionale dinanzi alla quale sarebbe esperibile un 'eventuale giudizio di opposizione alla misura sanzionatoria.

Appare evidente come, dal suddetto "omissis", traspare, già di per sé, una notevole menomazione del diritto di difesa, sancito dall'art. 24 della Costituzione, con particolare riguardo all'aspetto volto a garantire al privato cittadino l'effettività della tutela giurisdizionale, vista l'attuale permanenza di uno stato di assoluta incertezza, sia giurisprudenziale, che dottrinale, circa l'esatta e pacifica individuazione dell'Autorità Giudiziaria competente in via esclusiva a statuire nelle controversie in materia di Fermo amministrativo.

Su tale punto, non possono non invocarsi i noti rilievi innanzi addotti, con particolare riferimento all'estrema difficoltà nel procedere all'esatta individuazione della natura giuridica del "Fermo amministrativo" ed al conseguenziale <inquadramento> dell'istituto, sia sul piano sostanziale che processuale, anche al fine di statuire in materia la relativa competenza giurisdizionale.

Un'ulteriore profilo d'indagine, degno di rilievo costituzionale, potrebbe derivare dall'aver previsto la possibilità di "aggredire" immediatamente il patrimonio di un soggetto privato (presunto debitore della p.a.) prescindendo in toto da una qualsivoglia preventiva emissione di un provvedimento giurisdizionale, motivato, magari dotato di un'immediata efficacia esecutiva provvisoria (come accade sovente per le sentenze di primo grado, ed i provvedimenti emessi a vario titolo dall'Autorità Giudiziaria: cfr. ex plurimis, decreti ingiuntivi provvisoriamente esecutivi o successivamente muniti di clausola ex art. 648 c.p.c., ordinanze di condanna ex art. 186 c.p.c., ordinanze provvisoriamente esecutive di rilascio di beni immobili ex art. 665 c.p.c. etc.).

Infatti, a mente degli artt. 102, primo comma, 111, primo e secondo comma, e 113, secondo comma della Costituzione, la tutela giurisdizionale non può essere esclusa, sospesa od anche solo semplicemente "elusa" mediante un rinvio a "posteriori", rispetto al momento attuativo del predetto provvedimento, destinato immediatamente ad incidere - in maniera e con modalità estremamente significative - sulla sfera giuridica del privato cittadino, e, più in generale di un qualsiasi soggetto di diritto.

Aggiungasi che esisterebbe altresì un'evidente violazione dell'art. 24, secondo e terzo comma, della Costituzione, laddove si consideri che, il provvedimento di "Fermo" può essere revocato solo previo pagamento integrale delle somme dovute e delle spese di notifica, ovvero per "sgravio totale per indebito" od "annullamento" della misura, disposta in relazione al documentato trasferimento a terzi della proprietà del veicolo, comprovata con un atto avente data certa anteriore rispetto all'iscrizione del "fermo".

Ebbene, premesso che il Concessionario ha la mera facoltà di scelta, se emettere o meno il predetto provvedimento, destinato ad incidere immediatamente nell'altrui sfera giuridica, (la cui natura, in virtù di quanto detto innanzi, deve quindi considerarsi marcatamente atipica nel nostro Ordinamento, poiché, altre forme di fermo, già previste in passato nella nostra Legislazione, e, da ultimo, quello previsto dall'art. 214 del C.d.S. non sono affatto comparabili, stante le divergenti finalità considerate dalle rispettive norme, e, la stessa natura dell'Autorità competente a disporli, non essendo rimessa, - come invece accade nella fattispecie qui considerata - alla semplice facoltà discrezionale di un soggetto privato) è chiaro che, in tal modo, si comprime - sia pure temporaneamente - l'incondizionata, libera ed immediata esperibilità del diritto di difesa - specie ove si consideri l'eventualità in cui non si sia provveduto all'integrale pagamento del carico iscritto a ruolo, od alla richiesta di rateizzazione dello stesso, prevista anche dalla recente Circolare n.52/E del 24/9-1/10/2003 emessa dall'Agenzia delle Entrate - pur in presenza dei necessari presupposti, in fatto ed in diritto (si pensi ai frequenti casi di omonimia, prescrizione del diritto dell'Amministrazione, pericolo di duplicazione di un pagamento già effettuato, contestazione della legittimità della sanzione amministrativa irrogata dall'Ente impositore, fino ai c.d. casi limite, costituiti dall'emissione delle c.d. "cartelle pazze", prassi verificatasi, in un recente passato, che a di fatto <costretto> i competenti Enti pubblici a scusarsi pubblicamente, minimizzando l'inconveniente, ed adducendo a propria discolpa, un errore commesso da un'addetto - forse estraneo all'Amministrazione stessa? - in sede di elaborazione dei dati nell'archivio computerizzato centrale).

Ebbene, ricorrendo tali ipotesi, il privato cittadino si troverebbe quindi nella singolare situazione di dover subire l'immediata inibizione alla circolazione del veicolo, pur in assenza di un precedente provvedimento giurisdizionale, o, comunque, formatosi nel contraddittorio del diretto controinteressato rispetto all'emanazione della misura "afflittiva".

A ben vedere, i possibili caratteri di incostituzionalità, deriverebbero quindi, non tanto dalla misura sanzionatoria od "afflittiva" di per sé considerata - la quale, in astratto, potrebbe anche ritenersi legittima da un punto di vista intrinseco, essendo equiparabile negli effetti prodotti, come detto innanzi, alla figura già esistente nel nostro Ordinamento del sequestro conservativo prevista dall'art. 671 c.p.c. - quanto dalla potestas decidendi concernente l'emissione immediata della predetta misura, specie ove rapportata ai conseguenziali effetti, gravemente pregiudizievoli, destinati ad incidere significativamente nella sfera giuridica del privato cittadino a seguito dell'adozione della stessa.

Sarebbe pertanto auspicabile, un'approfondita revisione critica da parte del Legislatore dell'istituto appena esaminato, quantomeno con riferimento alla previsione di un'efficace strumento di "controllo" preventivo della "facoltà" delegata al Concessionario, quale soggetto privato addetto alla riscossione dei crediti della p.a. al fine di evitare ogni possibile situazione pregiudizievole, e, di conflitto con i diritti costituzionalmente garantiti del privato cittadino.

Autore: Dott. Vito Amendolagine - tratto dal sito www.diritto.it