Le principali tipologie di Cooperative

 

Sommario: 1. Introduzione; 2. Le cooperative di produzione e lavoro; 2.1. Aspetti retributivi e previdenziali del socio lavoratore; 3. Le cooperative di consumo; 4. Le cooperative agricole; 5. Le cooperative di credito - Cenni; 5.1. Le banche di credito cooperativo; 5.6. Le banche popolari; 6. Le cooperative edilizie di abitazione; 7. Le cooperative di trasporto; 8. Le cooperative editoriali; 9. Le cooperative sociali.


1. Introduzione

In sede di analisi della riforma della disciplina delle società cooperative è opportuno soffermarsi anche sulle diverse tipologie di cooperative al fine di comprendere le modalità attraverso le quali la forma cooperativa è stata utilizzati nel contesto sociale ed economico nazionale.

Dal momento che l'organizzazione in società cooperativa consente di concentrare in un unico assetto organizzativo le capacità di più soggetti che, viceversa, non potrebbero sostenere iI mercato, tale forma societaria è stata utilizzata per iniziative riguardanti sia il settore prettamente economico (di produzione, consumo e distribuzione dei beni) sia quello più vicino al campo culturale e sociale.

Le principali tipologie di cooperative che si vogliono analizzare in questa sede sono le seguenti:

· cooperative di produzione e lavoro;
· cooperative di consumo;
· cooperative agricole;
· cooperative di credito;
· cooperative edilizie di abitazione;
· cooperative di trasporto;
· cooperative editoriali;
· cooperative sociali.

2. Le cooperative di produzione e lavoro

Le cooperative di produzione e lavoro sono volte a collocare II lavoro o i prodotti dei soci cooperatori alle migliori condizioni e a procurare, tramite le attività sociali, vantaggi diretti e immediati all'economia dei singoli soci1.

Tali cooperative operano soprattutto nei settori dei trasporti, dell'edilizia, delle pulizie e della ristorazione.

L'elemento peculiare delle cooperative di produzione e lavoro è rappresentato dalla particolare natura che connota lo scambio mutualistico tra i soci e la cooperativa, incentrato nell'attività di lavoro che i soci prestano nell'ambito della cooperativa stessa: il socio, di fatto, incorpora contemporaneamente sia le caratteristiche del lavoratore sia quelle dell'imprenditore.

Tale peculiarità aveva creato dei problemi in sede di qualificazione del rapporto sussistente tra socio e cooperativa, successivamente risolti dalla legge 3 aprile 2001, n. 142, la quale dispone che: "il socio lavoratore di cooperativa stabilisce con la propria adesione o successivamente all'instaurazione del rapporto associativo un ulteriore rapporto di lavoro, in forma subordinata o autonoma o in qualsiasi altra forma, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata non occasionale, con cui contribuisce comunque al raggiungimento degli scopi sociali"2. lì socio, in quanto imprenditore, assume l'appalto di lavori che esegue con gli altri soci e sopporta, conseguentemente, oneri e rischi delle attività intraprese; come lavoratore, invece, esegue iI lavoro e, in cambio, riceve una remunerazione per iI lavoro prestato.

L'art. 3 della legge 142/2001, a tale proposito, sottolinea che "[...] le società cooperative sono tenute a corrispondere al socio lavoratore un trattamento economico complessivo proporzionato alla quantità e qualità del lavoro prestato e comunque non inferiore al minimi previsti, per prestazioni analoghe, dalla contrattazione collettiva nazionale del settore o della categoria affine, ovvero, per i rapporti di lavoro diversi da quello subordinato, in assenza di contratti o accordi collettivi specifici, al compensi medi in uso per prestazioni analoghe rese in forma di lavoro autonomo [...]. Trattamenti economici ulteriori possono essere deliberati dall'assemblea e possono essere erogati:

a. a titolo di maggiorazione retributiva, secondo le modalità stabilite in accordi stipulati al sensi dell'articolo 2;
b. in sede di approvazione del bilancio di esercizio, a titolo di ristorno, in misura non superiore al trenta per cento dei trattamenti retributivi complessivi di cui al comma 1 e alla lettera a), mediante integrazioni delle retribuzioni medesime, mediante aumento gratuito del capitale sociale sottoscritto e versato [...]3.

I soci della cooperativa di produzione e lavoro da un lato ottengono una remunerazione analoga allo stipendio e, dall'altro, dividono l'eventuale profitto che, una volta dedotte le spese dell'attività e le remunerazioni ai soci, scaturisce dall'attività svolta dalla cooperativa.

In giurisprudenza4 si è, per esempio, considerato illegittimo l'atto costitutivo di una società cooperativa che si definisce di produzione e lavoro in cui non si rinviene, tra le clausole, alcuna disposizione volta a fornire al soci, attraverso l'esercizio in comune dell'attività imprenditoriale prescelta, un qualche servizio consistente nell'offerta di occasioni di lavoro o di altro vantaggio inerente alla produzione che si vuole avviare, difettando in tal modo del requisito essenziale dello scopo mutualistico.

In relazione al requisiti dei soci partecipanti alle cooperative di produzione e lavoro, l'art. 23 del DLCPS 1577/1947, dispone che "i soci delle cooperative di lavoro devono essere lavoratori ed esercitare l'arte o iI mestiere corrispondenti alla specialità delle cooperative di cui fanno parte o affini. Non possono essere soci di tali cooperative coloro che esercitano in proprio imprese identiche o affini a quella della cooperativa. È consentita l'ammissione a soci di elementi tecnici e amministrativi nel numero strettamente necessario al buon funzionamento dell'ente. Nelle cooperative agricole per affittanze collettive o per conduzione di terreno in concessione ai sensi del decreto legislativo luogotenenziale 19 ottobre 1944, n. 279, non possono essere ammesse come soci le persone che esercitano attività diversa dalla coltivazione della terra [...]".

II legislatore, all'art. 1 della legge 142/2001, ha altresì disposto che "i soci lavoratori di cooperativa:

a. concorrono alla gestione dell'impresa partecipando alla formazione degli organi sociali e alla definizione della struttura di direzione e conduzione dell'impresa;
b. partecipano all'elaborazione di programmi di sviluppo e alle decisioni concernenti le scelte strategiche, nonché alla realizzazione dei processi produttivi dell'azienda;
c. contribuiscono alla formazione del capitale sociale e partecipano al rischio di impresa, ai risultati economici e alle decisioni sulla loro destinazione;
d. mettono a disposizione le proprie capacità professionali anche in relazione al tipo e allo stato dell'attività svolta, nonché alla quantità delle prestazioni di lavoro disponibili per la cooperativa stessa".

Le disposizione del 1947 prevedono che i soci della cooperativa di produzione e lavoro debbano essere lavoratori ed esercitare l'arte o iI mestiere corrispondente all'oggetto della cooperativa stessa; a volte, tuttavia, viene accolta anche un'interpretazione evolutiva5 che ricomprende nella tipologia di cooperativa di produzione e lavoro anche cooperative volte a far svolgere ai soci lavori manuali part-time, oppure le cooperative tra disoccupati (che intendano così procurarsi un lavoro), previste dalla legge 28 febbraio 1986, n. 44, al fine di promuovere l'occupazione giovanile soprattutto nelle zone depresse.

La legge 44/1986 contiene misure straordinarie per la promozione e lo sviluppo dell'imprenditorialità giovanile, favorendo la costituzione di cooperative di produzione e lavoro tra giovani disoccupati di età compresa tra i 18 e i 29 anni, residenti e operanti nel Mezzogiorno, al fine di realizzare progetti per la produzione di beni nei settori dell'agricoltura, dell'artigianato e dell'industria, nonché per la fornitura di servizi a favore di imprese appartenenti a qualsiasi settore.

In giurisprudenza si è sottolineata, altresì, la necessità che sussista una certa qualifica professionale dei soci, correlata all'attività svolta dalla cooperativa stessa: "la qualifica professionale è necessaria perché l'impresa cooperativa deve essere legata a una particolare identità e affinità di interessi, determinati e qualificati, tra più soggetti appartenenti a una determinata categoria di impresa e dei quali interessi è possibile il soddisfacimento attraverso l'esercizio collettivo dell'attività di impresa"6

Analogamente, la giurisprudenza ha stabilito che è illegittimo, e non può pertanto essere iscritto nel registro delle imprese, l'atto costitutivo di una società cooperativa di produzione e lavoro iI cui oggetto comprende molteplici ed eterogenee attività, quasi tutte altamente specialistiche, rispetto alle quali i soci non hanno neppure dichiarato di possedere una qualifica o attitudine professionale7

In merito alla natura di cooperativa di produzione e lavoro, questa deve risultare dall'iscrizione della società nell'apposita sezione del registro prefettizio e, dal momento che, in base a quanto disposto dall'art. 2751-bis, n. 5, c.c.8, i crediti delle cooperative di produzione e lavoro relativi a corrispettivi dei servizi prestati e alla vendita di manufatti godono di privilegio generale sui beni mobili del debitore, la giurisprudenza ha stabilito che la natura di cooperativa di produzione e lavoro debba emergere anche a livello sostanziale, verificando statutariamente se la cooperativa persegue scopi mutualistici attraverso la gestione associata dell'attività dei soci9.

Circa il numero di soci, l'art. 14 della legge 59/1992 ha stabilito che il numero minimo richiesto per l'iscrizione nei registri prefettizi di cooperative di produzione e lavoro ammissibili ai pubblici appalti è di quindici. Tale numero minimo e richiesto ai fini dell'iscrizione nel registro prefettizio, ma per la legale costituzione della cooperativa è sufficiente che la compagine sociale sia costituita da almeno nove soci. II ministro per il Lavoro e la Previdenza sociale, sentito il Comitato centrale per le cooperative, in considerazione di particolari situazioni ambientali o della peculiare natura dei lavori o dei servizi oggetto dell'attività sociale, può autorizzare l'iscrizione di cooperative di produzione e lavoro, ammissibili ai pubblici appalti, con un numero di soci inferiore a quindici, ma non a nove.

2. 1. Aspetti retributivi e previdenziali del socio lavoratore

Le obbligazioni concernenti il rapporto fra la società e il socio lavoratore hanno subito modifiche e integrazioni in seguito all'introduzione della legge. 30/2003 (cosiddetta legge Biagi) e del D. lgs. 276/200310. Le nuove disposizioni, infatti, prevedono agevolazioni per quelle strutture rivolte a "garantire trasparenza ed efficacia del mercato del lavoro e migliorare le capacità di inserimento professionale dei disoccupati e di quanti sono in cerca di una prima occupazione, con particolare riferimento alle fasce deboli del mercato del lavoro"11 

Le strutture societarie deputate a perseguire la suddetta finalità, in base a quanto disposto dall'articolo 4 del D. lgs. 276/2003, devono essere iscritte in un apposito "albo delle agenzie per il lavoro, ai fini dello svolgimento delle attività di somministrazione, intermediazione, ricerca e selezione del personale, supporto alla ricollocazione professionale".

La procedura di iscrizione all'albo prevede che, a seguito della presentazione della richiesta, il Ministero, entro sessanta giorni dal ricevimento e previo accertamento della sussistenza dei requisiti giuridici e finanziari, rilascia l'autorizzazione provvisoria all'esercizio delle attività, provvedendo contestualmente all'iscrizione all'albo. L'autorizzazione a tempo indeterminato viene riconosciuta, decorsi due anni dall'autorizzazione provvisoria e successivamente alla verifica del corretto andamento dell'attività svolta. 

Il decorso di tali termini senza un provvedimento espresso dal Ministero comporta l'accettazione della domanda di autorizzazione (principio del silenzio assenso)12. Tale disposizione interessa anche le cooperative di lavoro poiché l'articolo 5 del D. lgs. 276/2003 dispone, tra i requisiti richiesti per la costituzione delle agenzie, che queste siano costituite "[...] nella forma di società di capitali ovvero di società cooperativa o consorzio di cooperative, italiana o di altro Stato membro dell'Unione europea [...]"

Si ricorda, a tal fine, che le cooperative di lavoro, in base a quanto disposto dagli articoli i e 6 della legge 142/2001, instaurano con i soci "un ulteriore rapporto di lavoro, in forma subordinata o autonoma o in qualsiasi altra forma, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata non occasionale, con cui contribuisce comunque al raggiungimento degli scopi sociali" e possono ottenere la certificazione di cui al D. lgs. 276/2003 attraverso la predisposizione di un regolamento interno, con il quale la cooperativa definisce il tipo di rapporto che intende stabilire con i propri soci. Tale regolamento, che deve ottenere l'approvazione dell'assemblea dei soci, deve essere presentato entro trenta giorni dalla sua approvazione alla Direzione provinciale del lavoro competente per territorio13.

Le cooperative di lavoro che, in quanto iscritte all'apposito albo, saranno autorizzate dal Ministero a fornire manodopera, devono rispettare determinati requisiti di natura patrimoniale e strutturale, disciplinati dall'articolo 5 del citato decreto, volti a garantire la capacità della cooperativa di esercitare l'attività in esame. In particolare, per le cooperative che intendono svolgere l'attività di ricerca e selezione del personale sono richiesti:

1. un capitale minimo versato non inferiore a 25.000 euro e
2. l'indicazione dell'attività di supporto alla ricollocazione professionale come oggetto sociale, anche se non esclusivo.

Nel caso specifico delle cooperative di lavoro, inoltre, viene richiesta la presenza di almeno sessanta soci e tra essi, come socio sovventore, almeno un fondo mutualistico per la promozione e lo sviluppo. I soci scendono a venti nel caso di somministrazione di una delle attività specifiche previste dall'articolo 20 del decreto in commento (servizi di pulizia, consulenza informatica e altro).

Per quanto concerne gli aspetti contributivi del socio lavoratore, è necessario richiamare quanto disposto dal D. lgs. 423/2001, relativamente alle cooperative disciplinate dal D.P.R. 602/197014, il quale dispone l'abolizione, seppia graduale, del sistema che prevedeva il calcolo dei contributi previdenziali su retribuzioni convenzionali e non su quelle effettivamente erogate, al fine di garantire, fra l'altro, una prestazione pensionistica calcolata sull'effettivo rendimento conseguito. Il decreto stabilisce che, dal 10 gennaio 2007 troverà applicazione il disposto della legge 389/1989: ne consegue che, per la determinazione della retribuzione imponibile, il socio lavoratore sarà equiparato ai lavoratori dipendenti di imprese15. Prima della completa applicazione del disposto normativo viene previsto, tuttavia, un periodo transitorio di cinque anni, dal 2002 al 2006, che servirà ad arrivare gradualmente all'omogeneizzazione degli imponibili previdenziali corrisposti ai soci lavoratori con quelli erogati ai dipendenti di aziende. Fermo restando che l'allineamento sarà raggiunto a partire dal 10 gennaio 2007, dal 10 gennaio 2003 al 31 dicembre 2006, per ciascun socio lavoratore, l'imponibile giornaliero deve essere aumentato, ai fini contributivi, nelle misure percentuali prestabilite (25 per cento nel 2003, 50 per cento nel 2004, 75 per cento nel 2005 e 100 per cento nel 2006).

3. Le cooperative di consumo

Le cooperative di consumo appartengono alla categoria delle cooperative di utenza e hanno l'obiettivo di fornire beni al soci a condizioni più favorevoli di quelle presenti sul mercato, cioè al prezzo minore possibile salvaguardando l'aspetto qualitativo dei prodotti e dei servizi.

Per queste cooperative valgono, in linea generale, le disposizioni dettate in materia di cooperazione, senza particolari agevolazioni dal punto di vista fiscale, se non quelle previste dalla legge per le società cooperative che rispettano, in seguito all'introduzione della riforma del diritto societario, i requisiti di mutualità prevalente. Tali cooperative si sono sviluppate soprattutto nel settore dei beni alimentari, ma si riscontrano numerosi esempi di cooperative di consumo anche nelle zone rurali, dove sono state costituite per fornire scorte agrarie agli associati e, contemporaneamente, collocare sul mercato i prodotti agricoli provenienti dalle aziende di questi ultimi. 

II vantaggio mutualistico viene generato dal fatto che i soci, per il tramite della cooperativa, fanno acquisti in comune, ottenendo delle condizioni di acquisto migliori, e la cooperativa vende loro, direttamente, prodotti a prezzi più competitivi senza coinvolgere altri intermediari.

II minor costo per i soci che acquistano dalla cooperativa può determinarsi in due modi alternativi:

· consentendo loro di pagare, effettivamente, un prezzo inferiore all'atto dell'acquisto dei beni;
· facendo acquistare i beni al prezzo corrente di mercato, ma distribuendo ai soci, a fine esercizio, un ristorno proporzionato agli acquisti effettuati.

Le cooperative di consumo, nell'attuale scenario economico, operano quasi sempre anche nei confronti dei non soci: tale fenomeno, indicato dalla dottrina come mutualità spuria, non comporta il venir meno delle prerogative mutualistiche della società, anzi, risulta essere un modo attraverso il quale la cooperativa è in grado di garantire il conseguimento del vantaggio mutualistico in capo al soci cooperatori.

Nell'atto costitutivo delle cooperative di consumo è necessario indicare, nell'oggetto sociale, se la cooperativa svolgerà la propria attività esclusivamente coni propri soci o anche con i terzi.

Il DLCPS 1577/1947, all'art. 22, dispone, in relazione al numero minimo dei soci delle cooperative, che "non possono essere iscritte nei registri prefettizi le cooperative di consumo le quali, al momento della domanda, abbiano un numero di soci inferiore a cinquanta. 

Tuttavia il ministro del Lavoro e della Previdenza sociale, sentito il comitato centrale per le cooperative, può autorizzare l'iscrizione di cooperative di consumo, con numero di soci inferiore a cinquanta, le quali forniscano esclusivamente ai propri soci particolari servizi, in considerazione della peculiare natura dei servizi stessi".
L'art. 23 sottolinea, inoltre, che "nelle cooperative di consumo non possono essere ammessi, come soci, intermediari e persone che conducano in proprio esercizi commerciali della stessa natura della cooperativa".

4. Le cooperative agricole

II legislatore non offre una definizione di cooperativa agricola; dall'art. 2135 c.c.16, relativo alla nozione di imprenditore agricolo, si desume tuttavia che sono qualificabili come cooperative agricole quelle cooperative che svolgono una delle seguenti attività17:

a. la coltivazione del terreno e la silvicoltura;
b. l'allevamento di animali con mangimi ottenibili per almeno un quarto dal terreno e l'attività diretta alla produzione di vegetali tramite l'utilizzo di strutture se o mobili, anche provvisorie, se la superficie diretta alla produzione no eccede il doppio di quella del terreno su cui la produzione stessa insiste;
c. l'attività diretta alla manipolazione, trasformazione e alienazione di prodotti agricoli e zootecnici, ancorché non svolta sul terreno, che rientri nell'esercizio normale dell'agricoltura e che abbia per oggetto prodotti ottenuti per almeno la metà dal terreno e dagli animali allevati su di esso;
d. un'attività concernente la prestazione di servizi a favore dei soci imprenditori agricoli.

Si possono, quindi, individuare due macrocategorie di cooperative agricole:

· le cooperative di produzione, che si occupano della coltivazione e dell'allevamento di cui ai punti sub a e b;
· le cooperative di conferimento, in cui la società cooperativa ha il compito di concentrare in capo a sé alcune fasi del processo di lavorazione o trasformazione dei prodotti conferiti dal soci al fine di consentire il loro collocamento sul mercato. In questo caso i produttori agricoli conferiscono i propri prodotti, affinché essi vengano conservati, manipolati, trasformati e venduti tramite l'organizzazione collettiva, con gestione comune di impianti, stabilimenti e magazzini. La cooperativa in questo caso si occupa anche di coordinare il rifornimento delle scorte, nonché il miglioramento delle colture.

I settori agricoli in cui si ricorre più frequentemente a questo tipo di cooperazione sono il settore lattiero-caseario, con i caseifici sociali, il settore frutticolo, con le cooperative ortofrutticole, il settore zootecnico, con le cooperative di allevamento e il settore viticolo, con le cantine sociali.

L'obiettivo primario di queste cooperative è promuovere il perfezionamento della produzione agricola e incrementare le economie rurali attraverso la cura della qualità del prodotto sin dalle prime operazioni di coltivazione e conduzione agraria. La cooperativa, pertanto, è tenuta a controllare il livello qualitativo dei prodotti operando un controllo centralizzato sulla coltivazione dei terreni, sugli impianti frutticoli e vinicoli, sulla difesa delle piantagioni da parassiti, sulle razze di bestiame in allevamento, sui sistemi di alimentazione e cosi via. 

Per le cooperative agricole valgono le disposizioni civilistiche dettate per la cooperazione in generale.

Relativamente ai soci delle cooperative agricole, il DLCPS 1577/1947, all'art. 23, dispone che "nelle cooperative agricole per affittanze collettive o per conduzione di terreno in concessione ai sensi del decreto legislativo luogotenenziale 19 ottobre 1944, n. 279, non possono essere ammesse come soci le persone che esercitano attività diversa dalla coltivazione della terra. I proprietari, gli affittuari e i mezzadri possono essere soci di tali cooperative solo quando coltivino direttamente la terra e la superficie da essi direttamente coltivata sia insufficiente ad assorbire tutta la mano d'opera del nucleo familiare. Limitatamente all'esercizio di mansioni amministrative e tecniche nell'interesse sociale, per il quale sia necessario il possesso della qualità di socio, è consentita l'ammissione a soci di persone che non siano lavoratori manuali della terra".

Anche per le cooperative agricole, così come per le cooperative di produzione e consumo, vale quanto disposto dall'art. 2751-bis c.c.: "hanno privilegio generale sui mobili i crediti riguardanti [...] i crediti delle società cooperative agricole e dei loro consorzi per i corrispettivi della vendita dei prodotti". 

Tale disposizione comporta la necessità, ai fini del riconoscimento del privilegio, che la cooperativa produca valida documentazione, quale il proprio statuto, al fine di verificare l'effettiva qualità mutualistica della società e la sua effettiva costituzione in forma cooperativa18.

5. Le cooperative di credito - Cenni

La categoria delle cooperative di credito comprende le banche popolari e le banche di credito cooperativo, regolate dalle disposizioni di cui al D. lgs. 1° settembre 1993, n. 385 e sono sottoposte alla vigilanza della Banca d'Italia.

Si ricorda che, in base a quanto disposto dalla legge delega per la riforma del diritto societario, non si applica la nuova disciplina introdotta dal D. lgs. 6/2003 alle banche popolari, alle banche di credito cooperativo e agli istituti di cooperazione bancaria in generale19.

5. 1. Le banche di credito cooperativo

Le banche di credito cooperativo sono disciplinate dal D. lgs. 385/1993, il qual all'art. 33 dispone che esse "[...] sono costituite in forma di società cooperative per azioni a responsabilità limitata" e devono contenere, nella denominazione l'espressione credito cooperativo. 

Il numero minimo dei soci delle banche di credito cooperativo non può essere inferiore a duecento. Qualora tale numero diminuisca, la compagine sociale deve essere reintegrata entro un anno; in caso contrario la banca è posta in liquidazione. 

Il legislatore richiede dei requisiti particolari per i soci di tali cooperative, stabilendo che "per essere soci di una banca di credito cooperativo è necessario risiedere, aver sede ovvero operare con carattere di continuità nel territorio di competenza della banca stessa". Nessun socio può possedere azioni il cui valore nominale complessivo superi 50.000 euro.

L'esercizio del credito deve essere effettuato prevalentemente a favore dei soci, ma la Banca d'Italia può autorizzare le singole banche di credito cooperativo, per motivi determinati, e solo se sussistono ragioni di stabilità, a un'operatività prevalente a favore di soggetti diversi dal soci20.

In base a quanto disposto dall'art. 36 del Testo unico bancario, le banche di credito cooperativo possono essere autorizzate dalla Banca d'Italia, esclusivamente nell'interesse dei creditori e ove sussistano ragioni di stabilità, a deliberare fusioni con banche di diversa natura, da cui risultino banche popolari o banche costituite in forma di S.p.A.; le delibere assembleari sono assunte con le maggioranze di statuto per le modificazioni statutarie, ma se gli statuti, in relazione all'oggetto delle modifiche, prevedono maggioranze differenziate, si applica la maggioranza meno elevata. Il legislatore sottolinea che, in questo caso, è comunque fatto salvo il diritto di recesso del socio. 

In tema di destinazione degli utili dell'esercizio, l'art. 37 del Testo unico bancario dispone che le banche di credito cooperativo devono destinare almeno iI 70 per cento degli utili netti annuali a riserva legale. Una quota degli utili netti annuali deve essere corrisposta ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione nella misura e con le modalità previste dalla legge. La quota di utili non adeguata e non utilizzata per la rivalutazione delle azioni o assegnata ad altre riserve o distribuita ai soci deve essere destinata a fini di beneficenza o mutualità. 

Da ciò si desume che alle banche di credito cooperativo sono applicabili le disposizioni della legge 59/1992 relative ai fondi mutualistici e alla loro costituzione. 

5. 2. Le banche popolari

L'art. 29 del Testo unico bancario dispone che le banche popolari debbano essere costituite in forma di società cooperative per azioni a responsabilità limitata (S.c.a.r.l.); alle banche popolari non si applicano le disposizioni del DLCPS 1577/1947 e successive modificazioni, né le disposizioni di cui alla legge 59/1992.

Le banche popolari non possono avere un numero di soci inferiore a duecento e, in caso di diminuzione del numero di soci sotto il limite, è necessario reintegrare la compagine sociale entro un anno, pena la messa in liquidazione della società.

La partecipazione di ciascun socio non può eccedere lo 0,50 per cento del capitale sociale: se il limite viene superato, la banca contesta al detentore la violazione del divieto e le azioni eccedenti devono essere alienate entro un anno dalla contestazione21.

Le banche popolari possono essere autorizzate dalla Banca d'Italia, nell'interesse dei creditori o per esigenze di rafforzamento patrimoniale o a fini di razionalizzazione del sistema, a deliberare trasformazioni in S.p.A. ovvero fusioni da cui risultino S.p.A. Le relative delibere assembleari devono essere assunte con le maggioranze previste dagli statuti per le modificazioni statutarie; quando, in relazione all'oggetto delle modificazioni, gli statuti prevedano maggioranze differenziate, si applica la maggioranza meno elevata.

Il legislatore sottolinea, anche in questo caso, che è fatto salvo il diritto di recesso dei soci.

Le banche popolari devono destinare almeno il 10 per cento degli utili netti annuali a riserva legale. La quota di utili non assegnata a riserva legale, ad altre riserve, ad altre destinazioni previste dallo statuto o non distribuita ai soci è destinata a beneficenza o assistenza22.

6. Le cooperative edilizie di abitazione

Le cooperative edilizie hanno lo scopo di associare persone di varie professioni e condizioni per assicurare loro l'acquisto di un'abitazione in proprietà o in affitto; sono volte pertanto a procurare un alloggio direttamente al soci, differenziandosi in tal modo dalle cooperative di produzione e lavoro nel settore dell'edilizia, che svolgono un'attività di produzione per conto terzi.

Si possono individuare due forme di cooperative edilizie:

a. cooperative a proprietà indivisa: l'elemento caratterizzante, in questo caso, è l'adesione alla cooperativa di soci che intendono ottenere l'assegnazione in godimento a tempo indeterminato di un alloggio. La cooperativa procede alla realizzazione di immobili di civile abitazione che rientrano nel patrimonio della cooperativa stessa e che verranno concessi solo in godimento ai soci assegnatari. I soci assegnatari contribuiscono al finanziamento della costruzione degli alloggi, sia attraverso il versamento della quota sociale sia attraverso l'integrazione dei fabbisogni finanziari non coperti dai mutui ottenuti dalla cooperativa attraverso particolari forme di finanziamento la cui determinazione è demandata all'autonomia statutaria. II socio è inoltre tenuto a versare un canone di godimento, la cui determinazione viene indicata nei regolamenti della cooperativa;
b. cooperative a proprietà individuale o divisa: l'elemento caratterizzante è l'adesione alla cooperativa di soci che intendono ottenere l'assegnazione in proprietà di un alloggio. La cooperativa procede alla realizzazione di immobili di civile abitazione non destinati a entrare a far parte delle immobilizzazioni della cooperativa, ma che troveranno rilevazione in bilancio tra le rimanenze. I soci contribuiscono al finanziamento della costruzione dell'abitazione di cui diverranno, poi, assegnatari in proprietà.

Le cooperative edilizie si possono poi ripartire in cooperative edilizie a contributo erariale e cooperative edilizie cosiddette libere.

Le cooperative edilizie che fruiscono di contributi pubblici, cosiddette sovvenzionate, sono vincolate alle disposizioni normative di cui al R.D. 28 aprile 1938, n. 1165, Testo unico dell'edilizia popolare ed economica.

Le cooperative libere, invece, non fruiscono del contributo statale o di altro intervento pubblico, ma provvedono a finanziarsi mediante prestiti dei soci e mutui ipotecari concessi dagli istituti di credito. Tali cooperative si modellano essenzialmente sullo schema dettato dal codice civile per le società cooperative in generale, fatti salvi i casi in cui lo statuto stesso rinvii alle disposizioni del Testo unico dell'edilizia popolare ed economica. 

Dal punto di vista fiscale, l'art. 2, comma 5, della legge 388/2000 stabilisce che "ai fini della determinazione del reddito delle cooperative edilizie a proprietà indivisa si deduce un importo pari alla rendita catastale di ciascuna unità immobiliare adibita ad abitazione principale dei soci assegnatari e delle relative pertinenze", prevedendo pertanto una deduzione dal reddito soggetto a IRPEG. 

La ratio della norma è volta a rendere omogeneo il trattamento riservato alle cooperative in questione rispetto al trattamento riservato alle persone fisiche con riguardo al trattamento fiscale dell'abitazione principale. 

Le cooperative edilizie sono poi soggette a particolari agevolazioni relativamente alle imposte di bollo e di registro, in base a quanto disposto dal D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, poiché alle cooperative edilizie di abitazione e loro consorzi disciplinati dai principi della mutualità e iscritti nei registri prefettizi e nello schedario generale della cooperazione si applicano le seguenti disposizioni23:

· gli atti costitutivi e modificativi, gli atti di ammissione e recesso dei soci e gli atti, documenti e registri relativi alle operazioni previste dai rispettivi statuti, con la sola esclusione degli assegni bancari e delle cambiali, sono esenti da imposta di bollo in modo assoluto;
· gli atti costitutivi e modificativi sono soggetti a registrazione gratuita;
· gli atti, documenti e registri relativi alle operazioni previste dai rispettivi statuti, per i quali sia prevista la registrazione, sono soggetti all'imposta di registro in misura fissa, assolta una sola volta per ciascun atto registrato, compresi i relativi allegati.

In base a quanto disposto dal R.D. 1165/1938, inoltre, le cooperative edilizie di abitazione e loro consorzi godono di una riduzione dell'imposta sulle concessioni governative pari a un quarto della stessa.

Con riferimento alle cooperative edilizie, si ricorda altresì che la legge 59/1992, all'art. 13, ha istituito un albo nazionale delle società edilizie di abitazione e loro consorzi, presso la Direzione generale della cooperazione del ministero del Lavoro.

Le iscrizioni e le cancellazioni dall'albo sono disposte dal Comitato per l'albo nazionale delle società cooperative edilizie di abitazione e dei loro consorzi, composto da:

a. il direttore generale della cooperazione del ministero del Lavoro e della previdenza sociale, che lo presiede;
b. quattro membri designati dal ministro del Lavoro e della previdenza sociale, di cui tre esperti nella materia della cooperazione edilizia;
c. un membro designato da ciascuna delle associazioni nazionali di rappresentanza, assistenza e tutela del movimento cooperativo legalmente riconosciute;
d. un membro designato dal ministro dei Lavori pubblici;
e. tre membri in rappresentanza delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, designati, secondo un criterio di rotazione, dal rappresentanti regionali facenti parte del Comitato per l'edilizia residenziale.

Nell'albo nazionale devono iscriversi le cooperative che intendono ottenere contributi pubblici, purché abbiano non meno di diciotto soci, siano iscritte nel registro prefettizio, o nello schedario generale, siano disciplinate dai principi mutualistici e si trovino in almeno una delle seguenti posizioni:

· siano state costituite con il conferimento da parte di ciascun socio di quote o azioni per un valore non inferiore a lire 500.000 [euro 258,23];
· abbiano iniziato o realizzato un programma di edilizia residenziale;
· siano proprietarie di abitazioni assegnate in godimento o in locazione ai propri soci, o abbiano assegnato in proprietà gli alloggi al soci stessi.

Entro il 31 dicembre di ogni anno, il Comitato per l'albo nazionale predispone l'elenco delle società cooperative e dei loro consorzi radiati dall'albo, per mancanza dei requisiti o delle condizioni appena viste, o perché già sospesi dall'albo a seguito di sottoposizione a gestione commissariale. L'elenco viene pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

Il legislatore sottolinea, infine, all'art. 4, comma 1, della legge 59/1992, che le società cooperative e I loro consorzi operanti nel settore dell'edilizia abitativa non possono avere soci sovventori.

7. Le cooperative di trasporto

Le cooperative di trasporto, iscritte alla V sezione dell'albo nazionale degli enti cooperativi, sono, in linea di principio, cooperative costituite fra imprenditori esercenti l'attività di trasporto, titolari in proprio degli strumenti di produzione.

L'attività di tali cooperative si concretizza nell'organizzazione, per conto dei soci, dei rapporti contrattuali con i committenti dei servizi di trasporto. La cooperativa si occupa, poi, di gestire una serie di servizi accessori a beneficio dei soci, quali l'erogazione del carburante, la manutenzione dei mezzi e i servizi di assistenza amministrativa relativi agli adempimenti di natura contabile e fiscale.

Nella prassi, tuttavia, sono state iscritte in questa sezione dell'albo nazionale anche cooperative che detengono la proprietà dei mezzi di trasporto e che si propongono, quale scopo sociale, la fornitura di lavoro ai soci.

In dottrina si osserva, tuttavia, come tali cooperative siano meglio configurabili come cooperative di produzione e lavoro che non come cooperative di trasporto24.

8. Le cooperative editoriali

Le cooperative editoriali o giornalistiche sono disciplinate dalla legge 5 agosto 1981, n. 416, la quale dispone che "per cooperative giornalistiche si intendono le società cooperative composte di giornalisti costituite ai sensi degli articoli 2511 e ss. c.c., iscritte nel registro prefettizio di cui all'art. 12 del decreto legislativo 14 dicembre 1947, n. 1577, ratificato, con modificazioni, dalla legge 2 aprile 1951, n. 302, modificato dall'art. 6 della legge 17 febbraio 1971, n. 127".

Lo statuto deve, necessariamente, avere per oggetto attività editoriale, tipografica o comunque attinente l'informazione25.

Gli statuti delle cooperative giornalistiche devono, inoltre, contenere espressamente le clausole mutualistiche indicate dalla legge Basevi e possono prevedere la partecipazione di altri lavoratori del settore, nonché limiti delle quote sociali in misura maggiore di quella prevista dalle vigenti disposizioni.

Tale norma dispone, inoltre, che le cooperative di giornalisti devono associare almeno il 50 per cento dei giornalisti dipendenti aventi rapporto di lavoro regolato dal contratto nazionale di lavoro giornalistico e clausola di esclusiva con le cooperative medesime.

Le cooperative dei lavoratori devono associare almeno il 50 per cento dei lavoratori aventi contratto a tempo pieno con la cooperativa o con l'impresa cessata ovvero che abbia cessato la pubblicazione della testata e i relativi statuti devono consentire la partecipazione degli altri lavoratori a tempo pieno che ne facciano richiesta.

Tutte le designazioni di organi collegiali delle cooperative avvengono per voto personale, uguale e segreto e limitato a una parte degli erigendi.

Una particolare procedura è stabilita all'art. 6, commi 8 e 9, della legge 416/1981, per l'adozione della decisione, da parte di una cooperativa di giornalisti, di acquistare una testata giornalistica cessata: "l'assemblea dei giornalisti decide sull'acquisto della testata, per appello nominale, a maggioranza assoluta degli aventi diritto. Se la decisione è favorevole all'acquisto, l'assemblea nomina, con voto limitato, uguale e segreto i propri rappresentanti, i quali curano tutte le attività necessarie per la costituzione della cooperativa e per l'acquisto della testata.

Nel caso in cui l'assemblea dei giornalisti decida l'acquisto della testata, i dipendenti non giornalisti sono convocati in assemblea dai loro rappresentanti sindacali aziendali ovvero da un terzo dei dipendenti stessi per deliberare, con appello nominale e a maggioranza assoluta degli aventi diritto, la costituzione di una società cooperativa per partecipare alla gestione dell'impresa giornalistica. Ove tale decisione venga adottata, l'assemblea nomina, con voto limitato, uguale e segreto, i propri rappresentanti, i quali curano tutte le attività necessarie per la costituzione della cooperativa e provvedono, di intesa con i rappresentanti della cooperativa fra giornalisti, alla costituzione del consorzio di cui al secondo comma.

A livello giurisprudenziale, si ricorda che la Cassazione, con sentenza del 26 marzo 1996, n. 2690, ha stabilito che "è nulla la delibera con cui venga escluso un socio da una cooperativa di informazione che pubblica un giornale periodico per avere egli proposto querela, a tutela del proprio onore e della propria reputazione, contro iI direttore del periodico e presidente della cooperativa, in relazione al contenuto di un'intervista da quest'ultimo effettuata, e per essere stato iI reato di diffamazione ritenuto insussistente dal giudice penale, atteso che l'esercizio da parte del socio e cittadino di un diritto costituzionalmente garantito non può comportare la sanzione dell'esclusione dalla cooperativa, indipendentemente dal risultato conseguito e che, inoltre, l'esercizio del diritto di querela, che non abbia sconfinato nella persecuzione o sia stato esercitato al di fuori di ogni ragionevolezza, non può considerarsi tale da far venir meno iI vincolo fiduciario tra iI socio e la cooperativa che produce iI giornale"26.

9. Le cooperative sociali

Le cooperative sociali si confermano come una tipologia di cooperativa particolare che, come anticipato, sono considerate sempre cooperative a mutualità prevalente, in virtù della loro funzione sociale che è volta sempre al rispetto del principio della mutualità.

Le cooperative sociali sono disciplinate dalle disposizioni della legge 381/1991, la quale, all'art. 1, chiarisce che "le cooperative sociali hanno lo scopo di perseguire l'interesse generale della comunità alla promozione umana e all'integrazione sociale dei cittadini attraverso:

a. la gestione di servizi socio-sanitari ed educativi;
b. lo svolgimento di attività diverse - agricole, industriali, commerciali o di servizi - finalizzate all'inserimento lavorativo di persone svantaggiate".

La denominazione sociale, comunque formata, deve contenere l'indicazione di cooperativa sociale e l'atto costitutivo e lo statuto devono indicare espressamente in quale dei due settori, tra quello indicato sub a) e quello indicato sub b), la cooperativa intenda esercitare.

Oltre ai soci ordinari, gli statuti delle cooperative sociali possono prevedere la presenza di soci volontari che prestino la loro attività gratuitamente, salvo il rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate sulla scorta di parametri stabiliti dalla cooperativa stessa: è una categoria di soci del tutto particolare poiché essi prestano la loro opera ma non sono destinatari del servizio o dell'attività lavorativa.

Il legislatore fissa tuttavia dei limiti in merito al numero di tali soci, disponendo che "il loro numero non può superare la metà del numero complessivo dei soci".

Tali soci sono iscritti in un'apposita sezione del libro dei soci.

Ai soci volontari non si applicano i contratti collettivi e le norme di legge in materia di lavoro subordinato e autonomo, a eccezione delle norme in materia di assicurazione contro gli infortuni sui lavoro e le malattie professionali.

Nelle cooperative sociali sub b), si considerano persone svantaggiate gli invalidi fisici, psichici e sensoriali, gli ex degenti di istituti psichiatrici, i soggetti in trattamento psichiatrico, i tossicodipendenti, gli alcolisti, i minori in età lavorativa in situazioni di difficoltà familiare, i condannati ammessi alle misure alternative alla detenzione. Tali categorie non sono in numero chiuso: altri soggetti svantaggiati potranno, infatti, essere indicati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.

Le persone svantaggiate devono costituire almeno il 30 per cento dei lavoratori della cooperativa e, compatibilmente con il loro stato soggettivo, essere socie della cooperativa stessa.

La condizione di persona svantaggiata deve risultare da documentazione proveniente dalla pubblica amministrazione, fatto salvo il diritto alla riservatezza.

Possono essere ammessi come soci delle cooperative sociali anche persone giuridiche pubbliche o private nei cui statuti sia previsto iI finanziamento e lo sviluppo delle attività di tali cooperative. Il legislatore non prevede alcun limite al riguardo; tuttavia è da ritenersi impossibile costituire una cooperativa sociale in cui la totalità o quasi dei soci siano persone giuridiche, perché verrebbe snaturata della sua funzione primaria di stampo prettamente mutualistico e sociale.

Il legislatore ha altresì sottolineato, vista l'attività sociale svolta da tali cooperative, che "per le cooperative sociali le ispezioni ordinarie previste dall'art. 2 del citato decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577, debbono aver luogo almeno una volta l'anno" anziché ogni due anni.

Dal punto di vista delle agevolazioni fiscali, alle cooperative sociali spettano le agevolazioni relative alle cooperative a mutualità prevalente, poiché la loro funzione sociale le fa ritenere sempre tali.

L'art. 7 della legge 381/1991 sottolinea, tuttavia, che "ai trasferimenti di beni per successione o donazione a favore delle cooperative sociali si applicano le disposizioni dell'art. 3 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 63727". La norma prosegue disponendo che "le cooperative sociali godono della riduzione a un quarto delle imposte catastali e ipotecarie, dovute a seguito della stipula di contratti di mutuo, di acquisto o di locazione, relativi a immobili destinati all'esercizio dell'attività sociale".

Dal momento che le cooperative sociali rappresentano una particolare categoria che sta sviluppandosi nel contesto sociale ed economico nazionale, sembra utile fornire, a titolo esemplificativo, lo statuto di una società cooperativa sociale di tipo b) volta alla promozione di iniziative di carattere culturale a verso l'apporto lavorativo di persone svantaggiate.

Da tale statuto è possibile desumere le caratteristiche di tali cooperative tema di:

· attività svolta, che deve basarsi sui principi di mutualità, senza fini di lucro, e lo scopo di perseguire interessi generali della comunità, anche in relazione l'inserimento lavorativo di persone svantaggiate;
· categorie di soci, individuabili in soci ordinari (che condividono le finalità de la cooperativa e ne promuovono le attività), soci lavoratori (che prestano loro attività ricevendo una retribuzione), soci volontari (che prestano la loro attività gratuitamente, esclusivamente per fini di solidarietà), soci sovventori (che partecipano a programmi pluriennali per lo sviluppo e l'ammodernamento aziendale);
· requisiti mutualistici, che implicano il divieto della distribuzione ai soci di dividendi in misura superiore a quella stabilita dalla legge e, in caso di cessazione della società, la devoluzione del patrimonio residuo ai fondi mutualistici.

1. Cass. 22 agosto 1966, n. 2269.
2. Art. 1, comma 3, legge 3 aprile 2001, n. 142, che prosegue sottolineando che "dall'instaurazione dei predetti rapporti associativi e di lavoro in qualsiasi forma derivano i relativi effetti di natura fiscale e previdenziale e tutti gli altri effetti giuridici rispettivamente previsti dalla presente legge, nonché, in quanto compatibili con la posizione del socio lavoratore, da altre leggi o da qualsiasi altra fonte".
3. L'art. 3, comma 2-bis, della legge 142/2001 prevede una disposizione particolare per le cooperative della piccola pesca, specificando che "in deroga alle disposizioni di cui al comma 1, le cooperative della piccola pesca di cui alla legge 13 marzo 1958, n. 250, possono corrispondere al propri soci lavoratori un compenso proporzionato all'entità del pescato, secondo criteri e parametri stabiliti dal regolamento interno previsto dall'articolo 6".
4. Tribunale di Cassino, sentenza del 9 aprile 1987.
5. Turano R.M., Gentili F., Società cooperative. Manuale pratico con formulano per amministratori, sindaci e consulenti, Milano, Giuffrè, 2002, p. 14 e s.
6. Tribunale di Ascoli Piceno, sentenza del 17 marzo 1987.
7. Tribunale di Genova, sentenza del 15 giugno 1981.
8. L'art. 2751-bis c.c. dispone che "hanno privilegio generale sui mobili i crediti riguardanti: [...I i crediti dell'impresa artigiana e delle società o enti cooperativi di produzione e di lavoro, per i corrispettivi dei servizi prestati e della vendita dei manufatti 1...]".
9. Tribunale di Perugia, sentenza del 13 marzo 1992, in Giur. comm., 1993, Il, p. 284.
10. II D.lgs. 276/2003 è stato emanato in attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro di cui alla legge 30/2003 (legge Biagi).
11. Si veda l'articolo 3 del D.lgs. 276/2003.
12. Per approfondimenti si veda Bonati G., Rozza A., Vannoni L., Guida pratica ai lavori atipici e
flessibili, Milano, II Sole 24 Ore, 2003, p. 127 e s.
13. L'articolo 6 della legge 142/2001 dispone che "entro il 31 dicembre, le cooperative di cui all'articolo
1 definiscono un regolamento, approvato dall'assemblea, sulla tipologia dei rapporti che si intendono attuare, in forma alternativa, con i soci lavoratori. ll regolamento deve essere depositato entro trenta giorni dall'approvazione presso la direzione provinciale del lavoro competente per territorio [..]".
14. La tabella allegata al D.P.R. 602 del 30 aprile 1970 indica, le attività lavorative esercitate dagli organismi associativi cui si applicano le disposizioni del decreto, ovvero:
"1) Facchinaggio svolto anche con l'ausilio di mezzi meccanici o diversi, o con attrezzature tecnologiche, comprensivo delle attività preliminari e complementari alla movimentazione delle merci e dei prodotti:
a) portabagagli, facchini e pesatori dei mercati agroalimentari, facchini degli scali ferroviari, compresa la presa e consegna dei carri, facchini doganali, facchini generici, accompagnatori di bestiame, e attività preliminari e complementari; facchinaggio svolto nelle aree portuali da cooperative derivanti dalla trasformazione delle compagnie e gruppi portuali in base alla legge 28 gennaio 1994, n. 84, art. 21, e successive modificazioni e integrazioni;
b) insacco, pesatura, legatura, accatastamento e disaccatastamento, pressatura, imballaggio, gestione del ciclo logistico (magazzini e/o ordini in arrivo e partenza), pulizia magazzini e piazzali, depositi colli e bagagli, presa e consegna, recapiti in loco, selezione e cernita con o senza incestamento, insaccamento o imballaggio di prodotti ortofrutticoli, carta da macero, piume e materiali vari, mattazione, scuoiatura, toelettatura e macellazione, abbattimento di piante destinate alla trasformazione in cellulosa o carta e simili, e attività preliminari e complementari.
2) Trasporto il cui esercizio sia effettuato personalmente dai soci su mezzi dei quali i soci stessi o la loro cooperativa risultino proprietari o affittuari.
Trasporto di persone:
a) vetturini, barcaioli, gondolieri e simili;
b) tassisti, autonoleggiatori, motoscatfisti e simili. Trasporto di merci per conto terzi:
a) autotrasportatori, autosollevatori, carrellisti, gruisti, trattoristi (non agricoli), escavatoristi e simili e attività preliminari e complementari (compresi scavo e preparazione materiale da. trasportare, montaggio e smontaggio, rimozione forzata di veicoli a mezzo carri attrezzi, guardianaggio e simili);
b) trasportatori con veicoli a trazione animale, trasportatori fluviali, lacuali, lagunari e simili e attività preliminari e complementari (compresi scavo e preparazione interiale (da trasportare, guardianaggio e simili);
3) Attività accessorie delle precedenti:
· addetti al posteggio dei veicoli, pesatori, misuratori e simili.
4) Attività varie:
· servizi di guardia a terra o a mare o campestre, polizia e investigazioni private, custodia, control
lo accessi e simili, barbieri e affini, guide turistiche e simili, gestione dei servizi di accoglienza nei musei e di attività complementari, pulitori compresa la pulizia di giardini e spazi verdi anche con l'ausilio di mezzi meccanici, pulitori di autoveicoli e autocarri, operatori ecologici, spazzacamini e simili, servizi di recapito fiduciario e simili (servitori di piazza), ormeggiatori, ormeggiatori irnbarcati a bordo di qualsiasi mezzo navale.
15. L'articolo 1 della disposizione in commento (legge 389/1989) dispone, infatti, che "la retribuzione da assumere come base per iI calcolo dei contributi di previdenza e di assistenza sociale non può essere inferiore all'importo delle retribuzioni stabilito da leggi, regolamenti, contratti collettivi, stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative su base nazionale, ovvero da accordi collettivi o contratti individuali, qualora ne derivi una retribuzione di importo superiore a quello previsto dal contratto collettivo".
16. L'art. 2135 c.c. definisce l'imprenditore agricolo "chi esercita una delle seguenti attività coltivazione del fondo, silvicoltura, allevamento di animali e attività connesse.
Per coltivazione del fondo, per silvicoltura e per allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine.
Si intendono comunque connesse le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano a oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione e ospitalità come definite dalla legge".
17. Ex art. 29 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.
18. Il Tribunale di Roma, con sentenza dell'11 novembre 1999, in Dir. prat. soc., 2000, n. 6, p. 75, non ha infatti ritenuto sufficiente la certificazione della prefettura o della Camera di Commercio attestanti la qualifica di cooperativa agricola stabilendo in questo modo che prevale l'effettiva attività svolta dalla società in questione.
19. L'art. 5, comma 3, della legge 3 ottobre 2001, n. 366, dispone che "sono esclusi dall'ambito di applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo i consorzi agrari, nonché le banche popolari, le banche di credito cooperativo e gli istituti della cooperazione bancaria in genere, ai quali continuano ad applicarsi le norme vigenti salva l'emanazione di norme di mero coordinamento che non incidano su profili di carattere sostanziale della relativa disciplina".
20. Ex art. 35 del D.lgs. 385/1993.
21. Ex art. 30 del D.lgs. 385/1993.
22. Ex art. 32 del D.lgs. 385/1993.
23.Vedi anche Benni M., Buscaroli E, Dulcamare U., Figone K, Ravaioli G., Setti M., Cooperative.
Guida operativa, Milano, Ipsoa, 2003, p. 364-365.
24. Benni M., Buscaroli E, Dulcamare U., Figone A., Ravaloli G., Setti M., op. cit., p. 420. 
25. Art. 1 della legge 416/1981.
26. In Merz S., Madonna R., Sguozzi E, Manuale pratico delle società cooperative, Padova, Cedam, 1999, p. 419.
27. Si presume che l'esenzione prevista dalla legge 381/1991 facesse a suo tempo riferimento all'art. 3 del D.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346 che prevedeva:
"Non sono soggetti all'imposta i trasferimenti a favore dello Stato, delle regioni, delle province e dei comuni, né quelli a favore di enti pubblici e di fondazioni o associazioni legalmente riconosciute, che hanno come scopo esclusivo l'assistenza, lo studio, la ricerca scientifica, l'educazione, l'istruzione o altre finalità di pubblica utilità, nonché quelli a favore delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) e a fondazioni previste dal decreto legislativo emanato in attuazione della legge 23 dicembre 1998, n. 461.
2. I trasferimenti a favore di enti pubblici e di fondazioni o associazioni legalmente riconosciute, diversi da quelli indicati nel comma 1, non sono soggetti all'imposta se sono stati disposti per le finalità di cui allo stesso comma.
3. Nei casi di cui al comma 2 il beneficiario deve dimostrare, entro cinque anni dall'accettazione dell'eredità o della donazione o dall'acquisto del legato, di avere impiegato i beni o diritti ricevuti o la somma ricavata dalla loro alienazione per il conseguimento delle finalità indicate dal testatore o dal donante. In mancanza di tale dimostrazione esso è tenuto al pagamento dell'imposta con gli interessi legali dalla data in cui avrebbe dovuto essere pagata.
4. Le disposizioni del presente articolo si applicano a condizione di reciprocità per gli enti pubblici esteri e per le fondazioni e associazioni costituite all'estero.
4-bis. Non sono soggetti all'imposta i trasferimenti a favore di movimenti e partiti politici".
Peraltro, a norma degli artt. 13, comma 1, e 17, comma 1, della legge 18 ottobre 2001, n. 383, l'imposta sulle successioni e donazioni di cui alla norma in commento è stata soppressa a decorrere dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Per le successioni per causa di morte aperte, per le donazioni fatte successivamente alla data di entrata in vigore della medesima legge 383/2001 e per la relativa disciplina, vedi gli artt. da 13 a 16 della stessa legge 383/2001.

Omessi note e riferimenti bibliografici, le pagine qui pubblicate costituiscono il capitolo 3° del Volume "La riforma delle società cooperative. Disciplina civilistica e fiscale. Adempimenti contabili. Il nuovo ordinamento dopo il D. lgs. 6/2003 e successive modificazioni" di Sergio Luigi Cerioli, Paolo Costanzo e Arturo Sanguinetti. Egea Editore. Febbraio 2004.