Brevi cenni sulle controversie nell'appalto di opere pubbliche nel sistema introdotto dalla legge "Merloni"
PREMESSA
Come noto, la normativa sui lavori pubblici è stata recentemente rivisitata dal Legislatore che ha inteso predisporre uno scenario più organico e nello stesso tempo più soggetto a controlli per arginare il malcostume maturato nel settore negli ultimi decenni.
Attualmente si possono ricercare i principi essenziali della materia in tre testi normativi di rango diverso: la legge quadro sui lavori pubblici 11.2.94 n. 109 (c.d. legge Merloni) il d.p.r. 21.12.99 n. 554 (regolamento di attuazione della suddetta legge) e il decreto del Ministero dei LL.PP. 19.4.2000 n. 145 (capitolato generale di appalto dei lavori pubblici).
La normativa di cui sopra ha posto molta attenzione al problema delle riserve e del contenzioso che possono pregiudicare il corretto sviluppo dei lavori: è infatti il contenzioso che, oltre a produrre probabili ritardi nel completamento dei lavori, ha esposto ed espone sovente le pubbliche amministrazioni a lunghe e costose procedure di giudizio al cui danno si assomma spesso quello della successiva soccombenza.
E' in un'ottica di prevenzione che va considerato il particolare rilievo assegnato dalla suddetta normativa all'attività di progettazione, voluta il più possibile riproduttiva del dettagliato sviluppo di tutte le parti dell'opera e quindi tale da non concedere margini di indecifrabilità e speculazione alle imprese esecutrici.
E' sempre in quest'ottica che l'art. 71 del d.p.r. n. 554/99 ha inteso associare l'offerta dell'appaltatore ad una dichiarazione con la quale egli stesso attesti di essersi recato sul luogo di esecuzione dei lavori, di aver esaminato tutti gli elaborati di progetto e di aver giudicato i lavori pienamente realizzabili.
E' infine in quest'ambito che lo stesso articolo 71 del regolamento vieta la stipulazione del contratto "se il responsabile del procedimento e l'impresa appaltatrice non abbiano concordemente dato atto, con verbale da entrambi sottoscritto, del permanere delle condizioni che consentono l'immediata esecuzione dei lavori".
A tale proposito è appena il caso di sottolineare che l'esecuzione del contratto di appalto è soggetta, così come tutta l'attività negoziale, al principio di buona fede di cui all'art. 1375 c.c. e pertanto il più severo limite alla nascita del contenzioso dovrebbe essere proprio l'assoluta mancanza di capziosità o frode: in questo senso si vedrà nel prosieguo come la formulazione delle riserve da parte dell'appaltatore non possa essere pretestuosa e finalizzata al mero raggiungimento di un importo sul quale spuntare in seguito un salomomico giudizio.
In tema di contenzioso la normativa di cui sopra descrive un articolato comportamentale sufficientemente preciso e finalizzato a disattivare il ricorso alla composizione giudiziaria delle vertenze.
Verrà evidenziato come in quest'ambito assuma per la P.A. una rilevanza decisiva la figura del responsabile del procedimento, figura che, nel nuovo ordinamento, assorbe sostanzialmente il ruolo in precedenza svolto dall'ingegnere capo (ruolo delineato nel R.D. 25.5.1895 n. 350) .
E' al responsabile del procedimento che viene assegnata la funzione propositiva in ordine alla composizione bonaria delle controversie o alla risoluzione del contratto per gravi inadempimenti dell'appaltatore: pur potendo egli avvalersi, in quest'ambito, del direttore dei lavori o del collaudatore, è tuttavia alla sua capacità di analisi e ponderazione che viene correlata la possibilità di indurre l'organo deliberante a compiere la scelta finale.
Si tratta a ben vedere di operare delle scelte fortemente suscettibili di incidere sull'attività strumentale e sul bilancio della stazione appaltante, per cui occorre che la nomina a responsabile di procedimento avvenga fra figure professionali tecniche interne all'Amministrazione (così vuole la legge n. 109/94), particolarmente qualificate, dotate di validi collaboratori e beneficiate in adeguata misura dalla ripartizione del fondo incentivante per la progettazione di cui all'art. 18 della stessa legge Merloni.
Occorre anche precisare che l'eventuale ricorso al giudice per la risoluzione delle controversie, ove non sia stato possibile avvalersi della composizione bonaria o del giudizio arbitrale, comporta l'intervento della Magistratura Ordinaria poiché l'art. 6 della legge 21.7.2000 n. 205 assegna alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le sole controversie "aventi ad oggetto le procedure di affidamento di appalti pubblici di lavori, servizi e forniture, svolte da soggetti comunque tenuti all'applicazione delle norme comunitarie o della normativa nazionale o regionale".
Le questioni che coinvolgono gli adempimenti contrattuali susseguenti alla fase dell'aggiudicazione restano quindi ancorate alla tradizionale competenza del giudice ordinario in quanto riconducibili alla sfera dei diritti soggettivi.
In base all'art. 34 del D.M. n. 145/2000, qualora il contratto o gli atti di gara non contengano espressa clausola compromissoria, "la competenza a conoscere delle controversie derivanti dal contratto di appalto spetta, ai sensi dell'articolo 20 del codice di procedura civile, al giudice del luogo dove il contratto è stato stipulato".
GARANZIE FIDEJUSSORIE E PENALI
Pur potendo questo tema sembrare estraneo alla trattazione del contenzioso, pare opportuno farvi accenno perché sia le garanzie fidejussorie che le penali hanno al riguardo un indubbio effetto cautelativo nei confronti della stazione appaltante e deterrente rispetto all'appaltatore. Cauzioni e penali costituiscono infatti un mezzo posto a tutela della Pubblica Amministrazione per reintegrare velocemente i danni subiti dal comportamento scorretto dell'impresa esecutrice attivando una fase di contenzioso solo in caso di successiva opposizione da parte dell'appaltatore: quest'ultimo, d'altronde, è posto nella condizione di assumere un atteggiamento più responsabile onde evitare penalità che incidono sull'entità delle liquidazioni ed oneri di rivalsa da parte del mallevadore.
A salvaguardia della posizione contrattuale della stazione appaltante, la nuova legge quadro sui lavori pubblici rafforza lo strumento delle garanzie fideiussorie: in tal senso viene incrementato l'ammontare dell'importo garantito con la cauzione definitiva e vengono rese obbligatorie nuove forme di garanzia direttamente connesse alla responsabilità civile, ai danni di esecuzione ed ai difetti costruttivi.
La misura della cauzione definitiva, già stabilita nella misura del 5% dall'art. 3 del d.p.r. 16.7.62 n. 1063 (capitolato generale d'appalto per le opere di competenza del Ministero dei lavori pubblici), viene elevata al 10% dall'art. 30 della legge n. 109/94, percentuale peraltro incrementabile nel caso di aggiudicazione dell'appalto con ribasso superiore al 20%.
L'art. 101 del regolamento di attuazione di detta legge specifica che tale cauzione viene prestata "a garanzia dell'adempimento di tutte le obbligazioni del contratto e del risarcimento dei danni derivanti dall'eventuale inadempimento delle obbligazioni stesse, nonché a garanzia del rimborso delle somme pagate in più all'appaltatore rispetto alle risultanze della liquidazione finale, salva comunque la risarcibilità del maggior danno".
Precisa lo stesso articolo che "Le stazioni appaltanti hanno il diritto di valersi della cauzione per l'eventuale maggiore spesa sostenuta per il completamento dei lavori nel caso di risoluzione del contratto disposta in danno dell'appaltatore.
Le stazioni appaltanti hanno inoltre il diritto di valersi della cauzione per provvedere al pagamento di quanto dovuto dall'appaltatore per le inadempienze derivanti dalla inosservanza di norme e prescrizioni dei contratti collettivi, delle leggi e dei regolamenti sulla tutela, protezione, assicurazione, assistenza e sicurezza fisica dei lavoratori comunque presenti in cantiere". Un'ulteriore polizza per danni di esecuzione e responsabilità civile verso terzi è posta a carico dell'appaltatore dall'art. 30, comma 3, della legge n. 109/94.
Essa è destinata a coprire gli eventuali "danni subiti dalle stazioni appaltanti a causa del danneggiamento o dalla distruzione totale o parziale di impianti ed opere, anche preesistenti, verificatisi nel corso dell'esecuzione dei lavori" (art. 103 del regolamento). Per i lavori di importo superiore al controvalore in euro di 5 milioni di DSP (somma così individuata dal D.M. LL.PP. 1.12.2000) l'appaltatore è infine tenuto a prestare una polizza di assicurazione indennitaria decennale a garanzia dei rischi di rovina totale o parziale dell'opera, ovvero dei rischi derivanti da gravi difetti costruttivi (art. 30, comma 4, L. n. 109/94 e art. 104 del regolamento).
Si tratta, in quest'ultimo caso, di una salvaguardia in applicazione dell'art. 1669 del codice civile che già da tempo prevedeva la responsabilità dell'appaltatore per la rovina e i gravi difetti dell'opera verificatisi nell'arco di 10 anni dal compimento.
Questo complesso di garanzie messo a disposizione della stazione appaltante costituisce, a ben vedere, un valido ammortizzatore rispetto alle conseguenze di eventuali contenziosi inerenti lo sviluppo dei lavori e ciò appare tanto più vero a fronte della previsione legislativa che vuole la cauzione definitiva prestata con espressa rinuncia al beneficio della preventiva escussione del debitore principale e resa operativa entro 15 giorni a semplice richiesta scritta della stazione appaltante (art. 30, comma 2 bis, della legge n. 109/94).
Il Legislatore si è dunque prefissato di porre la stazione appaltante in una posizione fortemente garantita nei confronti di possibili manchevolezze poste in essere dall'esecutore dell'opera pubblica, sottoponendo quindi il suo operato all'avallo di un terzo soggetto privato (il garante), in grado di discriminare i soggetti non ritenuti sufficientemente affidabili. Ciò comporta conseguentemente un atteggiamento più responsabile e meno capzioso da parte dell'appaltatore in quanto la sua negligenza o imperizia (anche mascherate da pretese infondate nei confronti dell'Amministrazione) potrebbero condurlo a non trovare in futuro un soggetto disposto a fornirgli adeguata garanzia o copertura assicurativa.
Oltre a far valere lo strumento delle garanzie prestate da terzi, la stazione appaltante ha ulteriormente modo di cautelarsi nei confronti del ritardato adempimento degli obblighi contrattuali attraverso l'uso delle penali. In questo senso l'art. 117 del regolamento di attuazione della legge Merloni demanda al responsabile del procedimento il compito di stabilire l'entità delle penali da inserire nel capitolato speciale di appalto, limitandosi la norma a definire i termini giornalieri massimo e minimo nella misura, rispettivamente, dell'1 per mille e dello 0,3 per mille. Lo stesso articolo di legge pone un limite massimo all'ammontare delle penali applicabili, pari al 10 per cento dell'importo contrattuale, limite oltre il quale il medesimo responsabile del procedimento è tenuto a promuovere la risoluzione del contratto ai sensi del successivo articolo 119.
Qualora la disciplina del contratto preveda l'esecuzione della prestazione articolata in più parti, in caso di ritardo rispetto ai termini di una o più di tali parti le penali da comminare si applicano ai rispettivi importi. L'art. 22 del D.M. 19.4.2000 n. 145 stabilisce che la penale è comminata dal responsabile del procedimento sulla base delle indicazioni fornite dal direttore dei lavori.
Specifica la stessa norma che "E' ammessa , su motivata richiesta dell'appaltatore, la totale o parziale disapplicazione della penale quando si riconosca che il ritardo non è imputabile all'impresa, oppure quando si riconosca che la penale è manifestamente sproporzionata rispetto all'interesse della stazione appaltante. La disapplicazione non comporta il riconoscimento di compensi o indennizzi all'appaltatore".
Infine, "Sull'istanza di disapplicazione della penale decide la stazione appaltante su proposta del responsabile del procedimento, sentito il direttore dei lavori e l'organo di collaudo ove costituito".
Per integrare brevemente l'accenno sulla possibilità di risoluzione del contratto ad opera della stazione appaltante, merita accennare al fatto che tale strumento viene demandato alle valutazioni del responsabile del procedimento anche in funzione di provvedimenti penali definitivi emessi nei confronti dell'appaltatore per reati di tipo mafioso (misure di prevenzione ex Legge 27.12.56 n. 1423), per frodi nei confronti della stazione appaltante, dei subappaltatori o fornitori, di lavoratori o altri soggetti interessati ai lavori, nonché degli obblighi attinenti la sicurezza sul lavoro (in tal senso si esprime l'art. 118 del citato regolamento).
La risoluzione del contratto può essere promossa anche dal direttore dei lavori qualora accerti che i comportamenti dell'appaltatore concretino grave inadempimento alle obbligazioni di contratto, tale da compromettere la buona riuscita dei lavori (art. 119 reg.).
In questo caso il direttore dei lavori invia una relazione particolareggiata al responsabile del procedimento su indicazione del quale egli stesso contesta gli addebiti all'appaltatore, assegnandogli un termine non inferiore a 15 giorni per le proprie controdeduzioni. Valutate negativamente queste ultime, la stazione appaltante, su proposta del responsabile del procedimento, dispone la risoluzione del contratto. Sempre ai sensi dell'art. 119 del regolamento, qualora l'esecuzione dei lavori ritardi per negligenza dell'appaltatore rispetto alle previsioni del programma, il direttore dei lavori assegna un termine, non inferiore a 10 giorni, per compiere i lavori in ritardo, scaduto il quale lo stesso funzionario verifica in contraddittorio gli effetti dell'intimazione impartita e ne compila processo verbale da trasmettere al responsabile del procedimento: questi propone eventualmente l'azione di risoluzione del contratto alla stazione appaltante.
In sede di liquidazione finale dei lavori eseguiti all'atto della risoluzione del contratto viene determinato l'onere da porre a carico dell'appaltatore inadempiente in relazione alla maggiore spesa sostenuta per affidare ad altra impresa i lavori, qualora la stazione appaltante non si avvalga della facoltà prevista dall'art. 10, comma 1 ter, della legge n. 109/94 di affidare al secondo classificato i lavori residui.
Un'ulteriore ipotesi di risoluzione del contratto demandata alla stazione appaltante è infine quella connessa alla mancata presa in consegna dei lavori (art. 129 del regolamento).
RISERVE DELL'APPALTATORE
Il caso in cui è l'appaltatore a diventare attore nell'instaurazione di un contenzioso è quello che lo vede in veste di sottoscrittore di riserve. Una prima considerazione da fare sul tema è quella della dell'impossibilità che la formulazione delle riserve costituisca presupposto per l'impresa per sospendere o ritardare il regolare sviluppo dei lavori. A tale proposito appare categorico il contenuto dell'art. 31, 1° comma, del D.M. n. 145/2000 ove si recita: "L'appaltatore è sempre tenuto ad uniformarsi alle disposizioni del direttore dei lavori, senza poter sospendere o ritardare il regolare sviluppo dei lavori, quale che sia la contestazione o la riserva che egli iscriva negli atti contabili".
Altra considerazione in merito è quella relativa alla non manifesta infondatezza delle riserve stesse.
In ordine a quest'ultimo punto è infatti da osservare che, subordinando l'art. 31 bis della legge n. 109/94 il ricorso all'accordo bonario alla preventiva formulazione di riserve per un importo non inferiore al 10% dell'importo contrattuale, potrebbe essere invitante per l'appaltatore l'idea di avanzare pretese astruse e infondate onde accedere ad una trattativa ritenuta comunque vantaggiosa.
Argine a questa eventualità, lesiva di quel principio di buona fede cui si è fatto precedentemente cenno, è l'attività di controllo del responsabile del procedimento il quale, ai sensi dell'art. 149 del d.p.r. n. 554/99 "valuta l'ammissibilità e la non manifesta infondatezza delle riserve...".
In questa fase del suo operato, il responsabile del procedimento verifica oltre ai presupposti sostanziali anche quelli formali che attengono alla corretta e tempestiva formulazione delle riserve.
A tale proposito l'art. 31 del D.M. n. 145/2000 fornisce precise indicazioni. Le riserve devono essere iscritte, a pena di decadenza, sul primo atto dell'appalto idoneo a riceverle, successivo all'insorgenza o alla cessazione del fatto che ha determinato il pregiudizio dell'appaltatore.
Si ricorda al proposito che la prima opportunità per l'appaltatore di formulare riserve è data dal verbale di consegna, nel caso in cui riscontri difformità dello stato dei luoghi rispetto a quello previsto in progetto (art. 131 d.p.r. n. 554/99). Analogamente l'art. 133 del regolamento assegna all'appaltatore la possibilità di iscrivere riserve nei verbali di sospensione e di ripresa dei lavori.
In ogni caso e sempre a pena di decadenza, le riserve devono essere iscritte anche nel registro di contabilità all'atto della firma immediatamente successiva al verificarsi o al cessare del fatto pregiudizievole; il registro di contabilità è dunque il documento contabile per eccellenza deputato ad accogliere le riserve dell'appaltatore.
Ogni qual volta quest'ultimo firmi con riserva deve, a pena di decadenza, esplicitarle nel termine di quindici giorni, "scrivendo e firmando nel registro le corrispondenti domande di indennità e indicando con precisione le cifre di compenso cui crede di aver diritto e le ragioni di ciascuna domanda" (art. 165 d.p.r. n. 554/99).
Il direttore dei lavori nei successivi quindici giorni espone nel registro le sue motivate deduzioni. Se il direttore dei lavori omette di motivare esaurientemente le proprie deduzioni e non consente alla stazione appaltante la percezione delle ragioni che ostano al riconoscimento delle pretese dell'appaltatore, incorre in responsabilità per le somme che, per tale negligenza, l'Amministrazione dovesse essere tenuta a sborsare: sotto tale profilo devono quindi ritenersi insufficienti le controdeduzioni apodittiche o espresse con mere formule di stile, dal momento che non offrono all'Amministrazione un'esatta rappresentazione della realtà ed un valido strumento di giudizio.
Nel caso in cui l'appaltatore non esplichi le riserve nel termine di 15 giorni dalla firma con riserva, i fatti registrati si intendono definitivamente accertati e lo stesso decade dal diritto di far valere pretese di qualunque genere.
Le riserve stesse devono altresì essere confermate nel conto finale (a meno che non siano state nel frattempo transatte), dovendosi ritenere altrimenti abbandonate.
Nel conto finale non possono inoltre essere iscritte domande per oggetto o per importo diverse da quelle formulate nel registro di contabilità durante lo svolgimento dei lavori. Alla luce della ritualità imposta dalla legge, deve essere quindi esclusa ogni rilevanza di riserve inoltrate in modo diverso da quanto previsto, ad esempio a mezzo raccomandate, telegrammi, fax o altro.
Sempre in tema di ammissibilità delle riserve, deve sottolinearsi l'obbligo dell'appaltatore di formularle in modo analitico, con l'indicazione precisa delle ragioni su cui si fondano onde consentire la corretta interpretazione ad opera del responsabile del procedimento.
L'art. 31, 3° comma, del D.M. n. 145/2000 precisa inoltre che "le riserve devono contenere, a pena di inammissibilità, la precisa quantificazione delle somme che l'appaltatore ritiene gli siano dovute; qualora l'esplicazione e la quantificazione non siano possibili al momento della formulazione della riserva, l'appaltatore ha l'onere di provvedervi, sempre a pena di decadenza, entro il termine di quindici giorni fissato dall'art. 165, comma 3, del regolamento". Aggiunge lo stesso articolo che la quantificazione della riserva è effettuata in via definitiva, senza possibilità di successive integrazioni o incrementi rispetto all'importo iscritto.
L'aspetto formale delle riserve assume quindi rilevanza non secondaria ai fini della loro idoneità a produrre trattativa o contenzioso: questo per consentire alla P.A. appaltatrice di avere in merito un preciso quadro di riferimento che consenta di anticipare l'esigenza di nuovi finanziamenti e di valutare la possibilità o meno di portare a compimento l'opera con le disponibilità del quadro economico (1).
In base all'art. 137 del d.p.r. n. 554/99, le contestazioni insorte fra il direttore dei lavori e l'appaltatore "circa gli aspetti tecnici che possono influire sull'esecuzione" delle opere devono essere comunicate al responsabile del procedimento il quale promuove un contraddittorio fra le parti al fine di risolvere la controversia.
La decisione del responsabile del procedimento è comunicata all'appaltatore il quale ha l'obbligo di uniformarvisi, salvo il diritto di iscrivere apposita riserva nel registro di contabilità. In tal senso sparisce la possibilità del ricorso gerarchico al Provveditorato Regionale alle OO.PP. di cui all'art. 23 del R.D. n. 350/1895. Recita lo stesso articolo 137 del regolamento: "Se le contestazioni riguardano fatti, il direttore dei lavori redige in contraddittorio con l'imprenditore un processo verbale delle circostanze contestate o, mancando questi, in presenza di due testimoni. In quest'ultimo caso copia del verbale è comunicata all'appaltatore per le sue osservazioni, da presentarsi al direttore dei lavori nel termine di otto giorni dalla data del ricevimento". Le riserve iscritte a vario titolo sul registro di contabilità e non composte con la procedura dell'accordo bonario di cui si dirà in seguito devono essere, come già detto, confermate nel conto finale.
A tale proposito l'art. 175 del d.p.r. n. 554/99 prevede che, una volta firmato il conto finale dall'appaltatore, il responsabile del procedimento rediga una propria relazione riservata nella quale "si esprime parere motivato sulla fondatezza delle domande dell'appaltatore".
Detta relazione deve essere fornita al collaudatore in aggiunta a tutti gli altri documenti progettuali e di contabilità di cui all'art. 190 del d.p.r. n. 554/99. A sua volta il collaudatore in relazione separata e riservata "espone il proprio parere sulle domande dell'impresa e sulle eventuali penali sulle quali non è già intervenuta una risoluzione definitiva" (art. 197, 2° comma, d.p.r. n. 554/99).
Terminate le operazioni di collaudo e redatto il relativo certificato, il collaudatore trasmette al responsabile del procedimento i documenti ricevuti, allegandovi, fra l'altro, la propria relazione riservata.
A questo punto la valutazione di merito circa l'accoglimento, in tutto o in parte, delle domande dell'appaltatore è rimessa alla stazione appaltante. L'art. 32 del D.M. n. 145/2000 prevede infatti che le riserve non risolte bonariamente "sono esaminate e valutate dalla stazione appaltante entro novanta giorni dalla trasmissione degli atti di collaudo...".
Lo stesso articolo 32 offre inoltre un'opportuna delucidazione per il caso in cui non sia effettuato il collaudo nei termini previsti dall'art. 28 della legge n. 109/94, consentendo nella circostanza all'appaltatore di richiedere che siano comunque definite le proprie riserve e richieste con apposita istanza notificata all'Amministrazione. Quest'ultima deve in tal caso pronunziarsi entro i successivi novanta giorni, in ossequio al principio delle certezza del procedimento amministrativo di cui alla legge 7.8.90 n. 241.
Il pagamento delle somme eventualmente riconosciute all'appaltatore deve avvenire entro sessanta giorni decorrenti dall'accettazione da parte dello stesso dell'importo offertogli: in caso di ritardo sono riconosciuti gli interessi legali.
L'ACCORDO BONARIO
Come è emerso in più punti nel corso della presente trattazione, con la legge n. 109/94 è stato introdotto un importante strumento a disposizione delle stazioni appaltanti per la risoluzione del contenzioso in materia di lavori pubblici. L'art. 31 bis di detta norma ha istituito infatti una procedura destinata al raggiungimento dell'accordo bonario, procedura successivamente sviluppata dall'art. 149 del d.p.r. n. 559/99.
L'istituto de quo rappresenta una palese innovazione rispetto al sistema previgente, in quanto codifica la possibilità di comporre le controversie in corso d'opera; tale possibilità sussisteva certo anche prime della legge n. 109/94 ma, di fatto, rappresentava la libera scelta della stazione appaltante di adire un'ipotesi transattiva ex art. 1965 c.c. In caso contrario (e salva l'eccezione di cui all'art. 44 del d.p.r. 16.7.62 n. 1063 di arbitrato in corso d'opera) le riserve venivano risolte in concomitanza o dopo l'approvazione del collaudo.
La nuova normativa rende invece obbligatoria l'apertura di un apposito procedimento di composizione bonaria in presenza di determinati presupposti. Il favore normativo con cui viene valutato lo strumento compositivo delle riserve è rilevabile dall'art. 12 del regolamento di attuazione della legge "Merloni", il cui primo comma rende obbligatorio l'inserimento nel bilancio degli enti di un "fondo pari ad almeno il tre per cento delle spese previste per l'attuazione degli interventi compresi nel programma, destinato alla eventuale copertura di oneri derivanti dall'applicazione dell'art. 31 bis della Legge...".
Dispone inoltre il secondo comma dello stesso articolo che "i ribassi d'asta e le economie comunque realizzate nell'esecuzione del programma possono essere destinate, su proposta del responsabile del procedimento, ad integrare il fondo di cui al comma 1".
Il presupposto per l'accesso alla procedura dell'accordo bonario è costituito dal fatto che negli atti contabili dell'appalto siano state iscritte riserve a seguito delle quali "l'importo dell'opera possa variare in misura sostanziale e in ogni caso non inferiore al 10 per cento dell'importo contrattuale..."(art. 31 bis L. n. 109/94). L'articolo 149, 1° comma, del d.p.r. n. 554/99 chiarisce ulteriormente il dispositivo della norma stabilendo che "qualora nel corso dei lavori l'appaltatore abbia iscritto negli atti contabili riserve il cui importo complessivo superi i limiti indicati dall'articolo 31 bis della Legge, il Direttore dei Lavori ne dà immediata comunicazione al responsabile del procedimento, trasmettendo nel più breve tempo possibile la propria relazione riservata in merito".
Può porsi il problema se nella determinazione del 10% relativo all'importo delle riserve siano da considerare anche le eventuali domande dell'impresa relative agli interessi per ritardato pagamento.
Alla lettura dell'art. 116 del d.pr. n. 554/99 tale eventualità pare da escludere, dal momento che gli interessi in questione devono essere corrisposti "senza necessità di apposite domande o riserve" e pertanto il loro reclamo nella fase di inserimento delle riserve appare del tutto pleonastico.
Ai fini dell'attivazione della procedura di accordo bonario l'importo delle riserve dovrebbe quindi essere depurato da quelle eventualmente inserite a titolo di domanda per interessi (2).
Ciò che pare invece assodato è che la procedura relativa all'accordo bonario deve essere attivata dalla stazione appaltante ogni qual volta le riserve raggiungano l'importo del 10% previsto dalla legge, indipendentemente da atti sollecitatori da parte dell'appaltatore (ferma restando peraltro la possibilità di atti di impulso in tal senso).
In quest'ambito, lo si è già evidenziato, il responsabile del procedimento gioca un ruolo fondamentale che inizia a configurarsi a seguito della comunicazione effettuata dal direttore dei lavori ex art. 149, 1° comma, del d.p.r. n. 554/99. Egli infatti, specifica il secondo comma di detto articolo, valuta l'ammissibilità e la non manifesta infondatezza delle riserve ai fini dell'effettivo raggiungimento del limite di valore.
Si tratta indubbiamente di un ruolo assai delicato, nell'ambito del quale il responsabile del procedimento valuta da una parte le pretese dell'appaltatore, dall'altra le controdeduzioni del direttore dei lavori e , ove costituito, dell'organo di collaudo. Occorre incidentalmente ricordare che in base all'art. 10 del d.p.r. n. 554/99 vengono sottratte al diritto di accesso le relazioni riservate del direttore dei lavori e del collaudatore sulle domande e sulle riserve dell'appaltatore.
Nella veste sopra delineata il responsabile del procedimento, pur incardinato nella struttura organica della committenza, dovrebbe agire quale soggetto super partes, dotato di ampi poteri di indagine, penetrante capacità di valutazione e libertà di convincimento soprattutto con riferimento alla fondatezza delle riserve, giacchè se i requisiti formali di ammissibilità sono di facile riscontro, altrettanto non può dirsi circa l'analisi della pertinenza delle riserve.
La posizione di terzietà del responsabile del procedimento risulta in effetti scarsamente credibile, soprattutto ove si consideri che lo stesso, ai sensi dell'art. 7, comma4, del d.p.r. n. 554/99, può assumere, nei limiti delle proprie competenze professionali, anche le funzioni di progettista e direttore dei lavori: in tal caso potrebbe quindi trovarsi a dover sostenere scelte da lui stesso operate e quindi rinunciare alla posizione di neutralità richiesta dalla funzione esercitata.
Dal punto di vista formale viene preso in considerazione il fatto che le riserve siano state formulate per tempo, nella sede e nelle forme previste dalla legge (ad esempio una riserva espressa semplicemente per raccomandata non produce alcuna conseguenza), dal punto di vista sostanziale si tratta di indagare il merito e l'attendibilità dei danni lamentati dall'appaltatore.
In ordine alla ritualità e tempestività dell'iscrizione delle riserve va peraltro sottolineata l'indisponibilità della posizione della P.A. in ordine alla decadenza delle stesse, come di recente sottolineato dalla Suprema Corte di Cassazione (3).
Dal punto di vista sostanziale delle riserve, un'errata valutazione della loro portata e quindi il giudizio di infondatezza assegnato a riserve invece plausibili, avrebbe ripercussioni non indifferenti sulla stazione appaltante, contribuendo a generare una falsa rappresentazione della realtà circa lo sviluppo dell'appalto e creando quindi dei debiti occulti da dover poi onorare in sede giudiziaria.
La considerazione circa l'obbligo per l'Amministrazione committente di attivare la procedura relativa all'accordo al verificarsi del presupposto pone il problema delle conseguenze di una sua eventuale inerzia in tal senso.
E' ormai assodato in diritto che nella fase successiva all'aggiudicazione la Pubblica Amministrazione agisce iure privatorum e quindi in ambito civilistico senza prerogative d'autorità; pertanto parrebbe fuori luogo un intervento del giudice amministrativo finalizzato ad imporre alla stazione appaltante l'avvio della procedura di composizione bonaria, molto più plausibile sembrando invece il ricorso al giudice ordinario o al lodo arbitrale per la risoluzione della controversia, secondo le previsioni contenute nel capitolato speciale di appalto.
L'accordo bonario riveste la natura contrattuale propria dell'appalto su cui si innesta e costituisce una vera e propria fattispecie transattiva in cui le parti si riconoscono reciproche concessioni volte al superamento di una controversia (4). In quest'ambito pare riduttivo l'inciso di cui all'art. 10, comma 4, del D.M. n. 145/2000 dove si assegna titolo risarcitorio agli importi riconosciuti all'appaltatore ex art. 31 bis della legge Merloni.
Se infatti le somme riconoscibili fossero esclusivamente fondate sui danni subiti dall'appaltatore, verrebbe meno ogni possibilità di trattativa con lo stesso, rimanendo l'analisi del responsabile del procedimento vincolata e circoscritta alla mera constatazione di un dato di fatto (il danno), immodificabile sia nella natura che nell'importo.
Sostanzialmente la P.A. verrebbe a perdere ogni capacità di transare applicando l'ampio concetto di equità, restando invece rigidamente vincolata ad un accertamento obiettivo, totalmente avulso, tra l'altro, da ogni considerazione in ordine alle eventuali spese di un procedimento giudiziario o arbitrale.
Non sembra che questo possa essere l'intento del legislatore che, riguardo alle riserve, si esprime sulla loro "non manifesta infondatezza" e non sulla loro scientifica dimostrabilità.
E' ovvio che il riconoscimento della natura transattiva dell'accordo bonario può trovare nel responsabile del procedimento un attore scarsamente propenso ad assumere la responsabilità che deriva dal poter comporre la vertenza con l'impresa esecutrice attraverso il riconoscimento di somme che possono essere ontologicamente diverse da quelle rivendicate dall'appaltatore e, per alcune voci, anche maggiori rispetto a queste ultime.
Va tuttavia osservato che la responsabilità di cui trattasi può essere confinata ai soli casi di dolo o colpa grave, rimanendo altrimenti immune dal giudizio di legittimità. Non dovrebbe pertanto essere enfatizzato da parte del responsabile del procedimento il timore di esercitare quella capacità di apprezzamento discrezionale riconosciuta dallo stesso Ministero dei LL.PP. nella circolare 7.10.96 n. 4488/UL.
L'articolo 4 di quest'ultima prevede infatti che "i criteri guida ai quali il responsabile del procedimento dovrà informare la propria azione consistono nell'apprezzamento discrezionale della convenienza e della opportunità di addivenire ad un accordo bonario....": appare evidente che soprattutto il richiamo alla convenienza di comporre la controversia non può prescindere dalla considerazione del peso e dei riflessi che potrebbero avere sull'erario pubblico e sullo sviluppo dell'appalto atteggiamenti di rigidità formale nei riguardi delle pretese avanzate dall'appaltatore.
I contatti fra il responsabile del procedimento e l'appaltatore possono o meno rivelarsi produttivi ai fini del raggiungimento di un accordo bonario: solo nel primo caso il responsabile del procedimento "formula alla stazione appaltante una proposta di soluzione bonaria" (art. 149, comma 3, d.p.r. n. 554/99).
In questa fase la stessa stazione appaltante acquisisce gli eventuali ulteriori pareri ritenuti necessari, ad esempio quello della propria avvocatura, e, nei successivi sessanta giorni (termine ordinatorio) assume la propria decisione.
In merito al termine "decisione", va osservato come la legge Merloni ed il suo regolamento di attuazione propongono due termini diversi che sembrano confliggenti nell'identificare l'organo competente all'adozione del provvedimento: mentre la legge stabilisce infatti che l'amministrazione "delibera in merito con provvedimento motivato", il regolamento prevede che "la stazione appaltante, nelle forme previste dal proprio ordinamento, assume le dovute determinazioni in merito alla proposta e ne dà sollecita comunicazione al responsabile del procedimento e all'appaltatore".
Deliberazioni e determinazioni implicano riferimenti ad organi diversi: politico nel primo caso, dirigenziale nel secondo; la scelta circa l'adozione o meno della proposta di accordo bonario appare tuttavia un atto di indirizzo e controllo politico-amministrativo, come tale sottratta all'attività meramente gestionale svolta dalla dirigenza.
Sarà dunque l'organo di amministrazione politica (giunta o altro) ad assumere e comunicare la propria decisione in ordine all'ipotesi di accordo. Dopo la decisione di cui sopra, il responsabile del procedimento convoca le parti per la sottoscrizione del verbale di accordo bonario: in questa sede interviene a pieno titolo il dirigente dell'ufficio interessato al quale, in virtù dell'art. 107 del d.lgs. 18.8.2000 n. 267, compete la stipulazione dei contratti.
La sottoscrizione dell'accordo determina la definizione di ogni contestazione sino a quel momento insorta, pertanto l'appaltatore non potrà riproporre in nessuna forma riserve che abbiano a fondamento gli stessi motivi sottesi a quelle ormai risolte in sede transattiva. A garanzia del tempestivo accreditamento dell'importo riconosciuto, l'art. 149, comma 5, del d.p.r. n. 554/99 prevede che sulla somma riconosciuta in sede di accordo bonario sono dovuti gli interessi al tasso legale a decorrere dal sessantesimo giorno successivo alla sottoscrizione dell'accordo".
Appare opportuno sottolineare che nel caso in cui la procedura negoziale non approdi alla sottoscrizione dell'accordo, le dichiarazioni e gli atti del procedimento non sono vincolanti per le parti, per cui la loro acquisizione e produzione nel successivo giudizio non può arrecare alcune vantaggio né all'appaltatore né alla stazione appaltante.
Si evidenzia inoltre che la procedura di accordo bonario è nuovamente esperibile tutte le volte che le riserve espresse dall'appaltatore, ulteriori e diverse rispetto a quelle esaminate in precedenza, raggiungono nuovamente il 10% dell'importo contrattuale.
L'art. 32, comma 2, della legge n. 109/94 prevedeva che i verbali di accordo bonario e quelli attestanti il mancato raggiungimento dello stesso dovessero essere trasmessi all'Osservatorio dei lavori pubblici che opera alle dipendenze dell'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici; tale disposizione non è stata riproposta dall'art. 10 della legge 18.11.98 n. 415 che ha novellato il testo del suddetto articolo per cui deve ritenersi decaduto ogni obbligo di trasmissione dei verbali per il superiore controllo.
A conclusione di quanto sin qui detto, può essere preso in considerazione il caso in cui l'importo delle riserve iscritte nel corso dell'appalto non raggiunga il limite del 10% del valore contrattuale e. ultimati i lavori, vengano puntualmente confermate nel conto finale.
In tal caso manca il presupposto per l'attivazione in corso d'opera della procedura di cui all'art. 31 bis della legge n. 109/94; tuttavia nulla vieta che prima dell'approvazione del collaudo la stazione appaltante esperisca comunque un tentativo di composizione bonaria di contenuto assolutamente identico a quella ex art. 31 bis. In questa fase l'Amministrazione dispone infatti certamente della relazione riservata del collaudatore (che potrebbe mancare nel corso dei lavori qualora non fosse stato nominato il collaudatore in corso d'opera) e sulla scorta di questa, unitamente a quella redatta dal direttore dei lavori, il responsabile del procedimento potrebbe comunque promuovere un tentativo di transazione i cui esiti verrebbero deliberati dalla stazione appaltante assieme alle risultanze del collaudo, secondo quanto previsto dall'art. 204 del d.p.r. n. 554/99.
ARBITRATO
Non possono mancare, a conclusione di questo breve excursus, due parole sull'istituto dell'arbitrato. L'art. 32 della legge n. 109/94 prevede che "tutte le controversie derivanti dall'esecuzione del contratto, comprese quelle conseguenti al mancato raggiungimento dell'accordo bonario (...) possono essere deferite ad arbitri".
Si tratta, a ben vedere, di un contenzioso attinente posizioni di diritto soggettivo, la cui risoluzione può essere affrontata indifferentemente dal giudice ordinario o dal collegio arbitrale. Per poter accedere al giudizio arbitrale occorre tuttavia che gli atti contrattuali o un apposito compromesso ne prevedano l'esperibilità (art. 150 d.p.r. n. 154/99).
Rispetto all'arbitrato di cui agli artt. 43 e seguenti del vecchio capitolato generale di appalto del Ministero dei LL.PP. (d.p.r. 16.7.62 n. 1063), la nuova normativa riduce da 5 a 3 i componenti del collegio arbitrale, alla cui nomina provvedono sia le due parti in causa sia, per quanto attiene alla figura del presidente, la Camera Arbitrale per i lavori pubblici, istituita presso l'Autorità di vigilanza sui lavori pubblici.
Va osservato in proposito come per la nomina dell'arbitro le parti possano ricorrere a professionisti di particolare esperienza nella materia dei lavori pubblici, mentre per la nomina del presidente la Camera Arbitrale attinge ad un apposito albo, istituito presso la stessa, sulla base di criteri oggettivi e predeterminati. In aggiunta ai casi di incompatibilità di cui al codice di procedura civile, l'art. 151 del d.p.r. n. 554/99 sancisce il divieto di nomina ad arbitro per coloro che abbiano compilato il progetto o dato parere su di esso, ovvero diretto, sorvegliato o collaudato i lavori cui si riferiscono le controversie. Analogo divieto opera nei confronti di coloro che in qualsiasi modo abbiano espresso un giudizio o parere sulle controversie in causa.
In ottemperanza a quanto previsto dall'art. 32 della legge Merloni, il decreto del Ministero dei LL.PP. 2.12.2000 n. 398 è intervenuto a fissare le norme di procedura del giudizio arbitrale e le tariffe per la determinazione del corrispettivo dovuto al collegio.
Il vantaggio essenziale che offre l'istituto dell'arbitrato rispetto al giudizio ordinario è costituito dalla celerità della pronuncia: l'art. 9 del D.M. LL.PP. n. 398/2000 prevede infatti che il lodo deve essere pronunciato entro 180 giorni dalla data di costituzione del collegio. L'elemento che depone viceversa a sfavore dell'arbitrato è l'elevato costo dell'istituto, facilmente desumibile dalla lettura del tariffario allegato al D.M. sopra citato.
Il collegio arbitrale, tenendo conto dell'esito della lite e sulla base del numero delle domande accolte e degli importi riconosciuti in relazione alle richieste iniziali, stabilisce nel lodo a carico di quale parte e in che misura debbano gravare le spese del giudizio.
NOTE:
(1) In tal senso la sentenza della Corte di Cassazione, sez.I, 1.12.99 n. 13399 precisa che "l'onere dell'appaltatore di opere pubbliche di iscrivere tempestivamente, sotto pena di decadenza, nel registro di contabilità la riserva intesa a ottenere il riconoscimento di maggiori costi da lui sopportati nel corso dell'esecuzione dell'opera...., non è posta dal legislatore in funzione di mere esigenze contabili, bensì in ragione della tutela della Pubblica Amministrazione che, nell'esercizio della sua attività discrezionale, deve essere posta in grado di esercitare prontamente ogni necessaria verifica, e deve inoltre poter valutare, in ogni momento, l'opportunità del mantenimento ovvero del recesso dal rapporto di appalto in relazione al perseguimento dei fini di interesse pubblico".
(2) Di contrario avviso P. Piselli, La risoluzione delle controversie con particolare riferimento all'accordo bonario, in Rivista Trimestrale degli Appalti n. 2/96, Maggioli, pag. 220
(3) Vedi Cass. Sez. I, sent. 26.8.97 n. 8014 ove si afferma "...in materia di appalto di opere pubbliche, la circostanza che il diritto dell'appaltatore ai maggiori compensi per i quali è stata iscritta riserva sia disponibile non consente di ritenere disponibile anche la posizione dell'Ente pubblico tenuto al pagamento; tale Ente è, infatti, soggetto alle norme sulla contabilità pubblica e non può per questo rinunciare, né in forma espressa, né in forza di un comportamento tacito concludente, alla decadenza disposta dalla legge in ordine alla regolarità della procedura stabilita per l'iscrizione delle riserve nei registri di contabilità."
(4) cfr. P. Carbone, Brevi considerazioni sull'accordo bonario per la definizione delle controversie nell'esecuzione di opere pubbliche, in Rivista trimestrale degli appalti n. 3/2000, Maggioli, pag. 486
Autore: Marco Lo Giudice