Collaborazioni elusive - lavoro a progetto ' precarizzazione e  sommerso

 

La parasubordinazione è nozione comprensiva sia delle collaborazioni coordinate e continuative, sia del lavoro a progetto, sia di altre forme di prestazioni lavorative flessibilizzate e, quindi, in posizione mediana fra i due estremi della subordinazione e dell' autonomia . Tuttavia, alla luce della Riforma Biagi di cui alla L. n° 30/2004 ed al D.Lgs. n° 276/2003, come modificato dal recentissimo decreto correttivo N° 251/2004, il concetto de quo deve essere rivisitato alla luce delle nuove e molteplici tipologie contrattuali .

 Sinteticamente, la parasubordinazione implica autonomia, seppure in forma attenuata, ma, nel contempo, esige che la prestazione non sia meramente occasionale( continuità ),che essa sia funzionalmente connessa con le finalità  a cui mira la controparte senza peraltro tradursi in assoggettamento alle direttive datoriali come avviene nella" locatio operarum"  (  coordinazione ), che il lavoro personale del preposto prevalga sulla attività  svolta dai collaboratori e sull' utilizzo di una struttura di tipo materiale.

Le collaborazioni coordinate e continuative, seppure caratterizzate da un certo grado di autonomia, presente anche nel lavoro a progetto, si differenziano dal rapporto di lavoro autonomo di cui all' art. 2222 c.c. per la presenza in esse degli elementi indefettibili della coordinazione e della continuità da intendersi, rispettivamente, quali necessità di rapportarsi alla struttura del committente e di assicurare una prestazione a carattere continuativo.

Mentre nella " locatio operis "il lavoratore autonomo si obbliga al compimento di  un "opus" secondo modalità di luogo e di tempo autonomamente determinate, nelle co.co.co., il collaboratore si colloca in posizione funzionale rispetto all' organizzazione del committente.

Il legame è, dunque, essenzialmente di risultato in assenza di vincoli gerarchici.

Secondo quanto previsto dal recentissimo decreto correttivo n° 251/2004, dal 24 ottobre 2004 le co.co.co. non assimilabili a lavoro a progetto, cesseranno di esistere, fatta salva l' eventuale proroga con termine ultimo al 24 ottobre 2005, nell' ambito di accordi sindacali di transizione al nuovo regime, stipulati in sede aziendale su istanza dei sindacati più rappresentativi alivello nazionale. Accordi di transizione quali trattative volte a traslare i collaboratori verso il lavoro a progetto o quello subordinato od altra fattispecie  flessibile fra quelle contemplate dal D.Lgs. n° 276/2003.

Per lavoro a progetto deve intendersi una nuova tipologia contrattuale preordinata all' ottenimento di un risultato finale mediante la predisposizione di un programma particolareggiato di ciò che si  vuole o si deve fare nell' ambito di una certa attività.

Occorre un riferimento preciso ad un programma o ad un progetto determinati dal committente ed autonomamente gestiti dal collaboratore in funzione del risultato, in osservanza al coordinamento con l' organizzazione del committente ed a prescindere dal tempo impiegato per l' espletamento dell' attività lavorativa. Se il progetto è un risultato tangibile da raggiungere, il programma è un' esposizione ordinata e particolareggiata di ciò che si vuole o si deve fare nell' ambito di una determinata attività.

Rilevano, dunque, progetto e programma, ma anche autonomia del collaboratore, necessario coordinamento con il committente, irrilevanza del tempo impiegato per l' esecuzione della prestazione.

La peculiarità tipologica del lavoro a progetto non consente  la sua omologazione a quello autonomo e neanche a quello subordinato  

Sono previste la forma scritta del contratto" ad substantiam actus ", nonché la predeterminazione della durata della prestazione, l' indicazione del corrispettivo e dei relativi criteri di calcolo atti a determinarne l' ammontare, l' indicazione dei tempi, delle modalità dei pagamenti e della disciplina dei rimborsi, le prescrizioni antinfortunistiche.

Sul collaboratore a progetto incombe l' obbligo di riservatezza  stante  che gli è inibita attività in concorrenza  ed, in ogni caso, la diffusione di notizie ed apprezzamenti sui programmi e sull' organizzazione dei committenti o porre in essere in qualsiasi modo atti pregiudizievoli alle attività degli stessi.

La certificazione del contratto innanzi alle apposite commissioni è finalizzata ad evitare vertenze in merito alla qualificazione del rapporto.

L' assenza di limitazioni oggettive con riferimento alla durata ed al corrispettivo  contrattuale è strettamente funzionalizzata  all' esigenza di realizzazione del progetto in piena autonomia, mentre il corrispettivo deve intendersi proporzionato alla quantità e qualità del lavoro eseguito.

Ciò premesso, le co.co.co. non sarebbero state sostituite o dal lavoro a progetto o dal rapporto di lavoro subordinato o da altre ipotesi previste dalla Riforma  se non avessero dato pessima prova di sé prestandosi ottimamente ad eludere obblighi contributivo- assicurativo- giuslavoristici. Ciò fermo restando che il modello teorico è perfettamente  condivisibile essendo stato per anni il paradigma della parasubordinazione e la formula compromissoria per antonomasia fra lavoro dipendente e lavoro autonomo. Ma dal punto di vista pratico, le collaborazioni, con le debite eccezioni, si sono rivelate uno strumento negoziale in frode alla legge teso a ridurre costi ed oneri previdenziali e ad aggirare i vincoli di una disciplina normativa volta ad apprestare adeguata tutela  al lavoratore.

Peraltro, è semplicistico ritenere che le co.co.co. siano state soltanto una facile scappatoia per i datori di lavoro onde evitare l' assunzione di personale e l' instaurazione di rapporto di lavoro subordinato; per l' altrettanto, è pur vero che esse possono, in talune specifiche ipotesi connotate da un certo grado di professionalità, essere preferite dallo stesso lavoratore . Se, dunque, criminalizzare indiscriminatamente l' istituto non ha senso, è, invece, densa di significato la scelta del Legislatore di decretarne la fine ponendo l' alternativa del lavoro a progetto o di altre formule flessibilizzate qualora non si addivenga al rapporto dipendente vero e proprio. Se, apparentemente, il lavoro a progetto, presupponente requisiti ben più stringenti, dovrebbe, nelle intenzioni, evitare fenomeni distorsivi del sistema, nulla esclude che l' elusione permanga utilizzando proprio quegli elementi tesi a frenare gli abusi.

In assenza di sostrato giurisprudenziale in materia ( e, nelle more, che si consolidi un qualche orientamento )  è alquanto prevedibile che la co.co.co. finirà con il tradursi in lavoro a progetto e che in misura molto più limitata sfocerà in subordinazione  validando ciò che era lavoro dipendente sin dall' inizio  e fittiziamente mascherato da collaborazione coordinata e continuativa.

Naturalmente, ciò significherà  che gli accertamenti ispettivi degli enti pubblici previdenziali non saranno quantitativamente minori rispetto al passato, ma sicuramente saranno qualitativamente differenti in relazione alla loro ( obbligata ) parametrazione ad un modello normativo quale il lavoro a progetto  ( parametrazione  prima assente in ragione della carenza di una formula definitoria legislativa ai fini assicurativo- previdenziali delle co.co.co. ).      

E, comunque, alquanto evidente che il lavoro a progetto, seppure oramai sussunto a simbolo della nuova disciplina, vada in ogni caso rapportato  globalmente alla Riforma Biagi che di tipologie ad elevata flessibilità ne prevede plurime e non una sola.

Flessibilizzazione non equivale a precarizzazione. Piuttosto è l' uso distorto e strumentale della prima che può giocare pesantemente a favore della seconda.    

E' evidente che oltre a poter sfociare in lavoro a progetto o dipendente od in altra tipologia flessibile, le collaborazioni sono anche suscettibili di tradursi in sommerso ovvero nella proliferazione delle partite I.V.A..Tuttavia, finchè  non sia superata la fase di transizione, asserire che dalle collaborazioni sia proliferato il lavoro nero, è alquanto prematuro, fermo restando che alcuni istituti di fondamentale importanza quali la riforma dei servizi ispettivi e la certificazione dei contratti di lavoro, previsti dal D. Lgs. n° 276/2003 hanno trovato la prima attuazione operativa soltanto di recente . E la lotta alle false collaborazioni simulate presuppone che i servizi ispettivi degli enti previdenziali vadano anche a verificare come mai molti rapoorti di co.co.co. siano stati prorogati oltre il termine del 24 ottobre, quando detta proroga non era più possibile salvo specifica intesa sindacale. D' altro canto, le scarse intese collettive intervenute a gestire la transizione non sono state raggiunte a livello aziendale come prescritto dal Legislatore rendendo inevitabile il termine finale del 24 ottobre 2005 di cui al decreto correttivo.   

Autori: Avv. Rosa Francaviglia e Dott.ssa Elena Brandolini - Magistrati della Corte dei Conti - tratto dal sito www.diritto.it