Cassazione Civile, Sez. III°,
14/12/2007 n. 26290

Pres. VARRONE Michele - Est. FILADORO Camillo - P.M. CENICCOLA Raffaele - A.C. c. G.B.

FATTO E DIRITTO

A.C. ha proposto ricorso per cassazione avverso la decisione della Corte d'Appello de l'Aquila del 27 maggio depositata il 5 agosto 2003, con la quale l'A., in solido con G.A., è stato condannato a pagare a G.B. la somma capitale di Euro 3.227,86 oltre interessi legali dalla domanda al saldo.

La richiesta dell'originario attore ( G.) trovava la sua origine nel fatto che:

- Il G., nel lontano anno 1980 e per una causa di lavoro iniziata negli anni 70, era stato condannato (in solido con la F.A.S.A.: Federazione Autonoma Sindacati Artigiani) a pagare ad un ex dipendente, D.M.M.L., la somma di L. 9.659.288 per differenze retributive;

- la ex dipendente aveva transatto la vertenza ricevendo la somma complessiva di L. 12.500.000, dallo stesso G.;

- quest'ultimo aveva, quindi, richiesto alla FASA il rimborso di metà di quanto versato;

- poichè, tuttavia, FASA aveva cessato di esistere, il G. aveva chiesto ai due Presidenti della Federazione che si erano succeduti nel tempo il pagamento di L. 6.250.000 oltre interessi (pari alla metà di quanto effettivamente corrisposto alla D. M.).

I giudici di appello, riformando la decisione di primo grado, preso atto del carattere definitivo della pronuncia che sanciva la responsabilità solidale di G. e FASA, nonchè della circostanza che il primo aveva saldato il debito con la D.M., osservavano che nel tempo in cui la stessa aveva lavorato nella Federazione si erano succeduti alla Presidenza della Federazione, in tempi successivi, prima A. e poi G..

Entrambi correttamente erano condannati in solido al pagamento della metà di quanto versato dal G. alla ex dipendente.

Avverso tale decisione l'A. ha proposto ricorso per cassazione sorretto da due motivi, illustrati da memoria.

Resiste G. con controricorso.

G. non ha svolto difese nel presente giudizio.

Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 324 c.p.c. e dell'art. 2909 nella parte in cui il giudice di appello ha ritenuto che il giudice di primo grado (con la sentenza 21 marzo 1994 resa nel procedimento del 1985 n. 1282) non avesse preso atto del giudicato esistente sul tema della ripartizione della responsabilità tra FASA e G., ma avesse invece deciso la causa (anche) sulla base di altre considerazioni.

Nessun giudicato si era infatti formato in ordine alla responsabilità del G. dell' A.. Questi ultimi non avevano partecipato al giudizio svoltosi tra G., D.M. e FASA. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia omessa e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia ed erronea applicazione dei presupposti di cui all'art. 38 c.c. e dei principi che regolano l'onere della prova.

In realtà non si era formato alcun giudicato in ordine all'accertamento della responsabilità del G. e dell' A..

Solo il G. aveva provveduto alla assunzione della D.M..

I vari Presidenti della Federazione che si erano succeduti negli anni erano rimasti del tutto estranei alla vicenda ed al giudizio che si era svolto.

I due motivi, da esaminare congiuntamente, sono inammissibili.

Attraverso la denuncia di vizi motivazionali e di violazione di norme di legge, il ricorrente richiede a questa Corte una diversa interpretazione delle risultanze processuali, inammissibile in questa sede.

I giudici di appello hanno accertato che A. era Presidente della Associazione al tempo in cui la D.M. fu assunta e che G. ricopriva tale carica nel momento in cui furono accettate le dimissioni della stessa D.M. ma hanno considerato gli stessi responsabili per le obbligazioni assunte per l'associazione e non per le cariche ricoperte. Secondo il consolidato insegnamento di codesta Corte la responsabilità personale e solidale per le obbligazioni di una associazione non riconosciuta, prevista dall'art. 38 c.c. a carico di chi abbia agito in rappresentanza dell'associazione medesima, permane anche dopo la perdita del potere di rappresentanza.

Ne consegue che il presidente di una associazione non riconosciuta è passivamente legittimato all'azione del creditore anche dopo la cessazione della carica con riguardo alle obbligazioni che risalgono al periodo in cui ha svolto le funzioni di presidente (Cass. 13 marzo 1987 n. 2648).

Sotto altro profilo, i giudici di appello hanno accertato che sia il G. che l'A. avevano avuto un ruolo attivo nella gestione del rapporto di lavoro della dipendente D.M., e quindi erano stati chiamati in causa non solo per la loro qualità ed incarico di Presidenti della associazione ma per l'attività negoziale svolta con riferimento alla posizione lavorativa della D. M..

Entrambi i Presidenti, sottolinea la Corte territoriale, (secondo le prove raccolte nel giudizio di primo grado) avevano avuto un ruolo attivo nella instaurazione e nella gestione del rapporto di lavoro (Cass. 8919 del 2004).

La responsabilità personale e solidale dei soggetti facenti parte di una associazione, ha ricordato la Corte, è collegata non già alla titolarità della rappresentanza dell'associazione e neppure al contributo alla formazione della sua volontà bensì soltanto all'attività negoziale, espressiva della volontà nei confronti dei terzi e così idonea alla costituzione di rapporti obbligatori nei loro confronti (Cass. 17 dicembre 1962 n. 3384, 14 dicembre 1977 n. 5456, 18 gennaio 1978 n. 236, 27 dicembre 1991 n. 13946).

Chi invoca la detta responsabilità è onerato della prova di quell'attività negoziale (Cass. 21 maggio 1998 n. 5089, n. 8919 del 2004).

Tale prova, ha concluso la Corte territoriale, era stata ampiamente fornita dall'originario attore, il quale aveva dimostrato che sia A. che G. si erano interessati, sia pure in tempi successivi, della concreta gestione del rapporto di lavoro della D.M..

Anzi era stato proprio A. ad assumere la D.M., che aveva poi dato le dimissioni nelle mani del nuovo Presidente, G..

In tal modo, i giudici di appello hanno mostrato di conoscere, e di applicare correttamente, l'insegnamento di questa Corte, per il quale ciò che rileva, ai fini della responsabilità di cui all'art. 38 c.c., non è tanto la carica rivestita al momento dei fatti, ma anche e soprattutto l'attività negoziale concretamente svolta da tali soggetti e la circostanza che i terzi abbiano fatto affidamento sulla loro solvibilità e sul loro patrimonio (Cass. n. 718 del 2006, 455 del 2005, 5089 del 1998; cfr. anche Cass. n. 1227 del 1977).

Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato.

Sussistono tuttavia giusti motivi, in considerazione delle questioni dibattute, per disporre la compensazione delle spese di questo giudizio di cassazione tra le parti costituite.


P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Compensa le spese di questo giudizio tra le parti costituite.