Cass. Civ., sez. I, 12/06/07 n. 13769

 


 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con la sentenza impugnata la Corte d'appello di Palermo ha confermato la condanna dell'ENEL DISTRIBUZIONE s.p.a. al pagamento della somma di Euro 80.496,05 in favore del FALLIMENTO CEI PARRINELLO s.r.l., quale corrispettivo di contratti d'appalto stipulati con la società poi fallita.

Hanno ritenuto i giudici del merito:

a) il credito opposto in compensazione dall'ENEL Distribuzione s.p.a., non era ammesso alla compensazione perchè di non facile e pronta liquidazione;

b) non era possibile nè la riunione dei procedimenti, essendo funzionale e inderogabile sia la competenza del tribunale fallimentare sia la competenza del giudice dell'opposizione a decreto ingiuntivo con la quale la compensazione era stata eccepita, nè la sospensione del giudizio promosso dalla curatela, perchè, prevalendo la norma speciale dell'art. 1243, comma 2, su quella generale dell'art. 295 c.p.c., l'eccezione di compensazione non ammette la sospensione del giudizio in attesa dell'accertamento in altro giudizio del credito opposto in compensazione.

Contro la decisione d'appello ricorre ora per cassazione l'ENEL DISTRIBUZIONE s.p.a. e propone due motivi d'impugnazione, cui resiste con controricorso il FALLIMENTO CEI PARRINELLO s.r.l..


MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione della L. Fall., art. 56, art. 1243 c.c., e art. 112 c.p.c., vizi di motivazione della decisione impugnata. Lamenta l'omesso esame o comunque l'erronea interpretazione del motivo d'appello con il quale era stata dedotta la facile e pronta liquidazione del credito opposto in compensazione, determinato in L. 185.766.308 in base alla prova documentale e testimoniale già acquisita. Inoltre il giudice del merito ha erroneamente interpretato L. Fall. art. 56, quando ha affermato che il creditore in bonis non può opporre al fallimento un credito di non facile e pronta liquidazione vantato verso il fallito, ma deve farlo valere in separato giudizio. Infatti, se il giudice adito dalla curatela fallimentare nega la compensazione, il creditore in bonis, che ha pagato il proprio debito, viene pagato in moneta fallimentare per il proprio credito, in contraddizione con la ratio della L. Fall., art. 56, così come intesa dalla giurisprudenza in conformità al principio costituzionale di eguaglianza, che risulterebbe altrimenti violato.

Con il secondo motivo la ricorrente deduce violazione della L. Fall., art. 56, art. 1243 c.c., e art. 295 c.p.c..

Lamenta innanzitutto che erroneamente i giudici del merito hanno escluso la possibilità di riunire al giudizio di insinuazione tardiva del suo credito nel passivi del FALLIMENTO CEI PARRINELLO s.r.l. il giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo nel quale tale credito era stato opposto in compensazione alla curatela fallimentare. La riunione sarebbe stata infatti possibile, perchè entrambi i giudizio appartenevano alla competenza del medesimo tribunale.

Lamenta in secondo luogo che erroneamente i giudici del merito abbiano negato la sospensione del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo in attesa dell'accertamento del credito insinuato nel passivo fallimentare. Contrariamente a quanto argomentato dai giudici del merito, l'art. 295 c.p.c., prevede appunto la sospensione del giudizio, quando la decisione dipenda dalla risoluzione di altra controversia.

2. Il ricorso è fondato.

In ragione del fondamento equitativo della deroga al concorso derivante dalla L. Fall. art. 56, in favore dei soggetti che si trovino a essere al contempo creditori e debitori del fallito, infatti, la giurisprudenza di questa Corte ne riconosce da tempo l'applicabilità "anche alla compensazione giudiziale, ancorchè la pronuncia giudiziale che attribuisce ad uno dei due crediti carattere di liquidità sia intervenuta dopo l'apertura della procedura concorsuale, quando il fatto genetico del credito sia anteriore alla dichiarazione di fallimento" (Cass., sez. 1, 6 settembre 1996, n. 8132, Cass., sez. un., 16 novembre 1999, n. 775).

Questo riconoscimento pone in realtà i problemi procedurali evocati dai giudici del merito, ma si tratta di problemi che sono stati già risolti dalle Sezioni unite di questa Corte.

Premessa l'improcedibilità della domanda riconvenzionale con la quale il creditore del fallito faccia valere in compensazione un credito verso il fallito nel giudizio promosso nei suoi confronti dal curatore fallimentare, si è invero riconosciuto che, quando la compensazione sia fatta valere in via di mera eccezione dal creditore in bonis, la compensazione giudiziale debba essere resa possibile con la riunione dei giudizi o in alternativa con la sospensione del giudizio ordinario, se in sede fallimentare penda il giudizio di opposizione allo stato passivo ovvero di insinuazione tardiva. Si è ritenuto in particolare che, "se dopo l'esaurimento della fase sommaria della verifica, sia proposto dal creditore giudizio di opposizione allo stato passivo o per dichiarazione tardiva di credito ed anche la causa promossa dal curatore penda davanti allo stesso ufficio giudiziario, è possibile una trattazione unitaria delle due cause nel quadro dell'art. 274 c.p.c., ove ne ricorrano gli estremi;

possibilità che sussiste anche quando le due cause siano pendenti davanti ad uffici giudiziari diversi, potendo trovare applicazione i criteri generali in tema di connessione se non si siano verificate preclusioni e sempre che il giudice davanti al quale il curatore ha proposto la sua domanda non sia investito della competenza per ragioni di competenza inderogabile, dovendo la "translatio" comunque aver luogo nella sede fallimentare. Qualora non si possa giungere a questo risultato, va verificata la sussistenza dei requisiti per l'applicazione dell'art. 295 c.p.c., fermo restando che la sospensione deve riguardare la causa promossa in sede ordinaria" (Cass., sez. un., 10 dicembre 2004, n. 23077, m. 578274, Cass., sez. un., 12 novembre 2004, n. 21499, m. 578019).

Sicchè la particolare disciplina dettata dalla L. Fall. art. 56, deroga anche al principio secondo il quale "la compensazione giudiziale prevista dall'art. 1243 c.c, presuppone l'accertamento del contro - credito da parte del giudice innanzi al quale la compensazione medesima è fatta valere, mentre non può fondarsi su un credito la cui esistenza dipenda dall'esito di un separato giudizio in corso", con la conseguenza che non è ammessa la sospensione ex art. 295 c.p.c., (Cass., sez. 3, 17 gennaio 2001, n. 580, m. 543207, Cass., sez. 3, 1 settembre 2000, n. 11496, m.

539933). Diversamente da quanto avviene quando entrambe le parti sono in bonis, infatti, il diniego della compensazione ex art. 1243 c.c., inciderebbe sostanzialmente sulla pretesa del creditore in bonis del creditore fallito.

Tuttavia la compensazione non può essere riconosciuta se non in sede fallimentare, perchè, anche quando sia stata dedotta solo in via di eccezione, presuppone comunque l'accertamento del debito del fallito.

E ciò comporta che il giudizio ordinario debba essere sospeso o riunito a quello pendente dinanzi al tribunale fallimentare, ove un giudizio di insinuazione tardiva o di opposizione allo stato passivo sia effettivamente in corso.

Contrariamente a quanto ritenuto dai giudici del merito, dunque, nel caso in esame sarebbe stata possibile sia la riunione dei giudizi, pendenti entrambi dinanzi al medesimo tribunale, sia la sospensione del giudizio ordinario in attesa della decisione sulla domanda di insinuazione al passivo del credito fatto valere dall'ENEL distribuzione s.p.a..

La sentenza impugnata va pertanto cassata con rinvio ai giudici del merito, che verificheranno la possibilità di una decisione contestuale sulle opposte pretese delle parti ovvero sull'esigenza di sospendere il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, ove non sia stato ancora definito il giudizio pendente in sede fallimentare.


P.Q.M.

La Corte cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese ad altra sezione della Corte d'appello di Palermo.