Cassazione Civile, sez. I°, 02/05/2006 n. 10138

 

Pres. DE MUSIS Rosario
Est. CAPPUCCIO Giammarco
P.M. UCCELLA Fulvio

FINCONSULTING s.r.l. in liquidazione c. UNIVERSITA' COMMERCIALE LUIGI BOCCONI MILANO


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il tribunale di Milano, dopo aver dichiarato l'inefficacia, perchè tardivamente notificato, del decreto ingiuntivo 23.03.93, affermava la propria competenza, per territorio e per valore, a giudicare sulla domanda proposta dalla Università Commerciale Luigi Bocconi nei confronti della Finconsulting. S.r.l. in liquidazione, che condannava al pagamento di L. 4.522.000 per il corso svolto dalla Bocconi, considerando irrilevante la mancata partecipazione al corso - in quanto non dipendente da fatto imputabile all'Università- e vincolante il contratto, non avendo la Finconsulting dato tempestiva disdetta.

Appellava la società, censurando la sentenza di primo grado in punto di competenza, e, nel merito, per aver rigettato l'eccezione di prescrizione annuale del credito, per aver ritenuto sussistente l'obbligazione nonostante che l'Università non avesse erogato alcuna prestazione, per aver considerato efficaci le clausole 3.2 e 3.3. che, quantunque vessatorie - limitavano il diritto di recesso e fissavano il risarcimento in misura eccessiva - erano prive di specifica approvazione per iscritto.

Per quanto più in particolare interessa in questa sede, sosteneva infine la società che il contratto non poteva ritenersi concluso perchè nel modulo era previsto che l'iscrizione al corso si intendeva perfezionata al momento della sottoscrizione del modulo stesso in ogni sua parte, mentre mancava la doppia sottoscrizione richiesta.

La C.d.A. di Milano, con sentenza 28.03/25.09.01, rigettava l'appello rilevando, in particolare, che il proponente poteva considerare il contratto concluso anche se l'accettazione era stata data in forma diversa da quella richiesta, perchè il requisito era posto nel suo interesse, ed era quindi libero di non avvalersene: come, in effetti, era avvenuto nel caso in esame.

Con ricorso notificato l'8.11.02, la Finconsulting S.r.l. in liquidazione censurava la sentenza d'appello per due motivi.

L'Università intimata non ha svolto attività difensiva.


MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo, si deduce violazione dell'art. 1326 c.c., comma 4, e correlato vizio di motivazione. Espone la ricorrente che la clausola del modulo di partecipazione al corso "il commercialista e l'azienda" ("in ogni caso l'iscrizione si intenderà perfezionata al momento del ricevimento, da parte della SDA della presente scheda compilata e sottoscritta in tutte le sue parti") comportava l'apposizione di due distinte firme: una nello spazio "firma per l'accettazione" e l'altra nello spazio "firma per la specifica approvazione delle clausole 3.2 e 3.3", mentre il legale rappresentante della Finconsulting s.r.l. aveva apposto solo la firma per accettazione, limitandosi ad apporre il timbro della società, senza firmare, nello spazio destinato alla specifica approvazione. In conseguenza, il contratto non si era perfezionalo e la sentenza, disattendendo tale eccezione, era incorsa in violazione del principio che ravvisa la conclusione del contratto solo quando proposta ed accettazione siano conformi, nonchè in erronea interpretazione dell'art. 1326 c.c., comma 4 che non prevede una rinuncia alla forma richiesta nè prevede che la conclusione possa avvenire senza che l'accettante possa aver contezza dell'intenzione del proponente di ritenere comunque valida l'accettazione, ancorchè priva della forma richiesta. Tale effetto, secondo la dottrina, presuppone che sia accertato se l'accettante, non ponendo in essere la forma richiesta dal proponente, intenda fare una dichiarazione che valga come accettazione della proposta e che sia acclarata, inoltre, la sua conoscenza del valore che il proponente ha dato alla accettazione, sia pure, al limite, dandone avviso all'accettante, conformemente a quanto prevede, per la tardiva accettazione, l'art. 1326 c.c., comma 3. Nonostante le ferme contestazioni svolte dalla società, la sentenza impugnata aveva omesso tali verifiche. Ulteriore argomento a sostegno della tesi esposta poteva trarsi dall'art. 1352 c.c., norma che prevede la nullità del contratto per inosservanza della forma predeterminata convenzionalmente.

Il motivo va rigettato. Anzitutto, gli elementi sui quali la parte ricorrente basa la propria ricostruzione non sono idonei a suffragarla. La approvazione specifica - prevista, dall'art. 1341 c.c., per le clausole vessatorie predisposte dal contraente 'fortè- non incide sulla formazione del consenso, ma soltanto sulla efficacia delle clausole non sottoscritte che, in caso di mancata approvazione specifica, si considereranno non apposte. La previsione, nel modulo, che l'iscrizione al corso didattico "si intenderà perfezionata al momento del ricevimento ...della scheda compilata e sottoscritta in tutte le sue parti" non implica che per la conclusione del contratto sia indispensabile una doppia sottoscrizione, perchè rimane indimostrato che l'intento del proponente fosse quello di non ritener valido il contratto se carente dell'approvazione specifica di alcune clausole (oltretutto, secondo l'incensurata interpretazione della Corte d'appello, non vessatorie e quindi già impegnative con la sottoscrizione dell'intera proposta per accettazione). Nè è possibile stabilire analogie con quanto dispone l'art. 1352 c.c.. perchè quest'ultima norma provvede su una ipotesi nella quale le parti hanno convenzionalmente stabilito, mediante un contratto preliminare, che tutti i loro futuri rapporti dovranno soggiacere a determinati requisiti di forma per essere validamente conclusi e la forma è quindi convenuta e non meramente proposta.

E' vero che la sentenza impugnata sembra aver accettato l'interpretazione che, della proposta, ha offerto la ricorrente perchè, per rigettarla, ha affermato: "all'eccezione ex art. 1326 c.c., comma 4, si deve replicare osservando che tale norma è posta a tutela del proponente ("qualora il proponente richieda ...") che è libero di non avvalersene considerando, come nella specie, concluso il contratto anche se l'accettazione è stata data in forma diversa da quella richiesta" ma anche seguendo questa impostazione, il motivo di ricorso va rigettato. In primis, perchè quanto ha deciso la sentenza d'appello è conforme alla giurisprudenza di questa Corte (Cass. 406/04; 12344/03; 13277/00; 1306/90; 499/88; 5839/82); in secondo luogo perchè i rilievi della ricorrente - circa la necessità di una indagine sulle intenzioni di chi ha accettato senza osservare la forma proposta e circa la necessità che, dell'intenzione di ritenere idonea l'accettazione in forma diversa, il proponente dia tempestiva ed adeguata notizia - costituiscono nuove eccezioni basate su circostanze di fatto non dedotte dinanzi al giudice del merito, al quale la ricorrente avrebbe dovuto chiedere di accertare che, dopo la restituzione del modulo sottoscritto, l'università non aveva in alcun modo mostrato di aver accettato l'iscrizione.

Col secondo motivo, la sentenza viene censurata per violazione dell'art. 1453 c.c., dell'art. 115 c.p.c. e art. 2697 c.c., e per correlato vizio di motivazione. L'Università non aveva dato, nel corso del giudizio, alcuna prova dell'adempimento della obbligazione a suo carico: non aveva cioè dimostrato di aver tenuto il corso di formazione e istruzione oggetto del contratto, nonostante l'eccezione - che nessuna prestazione era stata eseguita o comunque erogata a favore della Finconsulting - sollevata sia in primo che in secondo grado dalla società. La motivazione della sentenza, che nel caso di contratto avente ad oggetto l'effettuazione di un corso, a nulla rileva che l'iscritto non vi abbia partecipato, avendo la controparte già sopportato il relativo costo, assumeva quindi come dimostrato lo svolgimento del corso, senza che nessuna prova in tal senso fosse stata fornita dalla università, sulla quale incombeva l'onere, data la contestazione da parte della Finconsulting, che aveva, sin dalle prime battute del giudizio, eccepito di non aver ricevuto alcuna controprestazione per la somma pretesa ed aveva, a più riprese, dedotto di non aver mai usufruito delle prestazioni per cui l'università chiedeva il pagamento.

Anche il secondo motivo è infondato. L'eccezione di mancata fruizione, sollevata dalla società nel giudizio di merito, non coincide, nè in fatto nè in diritto, con l'eccezione di mancato adempimento -ovverosia, di mancata esecuzione del corso - sulla quale si imposta il motivo di censura, riferendosi la prima ad un comportamento del creditore e la seconda ad un comportamento del debitore, configurandosi la prima come una eccezione di recesso o di impossibilità sopravvenuta e la seconda come una eccezione di inadempimento. A fronte della decisione del tribunale - che, come riportato in narrativa, considerava irrilevante la mancata partecipazione al corso dedotta dalla Finconsulting in quanto non dipendente da fatto imputabile all'Università- era onere della appellante segnalare che la sua eccezione era stata fraintesa dal giudice di primo grado e provare che il corso non aveva avuto luogo o, se aveva avuto luogo, che non ne aveva avuto notizia (S.U. 28498/05) anzichè limitarsi a ribadire la mancata fruizione.

Esattamente, perciò, la sentenza impugnata ha considerato che i termini della contestazione non involgevano la esecuzione del corso, ma solo l'obbligo del pagamento, anche se la società non aveva potuto - o voluto - frequentare le lezioni.

Poichè l'intimata università non ha svolto attività difensiva, non v'è luogo a provvedere sulle spese.


P.Q.M.

Rigetta il ricorso.