Corte di Cassazione - Sezione II° Civile
02/12/2003 - 14/05/2004 n. 9200

 

La Corte Suprema di Cassazione  -  Sezione II
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Franco PONTORIERI - Presidente
Dott. Giandonato NAPOLETANO - rel. Consigliere
Dott. Giovanna SCHERILLO - Consigliere
Dott. Francesco Paolo FIORE - Consigliere
Dott. Emilio MIGLIUCCI - Consigliere
ha pronunciato la seguente:

Sentenza

sul ricorso proposto da:
GUERCI GIUSEPPE, elettivamente domiciliato in ROMA VIA ARCHIMEDE 44, presso lo studio dell'avvocato STEFANO COEN, che lo difende unitamente all'avvocato IVO MARIO RUGGERI, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
CEBA S.R.L., in persona dell'amm.re unico pro tempore BENEDETTO PALCHETTI, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEGLI SCIPIONI 132, presso lo studio dell'avvocato GIANCARLO BONANNI, che lo difende unitamente all'avvocato VASCO CARDOSO, giusta delega in atti;
- controricorrente -
e contro
ZETTI CECCHERINI SILVANA, CECCHERINI DE ANGELI DANIELA, elettivamente domiciliati in ROMA VIA PARIGI 11, presso lo studio dell'avvocato GIANLUCA MARUCCHI, difesi dall'avvocato RENZO SERAFINO VECOLI, giusta delega in atti;
- controricorrenti -
e contro
CECCHERINI GIUSEPPE;
- intimato -
avverso la sent. n. 1453/99 della Corte d'Appello di FIRENZE, depositata il 23 novembre 1999;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 2 dicembre 2003 dal Consigliere Dott. Giandonato NAPOLETANO;
udito l'Avvocato COEN Stefano, difensore del ricorrente che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
udito il p.m. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. APICE Umberto che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

Giuseppe Querci, agendo in surrogatoria, ai sensi dell'art. 2900 c.c., rispetto a Giuseppe Ceccherini, con atto di citazione notificato in data 24 gennaio 1996 convenne innanzi al Tribunale di Firenze il Ceccherini e la C.E.B.A. s.a.s. (nel corso del giudizio trasformatasi in s.r.l.), con sede in Firenze, esponendo che: con scrittura in data 8 febbraio 1979 la società convenuta aveva promesso in vendita al Ceccherini due unità immobiliari facenti parte di un edificio condominiale posto in Campi Bisenzio e posti, uno, al piano - terra, l'altro al primo piano dell'edificio; a sua volta, con scrittura privata in data 23 settembre 1980, il Ceccherini si era obbligato a vendergli le stesse unità immobiliari; egli, a fronte del complessivo prezzo di L, 865.662.000, aveva versata la somma di L. 805.000.000, essendo stato convenuto che il saldo fosse coperto da accollo, da formalizzarsi alla stipula del contratto definitivo, del residuo debito bancario contratto dalla C.E.B.A. s.a.s., il Ceccherini si sottraeva all'adempimento del definitivo, pretendendo somme non dovute.
Ciò premesso, l'attore chiese che, ai sensi dell'art. 2932 c.c., fossero prodotti gli effetti dei due contratti definitivi di compravendita non conclusi.
Nel contraddittorio con i convenuti, l'adito tribunale, dichiarata la cessazione della materia del contendere con riferimento all'immobile sito al piano - terra, rigettò la domanda proposta dal Querci con riferimento all'altra unità immobiliare ed, accogliendo la domanda riconvenzionale proposta dalla "C.E.B.A.", dichiarò risolto il contratto preliminare dell'8 febbraio 1979 per inadempimento del Ceccherini, che condannò, in solido col Querci, a risarcire i danni alla "C.E.B.A.".
La sentenza fu appellata, con gravame principale, dal Querci e, con gravame incidentale, dalla "C.E.B.A." e l'adita Corte di Appello di Firenze, nella contumacia del Ceccherini, con sentenza resa in data 23 novembre 1999, ha rigettato l'appello principale ed, accogliendo quello incidentale, ha disposto che il credito risarcitorio della "C.E.B.A." nei confronti del Querci e del Ceccherini fosse rivalutato a far tempo dal 1° gennaio 1989 e sino alla data della sentenza d'appello.
Il Querci ha proposto ricorso per Cassazione notificato alla sola C.E.B.A. s.r.l., che ha resistito con controricorso.
All'udienza del 13 novembre 2002 è stata ordinata l'integrazione del contraddittorio nei confronti del Ceccherini Giuseppe, fissandosi, all'uopo, il termine di 90 giorni dalla data dell'ordinanza.
Con atto notificato in data 28 gennaio 2003 il ricorrente ha chiamato in giudizio Silvana Zetti, ved. Ceccherini, e Daniela Ceccherini, in De Angeli, nella qualità di eredi del Ceccherini Giuseppe, esponendo che questi era deceduto il 30 settembre 1988.
Le due chiamate in causa, costituendosi con controricorso, hanno eccepito di aver rinunciato all'eredità del Ceccherini con atto in data 10 gennaio 1989, prodotto in copia autentica.

Motivi della decisione

Col primo motivo il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell'art. 1455 c.c. nonché per erronea ed insufficiente motivazione su punti decisivi della controversia, adducendo che:
a) nel valutare la gravità dell'inadempimento contrattuale, il giudice d'appello non avrebbe dovuto tener conto dell'ammontare del debito non pagato alla data della pronuncia (L. 68.313.676), bensì di quello, ben più modesto (di poco superiore a diciannove milioni di lire), esistente alla data della proposizione della domanda di risoluzione del contratto, poiché è con riferimento a tale momento che va operata la valutazione suddetta;
b) altrettanto erronea è l'identificazione, operata dalla corte di merito, della gravità dell'inadempimento col rischio per la creditrice, di subire un'azione esecutiva promossa dall'istituto mutuante, perché, una volta accertato che la creditrice aveva potuto pagare i ratei di mutuo residui senza rivendere a terzi l'immobile, non avrebbero potuto assumere rilevanza le ragioni per cui tale pagamento era avvenuto, dovendosi aver riguardo esclusivamente al rapporto tra l'intero corrispettivo pattuito (865 milioni) e la somma non corrisposta (19 ovvero 68 milioni); tale operazione avrebbe evidenziato che la parte di prezzo non corrisposta rappresentava poco più del 2% o meno dell'8% del totale;
c) poiché l'indagine sull'importanza dell'inadempimento e sui presupposti della risoluzione contrattuale va compiuta anche con riferimento alla situazione esistente al momento in cui viene adottata la decisione e poiché a tale data il rischio di un'azione esecutiva era divenuto ormai del tutto inesistente, la conclusione della corte territoriale in tema di importanza dell'inadempimento sarebbe dovuta essere diversa.
La prima delle censure in cui si articola il motivo risulta fondata.
Come ritenuto da questa Suprema Corte, nei contratti con prestazioni corrispettive le disposizioni dei commi 2° e 3° dell'art. 1453 c.c. sono simmetriche, giacché, come non è consentito all'attore che abbia proposto domanda di risoluzione di pretendere la prestazione, avendo dimostrato con quella richiesta il proprio disinteresse all'adempimento anche per la parte di prestazione eventualmente non ancora scaduta, così è vietato al convenuto di eseguire la sua prestazione dopo la proposizione della domanda di risoluzione e sino alla pronuncia giudiziale, senza che il conseguente "forzato" perdurare del suo inadempimento nel corso del giudizio possa negativamente riflettersi sulla valutazione del comportamento pregresso, trasformando un inadempimento inizialmente "non grave" in inadempimento "grave" e perciò tale da legittimare l'accoglimento della domanda" (Cass., 6 aprile 2000, n. 4317).
Alla luce di tale condiviso principio, evidentemente erronea si appalesa la sentenza impugnata nella parte in cui, al fine di valutare, ai sensi dell'art. 1455 c.c., la non scarsa importanza dell'inadempimento contrattuale ascrivibile al Querci, ha tenuto conto, non solo dell'ammontare dei ratei di mutuo venuti a scadenza fino alla data di proposizione della domanda di risoluzione, bensì anche di quelli scaduti successivamente, fino alla data della pronuncia.
Per vero, una volta variata l'originaria domanda riconvenzionale di adempimento in quella di risoluzione, la C.E.B.A. s.r.l. non avrebbe potuto più esigere l'ulteriore adempimento della prestazione di pagare il corrispettivo gravante sul Querci.
Tale considerazione, fondata sulla proposizione della domanda di risoluzione, consente di cogliere l'erroneità nel caso concreto della censura, che, apparentemente di segno opposto, a diverso fine (quello di escludere la possibilità di considerare il rischio di una esecuzione forzata, cui l'inadempimento esponeva la creditrice), il ricorrente sviluppa sub c), poiché, mentre con riferimento alla domanda di adempimento contrattuale è consentito aver riguardo anche alla situazione d'inadempienza esistente al momento della pronuncia, la domanda di risoluzione cristallizza la posizione della parte inadempiente alla data di proposizione della domanda stessa.
L'accoglimento della censura sub a) assorbe l'esame, non solo della censura sub b), ma anche i motivi secondo e terzo, che concernono la statuizione di condanna al risarcimento dei danni che sarebbero stati cagionati dall'inadempimento contrattuale.
Pertanto, in accoglimento per quanto di ragione del primo motivo, la sentenza impugnata va cassata, col conseguente rinvio della causa, anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità, ad altra sezione della Corte d'Appello di Firenze, che giudicherà adeguandosi al principio di diritto qui enunciato.

P. Q. M.

La Corte, accoglie per quanto di ragione il primo motivo, dichiarando assorbiti i motivi secondo e terzo, cassa, nei limiti dell'accoglimento, la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, del presente giudizio ad altra sezione della Corte d'Appello di Firenze.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 2 dicembre 2003.
Depositato in Cancelleria il 14 maggio 2004