IL REGIME DI INVALIDITÀ E DI PUBBLICITÀ DEGLI ATTI
NELL'AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO.
IL PUNTO DELLA GIURISPRUDENZA A DUE ANNI DALL'ENTRATA IN VIGORE DELLA LEGGE
Il presente saggio costituisce la trascrizione di parte dell'intervento al Master di Diritto di Famiglia, tenutosi a Roma nell'anno accademico 2005/2006. Per più compiute argomentazioni si rimanda a Giuseppe Cassano, "L'amministrazione di sostegno. Questioni sostanziali e processuali nell'analisi della Giurisprudenza" - Halley 2006
Sommario:
1. La capacità del beneficiario
2. Gli atti di diritto di famiglia
3. Le invalidità nell'amministrazione di sostegno
4. Violazione di disposizioni del giudice
5. Violazione di disposizioni di legge
6. Accettazione di eredità e alienazione di beni ereditari
7. Azione di annullamento
8. Le norme in materia di pubblicità degli atti relativi all'amministrazione di sostegno.
1. LA CAPACITÀ DEL BENEFICIARIO
La legge n. 6/04 ha come fine quello di tutelare con la minore limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell'espletamento delle funzioni della vita quotidiana, attraverso interventi di sostegno temporaneo e permanente (art. 1).
Nel perseguire tal obiettivo essa ha introdotto uno strumento flessibile idoneo a far fronte alle diverse situazioni di disagio del soggetto debole.
Come si è già accennato, nelle pagine di questa Rivista, cfr. DirittoeGiustizia on line del 23.12.2005, www.dirittoegiustizia.it , il nuovo istituto dell'amministrazione di sostegno si differenzia notevolmente dai tradizionali istituti a protezione del disabili, là dove questi ultimi attribuivano al soggetto una qualità giuridica (status), privando il soggetto totalmente o parzialmente della capacità di agire. Conseguenza del riconoscimento dell'assoluta o parziale incapacità della persona era la nomina del tutore o del curatore.
Diversamente, la nomina dell'amministratore di sostegno non ha come presupposto la privazione del soggetto della capacità di agire, il quale conserva la propria capacità per gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l'assistenza necessaria dell'amministratore di sostegno (art. 409 c.c.).
A fronte di una generale capacità del beneficiario sarà il provvedimento di nomina ad individuare l'oggetto e l'incarico e gli atti che l'amministratore di sostegno ha il potere di compiere (ex art. 405).
Il beneficiario non sarà legittimato a compiere esclusivamente gli atti con riferimento ai quali il decreto di nomina abbia attribuito all'amministratore un potere di rappresentanza esclusiva (ex art. 409).
L'amministratore di sostegno, in un amplissimo ambito di compiti di protezione, che, come si è accennato, spaziano dalla rappresentanza sino all'assistenza nel compimento di atti giuridici, all'amministrazione del patrimonio, alla cura della persona, si vedrà conferiti quegli specifici poteri-doveri strettamente necessari al soddisfacimento delle concrete esigenze del beneficiario. Normalmente l'amministratore non assume le funzioni del procuratore o del mandatario, posto che la sua rappresentanza si esercita di regola in via esclusiva e non in via concorrente rispetto alle facoltà dell'amministrato (salvo per quanto si dirà a proposito degli atti della vita quotidiana): in linea di principio, la persona beneficiaria dell'amministrazione vedrà limitata la propria capacità legale di agire soltanto in relazione gli atti per il compimento dei quali è previsto l'intervento dell'amministratore di sostegno. In altri termini, ai poteri dell'amministratore fanno da contrappunto, in linea di principio, le limitazioni alla capacità dell'amministrato, il quale (art. 409) conserva la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l'assistenza necessaria dell'amministratore di sostegno.
Con l'amministrazione di sostegno non è quindi configurabile alcuna limitazione della capacità della persona debole senza il corrispondente conferimento di poteri all'amministratore (salvo quanto si dirà oltre sull'art. 411 comma 4) né è configurabile alcuna penalizzazione dei diritti e delle facoltà del soggetto che non risponda ad un'effettiva finalità di protezione.
Per quanto sopra illustrato può quindi affermarsi che l'amministrazione di sostegno è una forma di tutela ampia (non meramente patrimoniale ma comprendente anche la cura della persona), propositiva e non interdittiva, espansiva e non inibitoria, personalizzata, modulabile e non standardizzata, frutto di una concezione dei diritti delle fasce deboli della popolazione veramente conforme ai fini costituzionali di promozione del pieno sviluppo della persona umana (art. 3, comma 2, Cost.).
L'amministrazione di sostegno può determinare un'incapacità del soggetto totale (atti per i quali occorre la rappresentanza esclusiva dell'amministratore) o parziale (atti per i quali occorre l'assistenza dell'amministratore), ma pur sempre settoriale, relativa.
Beneficiari dell'amministrazione di sostegno sono innanzitutto i soggetti deboli che, prima dell'entrata in vigore della Legge 9 gennaio 2004, n. 6, non godevano di alcuna forma di protezione preventiva (una forma di protezione "successiva" all'atto dannoso era - ed è - quella, molto limitata, dell'art. 428 c.c. che prevede, a certe condizioni - gravità del pregiudizio, prova della malafede dell'altro contraente - l'annullabilità degli atti compiuti dall'incapace naturale). Possono così fruire del nuovo istituto le persone che sono pacificamente escluse dall'ambito di applicazione dell'interdizione e dell'inabilitazione e quindi i soggetti affetti da patologie mentali transitorie o cicliche, quelli in condizioni di mera debolezza psichica anche se non affetti da patologie mentali, i soggetti depressi, gli alcolisti, i tossicodipendenti, i lungodegenti, i portatori di handicap fisici, i disadattati sociali, gli anziani in situazione di disagio anche soltanto fisico ecc... Il comune denominatore per l'applicabilità della nuova disciplina è che il soggetto sia privo, in tutto o in parte, di autonomia (rubrica del titolo XII), cioè (art. 404) si trovi nell'impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi: il beneficiario, pertanto, pur essendo soggetto debole, potrebbe conservare la naturale capacità di agire, intesa come capacità di intendere e di volere: in tal caso, la limitazione della legale capacità di agire è un sacrificio imposto dalla necessità di soddisfare le esigenze di vita del beneficiario mediante il conferimento ad un diverso soggetto poteri sostitutivi (cura, rappresentanza) o confermativi (assistenza) o di amministrazione, da esercitarsi sotto il controllo (successivo, ma anche preventivo, sotto forma di autorizzazione) dell'Autorità giudiziaria
(Trib. Pinerolo 4.11.04, in Nuova giur. civ. comm., 2005, 3)
Vedremo come, qualora egli compia un atto per il quale è stato attribuito all'amministratore il potere di rappresentanza esclusiva, tale atto sia impugnabile.
Notevole rilievo riveste in materia la previsione di cui all'art. 409 , co. 2, c.c., ai sensi del quale il beneficiario può in ogni caso compiere gli atti necessari a soddisfare le esigenze della vita quotidiana. La previsione suscita particolare interesse, poiché sembrerebbe escludere che l'interessato possa essere privato della capacità di agire in relazione a determinati atti (in questo senso Delle monache); il punto, tuttavia, è controverso, poiché vi è chi ha sostenuto che, qualora ne ricorrano le condizioni, possa essere sancita l'incapacità del dell'interessato anche con riguardo a tali atti, paventando il rischio che un'opposta soluzione, implicherebbe la necessità di ricorrere all'interdizione, nell'ipotesi in cui il soggetto risulti inidoneo a realizzare alcuni di tali atti necessari a soddisfare le esigenze della vita quotidiana (Lisella).
Sicuramente deve essere ammessa la possibilità di conferire il potere di rappresentanza all'amministratore di sostegno anche con riguardo agli atti diretti a soddisfare esigenze della vita quotidiana - eventualmente concorrente con quella del beneficiario -, il ché si rivelerebbe utile nelle ipotesi in cui il beneficiario non sia in grado di provvedere da solo al relativo compimento per le più variegate ragioni.
La legge prevede, tuttavia, che il giudice tutelare possa disporre che determinati effetti, limitazioni o decadenze, previsti da disposizioni di legge per l'interdetto e per l'inabilitato, si estendano al beneficiario dell'amministrazione di sostegno, ma esclusivamente avuto riguardo all'interesse del medesimo ed a quello tutelato dalle disposizioni di cui si estende l'applicazione.
In dottrina si è rilevato come "il rapporto tra capacità ed incapacità, stabilito nel codice nei termini di un'alternativa netta e senza scampo, diviene ora mobile e fluido. L'incapacitazione del disabile che nello schema tradizionale, costituiva il momento pregiudiziale rispetto ad una astratta protezione dello stesso, diventa ora una conseguenza eventuale e residuale per alcune categorie di atti per i quali si prospetta come necessario ai fini della sua protezione" Ferrando).
Particolare rilievo assumono, nell'ambito delle modifiche apportate dalla legge n. 6/04 al sistema degli strumenti di tutela dei soggetti deboli, le risposte offerte dalla stessa ai problemi posti dal rapporto fra impossibilità di provvedere ai propri interessi ed esercizio dei diritti fondamentali della personalità. In particolare, spetterà al giudice stabilire quali siano i poteri dell'amministratore di sostegno anche con riguardo alla cura personae - e, dunque, in merito a decisioni concernenti la salute, il diritto alla riservatezza, nell'eventualità che si renda necessaria una manifestazione del consenso relativa ai trattamenti medici o al trattamento dei dati personali. -, e come debbano essere preservate le attitudini di autodeterminazione e di discernimento del disabile (Ferrando).
In dottrina si ipotizza che un tale discorso possa estendersi anche ad altri diritti della personalità (Ferrando).
Dubbia è l'ammissibilità di un'amministrazione di sostegno non incapacitante: alcuni autori ritengono, infatti, che si possa istituire l'amministrazione di sostegno anche allorquando non ricorrano i presupposti per la determinazione dell'incapacità di agire del beneficiario (Lisella).
Si tratta delle ipotesi in cui il soggetto conserva una lucidità mentale sufficiente, ma incontra difficoltà nella cura dei propri interessi.
Argomenti a favore di tale tesi sono: l'art. 412 che rende annullabili gli atti compiuti dal beneficiario esclusivamente se compiuti in violazione di legge o di disposizioni del giudice; l'art. 409, ai sensi del quale il soggetto conserva la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza elusiva o l'assistenza dell' amministratore di sostegno; l'art. 1 che inserisce fra le finalità della legge la protezione dei soggetti privi di autonomia con la minore limitazione possibile della capacità di agire; e l'art. 405 che riconosce un'ampia discrezionalità al giudice tutelare, consentendogli di adottare, anche d'ufficio, i provvedimenti urgenti per la cura della persona interessata e per la conservazione e l'amministrazione del suo patrimonio (Lisella).
Anche la giurisprudenza sembra aderire alla tesi di cui sopra. Il giudice tutelare del Tribunale di Pinerolo ha, infatti, nominato un amministratore di sostegno a favore di un beneficiario, conferendogli poteri di rappresentanza concorrenti con quelli del beneficiario stesso
Si è detto che la normale struttura dell'amministrazione di sostegno prevede l'attribuzione di poteri all'amministratore e la corrispondente perdita di capacità del beneficiario, che comunque conserva sempre la piena capacità, concorrente con quella dell'amministratore, per gli atti quotidiani della vita (c.d. "atti minimi"). Rispetto a questo schema, la sopra richiamata previsione dell'art. 411, comma 4, c.c. delinea un percorso atipico dell'amministrazione di sostegno in senso restrittivo (perdita di capacità del Beneficiario senza attribuzione di poteri corrispondenti all'amministratore). E', però, ipotizzabile anche un percorso atipico di segno opposto: si potrebbe, cioè, strutturare, in concreto, l'amministrazione di sostegno come una procura controllata, con attribuzione di poteri all'amministratore senza perdita di capacità del Beneficiario (così come avviene sempre, ex lege, per gli atti "minimi"). Qualora, infatti, la persona Beneficiaria non presenti deficit psichici o intellettivi, ma sia impossibilitata a perseguire i propri interessi di natura personale o patrimoniale per effetto di una menomazione esclusivamente fisica, senza ripercussioni nell'ambito cognitivo e volitivo, non vi è ragione per comprimere la sfera della sua capacità legale di agire. In simili condizioni, si impone una lettura più articolata dell'art. 409 c.c., secondo il quale - come si è già ricordato - il beneficiario conserva la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l'assistenza necessaria dell'amministratore di sostegno. La norma, letta a contrario, lascia aperti spazi applicativi per una rappresentanza non esclusiva del beneficiario da parte dell'amministratore: una rappresentanza, quindi, con effetti analoghi a quella negoziale, con la peculiarità costituita dal controllo dell'organo pubblico - il Giudice Tutelare - sull'attività svolta dall'amministratore. L'amministrazione di sostegno si connota, in questa ipotesi, come strumento espansivo delle facoltà del soggetto debole, realizzandosi la protezione essenzialmente nel controllo pubblico dell'attività svolta dall'amministratore: controllo soltanto ex post se nel decreto l'unico onere per l'amministratore è quello di rendere il conto; controllo anche ex ante se il Giudice Tutelare, applicando, con il meccanismo dell'art. 411, comma 4, c.c., gli effetti e le limitazioni di cui agli artt. 374 e 375 c.c., richieda per la validità degli atti dell'amministratore o dello stesso beneficiario l'autorizzazione preventiva al loro compimento (Trib. Pinerolo 4.11.04, in Nuova giur. civ. comm., 2005, 6).
Inoltre, il giudice ha precisato che la capacità di agire del beneficiario rimaneva "piena".
Premesso che la sig.ra S mantiene la piena capacità di agire per gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l'assistenza necessaria dell'amministratore di sostegno e cioè il cui compimento in via autonoma non è espressamente escluso dal giudice tutelare ai sensi degli artt. 404 e ss. c.c. NOMINA Amministratore di sostegno della sig.ra S Maddalena, con le funzioni e i poteri qui di seguito specificati, il di lei nipote, signor Pierfranco T, NATO A Pinerolo il 27-1-1956, res. Pinerolo, via Penarol de Montevideo 8. DISPONE
che la durata dell'Amministrazione sia a tempo indeterminato. DISPONE
- che l'amministratore di sostegno possa compiere autonomamente, senza necessità di previe specifiche autorizzazioni del Giudice Tutelare e salvo obbligo di rendiconto annuale, i seguenti atti, salva altresì la PIENA capacità della signora S anche in ordine a tali atti:
1) prelievo di somme dai conti della Beneficiaria entro l'importo massimo mensile di euro =1.500,00=;
2) riscossione della somma di euro =4.140,00= per pagare il funerale della sorella della Beneficiaria;
3) riscossione della somma di euro =1.178,00= anticipata dal signor T per la retta di ottobre della Casa dell'Anziano;
4) prelievo del denaro dai conti della Beneficiaria necessario al pagamento delle utenze e degli oneri fiscali dell'abitazione e degli altri immobili della medesima e al pagamento dell'IRPEF ed effettivo pagamento dei relativi importi;
5) riscossione degli affitti dei terreni e versamento su conto della Beneficiaria;
6) compimento degli atti di ordinaria amministrazione e manutenzione degli immobili di proprietà della signora S.
(Trib. Pinerolo 4.11.04, in Nuova giur. civ. comm., 2005, 10)
Si noti, infine, che la L. n. 6/04 ha modificato la disciplina dell'invalidità per incapacità con riguardo agli interdetti ed agli inabilitati, prevedendo all'art. 9, che ha modificato l'art. 417 c.c., che l'autorità giudiziaria possa stabilire nella pronuncia di interdizione e dell'inabilitazione, o in successivi provvedimenti, che taluni atti di ordinaria amministrazione possano essere compiuti dall'interdetto senza l'intervento del tutore e che taluni atti eccedenti l'ordinaria amministrazione possano essere compiuti dall'inabilitato senza l'assistenza del curatore. Tali atti saranno pienamente validi, e non saranno suscettibili di annullamento ai sensi dei co. 2 e 3 dell'art. 427 c.c. Si tratta, tuttavia, dei soli atti patrimoniali e non di quelli personali.
2. GLI ATTI DI DIRITTO DI FAMIGLIA
Gli atti di diritto di famiglia, come il matrimonio e il riconoscimento di figlio naturale, sono stati tradizionalmente preclusi all'interdetto; né potevano essere compiuti dal tutore.
Qualora siano compiuti sono annullabili.
Anche l'intervento dell'amministratore di sostegno è del tutto escluso con riguardo a tali atti, in quanto essi non ammettono alcuna forma di sostituzione nella realizzazione, e sono, perciò reputati personalissimi.
Come si è detto in precedenza, uno dei principi che regolano l'amministrazione di sostegno è quello per cui alla limitazione della capacità del Beneficiario corrisponde il conferimento di poteri all'Amministratore. In base a tale principio, l'impossibilità giuridica per l'Amministratore di compiere gli atti riservati, per la loro stessa natura, alla sola persona del Beneficiario (c.d. atti personalissimi: testamento, donazione, riconoscimento di figlio naturale, matrimonio ecc...) comporterebbe l'impossibilità di impedire al Beneficiario il compimento di tali atti. A questo proposito deve però considerarsi il disposto dell'art. 411, comma 4, secondo il quale "il Giudice Tutelare, nel provvedimento con il quale nomina l'Amministratore di sostegno, o successivamente, può disporre che determinati effetti, limitazioni o decadenze, previsti da disposizioni di legge per l'interdetto o l'inabilitato, si estendano al Beneficiario dell'amministrazione di sostegno, avuto riguardo all'interesse del medesimo e a quello tutelato dalle predette disposizioni". L'art. 591 c.c. prevede che siano incapaci di testare le persone interdette per infermità di mente; l'art. 85 c.c. dispone che non possano contrarre matrimonio gli interdetti per infermità di mente; l'art. 774 c.c. prevede che non possano donare coloro che non hanno la piena capacità di disporre dei propri beni; l'art. 266 c.c. prevede che il riconoscimento di figlio naturale effettuato dall'interdetto possa essere, per ciò stesso, impugnato: tutte queste norme possono essere richiamate nel provvedimento di nomina dell'amministratore di sostegno: sicché, in via eccezionale, le limitazioni alla capacità legale di agire dell'amministrato possono non corrispondere all'attribuzione all'amministratore dei correlativi poteri-doveri
(Trib. Pinerolo 4.11.04, in Nuova giur. civ. comm., 2005, 10).
L'art. 119 c.c. dispone che il matrimonio di chi è stato interdetto per infermità di mente possa essere impugnato dal tutore, dal pubblico ministero e da tutti coloro che abbiano un interesse legittimo se, al tempo del matrimonio, vi era già sentenza di interdizione passata in giudicato, ovvero se la interdizione è stata pronunziata posteriormente ma l'infermità esisteva al tempo del matrimonio. Può essere impugnato, dopo revocata l'interdizione, anche dalla persona che era interdetta.
L'azione non può essere proposta se, dopo revocata l'interdizione, vi è stata coabitazione per un anno.
Mentre l'art. 266 c.c. dispone che il riconoscimento può essere impugnato per l'incapacità che deriva da interdizione giudiziale dal rappresentante dell'interdetto e, dopo la revoca dell'interdizione, dall'autore del riconoscimento, entro un anno dalla data della revoca.
L'inabilitato può dare il proprio personale consenso senza l'assistenza del curatore
Dubbio è se il beneficiario possa dare il proprio consenso al matrimonio, in assenza di previsioni legislative sul punto
Tuttavia, dalla previsione di cui all'art. 411 c.c., che attribuisce al giudice il potere di disporre che determinati effetti, limitazioni o decadenze - previsti da disposizioni di legge per l'interdetto o l'inabilitato - si estendano al beneficiario dell'amministrazione di sostegno, deve argomentarsi che il legislatore non ha limitato la capacità di agire del beneficiario con riguardo a tali atti una volta per tutte, ma ha demandato al giudice il potere di estendere al beneficiario le limitazioni in ordine alla capacità matrimoniale, o a quella di procedere al riconoscimento di figlio naturale.
I giudici tutelari, nel predisporre i primi decreti di nomina di amministratori di sostegno, hanno espressamente stabilito che il beneficiario potesse compiere da solo gli atti personalissimi, oltre a quelli relativi alle esigenze di vita quotidiana
Visto gli artt. gli art. 405 e 407 c.c.
Nomina
la signora P. Crocifissa, nata a Riesi (CL) l', residente in Genova, amministratore di sostegno, a tempo indeterminato, di Z. Crocifissa, nata a Butera (CL) il, residente in Genova;
determina come segue l'oggetto dell'incarico:
1) assistenza personale per quanto di necessità della beneficiaria (anche per il tramite di terze persone) al fine di consentirle, per quanto possibile, il rientro presso la sua attuale abitazione;
2)stipula e cura dell'esecuzione del contratto di lavoro con una o più badanti (o con un'eventuale Cooperativa di servizi), assumendosi tutti i relativi incombenti (ivi compresa la posizione INPS);
3) riscossione, accredito e gestione (per quanto riguarda l'ordinaria amministrazione) della pensione, dell'eventuale indennità di accompagnamento di spettanza della beneficiaria, con facoltà di compiere in nome e per conto della predetta tutte le pratiche, amministrative e non, volte a migliorare la situazione previdenziale e dunque patrimoniale della stessa (ivi compresa la domanda per il conseguimento dell'indennità di accompagnamento ove non ancora proposta);
4) apertura se necessario o opportuno di un conto corrente intestato alla sola beneficiaria (ove non già esistente), con potere di firma in capo all'amministratore di sostegno che potrà liberamente movimentare il suddetto conto;
5) gestione e amministrazione ordinaria del bene immobile di proprietà della beneficiaria, con facoltà di partecipare - anche a mezzo delega intestata a persona di sua fiducia - alle assemblee condominiali;
6) conservazione e gestione di eventuali risparmi di pertinenza del beneficiario;
7) gestione ed eventuale definizione dei rapporti di debito esistenti con l'Istituto V., già Istituto P., nel caso di trasferimento dell'amministrata presso la propria abitazione;
8) facoltà di richiedere agli altri congiunti le somme di denaro costituenti la quota parte su di essi gravante a titolo di mantenimento della madre (sia con riguardo alla retta dell'Istituto, ove essi già non vi abbiano provveduto, sia con riguardo alle spese relative all'assistenza domiciliare, comprensiva delle spese ordinarie e/o straordinarie riguardanti la salute della congiunta, e a quelle connesse alla gestione della casa, ove non siano sufficienti le risorse dell'amministrata);
9) presentazione annuale della dichiarazione dei redditi, ove richiesta ai sensi di legge, e pagamento delle tasse e delle utenze a carico della beneficiaria;
atti che l'amministratore può compiere in nome e per conto della beneficiaria: tutti quelli necessari per far fronte all'oggetto dell'incarico come sopra precisato, con la precisazione che per gli atti di straordinaria amministrazione l'amministratore di sostegno dovrà essere autorizzato dal giudice tutelare;
limiti delle spese sostenibili con le risorse della beneficiaria: importo della pensione e dell'eventuale indennità di accompagnamento, nonché eventuali ulteriori risparmi;
atti che la beneficiaria può compiere da sola: tutti quelli attinenti alla vita quotidiana, nonché quelli inerenti ai diritti c.d. personalissimi; (Trib. Genova 1.3.05, in Altalex 23.4.05)
La legge non prevede, invece, forme di assistenza o di controllo giudiziale che garantiscano al disabile l'esercizio di tali diritti fondamentali e la possibilità di sperimentare tali esperienze di vita, ma è rimesso al giudice il compito di trovare soluzioni a tale problemi, nel definire i compiti dell'amministratore ex art. 405 c.c. o nell'esercizio del potere di cui all'art. 44 disp. att. c.c. di dare in ogni momento istruzioni sulla cura degli interessi personali del disabile (Ferrando).
Vi sono degli atti che, pur non essendo di natura patrimoniale, possono essere valutati sotto il profilo della convenienza in relazione agli interessi del beneficiario, come le domande di divorzio o di separazione personale dei coniugi, per i quali non si può escludere l'ammissibilità dell'intervento dell'amministratore di sostegno.
La giurisprudenza di merito si è espressa in passato sul punto con riguardo alla legittimazione del tutore ad agire in giudizio per la domanda di divorzio, escludendola in ragione della natura personalissima dell'azione
Il tutore dell'interdetto giudiziale non è legittimato ad agire in giudizio per la domanda di divorzio, attesa la natura "personalissima" di tale azione (Trib. Padova 9.2.94, in Foro pad., 1995, I, 106).
Più recentemente la Cassazione ha avuto modo di precisare che tale legittimazione, con riguardo all'interdetto infermo di mente, spetta ad un curatore speciale, la cui nomina può essere richiesta dal tutore.
In mancanza di una specifica disposizione normativa che preveda il relativo potere, il tutore dell'intersettoper infermità di mente non può proporre domanda di divorzio per lo stesso; in applicazione analogica dell'art. 4 comma 5 l. n. 898 del 1970 - che regola l'ipotesi in cui l'interdetto infermo di mente sia convenuto in un giudizio di divorzio - in relazione agli art. 78 e 79 c.p.c., legittimato a proporre la domanda di divorzio per l'interdetto è un curatore speciale, la cui nomina può essere richiesta dal tutore (Cass. 21.7.00, n. 9582, in Giust. civ., 2000, I, 3145).
Con particolare riferimento all'esercizio della potestà parentale, si ritiene che la nomina dell'amministratore di sostegno senza determinazione dell'incapacità legale non abbia alcuna ripercussione su tale esercizio (Lisella).
Diversamente, qualora il decreto di nomina dell'amministratore di sostegno determini un'attenuazione della capacità legale del beneficiario, deve ritenersi spettante al giudice tutelare il potere di stabilire, nel decreto di nomina, se sospendere o meno l'esercizio della potestà parentale: in particolare, il giudice disporrà se ex art. 411 c.c. si estendano al beneficiario gli effetti dell'interdizione o dell'inabilitazione.
Ai nostri fini suscita particolare interessa la disciplina dell'inabilitazione relativa al problema in oggetto.
La sentenza di inabilitazione non implica la sospensione della potestà del genitore, ma questi continua ad esercitarla negli aspetti di natura personale e con riguardo ai profili patrimoniali, limitatamente all'ordinaria amministrazione.
Se l'inabilitato esercita la potestà congiuntamente all'altro genitore, potrà compiere da solo gli atti di ordinaria amministrazione, esclusi i contratti con cui si concedono o si acquistano diritti personali di godimento (ex art. 320, co. 1, c.c.).
Per gli atti di straordinaria amministrazione, se la potestà è esercitata in via esclusiva dall'inabilitato, è dubbio se tali atti possano essere compiuti dall'inabilitato con l'assistenza del suo curatore e con le altre formalità integrative, oppure se al minore debba essere nominato un curatore speciale.
3. LE INVALIDITÀ NELL'AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO
L'art. 412 prevede l'annullabilità quale sanzione di carattere generale in materia di amministrazione di sostegno, con riguardo a tutti gli atti compiuti in violazione del modello previsto dalla legge.
L'annullabilità rappresenta la sanzione tipicamente prevista per i negozi compiuti dai soggetti legalmente incapaci, poiché l'ordinamento presume che essi non siano in grado di valutare la convenienza dell'atto da stipulare .
Come è noto, il negozio annullabile produce effetti fino all'annullamento dello stesso, ed è rimesso all'iniziativa del soggetto cui l'ordinamento conferisce tale potere. La pronuncia con la quale è annullato il negozio ha efficacia retroattiva, e l'annullamento può essere domandato dal momento della conclusione del contratto.
I vizi che determinano l'annullabilità attengono al processo formativo della volontà di uno dei soggetti del negozio.
Si ritiene che per l'annullabilità degli atti compiuti in violazione della l. n. 6/04 e delle disposizioni del provvedimento di nomina dell'amministratore valgano le regole generali relative all'azione di annullamento: così, non si dubita che trovino applicazione in materia di amministrazione di sostegno la convalida del negozio ex art. 1444 e l'annullabilità del contratto plurilaterale (Romoli) .
Si nutrono dubbi invece in merito all'applicabilità dell'art. 1443 c.c. secondo cui il contraente incapace non è tenuto a restituire all'altro la prestazione ricevuta se non nei limiti in cui è stata rivolta a suo vantaggio. Analoghe perplessità sono espresse con riguardo alla previsioni di cui all'art. 1445 c.c., ai sensi del quale l'annullamento dipendente da incapacità legale ha effetto retroattivo anche nei confronti dei terzi; e con riguardo all'art. 2652, n. 6 c.c., in forza del quale si devono trascrivere, qualora si riferiscano ai diritti menzionati nell'articolo 2643, le domande dirette a far dichiarare la nullità, o a far pronunziare l'annullamento di atti soggetti a trascrizione, e le domande dirette a impugnare la validità della trascrizione. Convincenti ci sembrano le argomentazioni di chi sottolinea come detti articoli si riferiscano genericamente all'incapacità e l'incapacità legale, delineando delle categorie tendenzialmente aperte in cui possono ricomprendersi anche le nuove figure di soggetti cd. "deboli" come il beneficiario dell'amministrazione di sostegno (Romoli). Ovviamente, poiché il beneficiario dell'amministrazione di sostegno è un soggetto generalmente e tendenzialmente capace, le norme di cui sopra troveranno applicazione con riferimento a tale soggetto limitatamente al compimento di quegli atti che tale soggetto non può compiere ai sensi del decreto di nomina dell'amministratore di sostegno. L'art. 412 disciplina unitariamente l'invalidità e gli atti compiuti dall'amministratore di sostegno e dal beneficiario, stabilendone l'annullabilità. Sono annullabili sia gli atti compiuti dall'amministratore di sostegno rappresentante, sia quelli compiuti dall'amministratore di sostegno assistente; saranno invece nulli gli atti compiuti dall'amministratore di sostegno assistente qualora sia assente la manifestazione di consenso del beneficiario, poiché in questa ipotesi verrebbe a mancare uno degli elementi essenziali del negozio (Ruscello). Infine sarà nullo il negozio concluso in violazione di norme imperative (art. 1418 c.c.).
La legge sull'amministrazione di sostegno, come è noto, non disciplina l'ipotesi del conflitto d'interessi fra amministratore e beneficiario, né prevede una figura generale di sostituto dell'amministratore di sostegno, o rinvia all'art. 360 c.c., disposizione che prevede la rappresentanza da parte del protutore, nell'ipotesi di conflitto d'interessi tra tutore e pupillo, e la nomina di un curatore speciale, nel caso in cui il conflitto d'interessi coinvolga anche il protutore.
In dottrina si ritiene che il problema sia risolvibile in base al rilievo che il divieto per il legale rappresentante e per il curatore di un incapace legale di concludere atti in conflitto di interessi con quest'ultimo costituisca un principio generale del nostro ordinamento, per cui deve ritenersi applicabile all'amministrazione di sostegno, anche in assenza di un espresso richiamo (Romoli). In base a tali argomenti deve ritenersi sicuramente annullabile l'atto compiuto dall'amministratore in conflitto d'interessi con il beneficiario, indipendentemente dalla riconoscibilità del conflitto di interessi da parte del terzo, non trovando applicazione l'art. 1394 c.c. con riguardo alla rappresentanza degli incapaci (Bonilini).
In via preventiva, è dubbio, nel caso l'amministratore di sostegno si trovi in conflitto d'interessi con il beneficiario relativamente ad un atto da realizzare, se il giudice possa procedere alla nomina di un curatore speciale, la dove il compimento dell'atto sia indispensabile; o, qualora si aderisca alla tesi in base alla quale sarebbe inammissibile la nomina di un curatore speciale, se si debba procedere semplicemente alla sostituzione dell'amministratore con un altro soggetto (Romoli).
4. VIOLAZIONE DI DISPOSIZIONE DEL GIUDICE
Una prima categoria generale di invalidità nella disciplina dell'amministrazione di sostegno è costituita dalla violazione delle disposizioni del giudice. Come abbiamo accennato, infatti, il giudice tutelare nomina l'amministratore di sostegno e specifica gli atti che il beneficiario deve compiere con l'assistenza dell'amministratore di sostegno, e quelli che l'amministratore di sostegno deve compiere in nome e per conto del beneficiario; mentre ex art. 409 c.c. il beneficiario conserva la capacità di agire per tutti gli atti con riguardo ai quali il decreto non preveda restrizioni della capacità di agire dello stesso.
L'annullabilità per violazione di disposizioni del giudice può essere determinata:
a) dal compimento dell'atto da parte dell'amministratore di sostegno in eccesso rispetto all'oggetto dell'incarico o ai poteri conferitigli dal giudice;
b) dal compimento di un atto da parte del beneficiario in violazione delle disposizione contenute nel decreto istitutivo dell'amministrazione di sostegno.
La legge, nel prevedere l'ipotesi di annullabilità degli atti per eccesso di poteri, si riferisce quegli atti compiuti dall'amministratore di sostegno che risultino esorbitanti rispetto all'oggetto dell'incarico affidatogli, ma che rientrano nel novero di quelli in ordine ai quali il beneficiario sia stato privato della capacità di agire. Si ritiene, infatti, che siano totalmente privi di efficacia gli atti dell'amministratore di sostegno che non abbiano attinenza con l'oggetto dell'incarico (delle monache; bonilini).
L'ipotesi di cui sub a) dovrebbe essere integrata anche allorché l'amministratore compia un atto autorizzato dal giudice tutelare, ma eccedente l'ambito delle facoltà accordate all'amministratore stesso dal decreto di nomina. In concreto, infatti, può accadere che vi sia discordanza tra autorizzazione del giudice e decreto di nomina, qualora il giudice tutelare autorizzi un atto non autorizzabile ai sensi del primo provvedimento, il quale può avere un contenuto programmatico e determinare astrattamente quali atti l'amministratore è autorizzato a compiere, delimitando la funzione di quest'ultimo. Conseguentemente, sarà poi necessario un apposito provvedimento del giudice tutelare, allorché l'amministratore debba procedere al compimento di un atto che necessiti di autorizzazione.
L'atto posto in essere in violazione dell'originario provvedimento del giudice è annullabile ai sensi dell'art. 412 c.c., ai sensi del quale "gli atti compiuti dall'amministratore di sostegno in violazione di disposizioni di legge, od in eccesso rispetto all'oggetto dell'incarico o ai poteri conferitigli dal giudice, possono essere annullati su istanza dell'amministratore di sostegno, del pubblico ministero, del beneficiario o dei suoi eredi ed aventi causa". In dottrina si ritiene che il notaio incaricato della stipula di un atto cui partecipi l'amministratore di sostegno debba verificare che questi sia autorizzato al compimento dell'atto e che l'atto stesso rientri nell'ambito della tipologia di quegli atti con riferimento ai quali è avvenuta la nomina, in quanto l'art. 54 del regolamento notarile (10.9.14, n. 1326) impone l'accertamento che le persone intervenute alla stipula siano assistite o autorizzate nel modo espressamente stabilito dalla legge (Romoli).
5. VIOLAZIONE DI DISPOSIZIONI DI LEGGE
L'art. 412 sancisce l'annullabilità degli atti compiuti dall'amministratore di sostegno o dal beneficiario in violazione di legge. Con riguardo agli atti compiuti dall'amministratore di sostegno, devono ritenersi annullabili quelli vietati al tutore dalle norme che l'art. 411 richiama riguardo all'amministrazione di sostegno; gli atti compiuti dall'amministratore in mancanza delle autorizzazioni richieste dagli artt. 374 e 375 c.c. per il compimento degli atti indicati in queste norme; e gli atti compiuti in difformità rispetto all'autorizzazione ottenuta.
Nella prima categoria di atti vietati all'amministratore di sostegno rientrano gli atti vietati al tutore e al protutore ex art. 378 c.c., e la violazione del divieto di stipulare convenzioni con l'incapace prima dell'approvazione del conto ai sensi dell'art. 388 c.c.
La mancanza di autorizzazioni richiesta dagli art. 374 e 375 c.c. comporta sempre l'annullabilità degli atti compiuti dall'amministratore di sostegno rappresentante; mentre è dubbia nel caso l'atto sia compiuto dall'amministratore di sostegno assistente, in quanto la l. n. 6/04 non richiama l'art. 394 c.c., norma che stabilisce quali autorizzazioni siano richieste per il compimento di alcuni atti da parte del minore emancipato (e, quindi, dell'inabilitato) assistito dal curatore.
Secondo alcuni autori il mancato richiamo è spiegabile in base al rilievo che anche gli atti, per i quali il decreto di nomina prevede che il beneficiario debba essere assistito dall'amministratore, sono assoggettati alle regole di cui agli art. 374 e 375 c.c. (romoli).
Per altri autori tale soluzione sarebbe ingenerosa, e l'assenza del richiamo all'art. 394 c.c. potrebbe, invece, portare a concludere che, per gli atti da compiersi con l'assistenza dell'amministratore di sostegno, non sia richiesta l'autorizzazione del giudice tutelare (Roppo - Dellacasa). In applicazione dell'art. 374, n. 5 sarà nullo il giudizio promosso dall'amministratore di sostegno senza la prescritta autorizzazione.
Nell'ipotesi in cui il tutore abbia promosso un giudizio nell'interesse dell'incapace senza l'autorizzazione prescritta dall'art. 374, n. 5, c.c., si determina un vizio di legittimazione processuale che determina la radicale nullità dell'intero giudizio, e non attenendo a materia disponibile, deve essere rilevato, anche d'ufficio, dal giudice. L'autorizzazione, infatti, è un presupposto necessario per la regolare costituzione del rapporto processuale, e pertanto colui che ha promosso il giudizio qualificandosi rappresentante legale dell'incapace ha l'onere della prova dell'autorizzazione, quale presupposto della propria legittimazione all'esercizio delle facoltà processuali (Cass. 21.7.03, n. 11344, in Mass. Giust. civ., 2003, f. 7-8)
L'art. 411 c.c. richiama altresì l'art. 376 c.c., che prevede che il Tribunale possa fissare particolari modalità per la vendita dei beni; e l'art. 378 che contempla a carico dell'amministratore di sostegno il divieto di compiere una serie di atti in relazione ai quali appare particolarmente elevato il rischio di un conflitto di interessi.
L'autorizzazione deve necessariamente precedere il negozio che l'amministratore di sostegno dovrà compiere, e non sarà ammessa un autorizzazione tardiva, né una successiva approvazione od omologazione del negozio ad opera del giudice tutelare, tuttavia, non sarà rilevante la minima divergenza tra il provvedimento e l'atto autorizzatorio, ma esclusivamente una difformità nei caratteri essenziali del negozio (Calice). Ex art. 411 c.c. la competenza a rilasciare l'autorizzazione al compimento di tutti gli atti spetta al giudice tutelare.
La giurisprudenza della Cassazione ha precisato che i decreti di autorizzazione non acquistano efficacia di giudicato, ma si presentano come provvedimenti amministrativi.
I decreti di autorizzazione emessi dal giudice tutelare ai sensi degli art. 374 c.c. e 737 c.p.c. non hanno le connotazioni formali e sostanziali delle decisioni giurisdizionali, ma si presentano come provvedimenti amministrativi. Essi, pertanto, se pure divengono efficaci con il decorso del termine per il reclamo ex art. 741 c.p.c., non hanno, tuttavia, attitudine ad acquistare efficacia di giudicato, nè esplicito, in ordine alla decisione positiva o negativa sull'autorizzazione riportata nel dispositivo, nè implicito, in ordine alle questioni valutate e decise quali presupposti logici necessari di quella (Cass. 6.8.01, n. 10822, in
Dubbio è se siano annullabili gli atti compiuti dall'amministratore in violazione dell'obbligo di tenere conto delle aspirazioni e dei bisogni del beneficiario, ai sensi dell'art. 410, co. 1, c.c., e di fornirgli la tempestiva informazione (ex art. 410, co. 2, c.c.): secondo alcuni autori tale conclusione non sarebbe ammissibile, in quanto "devastante per la certezza dei traffici" (Romoli). Si ritiene infatti che la certezza dei traffici esiga che al momento del compimento dell'atto sia possibile accertare la sussistenza dei presupposti per il suo valido compimento, e che, in tale momento, non si possa imporre al notaio l'obbligo di accertare se effettivamente vi siano unità di vedute e scambio di informazioni fra amministratore di sostegno e beneficiario. Si argomenta, inoltre, che i doveri posti a carico dell'amministratore dall'410 c.c. abbiano la valenza di individuare in astratto la corretta modalità di svolgimento dell'ufficio, ragion per cui la loro violazione non avrebbe ripercussioni sul compimento dei singoli atti, e rileverebbe esclusivamente ai fini della responsabilità nei confronti del beneficiario per il danno cagionato in violazione dei doveri, ed a quelli della rimozione e della sospensione dell'amministratore di sostegno dal suo ufficio (Romoli; Bonilini). Secondo altri autori, invece, sarà annullabile anche l'atto che l'amministratore compia omettendo di perseguire le esigenze di cui e portatore il beneficiario, e quello che l'amministratore compia omettendo di informare preventivamente il beneficiario (Roppo - Della casa; Campese). Il testo normativo - ad avviso di tali autori - non lascerebbe spazio a dubbi, poiché il legislatore avrebbe imposto all'amministratore gli obblighi di informazione e di tener conto delle esigenze del beneficiario a garanzia della posizione di quest'ultimo. Sono da ritenersi nulle le obbligazioni che, eventualmente, l'amministratore rappresentante abbia assunto verso terzi, in virtù delle quali quest'ultimo si sia impegnato a proporre al giudice l'istanza relativa al compimento di atti negoziali in nome e per conto del beneficiario.
È affetto da nullità radicale l'obbligazione convenzionale, assunta verso terzi dal rappresentante dell'incapace, alla proposizione della necessaria istanza al giudice (competente per la relativa autorizzazione) in relazione ad atti negoziali da compiere in nome e per conto del minore, tanto prima quanto dopo che l'atto stesso sia compiuto, contrastando siffatto obbligo con l'esigenza, di ordine pubblico, che l'amministrazione vincolata di un patrimonio sia sorretta dall'interesse del titolare nel momento in cui si propone l'istanza (e non in un momento diverso), senza l'interferenza derivante da impegni illegittimamente assunti verso terzi dal rappresentante legale dell'incapace (Cass. 10.2.98, n. 1345, in Mass. Giust. civ., 1998, 290).
La legge stabilisce che sono annullabili anche gli atti compiuti dal beneficiario in violazione di legge (art. 412) Tuttavia, tale previsione non ha un vasto ambito di applicazione, poiché, come si è in più occasioni rilevato, le limitazioni della capacità di agire del beneficiario non sono astrattamente stabilite dalla legge, ma trovano la loro fonte nel provvedimento del giudice, tale essendo una delle più importanti caratteristiche innovative della disciplina dell'amministrazione di sostegno nel quadro degli strumenti di protezione dei soggetti non in grado di provvedere ai propri interessi. La dottrina più attenta ha individuato una sola limitazione della capacità di agire del beneficiario riconducibile alla legge, in assenza di previsioni normative sul punto: quella concernente la capacità di donare (Roppo - Dellacasa).
Non vi è alcun richiamo nella l. n. 6/04 alle norme che prevedono limitazioni alla capacità di donare da parte degli incapaci legali, tuttavia il giudice tutelare può estendere al beneficiario dell'amministrazione di sostegno le limitazioni o decadenze previsti per l'interdetto o l'inabilitato: in tale caso il l'annullabilità dell'atto sarà riconducibile alla violazione di disposizioni del giudice.
Ad analoghe conclusioni si deve pervenire allorché il decreto istitutivo preveda la nomina dell'amministratore di sostegno con riferimento a tutti gli atti di alienazione da parte del beneficiario, poiché il soggetto si troverà privo della piena capacità di disporre dei propri beni, e, dunque, deve considerarsi privo della capacità di donare ex art. 774 c.c. Diversamente, qualora la nomina dell'amministratore di sostegno avvenga con riferimento a determinati atti, il beneficiario non potrà essere ritenuto incapace di agire con riguardo ad atti diversi, e, dunque, in tali ipotesi l'incapacità di donare andrà ricondotta alla legge, ed in particolare all'art. 774 c.c.
In particolare, si deve argomentare dalla lettera di tale articolo - il quale prevede che per donare occorre la piena capacità di disporre dei propri beni - che non possa donare colui il quale sia stato privato della capacità di agire anche con riguardo ad atti diversi dalla donazione. In dottrina si ritiene costituisca argomento a sostegno di una tale ricostruzione il fatto che l'art. 774 stabilisca che anche il minore emancipato è incapace di donare, sebbene autorizzato all'esercizio di un'impresa commerciale, ed al fatto che l'art. 776 c.c. sancisca l'annullabilità della donazione fatta dall'inabilitato a partire dai sei mesi anteriori all'inizio del giudizio d'inabilitazione (Romoli). La piena capacità di donare è necessaria anche per le donazioni remuneratorie e modali.
Rientrano fra i contratti a titolo gratuito, e non fra quelli commutativi, sia le donazioni remuneratorie, fatte per riconoscenza o in considerazione dei meriti del donatario, sia quelle modali, in cui il "modus", che è limitazione del beneficio mediante un'obbligazione accessoria posta a carico del donatario, non può equipararsi alla controprestazione propria dei contratti a titolo oneroso, e non è perciò idoneo a mutare la causa del contratto, che resta a titolo gratuito. Di conseguenza, per l'annullamento delle donazioni remuneratorie e modali, come di ogni altra donazione fatta da persona incapace di intendere e di volere, non sono richiesti, à sensi dello specifico disposto dell'art. 775 c.c. nè il pregiudizio del donante, nè la malafede del donatario trovando riferimento tali condizioni, previste dagli art. 428 e 1425 c.c., in rapporti di corrispettività e di equivalenza tra le prestazioni che sono pertinenti ai soli contratti a titolo oneroso
(Cass. 6.12.84, n. 6414, in Mass. Giust. civ., 1984, fasc. 12).
6. ACCETTAZIONE DI EREDITÀ E ALIENAZIONE DI BENI EREDITARI
La legge non stabilisce se l'eredità devoluta al beneficiario dell'amministrazione di sostegno debba essere accettata col beneficio d'inventario, così come dispongono gli artt. 471 e 472 c.c. con riguardo ai minori, agli interdetti, ai minori emancipati e agli inabilitati. Ragion per cui è dubbio se debba ritenersi che anche al beneficiario dell'amministrazione di sostegno sia preclusa l'accettazione pura e semplice di un'eredità. Contro un'estensione di tale preclusione si pongono l'assenza del richiamo agli artt. 471 e 472 c.c.; il carattere eccezionale di queste due norme, indirizzate a categorie di soggetti legalmente incapaci; ed il fatto che il beneficiario non possa essere considerato incapace di agire con riguardo agli atti in relazione ai quali il decreto non preveda la rappresentanza esclusiva o l'assistenza dell'amministratore (in tal senso cfr. Romoli). L'accettazione con beneficio d'inventario può essere imposta a carico del beneficiario da parte del giudice tutelare nel provvedimento di nomina dell'amministratore di sostegno, in virtù della facoltà - conferitagli dall'art. 411, ult. co. , c.c. - di estendere al beneficiario determinati effetti, limitazioni o decadenze previsti per l'interdetto o per l'inabilitato: in particolare, il giudice dovrebbe estendere il divieto di un'accettazione diversa da quella con il beneficio d'inventario, ai sensi degli artt. 471 e 472 c.c.
È dubbio se il giudice possa estendere al beneficiario anche la causa impeditiva della decadenza dal beneficio prevista dall'art. 489 c.c. , ma la logica impone di dare una risposta positiva al quesito. Nell'ipotesi in cui il giudice estenda al beneficiario le norme sull'accettazione con beneficio d'inventario di cui agli artt. 471, 472 e 489 c.c., il beneficiario è soggetto alle regole che disciplinano il compimento di atti di alienazione di beni ereditari da parte dell'incapace sottoposto a tutela, e la competenza a concedere l'autorizzazione in relazione a tali atti spetterà al giudice delle successioni ex art. 747 c.p.c. In mancanza di autorizzazione del giudice delle successioni l'atto di alienazione di beni ereditati sarà invalido, e di conseguenza annullabile.
L'eredità devoluta ai minori può essere accettata solo con beneficio di inventario, mentre ogni altra forma di accettazione, espressa o tacita, è nulla ed improduttiva di effetti, non conferendo al minore la qualità di erede. Conseguentemente gli atti di conservazione del patrimonio ereditario posti in essere dal rappresentante legale del minore chiamato all'eredità non possono dare luogo ad alcuna accettazione implicita dell'eredità medesima (Cass. 13.7.99, n. 7417, in Mass. Giust. civ., 1999, 1630)
Qualora, invece, il giudice tutelare, nel decreto di nomina, non estenda al beneficiario dell'amministrazione di sostegno la causa impeditiva della decadenza dal beneficio prevista dall'art. 489 c.c. , e l'atto di alienazione di beni ereditari sia semplicemente autorizzato dal giudice tutelare ex art 375 c.c. e non dal giudice delle successioni, l'atto di alienazione sarà valido, ma il beneficiario perderà la limitazione di responsabilità caratteristica del beneficio d'inventario ex art. 493. L'atto sarà annullabile ai sensi dell'art. 412 c.c. qualora manchi l'autorizzazione del giudice tutelare richiesta dall'art. 375 c.c., in quanto compiuto in violazione di legge, qualora il decreto di nomina limiti la capacità di agire del beneficiario con riguardo agli atti di disposizione.
Concretamente, nelle prime pronunzie in materia di amministrazione di sostegno, i giudici hanno previsto che l'amministratore di sostegno potesse accettare eredità esclusivamente con beneficio d'inventario, ma non hanno fatto riferimento all'applicabilità della causa impeditiva della decadenza di cui all'art. 489 c.c.
Letto il ricorso depositato in data 16 febbraio 2005 da xxxxx Rosella, nata a Roma il 10 novembre 1965 ed ivi residente, in via L. xxxxx 14, con il quale la medesima ha chiesto la nomina di un Amministratore di sostegno a norma dell'articolo 405 c.c. - come modificato dalla legge 9 gennaio 2004 n. 6 - in favore di xxxx Mauro, nato a Milano il 17 febbraio 1968 e residente in Roma, piazza G. xxxx 5; ritenuto che da certificazione medica in atti il xxxxx risulta affetto da "insufficienza mentale grave" e "schizofrenia"; sentiti personalmente la ricorrente, che ha confermato la sua disponibilità ad assumere l'incarico di Amministratore di sostegno del fratello, nonché la madre del xxxxx e suoi parenti ed affini, i quali nulla hanno obiettato in ordine al ricorso ed alla nomina della ricorrente quale Amministratore di sostegno del fratello; sentito il xxxxx, il quale ha dato segni evidenti della patologia da cui è affetto; considerato che la patologia di cui sopra comporta l'impossibilità del xxxx di provvedere autonomamente ai suoi interessi, impossibilità che consente di applicare nella fattispecie l'amministrazione di sostegno, quale misura sufficiente a soddisfare le esigenze di tutela del predetto; rilevato che è opportuno, nel caso di specie, nominare, quale Amministratore di sostegno del xxxxx, la sorella ricorrente, la quale si è sempre occupata del fratello; NOMINA xxxxx Rosella, sopra generalizzata, Amministratore di sostegno di xxxx Mauro, sopra generalizzato, e la autorizza a:
1. operare sul conto di cui al n. 1), prelevando l'importo necessario alla vita del beneficiario, che si quantifica, allo stato, nell'importo della pensione d'invalidità e dell'indennità di accompagnamento, mettendolo a disposizione del beneficiario o di sua madre con lui convivente;
2. accettare, per conto ed in nome di xxxxx Mauro, l'eredità del padre xxxxx Pasquale, con beneficio d'inventario;
3. curare l'amministrazione ordinaria del patrimonio immobiliare del beneficiario, e sottoporre all'autorizzazione di questo Giudice qualsiasi atto eccedente l'ordinaria amministrazione;
4. rappresentare il beneficiario, agendo in nome e per conto del medesimo, nel predisporre e sottoscrivere eventuali atti e/o istanze alla pubblica amministrazione o a soggetti privati diretti al conseguimento di sussidi o equipollenti, di documenti d'identità, di prestazioni di natura assistenziale a favore del beneficiario, ed alla presentazione della denuncia dei redditi dello stesso;
5. occuparsi delle questioni che riguardano la vita personale del beneficiario, curando che il medesimo sia adeguatamente curato ed assistito. (Trib. Roma 22.04.05, in Altalex, 13.5.05).
Si noti che le autorizzazioni vengono concesse dal giudice in relazione all'accettazione di un'eredità specifica.
visto l'art. 405 c.c.,
1. nomina in favore di XXXXX ASSUNTA, nata a xxxxx il 15 agosto 1920, l'Amministratore di Sostegno nella persona del coniuge XXXXX GIOVANNI, nato a xxxxxxx il 16 febbraio 1921, con le funzioni ed i poteri qui di seguito specificati;
2. dispone che la durata dell'incarico sia a tempo indeterminato ed abbia ad oggetto la rappresentanza della Beneficiaria nonché l'amministrazione del patrimonio della medesima;
3. autorizza l'Amministratore di sostegno a compiere in nome e per conto di Xxxxx Assunta, senza necessità di ulteriore autorizzazione del Giudice Tutelare, con poteri di rappresentanza esclusiva e salvo obbligo di rendiconto annuale, tutti gli atti civili di ordinaria amministrazione;
4. autorizza l'Amministratore di sostegno a riscuotere nell'interesse della Beneficiaria gli emolumenti a lei dovuti a titolo pensionistico ed a curare tutte le pratiche a tal fine necessarie, previa apertura di un conto ovvero di un libretto, postale o bancario, intestato a Xxxxx Assunta con annotazione del nome dell'Amministratore quale legittimato ad operare, facendo in modo che su detto conto vengano ad essere accreditate tutte le entrate dell'amministrazione (pensioni, indennità, ecc.) e la somma di E.10.000,00 attualmente depositata su c/c bancario BNL cointestato a Xxxxx Giovanni e Xxxxx Assunta;
5. autorizza l'Amministratore di sostegno ad impiegare la somma mensile di E.740,00,00 per il mantenimento della Beneficiaria;
6. autorizza l'Amministratore di sostegno ad accettare, in nome e per conto di Xxxxx Assunta, con beneficio d'inventario, l'eredità pervenutale da xxxx Linda, deceduta in xxxxx il xxxx ed a sottoscrivere in nome e per conto della Beneficiaria gli atti finalizzati alla riscossione di crediti sorti in seguito al decesso di xxxxx Linda;
7. dispone che ogni atto di straordinaria amministrazione debba essere previamente autorizzato dal giudice tutelare;
8. dispone che l'Amministratore di sostegno tenga conto dei bisogni e delle aspirazioni della Beneficiaria ed informi la Beneficiaria degli atti da compiere, ove ciò sia possibile;
9. dispone che l'Amministratore di sostegno informi periodicamente il Giudice Tutelare circa le condizioni di vita personali e sociali della Beneficiaria, della consistenza patrimoniale e reddituale della medesima, rendendo il conto dell'attività svolta mediante deposito in Cancelleria di una relazione-rendiconto entro il 31 dicembre di ogni anno, corredata dalla documentazione comprovante le principali voci di reddito e di spesa afferenti il periodo considerato. Nella relazione (o in qualsiasi momento mediante deposito in Cancelleria di un ricorso scritto o verbalmente al Giudice Tutelare previo appuntamento) l'Amministratore di sostegno potrà indicare eventuali diverse ed ulteriori esigenze da gestire nell'interesse della Beneficiaria;
10. fissa per il giuramento dell'Amministratore di sostegno l'udienza del xxxxxxxxx;
11. dispone l'efficacia immediata del presente decreto ai sensi dell'art.741 c.p.c.
(Trib. Roma 10.2.05)
7. AZIONE DI ANNULLAMENTO
L'art. 412 prevede che siano legittimati a proporre la domanda di annullamento degli atti compiuti dall'amministratore di sostegno i seguenti soggetti:
a) l'amministratore di sostegno;
b) il pubblico ministero;
c) il beneficiario o i suoi eredi o aventi causa.
Diversamente, per gli atti compiuti personalmente dal beneficiario, la legittimazione spetta all'amministratore di sostegno, al beneficiario, o ai suoi eredi aventi causa. Si tratta di legittimazione concorrente, salvo per gli aventi causa per i quali la legittimazione e successiva. In dottrina si è rilevato come, il fatto che la legge stabilisca la legittimazione del pubblico ministero esclusivamente con riguardo agli atti compiuti dall'amministratore di sostegno, implichi che l'intervento del pubblico ministero è diretto al controllo dell'operato dell'amministratore (Romoli); tuttavia vi è chi sostiene che la mancanza del pubblico ministero tra i soggetti legittimati a chiedere l'annullamento degli atti compiuti direttamente dal beneficiario sia dovuta a una semplice dimenticanza del legislatore (Vocaturo).
Con riguardo alla legittimazione dell'amministratore di sostegno ad impugnare gli atti compiuti dall'amministratore stesso, la previsione acquista un senso se si consideri l'ipotesi in cui a proporre l'azione sia l'amministratore nominato successivamente a quello che ha compiuto l'atto invalido.
Si ritiene, inoltre, suscettibile di applicazione all'amministratore di sostegno la norma di cui all'art. 378 c.c. , là dove esclude la legittimazione del tutore o del protutore ad impugnare l'atto con cui questi si sia reso acquirente o locatario di beni del tutelato, o cessionario di crediti nei suoi confronti (Bonilini).
Il beneficiario sarà legittimato a proporre l'azione di annullamento solo allorché conservi la capacità di agire con riguardo agli atti da impugnare, in caso contrario deve ritenersi che la promozione di tale azione debba essere autorizzata ex art. 374, n. 5, c.c. Calice).
Le categorie di soggetti legittimati indicate dell'art. 412 c.c. devono considerarsi tassative. Tali soggetti conservano la legittimazione ad impugnare gli atti compiuti durante l'amministrazione di sostegno anche qualora cessi tale istituto e subentrino l'interdizione o l'inabilitazione.
Nell'ipotesi in cui all'amministrazione di sostegno subentri l'interdizione, sarà altresì legittimato il tutore, poiché allo stesso compete il potere generale di compiere tutti gli atti che rientrano nell'interesse dell'incapace, tra cui l'impugnazione di atti annullabili.
Nell'ipotesi in cui all'amministrazione di sostegno subentri l'inabilitazione, la legittimazione spetterà all'inabilitato, ed il curatore dovrà prestare il consenso all'iniziativa del primo.
L'art. 412 c.c. prevede che le azioni relative agli atti compiuti dall'amministratore di sostegno e dal beneficiario si prescrivano in cinque anni, e che tale termine decorra dalla cessazione dell'amministratore di sostegno. Tale norma richiama l'art. 1442 c.c., ai sensi del quale se l'annullabilità decorre dal giorno in cui è cessato lo stato di interdizione o di inabilitazione, ovvero il minore ha raggiunto la maggiore età, mentre negli altri casi il termine decorre dal giorno della conclusione del contratto. La previsione di cui all'art. 412 conferma l'interpretazione dell'art. 1442 c.c. fornita dalla Corte di Cassazione, secondo la quale, sia l'atto compiuto direttamente dall'incapace legale, sia quello compiuto dal suo legale rappresentante senza la necessaria autorizzazione, sono soggetti al termine di prescrizione quinquennale decorrente dalla cessazione della causa di incapacità legale (Cass. 6.3.93, n. 2725, in Arch. civ., 1993, 792 ss), interpretazione quest'ultima che assicura ampia protezione agli incapaci legali.
La norma di cui all'art. 1442 comma 2 c.c., secondo la quale, qualora l'annullabilità di un contratto dipende da incapacità legale di uno dei contraenti, l'azione di annullamento si prescrive nel termine di cinque anni decorrente al giorno in cui è cessato lo stato d'interdizione (o d'inabilitazione) riguarda non soltanto il caso in cui il contratto sia stato stipulato direttamente dall'incapace, ma anche quello in cui il contratto sia stato concluso dal rappresentante legale senza le autorizzazioni degli organi tutelari prescritte dalla legge per il compimento, in nome del minore, di alcune categorie di atti giuridici, ricorrendo anche in questo caso, caratterizzato, come il primo, da un vizio dell'atto determinato dalla sua stipulazione senza le garanzie previste alla legge nell'interesse dell'incapace, l'esigenza di tutela di questo soggetto agli effetti negativi dell'inerzia del tutore (Cass. 6.3.93, n. 2725, in Vita not., 1993, 1394)
In dottrina si è rilevato come l'ultimo comma dell'art. 412 costituisca una sorta d'interpretazione autentica dell'art. 1442 c.c.
L'amministrazione di sostegno costituisce, dunque, causa di sospensione del decorso del termine di prescrizione per la proposizione dell'azione di annullamento. Dubbio è se il termine di prescrizione decorra dalla cessazione dell'amministrazione di sostegno, qualora essa cessi per il sopravvenire dell'interdizione o dell'inabilitazione ex art. 413 c.c. Si ritiene che, in tali ipotesi, l'esigenza di tutelare gli interessi dei soggetti deboli imponga di interpretare la norma di cui all'art. 412 c.c. nel senso che il decorso della prescrizione rimane sospeso fino alla revoca dell'interdizione e dell'inabilitazione, momento in cui il soggetto riacquista la piena capacità di agire (Bonilini; Campese).
Ai sensi dell'art. 1442 c.c. l'eccezione di annullabilità è imprescrittibile.
In assenza di previsioni normative con riguardo al giudizio per l'annullamento, deve ritenersi che debba essere instaurato un procedimento di natura contenziosa avanti al giudice competente per territorio e valore secondo i criteri ordinari (Bonilini), e che il giudizio si concluda con una sentenza suscettibile di passare in cosa giudicata (Campese).
Per quanto riguarda gli effetti dell'annullamento degli atti che il beneficiario non è legittimato a compiere autonomamente, troverà applicazione l'art 1445 c.c., ai sensi del quale l'annullamento per incapacità legale di un contraente produce i suoi effetti anche in pregiudizio dei terzi acquistati dai terzi, ancorché a titolo oneroso e in buona fede.
A tutela dell'affidamento dei terzi l'art. 47 disp. att. e disp. trans. c.c. istituisce il registro delle amministrazioni di sostegno, e l'art. 405 c.c. prevede la pubblicizzazione del decreto d'apertura e di chiusura dell'amministrazione di sostegno, mediante comunicazione all'ufficiale dello stato civile per le annotazioni in margine all'atto di nascita del beneficiario.
8. LE NORME IN MATERIA DI PUBBLICITÀ DEGLI ATTI RELATIVI ALL'AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO
La legge istitutiva dell'amministrazione di sostegno ha predisposto un apparato pubblicitario finalizzato a consentire ai terzi una adeguata conoscenza delle limitazioni della capacità di agire del beneficiario, imponendo che tutte le vicende che attengono all'amministrazione di sostegno siano pubblicizzate. In particolare, debbono essere pubblicizzati il provvedimento iniziale di apertura, i provvedimenti modificativi, il provvedimento di revoca, e la nomina di un amministratore di sostegno provvisorio.
L'art. 405 c.c. prevede che il decreto ci apertura dell'amministrazione di sostegno, il decreto di chiusura ed ogni altro provvedimento assunto dal giudice tutelare nel corso dell'amministrazione di sostegno siano annotati a cura del cancelliere nell'apposito registro. Si tratta del registro istituito dall'art. 14 della legge n. 6/04 che ha modificato l'art. 44 disp. att. c.c., il quale attualmente prevede che presso l'ufficio del giudice tutelare siano tenuti un registro delle tutele dei minori e degli interdetti, un registro delle curatele dei minori emancipati e degli inabilitati ed un registro delle amministrazioni di sostegno. L'annotazione deve avvenire immediatamente, come per l'interdizione e per l'inabilitazione. Nel registro di cancelleria saranno annotate tutte le vicende processuali dell'amministrazione di sostegno, ad esclusione delle attività endoprocedimentali che non si traducano in un provvedimento. L'art. 15 della l. n.6/04 ha previsto un nuovo art. 49-bis disp. att. c.c., in cui si dispone che nel registro delle amministrazioni di sostegno, in un capitolo speciale per ciascuna di esse, si devono annotare a cura del cancelliere:
a) la data e gli estremi essenziali del provvedimento che dispone l'amministrazione di sostegno, e di ogni altro provvedimento assunto dal giudice nel corso della stessa, compresi quelli emanati in via d'urgenza ai sensi dell'articolo 405 del codice;
b) le complete generalità della persona beneficiaria;
c) le complete generalità dell'amministratore di sostegno o del legale rappresentante del soggetto che svolge la relativa funzione, quando non si tratta di persona fisica;
d) la data e gli estremi essenziali del provvedimento che dispone la revoca o la chiusura dell'amministrazione di sostegno.
Nei registri dello stato civile saranno pubblicizzate solo le informazioni essenziali relative all'amministrazione di sostegno. Si tratta di una forma di pubblicità di natura dichiarativa, poiché gli effetti del provvedimento si producono dal momento della pronuncia. L'art. 405 c.c. prevede che il decreto di apertura dell'amministrazione di sostegno e il decreto di chiusura debbano essere comunicati, entro dieci giorni, all'ufficiale dello stato civile per le annotazioni in margine all'atto di nascita del beneficiario. Essa non stabilisce entro quanti giorni l'annotazione debba essere eseguita. L'annotazione deve essere cancellata con la cessazione dell'amministrazione: in particolare la legge prevede che, se la durata dell'incarico è a tempo determinato, le annotazioni devono essere cancellate alla scadenza del termine indicato nel decreto di apertura o in quello eventuale di proroga.
Gli atti relativi all'amministrazione di sostegno sono soggetti ad un'ulteriore accessoria forma di pubblicità: l'art. 18 della l. n. 6/04 incide sul regime del casellario giudiziario e modifica l'art. 3, co. 1, lett. p), del d.p.r. 14.11.02, n. 313, norma che individua le tipologie di provvedimenti che debbono essere iscritti per estratto nel casellario, e che, attualmente, prevede che siano iscritti anche i decreti che istituiscono, modificano, o revocano l'amministrazione di sostegno. Saranno iscritti esclusivamente i provvedimenti definitivi relativi all'amministrazione di sostegno e non quelli provvisori e interinali. Con riguardo alle iscrizioni successive, l'art. 24 del citato d.p.r. n. 31.3.02 dispone che tutte le iscrizioni esistenti nel casellario giudiziale siano riportate nel certificato generale, ad eccezione di quelle escluse specificatamente. Tra queste ultime vi sono i provvedimenti di interdizione, di inabilitazione e relativi all'amministrazione di sostegno, quando esse sono state revocate. L'art. 25 stabilisce che nel certificato penale siano riportate tutte le iscrizioni contenute nel casellario giudiziale ad esclusione di alcune, fra le quali figurano i decreti che istituiscono, modificano o revocano l'amministrazione di sostegno.
Infine, l'art. 26 regola il contenuto del certificato civile e prevede che in esso siano riportate una serie di iscrizioni contenute nel casellario giudiziale: fra queste figurano attualmente i decreti che istituiscono o modificano l'amministrazione di sostegno, salvo che siano stati revocati. Si noti, infine, che la disciplina delle iscrizioni nel casellario giudiziale esclude che siano prese iscrizioni relative a persone che abbiano superato gli ottanta anni di vita: per tali soggetti vengono, infatti, eliminate, le schede eventualmente preesistenti. Tale limitazione precluderà la forma di pubblicità in oggetto con riguardo a numerosi soggetti che necessiteranno dell'amministrazione di sostegno.