In tema di reati fallimentari, come in altri settori, la disciplina penale attinge alle categorie del diritto civile per definire e qualificare il soggetto agente. In via di prima approssimazione, l'amministratore di fatto di una societa di capitali puo essere definito come colui che, senza una investitura formale, si ingerisca nella gestione della societa, esercitando in modo continuativo funzioni gestorie riservate dalla legge agli amministratori di diritto, con il loro consenso espresso o tacito e comunque senza alcuna opposizione da parte loro. Le situazioni in cui puo configurarsi una tale fattispecie sono quelle, ad esempio, in cui la nomina ad amministratore sia irregolare, in presenza di una causa di nullita o annullabilita o ineleggibilita. Si ha inoltre un amministratore di fatto nel caso in cui questo pur interdetto, inabilitato, dichiarato fallito o condannato a pena che comporti l'interdizione, continui di fatto ad amministrare la societa.
Anche la revoca, come le cause appena indicate, ha effetto immediato; dalla sua data l'amministratore non ha piu titolo per contrarre obbligazioni in nome della societa. Si ha, inoltre, un amministratore di fatto nel caso in cui un amministratore di diritto cessato per scadenza dei termini, e ricostruito il C.d.A., continui a gestire. Altre cause "genetiche" della figura dell'amministratore di fatto sono oggi venute meno per effetto della soppressione di oneri di pubblicita legati al BUSARL e dell'obbligo dell'amministratore di prestare cauzione ex art. 2387 c.c. L'ipotesi piu interessante e frequente di amministratore di fatto e quella in cui questo gestisca la societa in base ad una nomina, in senso lato, implicita o tacita. Su tale ultimo presupposto, l'esistenza cioe di una investitura, ancorche invalida, tacita o implicita, si era sempre basata la giurisprudenza civile di legittimita per individuare la figura dell'amministratore di fatto, restando irrilevante il mero esercizio di fatto di funzioni.
Si configurava cosi la possibilita di individuare una responsabilita contrattuale solo dove vi era tale nomina implicita, restando possibile, negli altri casi, invocare la responsabilita aquiliana ex art. 2043 c.c. o la responsabilita del mandatario per infedele esecuzione del mandato, oppure un'azione per ripetizione di indebito ex art. 2033 c.c.(cfr. Trib. Milano 11 dicembre 1997, Cass. 3 luglio 1998 n. 65199). La necessita di ricorrere ad una nomina seppur implicita, creava pero problemi nei molteplici casi in cui gli atti piu gravi di mala gestio venivano compiuti da soggetti totalmente estranei alla compagine sociale e permetteva di predisporre opportuni accorgimenti.
Dapprima la giurisprudenza civile di merito, riferendosi ad "un'ingerenza stabile", al "ripetuto compimento di atti tipici dell'amministratore" (cfr. Trib. Milano 18 ottobre 1993, Corte d'Ap. Milano 9 dicembre 1994, Trib. Torino 5 luglio 1988), poi quella di legittimita (Cass. 6 marzo 1999 n. 1925, 14 settembre 1999 n. 9795) hanno finalmente cominciato ad attribuire rilevanza al mero esercizio di fatto di funzioni, superando la fictio iuris della necessita di nomina implicita. Pertanto, si ha ora una pressoche perfetta coincidenza con la elaborazione in tema di "funzionario di fatto" nel settore dei reati contro la pubblica amministrazione. L'importanza della sentenza n. 1925 del 1999 della Corte di Cassazione e nel fare esclusivo riferimento alle funzioni concretamente esercitate e nel definire la responsabilita dell'amministratore di fatto come responsabilita contrattuale, derivante dal c.d. "contatto sociale"; si tratta, in sostanza, di un fatto giuridico fonte di obbligazioni ex art. 1173 c.c., simile alla gestione di affari altrui.
La giurisprudenza civile giunge, cosi, ad adottare un criterio funzionale ed oggettivo in completa sintonia con quello gia da molto tempo adottato dalla giurisprudenza penale, in tema di bancarotta fraudolenta. La Cassazione penale, gia con una sentenza datata 8 ottobre 1991, ripresa ad esempio dalla sentenza n. 9222 del 22 aprile 1998, cosi definisce l'amministratore di fatto in tema di bancarotta fraudolenta: si tratta di colui che "esercita in concreto o con un minimo di continuita le funzioni proprie degli amministratori o di una di esse, coordinata con altre". Tra dette funzioni deve considerasi, in primo luogo, la gestione della societa dal punto di vista contabile e amministrativo, i poteri deliberativi, le funzioni di rappresentanza, la formulazione dei programmi per l'organizzazione interna ed esterna. Con questa evoluzione giurisprudenziale, l'operato di un soggetto viene qualificato allo stesso modo in ambito civile e penale. In campo penale, pero, l'assenza di clausole di equiparazione tra amministratore di diritto e amministratore di fatto, introdotte in altri ordinamenti come quello francese e inglese, implica un concreto rischio di mancanza di tassativita della fattispecie. "L'amministratore di fatto di una societa risponde dei reati fallimentari non gia quale extraneus, ma quale diretto destinatario della norma; egli ha cosi una responsabilita diretta e personale che prescinde da quella del soggetto qualificato" ( Cass. Sez. V 14 aprile 1987 n. 4571, Cass. Sez V 17 gennaio 1996). L'amministratore di fatto rispondera cosi del reato di bancarotta fraudolenta ex art. 223 L.F. a titolo di reato proprio. L'art. 223 L.F. e collocato tra i reati commessi da persone diverse dal fallito, che, per quello che a noi interessa, sono in primis gli amministratori, di diritto e di fatto. Le condotte incriminate dal primo comma dell'art. 223 L.F. sono, per espresso richiamo, quelle individuate dall'art. 216 L.F., quali la bancarotta patrimoniale, documentale e preferenziale.
La bancarotta fraudolenta patrimoniale consiste nel distrarre, occultare, dissimulare, distruggere o dissipare beni oppure nell'esporre o riconoscere passivita inesistenti. L'oggetto materiale di tale reato si identifica con il patrimonio della societa. L'elemento psicologico e il dolo, lo scopo cioe di recare pregiudizio ai creditori.
La bancarotta fraudolenta documentale consiste nel sottrarre, distrarre, falsificare o tenere le scritture contabili in modo da rendere impossibile o piu difficoltosa la ricostruzione del patrimonio della societa e del movimento dei suoi affari, per un ingiusto profitto o per recare pregiudizio ai creditori. Si tratta quindi di un reato a dolo specifico.
La bancarotta fraudolenta preferenziale tutela, invece, la par condicio creditorum, che e alterata da pagamenti effettuati dal fallito o dalla dissimulazione da parte del medesimo di titoli di prelazione. Anche questo e un reato a dolo specifico.
Il secondo comma dell'art. 223 L.F. punisce una serie di condotte, quali ad esempio le false comunicazioni sociali e l'illegale ripartizione degli utili, definibili con l'espressione di bancarotta impropria, oltre ad operazioni e comportamenti dolosi che abbiano cagionato il fallimento della societa. Esaminate le tipologie di comportamenti di bancarotta fraudolenta, per cui gli amministratori di diritto e di fatto possono essere puniti, vediamo i rapporti tra queste due figure. L'amministratore di una societa investito ufficialmente della carica, in virtu del disposto di cui agli artt. 2392 e 2394 c.c., ha l'obbligo giuridico gli impedire gli atti pregiudizievoli in danno della societa e di attenuarne le conseguenze, nonche l'obbligo di provvedere alla conservazione dell'integrita del patrimonio sociale. Quando, in violazione di tali obblighi di vigilanza, abbia consentito ad altri soggetti, che di fatto si siano ingeriti nell'amministrazione della societa, di compiere atti concretantisi in illeciti penalmente sanzionati, e configurabile un'ipotesi di concorso ex art. 40 c.p. ( Cass. Sez. V 19 settembre 1992 n. 9536, Cass. sez. V 29 novembre 1990 n. 15850, Cass. Sez. 28 giugno 1993, Cass. Sez. V 7 luglio 1992, Cass. pen. 4 giugno 1984).
La giurisprudenza, per quanto riguarda l'amministratore di diritto, concorda su di un punto: la mera qualifica formale non implica un automatico giudizio di colpevolezza per fatti di bancarotta fraudolenta, perche solo punendo fatti specifici non si lede l'art. 27 Cost.
Alcune sentenze, quale ad esempio Cass., Sez. V, 25 marzo 1997 n. 4892, sottolineano il fatto che, anche la mera accettazione della carica da parte dell' "uomo di paglia" gli attribuisce ex lege poteri di vigilanza e controllo; altre, quale Cass., Sez. V, 17 gennaio 1996, escludono la responsabilita dell'amministratore di diritto, quando la concreta gestione da parte dell'amministratore di fatto e cosi complessiva e sostitutiva da ridurre l'amministratore di diritto a mero fatto nominale. Probabilmente tra questi due approcci al problema non c'e alcun contrasto; si tratta solo di modi diversi di evidenziare il principio della responsabilita personale in campo penale. Note bibliografiche AA.VV., Manuale di diritto penale dell'impresa, Monduzzi Ed. 2000;
Fattori A., Amministratore di fatto di societa di capitali: natura e responsabilita, Le Societa n. 7/1998;
Fattori A., Attribuzioni della qualifica di amministratore di fatto e conseguente responsabilita, Le Societa n. 7/1995;
Guidotti R., Amministratore di fatto e negotiorum gestio, Giur. It., 2000, 770;
Quatraro - Picone, La responsabilita di amministratori, sindaci, direttori generali e liquidatori di societa, Giuffre Ed.
Silvetti M., nota a Cass. Sez. I, 6 marzo 1999, n. 1925, in Foro It., I, 2000, 2299; "Fallimento XVI) Reati Fallimentari", in Enc. Trec. Autore: Dott.ssa Irene Benfenati - tratto dal sito: www.filodiritto.com
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