Affidamento diretto del servizio pubblico:
è restrittiva la nozione di controllo analogo
sulla società in house
(Commento alla sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V°, 23/01/2008 n. 136 )
Con la sentenza in esame, il Consiglio di Stato torna a pronunciarsi sui requisiti dell'in house providing, ossia sulla possibilità per la pubblica amministrazione di affidare direttamente un servizio pubblico locale ad una società a capitale pubblico controllata dalla stessa amministrazione.
L'affidamento del servizio pubblico locale in house, ossia in via diretta senza il preventivo svolgimento di una gara pubblica, può legittimamente avvenire nei casi previsti dall'art.113, co. 5, lett. c, d.lgs. 267/2000 (come sostituito dall'art. 14, co. 1, lett. c, l. 326/2003). Tale norma codifica l'affidamento diretto per tutti i casi in cui la pubblica amministrazione non si rivolga al mercato ma autoproduca il servizio, avvalendosi di una società considerata in house.
Tre sono i requisiti necessari affinchè si realizzi tale forma di affidamento: le condizioni dell'affidamento in house sono state elaborate dall'ordinamento comunitario e sono state successivamente recepite dal nostro legislatore nazionale. In primo luogo, è necessario che l'affidamento in house avvenga in favore di una società il cui capitale sia interamente pubblico. La pubblica amministrazione titolare del capitale deve, inoltre, esercitare sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi. Infine, la società deve realizzare la parte più importante dell'attività con l'ente pubblico che le controlla.
La sentenza in esame si concentra sulla definizione di controllo analogo e sull'intensità dei poteri che debbono essere riservati alla pubblica amministrazione, aderendo all'interpretazione restrittiva dell'in house, ormai prevalente in giurisprudenza.
In sede interpretativa si è, in primo luogo, affermata la diversità fra il controllo analogo, il controllo strutturale e quello sull'attività. Quest'ultimo consiste nella valutazione della conformità dell'attività svolta ad un parametro legale e non costituisce condizione sufficiente per configurare l'esercizio di un controllo analogo. Il controllo strutturale implica, invece, il potere di nomina e di revoca della maggioranza dei soggetti che compongono gli organi di amministrazione, direzione e vigilanza del soggetto. Tale tipo di controllo è riconosciuto quale condizione necessaria ma non ancora sufficiente per consentire un controllo analogo. La pubblica amministrazione deve, infatti, secondo l'interpretazione giurisprudenziale ormai prevalente, godere non solo dei poteri riconosciuti dal diritto societario al socio di maggioranza, ma deve anche poter esercitare il proprio potere pubblico per determinare gli atti più significativi di gestione della società. Il controllo analogo può, dunque, essere assimilato ad un controllo strutturale, consistente nel potere di ingerenza della pubblica amministrazione nell'organizzazione imprenditoriale del soggetto affidatario.
In adesione a tale interpretazione, la sentenza ha negato l'esistenza, nella fattispecie sottoposta al proprio esame, di un controllo analogo esercitato dalla pubblica amministrazione sulla società affidataria. Lo statuto di tale società risultava essere infatti, quello di una normale società per azioni, nella quale i poteri appartengono agli organi sociali e non risultava previsto nessun raccordo tra gli enti pubblici territoriali e la costituzione degli organi societari.
Dalla sentenza si evince come sia ormai pacifico in giurisprudenza che non è configurabile alcuna forma di controllo analogo nel caso in cui il presidente del Consiglio d'amministrazione sia eletto dal Consiglio d'amministrazione, lo stesso Consiglio di amministrazione sia nominato dall'assemblea senza vincoli di provenienza o di proposta, il consiglio risulta poi investito dei più ampi poteri per la gestione ordinaria e straordinaria della società con facoltà di compiere tutti gli atti opportuni per l'attuazione ed il raggiungimento degli scopi sociali, mentre l'assemblea è composta dai soci senza ulteriori specificazioni.
Il controllo analogo è, altresì escluso dalla previsione statutaria di un collegio sindacale che si compone di tre sindaci elettivi e due supplenti, che durano in carica tre anni e sono rieleggibili, senza alcuno specifico statuizione in ordine ai poteri di controllo della pubblica amministrazione. Non può, dunque, riconoscersi l'esistenza di un potere di controllo della pubblica amministrazione, analogo a quello esercitato sui propri servizi, nei casi in cui il controllo riconosciuto alla pubblica amministrazione si risolva sostanzialmente nei poteri che il diritto societario riconosce alla maggioranza dei soci, mentre lo statuto societario attribuisca al consiglio di amministrazione ampi poteri di gestione ordinaria e straordinaria della società.
Il risultato interpretativo adottato dalla sentenza in esame è riconosciuto valido anche da una diversa sentenza del Consiglio di Stato che ha recentemente puntualizzato le elaborazioni sui diversi requisiti legittimanti l'affidamento in house (Vd. Consiglio di Stato, V, 23 ottobre 2007, n. 5587 pubblicata on line su questa rivista). Tale pronuncia ha rimesso alla Plenaria la diversa questione avente ad oggetto la compatibilità con i principi dell'ordinamento comunitario di tutti quei casi in cui il nostro sistema normativo ammette l'affidamento diretto di un servizio, senza gara, ad una società mista, a prevalente partecipazione pubblica, i cui soci privati siano stati individuati all'esito di procedure selettive . In tale occasione il Consiglio di Stato aveva però anche evidenziato la necessità di una pronuncia dell'Adunanza Plenaria al fine di riaffermare chiaramente la definizione di in house prividing anche in quei settori in cui manchi una disposizione normativa espressa. In particolare, in contrasto con la nozione più diffusa di affidamento in house, la giurisprudenza aveva ritenuto ammissibile l'affidamento a società in cui la partecipazione pubblica era limitata al 51%, a condizione che fosse riscontrata la presenza del requisito del controllo analogo.
Vai alla sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V°, 23/01/2008 n. 136
Autrice: Avv. Valeria De Carlo - tratto da "Il Quotidiano Giuridico" - 28/02/2008