L'ACCORDO BONARIO
NEL CODICE DEGLI APPALTI

 

 

Autore: Lamberti Cesare - Fonte: Urbanistica e appalti, 2008, 4, 417

 

La disciplina dell'accordo bonario è in parte ancora quella tradizionale, in parte completamente nuova. Negli appalti di lavori è ancora presente la risoluzione delle riserve prevista dal Capitolato generale, oramai abrogato, negli altri contratti, l'istituto dovrà adattarsi alla particolarità di ciascuno. Rimane la centralità del responsabile del procedimento, anche se attenuata dall'opera della Commissione cui spetta formulare la proposta. A legislazione vigente, sfavorevole all'arbitrato, l'accordo, sfuggito agli ulteriori rimaneggiamenti della materia, sembra destinato ad un ruolo prevalente nella risoluzione delle controversie fra committente e appaltatore.

 

Un istituto antico ma ancora attuale

 

L'accordo bonario è un istituto tradizionale dei lavori pubblici. Trae origine dalla risoluzione in via amministrativa delle riserve prevista ancora dalla legge generale sui lavori pubblici e sostanzialmente riprodotta nel capitolato generale per gli appalti di opere dipendenti dal Ministro dei lavori pubblici e nel capitolato generale delle opere pubbliche (1). Per le spese superiori all'importo pattuito, sostenute durante la realizzazione delle opere, l'appaltatore doveva esplicitare una formale riserva nel registro di contabilità, sulla quale era formulata una «proposta ragionata della risoluzione » dalla quale originava un procedimento interno, sollecito ma unilaterale, per l'assenza di contraddittorio nell'istruttoria e nella decisione (2).

 

Negli stessi termini l'istituto era stato prospettato nella prima (e mai attuata) versione della legge Merloni, sotto la veste della «proposta di conciliazione » che il responsabile del procedimento formulava, a norma dell'art. 32 della L. n. 109/1994 «qualora insorgano controversie relative ai lavori pubblici ». Alla proposta di conciliazione è seguita la «proposta motivata di accordo bonario » per le riserve iscritte sui documenti contabili prevista dall'art. 31-bis (aggiunto dall'art. 9 del D.L. n. 101/1995, conv. L. n. 216/1995 - cd. Merloni-bis) nei lavori pubblici affidati da soggetti aggiudicatori in materia di appalti e concessioni. La proposta, sulla quale l'amministrazione era tenuta a pronunziarsi con provvedimento motivato, era formulata, sempre dal responsabile del procedimento, sentito l'affidatario ed acquisita la relazione del direttore dei lavori e dell'organo di collaudo. Con le stesse modalità, la proposta motivata di accordo bonario è stata conservata dalle modifiche introdotte alla disciplina degli appalti dall'art. 10 della L. n. 415/1998, cd. Merloni-ter. La proposta motivata di accordo bonario ad opera dell'apposita Commissione promossa dal responsabile del procedimento, è frutto dell'art. 7 della L. n. 166/2002, emanata nelle more della revisione della legge quadro sui lavori pubblici (cd. Merloni quater). Con la devoluzione della proposta ad un soggetto diverso dal responsabile, l'istituto si iscrive appieno titolo fra i «rimedi interni all'amministrazione » ed assume la caratteristica di «rimedio devoluto a terzi » di natura negoziale (3) che ha conservato nel D.Lgs. n. 163 del 2006 (codice degli appalti). Al codice si deve la qualificazione dell'accordo bonario fra i rimedi non giudiziali di risoluzione delle controversie, come la transazione e l'arbitrato e la sua estensione, in quanto compatibile, ai contratti pubblici relativi ai servizi e forniture nei settori ordinari e a quelli di lavori, servizi e forniture nei settori speciali, in attuazione dell'obbligo, a carico degli Stati membri dell'Unione Europea, di introdurre meccanismi efficaci, accessibili e trasparenti per le procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici (4). Rispetto agli altri istituti di risoluzione non giudiziale delle controversie previsti dal codice (5), l'accordo bonario è l'unico ad avere la caratteristica di essere applicabile a tutto tondo nella disciplina degli appalti. Da qui l'interesse alla ricostruzione dell'istituto e alla precisazione di alcune sue particolarità.

 

L'accordo bonario nella disciplina dei lavori pubblici

 

Nel R.D. n. 350 del 1895

 

L'esistenza dell'interesse del committente a prevenire possibili controversie con l'appaltatore è presente sin dal regolamento di esecuzione dei lavori dello Stato nelle attribuzioni del Ministero dei lavori pubblici (6) che, all'art. 63, demandava al direttore dei lavori di redigere, al momento della compilazione del conto finale da trasmettere all'ingegnere capo, una relazione, nella quale erano indicate, oltre a tutte le vicende occorse durante l'esecuzione dell'opera, le variazioni apportate al progetto approvato, i prezzi non compresi nel contratto e segnatamente «le controversie e le domande presentate dall'appaltatore, colla proposta ragionata della risoluzione » (7). Nel Regolamento era però escluso che sulla base della «proposta ragionata » del direttore dei lavori potesse essere raggiunto l'accordo in via amministrativa con l'appaltatore.

 

Valenza di accordo transattivo aveva, probabilmente, la sottoscrizione, ad opera dell'appaltatore, del conto finale delle opere con le correzioni alla contabilità apportate dall'ingegnere capo, ai sensi dell'art. 64 del regolamento, sulle riserve iscritte nel registro di contabilità e le deduzioni del direttore dei lavori ai sensi dell'art. 54 del regolamento. Il conto finale, infatti, si intendeva definitivamente accettato se l'appaltatore non lo avesse sottoscritto o se lo avesse sottoscritto senza confermare le domande già formulate nel registro di contabilità (8).

 

Se, invece, la contabilità non era corretta dall'ingegnere capo e l'appaltatore confermava le riserve, la proposta ragionata di risoluzione veniva trasmessa, ai sensi dell'art. 91 del regolamento, all'organo di collaudo, che dopo avere esaminato le domande dell'appaltatore, sulle quali non fosse già intervenuta una risoluzione definitiva in via contenziosa e, dopo aver verificato la loro iscrizione nel registro di contabilità e nel conto finale, esponeva il suo parere nella relazione separata e segreta (9) che era inviata al ministro per la decisione finale, ai sensi del successivo art. 109.

 

Nel regolamento di esecuzione delle opere pubbliche, la risoluzione in via amministrativa delle controversie precedeva necessariamente l'accesso alla giurisdizione o la domanda di arbitrato, ad eccezione di quelle non differibili per accordo delle parti o per la loro importanza economica, secondo l'espresso disposto dell'art. 44 del D.P.R. n. 1063/1962 (10). La «proposta ragionata di risoluzione delle controversie » del direttore dei lavori costituiva, nel sistema antevigente alla legge Merloni, una vera e propria proposta di transazione che poteva essere accettata, per fatti concludenti, dall'amministrazione con la correzione della contabilità da parte dell'ingegnere capo e dall'assuntore dei lavori. Poteva poi essere accettata dall'appaltatore, con l'adesione al conto finale delle opere, da assimilare ad un atto di diritto privato oppure al negozio giuridico di diritto pubblico oggetto, all'epoca, di discussioni in giurisprudenza e dottrina.

 

La concentrazione delle controversie sull'esecuzione nel momento successivo alla conclusione dei lavori aveva l'indubbio vantaggio di accelerare la conclusione dell'opera pubblica, nell'interesse di ambedue le parti del contratto (11). Era però criticabile sia per l'unilateralità che per la pregiudizialità dell'accesso alla tutela giurisdizionale o arbitrale.

 

Nelle « leggi Merloni »

 

Allo stesso sistema unilaterale di formulazione della proposta e di inammissibilità della domanda giudiziale, salvo il caso di mancato raggiungimento dell'accordo, era ispirata anche la proposta di conciliazione che il responsabile del procedimento formulava, ai sensi dell'art. 32 della L. n. 109/1994, per l'immediata soluzione della controversia. La norma risentiva dell'esigenza di dare sollecita attuazione, con la legge quadro, all'art. 13 della L. n. 142/1992 (12), di accelerazione delle opere pubbliche imposta dalla direttiva 89/665 CEE. L'eccessiva laconicità nella formulazione e la soppressione della competenza arbitrale fecero sì che la procedura introdotta dall'art. 32 fosse considerata soltanto un modalità per esperire la successiva azione giurisdizionale (13) e non una sostanziale riformulazione della procedura di risoluzione delle controversie in via amministrativa (14). Anche oggetto di critica fu la provenienza della proposta di conciliazione da un soggetto non imparziale, quale il responsabile del procedimento.

 

L'art. 32 della L. n. 109/1994 non ebbe mai applicazione (15) al pari del primo schema di regolamento attuativo previsto dall'art. 3 della legge quadro, redatto nell'aprile 1994 dalla Commissione ministeriale presieduta dal prof. Giannini. Ai lavori della Commissione si deve l'introduzione della «soglia » nella proposta di conciliazione, consistente, allora, nelle riserve di almeno un quarto dell'importo contrattuale ovvero la loro «rilevanza tecnico-economica tale da richiedere soluzione anticipata rispetto al collaudo ».

 

All'art. 31-bis della legge quadro introdotto dal D.L. n. 101/1995 (16) risale il termine «proposta motivata di accordo bonario ». Alla relativa legge di conversione n. 216/1995 (cd. legge Merloni bis) si deve la riformulazione integrale dell'art. 32 (17), che ha reintrodotto la procedura arbitrale, ancorché facoltativa, ove non si proceda all'accordo bonario e l'affidatario confermi le riserve.

 

Con l'art. 31-bis del D.L. n. 101/1995 è recepito il limite di soglia, indicato in misura pari al dieci per cento o nella variazione sostanziale dell'importo economico dell'opera, entro i quali opera la proposta motivata di accordo (18). Alla norma va però ascritto il merito di avere, per la prima volta «abbozzato » una fattispecie procedimentale, caratterizzata dall'iniziativa del responsabile del procedimento, da una fase istruttoria, con l'immediata acquisizione della relazione (riservata) del direttore del lavori o del collaudatore e dell'avviso dell'assuntore delle opere alle quali segue la deliberazione dell'amministrazione e la pronuncia dell'affidatario con la sottoscrizione dell'accordo (19). Con la proposta motivata di accordo in presenza della variazione sostanziale dell'importo dell'opera, il legislatore ha concentrato la risoluzione delle controversie sulle riserve dopo il collaudo, secondo una prassi oramai consolidata, sfavorevole alla risoluzione anticipata delle controversie (20).

 

Nella stessa conformazione, caratterizzata dell'unilateralità della proposta del responsabile e dall'avvio del procedimento nei sessanta giorni dall'ultima delle riserve iscritte, l'accordo bonario è stato conservato dalla L. n. 415/1998 (cd. Merloni ter). Gli emendamenti all'art. 32 della L. n. 109/1994 introdotti dell'art. 10 della L. n. 415/1998, hanno investito, in prevalenza, la procedura arbitrale, estesa indistintamente alle ipotesi di mancato raggiungimento dell'accordo bonario così risolvendo i problemi interpretativi sull'oggetto dell'accordo, insorti nella precedente formulazione della legge Merloni. Oltre a quelle derivanti dal mancato raggiungimento dell'accordo bonario, l'art. 10 della L. n. 415/1998 ha devoluto agli arbitri tutte le controversie derivanti dall'esecuzione del contratto. Nel nuovo testo dell'art. 32 è anche riformulata la composizione dei collegi arbitrali, onde tenere conto della Camera arbitrale costituita ai sensi dell'art 4 della L. n. 415/1998 ed è prevista la possibilità di avvio della procedura arbitrale, anche durante l'esecuzione del contratto, senza le limitazioni alle controversie di particolare importanza, stabilite dall'art. 44 del capitolato generale d'appalto per le opere di competenza del Ministero dei lavori pubblici.

 

Nel codice degli appalti

 

All'art. 7 della L. n. 166/2002 (cd. Merloni quater) si deve l'affidamento ad un soggetto «terzo » della proposta motivata di accordo bonario, sulla quale si pronunziano, in contraddittorio, l'appaltatore e il committente (21). All'apposita Commissione promossa dal responsabile del procedimento spetta di acquisire la relazione del direttore dei lavori e quella, eventuale, dell'organo di collaudo. La norma, per molti versi anticipatoria dell'art. 240 del D.Lgs. n. 163/2006, introduce il principio della reiterazione della proposta (solo per una volta) e struttura il procedimento in maniera neutrale, anche se mantiene la sua esclusiva attinenza alle controversie derivanti dall'iscrizione di riserve sui documenti contabili relativi agli appalti di lavori e alle concessioni, definitivamente equiparate agli appalti (22). Del procedimento è disciplinata la scansione temporale, anche per ciò che attiene alla devoluzione della controversia alla cognizione arbitrale, prevista facoltativamente in caso di omessa pronunzia sulla proposta dell'appaltatore e del committente, nei trenta giorni dalla sua formulazione. Ancora, all'accettazione dell'accordo bonario da parte dell'appaltatore viene riconosciuta natura transattiva e alla Commissione stessa carattere di «amichevole compositore », se legittimata ad assumere decisioni vincolanti, risolutive delle riserve.

 

Nel codice degli appalti, la proposta di accordo bonario è estesa, in quanto compatibile, a tutti i soggetti aggiudicatori (23) ed ai contratti pubblici di servizi e forniture nei settori ordinari ed a quelli relativi a lavori, servizi e forniture dei settori speciali (art. 240 comma 22) (24). Perfezionando il precedente art. 7 della L. n. 166/2002, il D.Lgs. n. 163/2006 rafforza i poteri del responsabile del procedimento (25), conferma il carattere transattivo alla proposta motivata di accordo bonario della Commissione e la funzione di «amichevoli compositori » dei suoi componenti se legittimati alla risoluzione delle riserve. All'accordo bonario, il codice ha mantenuto la natura di (eventuale) condizione di procedibilità del successivo giudizio arbitrale (26) e, per i soli lavori aventi per oggetto la realizzazione di opere pubbliche, il collegamento della proposta di accordo alle riserve dell'appaltatore, con esclusione di qualunque pretesa di carattere risarcitorio (27). Con la conferma della reiterazione della proposta di accordo bonario (anche solo per una volta) (28), il codice reintroduce la possibilità della risoluzione delle controversie sulle riserve in corso d'opera, di fatto desueto dalla precedente prassi.

 

I soggetti e l'oggetto dell'accordo bonario

 

Il direttore dei lavori e il responsabile del procedimento

 

Ripetendo la definizione dell'art. 149 del D.P.R. n. 554/1999, l'art. 240, comma 3 del codice affida l'avvio del procedimento di accordo bonario al direttore del lavori, tenuto a dare immediata comunicazione al responsabile del procedimento delle riserve dell'appaltatore, qualora superino il limite del dieci per cento dell'importo contrattuale dei lavori o comportino aumenti di spesa in misura sostanziale. Al direttore dei lavori spetta inoltre di trasmettere la propria relazione riservata e quella dell'organo di collaudo ove costituito. Il codice qualifica espressamente «riservata » la relazione del direttore dei lavori sulle riserve, così superando le incertezze venutesi a creare con l'art. 7 della L. n. 166/2002, nella quale non era riportata analoga aggettivazione (29). Spetta al direttore dei lavori la prima valutazione sull'esistenza del presupposto per l'avvio dell'accordo. Ai fini della «comunicazione » al responsabile del procedimento, il direttore dei lavori è tenuto a valutare se l'importo delle riserve iscritte superi la soglia indicata dal comma 1 dell'art. 240. La portata della valutazione appare semplicemente aritmetica nel caso in cui le riserve siano non inferiori al dieci per cento dell'importo contrattuale. È sicuramente più complessa per le riserve che implichino variazioni sostanziali sul complessivo importo economico dell'opera, trattandosi di stabilire la convenienza di devolvere al procedimento di accordo le richieste di compensi o indennizzi aggiuntivi dell'appaltatore rispetto all'originario prezzo o far proseguire le opere puramente e semplicemente. Anche se l'art. 240 comma 3 del codice e l'art. 149 del D.P.R. n. 554/1999 non prevedono espressamente alcuna valutazione da parte del direttore dei lavori sulla portata delle riserve, è da ritenere che questi sia tenuto ad esprimere un proprio giudizio nella relazione riservata, per indirizzare la successiva attività del responsabile del procedimento, cui spetta di valutare l'ammissibilità e la non manifesta infondatezza delle riserve dell'appaltatore. Per i contratti pubblici relativi a servizi e forniture nei settori ordinari e per quelle relativi a lavori, servizi e forniture nei settori speciali, il comma 22 dell'art. 240 introduce la figura del «direttore dell'esecuzione del contratto », con funzioni impulsive analoghe a quelle del direttore dei lavori (30). Sia pure allargando la possibilità dell'accordo ad ipotesi diverse dall'appalto di lavori, il codice ha inteso mantenere la distinzione fra il responsabile del procedimento e i soggetti incaricati dell'esecuzione del contratto. Sembra difficile applicare al «direttore dell'esecuzione » la disciplina prevista per il direttore dei lavori, formatasi, nella precedente legislazione, sulla scorta dell'interpretazione giurisprudenziale dei poteri dei direttore dei lavori stabiliti dalle disposizioni del Capitolato generale di appalto. Quel che è comune ad entrambi è la limitazione del loro compito nell'iniziare il procedimento e la loro estraneità a tutte le successive fasi, non appena inviata la relazione.

 

Il vero e proprio avvio alla procedura spetta al responsabile del procedimento, tenuto a promuovere la costituzione della Commissione, non appena ricevuta la relazione del direttore dei lavori o dell'organo di collaudo e valutata l' «ammissibilità e la fondatezza delle riserve » oppure quando il collaudo non sia stato effettuato e sia stata notificata istanza per l'avvio dell'accordo da parte del soggetto che ha formulato le riserve.

 

Il comma 4 dell'art. 240, dà luogo a qualche perplessità circa la valutazione del presupposto. L' «effettivo raggiungimento del limite di valore » sembra riferito unicamente alla soglia del dieci per cento e non alla variazione in misura sostanziale dell'importo dell'opera. In questa ipotesi, il responsabile non può sottrarsi all'onere di motivazione, specie quando non ravvisi tale variazione nell'insieme delle riserve iscritte, diversamente dal direttore del lavori. A carico del responsabile, il codice pone tutte le funzioni riguardanti la formazione della Commissione, dalla nomina del componente spettante al soggetto che ha indetto la gara, all'invito al soggetto che ha formulato le riserve a nominare il componente a lui spettante, a scegliere il terzo di comune accordo o a invitare il presidente del tribunale o a individuarlo, nel caso di mancato accordo. Al responsabile del procedimento spetta di formulare la proposta di accordo, in luogo della Commissione quando la sua formazione sia impossibile per fatto del soggetto che ha formulato la riserve, il quale non provveda alla nomina del proprio componente e negli appalti e concessioni di valore inferiore a dieci milioni di euro, dove la formazione della Commissione è facoltativa e il responsabile può fare parte direttamente della Commissione in nome e per conto del soggetto che ha indetto la gara. La natura meramente eventuale della Commissione implica che, ove non sia promossa, il responsabile formuli direttamente la proposta di accordo. Spetta, infine al responsabile del procedimento di redigere il verbale dell'accordo bonario accettato. Nell'accordo bonario, non spetta al responsabile del procedimento esaminare le relazioni del direttore dei lavori e del collaudatore, se non ai fini di valutare l'ammissibilità e la fondatezza delle riserve onde promuovere la formazione della Commissione. Diverso è invece il sindacato sulle relazioni, spettante al responsabile nel caso dell'art. 239, comma 4, ove debba prestare l'assenso alla proposta di transazione formulata dal dirigente, data la loro essenzialità sul contenuto delle riserve e sul loro fondamento.

 

Nella procedura semplificata di cui ai commi 14 e 15 dell'art. 240, e quando la Commissione non possa costituirsi perché il soggetto che ha formulato le riserve non indichi il componente a lui spettante (31), il responsabile del procedimento rimane il «fulcro del tentativo di accordo bonario » (32). Nella procedura ordinaria di accordo, il codice ha condiviso l'impostazione della L. n. 166/2002 che ha ridimensionato i poteri del responsabile a funzione soltanto impulsiva della procedura, in applicazione sia del criterio di imparzialità ed efficienza dell'azione amministrativa, sia del principio di terzietà della Commissione nella formulazione dell'accordo, proprio degli organi cui è demandata la risoluzione della controversie in via amministrativa. La centralità del responsabile del procedimento è accentuata dal comma 15-bis, introdotto dall'art. 240 del codice dalla L. n. 244/2007 (33), che pone a carico del responsabile i danni erariali, qualora non sia formulata tempestivamente la proposta di accordo bonario nella procedura ordinaria (34). La disposizione dà luogo a notevoli perplessità, sia in relazione al carattere ordinatorio dei termini per la costituzione della Commissione e la formulazione delle proposta, sia per la difficoltà di individuare quale sia il «danno erariale » da porre a carico del responsabile del procedimento. Nella legge, sanzionatoria più che sostantiva, non sono specificati i criteri e le modalità per quantificare l'importo del danno né definiti i soggetti ai quali spetta chiederlo. Il danno è forse da individuare nei maggiori interessi che il committente deve versare all'appaltatore in caso di ritardo. Il soggetto tenuto a chiedere il pagamento è forse l'amministrazione che ha indetto la gara, anche se appare ben difficile una simile richiesta a carico di un proprio funzionario, come è il responsabile del procedimento. Circa il presupposto sembrerebbero applicabili gli ordinari criteri del dolo e della colpa, nonostante la formulazione della norma appaia impostata sulla responsabilità oggettiva. Ancora stranamente, l'art. 15-bis non prevede alcuna sanzione a carico del direttore dei lavori o dell'organo di collaudo nel caso di ritardo nell'invio della relazione (35).

 

La Commissione

 

Secondo l'art. 240, comma 5 alla Commissione spetta, acquisita la relazione riservata del direttore dei lavori e dell'organo di collaudo, ove costituito, di «formulare la proposta motivata di accordo bonario ». Perché formata da soggetti aventi «competenza specifica in relazione all'oggetto del contratto », la Commissione ha natura di soggetto terzo ed esterno, non configurabile come organo dell'Amministrazione (36) o riconducibile all'impresa appaltatrice. La Commissione è parte preponderante del meccanismo conciliativo di natura negoziale, che è e rimane nella disponibilità delle parti, il soggetto che ha indetto la gara e l'aggiudicatario. Nel procedimento ordinario di accordo, spetta alla Commissione solamente di formulare la proposta, che, se accettata, è riversata nel verbale redatto dal responsabile, sottoscritto dalle parti. Ed è questo il vero e proprio accordo ai sensi dei commi 17 e 18 dell'art. 240, cui la norma riconosce «natura di transazione ». Il verbale sottoscritto rappresenta forma e prova ad substantiam dell'accordo delle parti. Senza la sottoscrizione del verbale, l'accordo non si forma, quantomeno secondo il codice, che ha inteso superare i dubbi insorti nella precedente disciplina della L. n. 166/2002 (37).

 

A qualche perplessità dà luogo l'ipotesi del comma 11 dell'art. 240, qualora alla Commissione sia attribuito il potere di assumere «decisioni vincolanti » e di perfezionare per conto delle parti «l'accordo risolutivo delle riserve ». Il codice detta tre regole al proposito:

 

- non si applicano i termini di trenta giorni concessi alle parti per pronunziarsi sulla proposta;

 

- non viene redatto verbale a cura del responsabile;

 

- le parti possono riservarsi di acquisire pareri prima del perfezionamento delle decisioni.

 

La Commissione è perciò anzitutto libera di pronunziarsi nel momento che ritiene opportuno, anche se non può prorogarlo sine die. È da ritenere che le parti possano notificare alla commissione un invito-diffida nel caso che la pronunzia non intervenga tempestivamente. La pronunzia della Commissione tiene poi luogo del verbale ex comma 17 e non richiede accettazione. Le parti sono perciò vincolate dalla pronunzia della Commissione, analogamente a quanto avviene nell'arbitrato irrituale (38) oppure nella determinazione dell'oggetto del contratto da parte del terzo o nella figura degli «amichevoli compositori », senza potersi svincolare dalla pronunzia stessa se non nel caso di errore evidente o mala fede. Degli eventuali pareri necessari ed opportuni che le parti possono riservarsi di acquisire, il codice nulla specifica. Ne rimane perciò dubbia la rilevanza ai fini dell'operato della Commissione e soprattutto l'idoneità a vincolarne in qualche modo la decisione e il rapporto che essi possono avere con le relazioni del direttore dei lavori o del collaudatore.

 

Nell'intento di accelerare la definizione dell'accordo, l'art. 15-bis della L. n. 244/2007 (39) ha sanzionato con la «perdita dei compensi » la Commissione che non formuli la proposta di accordo bonario nei novanta giorni dall'ultima delle riserve.

 

Le riserve e i documenti contabili

 

Presupposto per l'applicazione dell'accordo bonario è l'iscrizione di riserve sui documenti contabili, qualora la procedura si innesti in corso d'opera oppure quelle risultanti nella contabilità finale, quando l'opera sia stata ultimata e sia stato redatto il certificato di colludo. L'accordo bonario si applica a tutte le riserve iscritte sino al momento del suo avvio e, nel caso della sua reiterazione, alle riserve diverse da quelle che hanno costituito oggetto del precedente accordo.

 

La riserva è una domanda che l'appaltatore deve iscrivere nei documenti contabili dell'appalto per rettificare la contabilità dei lavori ed integrarla con le maggiori somme che assume dovute a seguito di eventi che hanno inciso sulla condotta delle opere e sulla sulle modalità di esecuzione (40).

 

Per le riserve in materia di appalti pubblici di lavori, il codice ha mantenuto la necessità che esse siano iscritte nella contabilità dei lavori. Ha invece introdotto il principio della «verbalizzazione nei documenti contabili » delle «contestazioni dell'esecutore del contratto », per l'accordo bonario relativo agli appalti di servizi e di forniture nei settori ordinari e dei lavori, servizi e forniture nei settori speciali di cui al comma 22 dell'art. 240.

 

L'intento di applicare l'accordo bonario ad ipotesi diverse dall'appalto di lavori, comporta difficoltà interpretative note probabilmente agli stessi compilatori del codice, che hanno introdotto il limite della «compatibilità ». I documenti contabili devono essere quelli propri dei singoli contratti, formati perciò dal direttore dell'esecuzione, in contraddittorio con l'esecutore del contratto e le contestazioni devono concernere fatti che danno luogo ad un aumento del costo dell'opera della fornitura o del servizio. Per evitare difficoltà circa l'incidenza delle riserve sul costo dell'opera, il comma 22 ha limitato le contestazioni a quelle di importo non inferiore al dieci per cento dell'importo originariamente stabilito.

 

La delimitazione dell'accordo bonario

 

Rispetto alla transazione

 

Fra gli strumenti di composizione stragiudiziale delle controversie, l'accordo bonario si colloca fra la transazione e l'arbitrato.

 

Secondo una lettura «rovesciata » dell'art. 239 comma 1, possono essere risolte con la transazione le controversie nelle quali può essere promosso l'accordo bonario, quelle cioè relative alle riserve formulate dall'aggiudicatario nella contabilità dei lavori. Oggetto di transazione sono perciò le riserve iscritte sui documenti contabili relativamente alle pretese dell'appaltatore per i maggiori compensi, rimborsi o indennizzi, in aggiunta ai corrispettivi contrattuali suscettibili di formare oggetto di accordo bonario. Per essere oggetto di transazione, le riserve devono essere ammissibili, e cioè determinabili nel titolo e nella somma ed essere iscritte nel documento contabile immediatamente successivo al verificarsi dei fatti produttivi di spesa tali da incidere sul compenso spettante all'appaltatore (41).

 

Nel codice non è specificato il momento in cui la transazione possa avere luogo né per quali riserve possa farsi luogo a transazione. In generale, non si richiede l'esistenza di un vera e propria res litigiosa, ma, più limitatamente, il comune intento delle parti di porre fine all'incertus litis eventus (42). Per le riserve previste dall'art. 240 comma 1 (variazione dell'importo economico in misura sostanziale o non inferiore al decimo dell'importo dei lavori), è da ritenere che possano essere transatte sino al momento in cui sia costituita la Commissione promossa dal responsabile del procedimento per la formulazione della proposta di accordo bonario. Una volta composta la Commissione con le modalità di cui al comma 8 dell'art. 240, le parti perdono la disponibilità delle pretese in contestazione, conoscibili soltanto dalla Commissione, alla quale spetta di formulare la proposta di accordo bonario che, una volta accettata, ha «natura transattiva », come espressamente riconosce il comma 18 dell'art. 240. Dopo che è formulata la proposta della Commissione, inoltre, l'appaltatore ha comunque conoscenza, tramite il proprio rappresentante in seno alla stessa, della relazione riservata del direttore dei lavori. Viene meno in questo modo, il presupposto della res dubia caratteristico della transazione, perché l'appaltatore ha cognizione, anche se indiretta, delle posizioni dell'Amministrazione.

 

Oltre a quelle espressamente previste dall'art. 240 comma 1, sono, a maggior ragione, transigibili le controversie relative alle riserve dell'appaltatore ritenute dal responsabile del procedimento inferiori al decimo o inessenziali per la prosecuzione del lavori, ai fini dell'accordo bonario. Sono anche transigibili le riserve formulate negli appalti di importo inferiore ai dieci milioni di euro, per le quali la promozione della Commissione è facoltativa ai sensi dell'art. 240, comma 15. Anche in questo caso, è da ritenere che la proposta transattiva possa essere formulata sino a quando il responsabile del procedimento non riceva la relazione riservata del direttore dei lavori, per salvaguardare la libera determinazione delle parti nella transazione.

 

Non sembra invece che possano essere oggetto di transazione le riserve ritenute «manifestamente infondate » dal responsabile del procedimento ai sensi dell'art. 240, comma 4: sarebbe infatti intrinsecamente contraddittorio che il responsabile del procedimento, dopo avere rigettato la riserva ne accettasse i contenuti anche se per prevenire una lite giudiziale. Sono invece transigibili le riserve dichiarate inammissibili solo in parte e il cui importo non abbia raggiunto il decimo dell'importo dei lavori o la soglia della variazione sostanziale dell'importo economico dell'opera, data l'applicabilità della transazione anche «al di fuori dei casi in cui è previsto l'accordo bonario ».

 

Diversamente dall'accordo bonario, nel quale la proposta deve promanare unicamente dalla Commissione (o dal responsabile del procedimento negli appalti sotto la soglia dei dieci milioni di euro), nella transazione la proposta può essere formulata indifferentemente da una delle due parti del rapporto controverso, e quindi anche dall'appaltatore, secondo quanto dispone l'art. 239, comma 3 del codice, da considerare alla stregua di un precetto organizzativo. Indicando espressamente nel «dirigente che ha indetto la gara » il soggetto cui deve essere rivolta la proposta e al quale spetta esaminarla, l'art. 239 comma 3 individua l'organo competente a transigere fra quelli che operano per il soggetto aggiudicatore «dirigente - responsabile del procedimento - direttore dei lavori ».

 

La scansione procedimentale dell'art. 239 comma 3 (proposta-assenso del direttore dei lavori-deliberazione) non impedisce che l'accordo transattivo si formi in contraddittorio e in un unico contesto fra il dirigente e l'appaltatore. Nel silenzio della norma, è da ritenere che il direttore dei lavori e il responsabile del procedimento possano partecipare all'accordo transattivo, senza che questo ne produca la nullità, da limitare alle sole ipotesi di indisponibilità dei diritti oggetto di transazione.

 

È anche possibile che sia il dirigente stesso, se l'aggiudicatario non abbia accettato l'accordo bonario, a formulare una proposta transattiva diversa da quella della Commissione, salvo acquisire l'avviso del responsabile del procedimento, come espressamente prevede l'ultima parte dell'art. 239 comma 3. Quella che dalla Commissione promana ai sensi dei commi 5 e 12 dell'art. 240, è, infatti, una proposta di accordo, suscettibile di essere fatta propria e anche di essere modificata ad opera del dirigente che ha indetto la gara, che resta in ogni caso titolare del potere di risolvere tutti gli incidenti occorsi durante la sua esecuzione e quindi anche di transigere a condizioni diverse da quelle prospettate dalla Commissione.

 

Rimane da chiedersi quali siano le possibili conseguenze della transazione stipulata in assenza della partecipazione del responsabile del procedimento o dei pareri dell'avvocatura o del funzionario competente per il contenzioso, prescritti dall'art. 239 comma 2. È da ritenere che la loro mancanza non infici l'accordo transattivo, né lo renda impugnabile ai sensi dell'art. 1966 c.c., non essendo i relativi diritti sottratti alla disponibilità delle parti. Può, invece prospettarsi una responsabilità amministrativa o riasarcitoria a carico del dirigente che abbia omesso di acquisire i necessari pareri, qualora la transazione sia riconosciuta viziata da errore di diritto o da lesione (43).

 

Anche se i relativi diritti sono sottratti dalla legge alla loro disponibilità (44), la transazione stipulata dal responsabile del procedimento o dal direttore dei lavori, deve ritenersi annullabile a seguito di apposita azione e non radicalmente nulla. È invece nulla per l'espressa previsione dell'art. 239 comma 4, la transazione stipulata in forma non scritta. La norma è stata opportunamente inserita nel codice, onde evitare l'applicabilità dell'art. 1967 c.c. che degrada la forma scritta a semplice prova della conclusione del negozio transattivo.

 

Secondo l'art. 239 comma 1, la transazione opera anche nei casi diversi dalla formulazione di riserve dell'aggiudicatario nella contabilità. Sono perciò transigibili le controversie relative a diritti soggettivi derivanti da contratti pubblici di lavori, servizi e forniture.

 

La norma è una novità del codice (45), anche se presenta qualche incertezza interpretativa.

 

Sotto il profilo dei contratti suscettibili di transazione, ha destato perplessità la sola menzione di quelli stipulati delle «amministrazioni aggiudicatrici » e degli «enti aggiudicatori » (46). In quanto «amministrazioni aggiudicatrici » costituiscono una categoria degli «enti aggiudicatori » nelle definizioni contenute nell'art. 3, commi 25 e 29, la duplice indicazione dell'art. 239 è stata considerata indice dn un imperfetto coordinamento con l'art. 3 del codice (47). È però probabile che, più che incorrere in una svista, il legislatore abbia inteso precisare quali soggetti siano abilitati a transigere con le formalità e gli effetti previsti dal codice degli appalti. In questo caso, sarebbero esclusi dall'applicazione dell'istituto i contratti stipulati dagli «altri soggetti aggiudicatori » dai «soggetti aggiudicatori » e dalle «centrali di committenza », diversi dalle amministrazioni aggiudicatrici e dagli enti aggiudicatori. In sostanza, non sarebbero abilitati a transigere i soggetti privati tenuti all'osservanza del codice (art. 3, comma 31), i diversi soggetti pubblici assegnatari di fondi relativi a lavori relativi ad infrastrutture strategiche e insediamenti produttivi (art. 3, comma 32) e le amministrazioni aggiudicatrici nella qualità di acquirenti forniture e servizi destinati ad amministrazioni aggiudicatrici ed enti aggiudicatori oppure che aggiudichino appalti di lavori o concludano accordi quadro relativi a forniture e servizi destinati ad amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori (art. 3, comma 34). È dubbio se costoro non siano affatto abilitati a transigere o possano farlo con le regole previste dal codice civile Poiché l'analoga definizione è contenuta anche nell'art. 240 comma 1 per l'accordo bonario (che menziona però anche i concessionari fra i soggetti nei cui confronti l'accordo stesso è applicabile), è necessario concludere che sono abilitati a transigere secondo le regole del codice le sole amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori, ad esclusione dei concessionari e di tutti gli altri soggetti tenuti all'osservanza del codice menzionati all'art. 3 del D.Lgs. n. 163/2006. Conclusione forse in contrasto con il carattere di norma «di chiusura » attribuito all'art. 239 (48), che farebbe, invece, propendere per l'applicabilità generalizzata della transazione.

 

Sotto il profilo dei rapporti diversi da quelli oggetto di riserve, sono transigibili le situazioni giuridiche soggettive disponibili e dunque i diritti soggettivi derivanti da contestazioni insorte durante la fase di esecuzione del contratto (49).

 

Oltre alle controversie nei contratti pubblici di lavori, sono possibile oggetto di transazione quelle insorte nei contratti di servizi e forniture. L'art. 239 comma 1 non pone alcun limite all'oggetto della transazione: sono perciò transigibili tutte le controversie insorte nella fase di esecuzione del contratto, non solo negli appalti di lavori, ma anche in quelli relativi a servizi e forniture, nei quali però le riserve sono sostituite dai documenti contabili dell'aggiudicatario. La disposizione crea non poche difficoltà alle amministrazioni sotto l'aspetto della prova, trattandosi di valutare le fatturazioni e le scritture contabili dell'impresa.

 

Anche per le controversie relative ai servizi e forniture, sono da escludere dal possibile oggetto di transazione quelle sull'aggiudicazione e sull'esclusione delle partecipanti dalle procedure di gara sia perché non insorte nella fase di esecuzione, sia perché relative ad interessi legittimi, non disponibili da parte dei soggetti pubblici che hanno indetto la gara e da quelli privati che vi partecipano (50). Meno convincentemente la transazione è stata esclusa per il risarcimento del danno da mancata aggiudicazione o da aggiudicazione illegittima ovvero per i danni da responsabilità precontrattuale della p.a. La devoluzione della relative controversie alla giurisdizione amministrativa esclusiva non è argomento sufficiente a giustificare l'impossibilità di transigere, tantopiù che lo stesso giudice amministrativo può fornire indicazioni circa le modalità risarcitorie. Analoghe perplessità suscita la sottrazione alla transazione della responsabilità precontrattuale, versandosi comunque in materia di diritti soggettivi e pertanto disponibili.

 

Rispetto all'arbitrato

 

Secondo il comma 16 dell'art. 240, decorsi i termini di cui ai commi 12 e 13 per la pronunzia sulla proposta di accordo bonario, può farsi luogo ad arbitrato. La disposizione ripete, in altre parole, quella dell'art. 31-bis della legge quadro, attributiva all'appaltatore della facoltà di avvalersi del disposto dell'art. 32, una volta fallito l'accordo bonario (51). L'ambito dell'arbitrato riguarda dunque le controversie derivanti dall'esecuzione del contratto (52), con esclusione delle «eventuali controversie insorte tra la stazione appaltante e l'appaltatore » e delle «controversie derivanti dal contratto d'appalto » (53).

 

Diversamente dalle norme precedenti, nelle quali erano specificati i soggetti che potevano avvalersi della procedura arbitrale, l'art. 241 del codice nulla dispone in merito. È perciò sostenibile che possano essere compromesse in arbitri tutte le controversie relative ai contratti pubblici di lavori servizi e forniture anche in assenza di apposita clausola.

 

Un radicale cambiamento è attualmente imposto dal divieto introdotto dall'art. 3, comma 19, della L. n. 244/2007 alle pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, D.Lgs. n. 165/2001 di «inserire clausole compromissorie in tutti i loro contratti aventi oggetto lavori forniture e servizi ovvero, relativamente ai medesimi contratti, di sottoscrivere compromessi ». Il divieto, sanzionato da nullità della clausola (54) è esteso, dal successivo comma 20, alle «società interamente possedute ovvero partecipate maggioritariamente dalle pubbliche amministrazioni ... nonché agli enti pubblici economici ed alle società interamente possedute ovvero partecipate da questi ultimi » (55). Raffrontando i commi 19 e 20 della legge finanziaria con le definizioni dell'art. 3 del codice (56), l'ambito di operatività dell'arbitrato si restringe a tal punto da essere vanificato di fatto. Ad una prima lettura, l'istituto sarebbe ancora applicabile alle società in cui la partecipazione pubblica non sia maggioritaria. Rimarrebbero esclusi dall'applicazione del divieto le imprese pubbliche in cui l'influenza dominante consista nella nomina della maggioranza degli amministratori (art. 3, comma 28, lett. c), gli enti aggiudicatori privati che operano in virtù di diritti speciali ed esclusivi concessi dall'autorità competente (art. 3, comma 29) e gli altri soggetti aggiudicatori (art. 3, comma 31). Per tutti gli altri contratti pubblici, opera il divieto di deferire le controversie in arbitri introdotto dall'art. 3, comma 19, della L. n. 244/2007. La norma non è però d'immediata applicazione. Con l'art. 15 del D.L. n. 248/2007 (57), è stata infatti posposta al 1 ° luglio 2008 per consentire la devoluzione delle competenze alle sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale, istituite con il D.Lgs. n. 168/2003 (58), presso i tribunali e le corti d'appello. Rivivono in questo modo le clausole compromissorie inserite nei contratti delle pubbliche amministrazioni aventi ad oggetto lavori, forniture e servizi. C'è da chiedersi che fine faranno gli arbitrati in corso alla data del 1 ° luglio 2008, fulminati di nullità e se il responsabile del procedimento che li ha sottoscritti sia passibile di determina responsabilità erariale oltre che di procedimento disciplinare per illecito per i responsabili dei relativi procedimenti. C'è ancora da chiedersi se sia possibile a tutt'oggi sottoscrivere clausole compromissorie, considerata l'applicazione della proroga ai compromessi già sottoscritti e non a quelli ancora da sottoscrivere. C'è infine da chiedersi cosa avverrà sino alla costituzione delle nuove Camere, dopo l'attuale scioglimento, non essendo il decreto (59) stato convertito in legge.

 

L'arbitrato è perciò ancora vigente. È quindi necessario specificarne i presupposti. Qualora sia iniziato il procedimento di accordo bonario, può farsi luogo ad arbitrato se il soggetto che ha formulato le riserve non si pronunci sulla proposta dopo trenta giorni dal ricevimento della proposta stessa, non nomini il componente di sua scelta della Commissione e il responsabile del procedimento non abbia formulato la proposta nei sessanta giorni dal termine assegnato all'altra parte per la nomina del componente (60). Deve trattarsi di omessa pronuncia sulla nomina e non di mancato accordo, perché in questo caso la nomina è rimessa al Presidente del Tribunale ai sensi del comma 9 dell'art. 240.

 

Della prima condizione va sottolineata l'eccessiva brevità del termine di trenta giorni e la complicazione procedimentale apportata dall'acquisizione dei pareri, ritenuti superflui e inopportuni (61).

 

Della seconda condizione è palese la complicazione procedimentale. Presuppone infatti che:

 

- siano scaduti i dieci giorni dall'invito al soggetto che ha formulato le riserve a nominare il proprio componente;

 

- siano decorsi gli ulteriori venti giorni dalla richiesta di nomina fatta dal responsabile;

 

- siano trascorsi ulteriori sessanta giorni dalla scadenza dei precedenti eventi, senza che la proposta di accordo sia stata formulata.

 

Rimane fermo il termine di trenta giorni per l'accettazione della proposta, se questa sia stata formulata.

 

Nessuno degli anzidetti termini è definito perentorio. Perciò la pronuncia sull'accordo bonario formulato dall'apposita Commissione è valida anche se intervenga dopo la scadenza dei trenta giorni dal ricevimento della proposta oppure dopo che il soggetto che ha formulato le riserve abbia nominato il suo componente dopo i venti giorni o, ancora, dopo che la proposta del responsabile del procedimento sia stata fatta scaduti i sessanta giorni assegnati per la nomina del terzo componente.

 

Nei commi 12 e 13 dell'art. 240, i termini hanno, perciò la sola funzione di rendere possibile, alla loro scadenza, l'avvio della procedura di arbitrato ai sensi del comma 16 e di interrompere definitivamente quella di accordo bonario.

 

I termini anzidetti rimangono sollecitatori anche dopo l'introduzione, ad opera della L. n. 244/2007, dell'art. 15-bis che pone a carico del responsabile del procedimento la responsabilità disciplinare e il risarcimento del danno erariale per l'inosservanza dei termini prescritti dagli artt. 5 e 13 del codice per la costituzione della Commissione e per la formulazione della proposta, nel caso in cui il terzo componente della Commissione non sia nominato dal soggetto che ha formulato le riserve. La nuova norma non chiarisce le conseguenze dell'inosservanza dei termini. È da ritenere che quando, nonostante i ritardi, la proposta sia comunque formulata, le sanzioni a carico del responsabile e della Commissione non trovino comunque applicazione, perché la controversia è comunque risolta in sede amministrativa senza essere devoluta agli arbitri o al giudice ordinario.

 

Il codice non specifica cosa avvenga se una delle parti, invece di accettare sic e sipliciter la proposta della Commissione, formuli, a sua volta, una controproposta. In assenza di pronunce giurisprudenziali in proposito, deve ritenersi che prosegua la formazione dell'accordo bonario e che non debba darsi luogo obbligatoriamente all'arbitrato, salvo che una delle parti non attivi la clausola arbitrale o avvii il procedimento giurisdizionale.

 

L'art. 16 del codice prevede che dell'accordo bonario accettato viene redatto verbale a cura del responsabile del procedimento, sottoscritto dalle parti. La sottoscrizione può essere contestuale o disgiunta. È però indifferente, ai fini dell'avvio della procedura arbitrale, che il verbale non sia stato sottoscritto da ambedue le parti o da una sola, perché il verbale non sottoscritto da ambedue le parti deve essere considerato tamquam non esset. Può pertanto indifferentemente adire gli arbitri la parte che non ha sottoscritto il verbale di accordo e quella che lo abbia sottoscritto.

 

L'oggetto delle controversie deferibili agli arbitri sono le controversie «derivanti dall'esecuzione di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, concorsi di progettazioni e di idee comprese quelle che conseguono al mancato raggiungimento dell'accordo bonario ».

 

Per le controversie relative ai lavori, sulle quali non sia stato raggiunto l'accordo bonario, l'arbitrato segue alla tempestiva presentazione delle riserve sulla contabilità dei lavori, alla loro ammissibilità da parte del responsabile per l'aspetto quantitativo e qualitativo, alla formulazione della proposta da parte della Commissione, alla mancata accettazione della proposta di una o di entrambe le parti.

 

Possono essere compromesse in arbitri anche le controversie su riserve che non siano state ritenute ammissibili dal responsabile del procedimento perché l'importo non abbia raggiunto il decimo dell'opera o perché, a giudizio del responsabile, non siano di gravità tale da non consentire la prosecuzione dell'opera. Il giudizio d'inammissibilità preclude la risoluzione della controversia in via amministrativa ma non può essere considerata di ostacolo alla tutela arbitrale o giudiziale delle ragioni dell'appaltatore.

 

Devono, infine, essere ritenute oggetto di arbitrato le controversie relative alle concessioni di sola costruzione perché del tutto equiparate agli appalti.

 

Più difficile è delimitare l'ambito di applicazione dell'arbitrato per le controversie nei contratti diversi dagli appalti di lavori, menzionati nel comma 1 dell'art. 241. Nel silenzio della norma, deve ritenersi possibile la compromissione in arbitri di qualsiasi tipo di controversia, con i soli limiti che esse siano relative a diritti e che insorgano nella fase di esecuzione del contratto.

 

L'accordo bonario nelle concessioni

 

Secondo l'art. 240 comma 1, i procedimenti di accordo bonario si applicano ai lavori pubblici affidati dai concessionari. La norma ripete l'art. 9 del D.L. n. 101/1995, che equipara le concessioni agli appalti di lavori pubblici ai fini dell'accordo bonario e l'art. 4, comma 2 del D.Lgs. n. 406/1991, che definisce le concessioni i contratti di lavori pubblici caratterizzati dal fatto che la controprestazione a favore dell'impresa o dell'ente concessionario consiste unicamente nel diritto di gestire l'opera oppure in questo diritto accompagnato da un prezzo. Al concessionario va perciò riconosciuta la natura di un vero e proprio soggetto privato, in disparte le affermazioni delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (62) che, ai fini della giurisdizione, ne avevano evidenziato connotazioni pubblicistiche per le attività a lui demandate (63).

 

L'equiparazione, ai fini del raggiungimento dell'accordo bonario, non suscita particolari problemi per quanto attiene alle concessioni di sola costruzione, costantemente equiparate agli appalti (64).

 

Difficoltà si prospettano per le concessione di costruzione e gestione e per quelle di sola gestione perché l'equilibrio economico finanziario dell'opera o della sua gestione può essere alterato dalle variazioni dei costi di realizzazione dell'opera riconosciuti dalle riserve oggetto dell'accordo bonario e perché nella gestione del servizio non sono possibili le riserve.

 

Anche per le concessioni, inoltre, sembra applicabile la regola secondo la quale l'accordo bonario può essere attivato due volte, di talché il costo aggiuntivo è suscettibile di aumentare in misura del venti per cento dell'importo complessivo previsto. Dal maggior fabbisogno finanziario derivante dalla conclusione dell'accordo bonario può dipendere la variazione del piano economico finanziario, previsto dall'art. 143 comma 8 del codice, alle condizioni di base che determinano l'equilibrio economico finanziario degli investimenti e della connessa gestione (65). Dall'accordo bonario può quindi derivare il diritto del concessionario alla revisione delle condizioni economiche del rapporto o l'attivazione delle speciali clausole che possono essere inserire nel contratto di concessione dell'opera, volte a disciplinare in dettaglio le condizioni essenziali di conservazione dell'equilibrio economico finanziario.

 

Il riconoscimento di maggiori costi all'accordo bonario è suscettibile di alterare i profili di rischio dell'operazione rispetto a quelli presentati in origine ai finanziatori e le condizioni in base alle quali è stato rilasciata l'asseverazione bancaria per quanto attiene alla coerenza degli elementi che compongono il piano economico finanziario (66). Di fronte ad aumenti dei costi di realizzazione e gestione dell'opera superiori alle previsioni del piano economico finanziario per effetto della conclusione dell'accordo bonario, l'unico strumento a disposizione dei finanziatori è quello di agire sul responsabile del procedimento affinché valuti approfonditamente le condizioni dell'accordo o prevedere, tramite speciali clausole, che l'accordo stesso sia sottoposto al loro assenso. L'ipotesi non è peregrina. La stessa Autorità di vigilanza, nelle determinazioni n. 26 del 2002 e n. 5 del 2007 (67), ha evidenziato che l'accordo bonario si presta ad essere strumento dell'appaltatore o del concessionario per recuperare gli eccessivi ribassi durante la fase di gara e che spetta al responsabile del procedimento valutare le riserve e le contestazioni da inserire nell'accordo (68).

 

Nella finanza di progetto

 

È poi possibile affermare che l'accordo bonario operi anche nella finanza di progetto, anche se il codice non lo afferma espressamente. Ai sensi dell'art. 155 comma 1, lett. b), l'esito della gara fra il promotore e i due soggetti presentatori delle migliori offerte si risolve in un appalto o in una concessione di realizzazione e di gestione dell'opera, come prevede per le ordinarie concessioni, l'art. 143 del codice (69).

 

Per la composizione stragiudiziale delle controversie in tema di finanza di progetto, gli artt. 158 e 159 del codice prevedono gli strumenti della risoluzione e del subentro che si collocano su un piano diverso dall'accordo bonario ma non ne escludono l'applicazione. Risoluzione e subentro operano, infatti, per regolare i rapporti fra concedente e concessionario nel caso d'inadempimento o revoca da parte del concedente e di inadempimento per fatto del concessionario (artt. 158 e 159): presuppongono perciò un inadempimento accertato da parte di uno dei due soggetti del rapporto. Inadempimento che non si è ancora verificato per l'accordo bonario che opera nel precedente momento della controversia sull'importo economico dell'opera o della concessione. È così da escludere che si possa parlare di «alternatività » fra gli istituti che sono invece reciprocamente complementari.

 

Come per le concessioni, è altrettanto evidente che, con la stipulazione dell'accordo bonario possa alterarsi il quadro economico dell'intera operazione, sia sotto l'aspetto del livello minimo della qualità di gestione del servizio e delle relative modalità, sia sotto l'aspetto delle tariffe da praticare all'utenza e la metodologia del loro adeguamento nel tempo, come in origine previste dal piano economico finanziario asseverato.

 

Nella misura in cui le contestazioni dell'esecutore del contratto modificano l'importo originariamente stipulato all'esito della gara, l'accordo bonario si ripercuote sulla sostenibilità dell'investimento e sulla redditività del capitale di rischio, risolvendosi nel trasferimento sugli investitori di una parte dell'alea connessa alla gestione, anche se nel limite massimo del venti per cento dell'importo stipulato. È, in questo caso, prospettabile l'ipotesi che la mancata accettazione dell'accordo bonario costituisca presupposto per l'inadempimento da parte del gestore da cui scaturisce, ai sensi dell'art. 159, il subentro di altra società designata dai finanziatori.

 

Nei contratti di servizi e forniture nei settori ordinari e
nei contratti di lavori, servizi e forniture nei settori speciali

 

Diversamente dalla transazione e dall'arbitrato, il Codice non delimita l'ambito operativo dell'accordo bonario alle controversie sull'esecuzione dei contratti di lavori pubblici nei settori ordinari ma ne estende l'applicazione, in quanto compatibile, a tutti gli altri contratti pubblici. E pertanto anche ai contratti relativi a servizi e forniture nei settori ordinari e ai lavori, servizi e forniture nei settori speciali. Per i contratti pubblici diversi dagli appalti di lavori, l'accordo bonario opera quando, a seguito di contestazioni dell'esecutore del contratto verbalizzate nei documenti contabili, l'importo economico controverso non sia inferiore al dieci per cento dell'importo originariamente stipulato (art. 240 comma 22).

 

L'ipotesi è di difficile configurazione sia per la novità del comma 22 dell'art. 240, sia per il presupposto in sé considerato, che la norma individua nelle «contestazioni dell'esecutore verbalizzate nei documenti contabili » da cui derivi una variazione dell' «importo economico controverso ... non inferiore al dieci per cento dell'importo originariamente stipulato ». Altra novità è la sostituzione del direttore dei lavori con il «direttore dell'esecuzione del contratto ».

 

La prima e immediata considerazione è che l'accordo bonario è stato conservato nelle modalità tradizionali ai soli appalti di lavori pubblici propri del D.Lgs. n. 406/1991. Inequivocabili in tale senso sono l'incipit del comma 22 e il rinvio del comma 1 dell'art. 240 alla sola parte II relativa ai soli «settori ordinari » con esclusione della parte III relativa ai «settori speciali ». Per i contratti pubblici diversi dagli appalti, l'accordo bonario opera, quindi «in quanto applicabile » (70).

 

Rispetto al comma 1, le novità del comma 22 sono significative.

 

Che l'accordo bonario sia stato limitato, quanto all'importo economico controverso, al decimo di quello originariamente stipulato e non sia stato esteso alle variazioni «in misura sostanziale », comporta, se queste si verifichino, la necessità di rinegoziare l'intero rapporto. Se questo era l'intento del legislatore, non sembra ammissibile - o quantomeno non sempre - la ripetizione dell'accordo, anche se solo per una volta, qualora le ulteriori variazioni dei costi si ripercuotano in misura sostanziale sul rapporto nel suo insieme, tale da comprometterne la sostenibilità. La soluzione del Codice appare congrua per quanto attiene ai contratti pubblici relativi ai settori speciali, lascia perplessi per gli appalti relativi ai servizi e alle forniture dei settori ordinari, per molti versi assimilabili, almeno concettualmente agli appalti di lavori.

 

Di difficile applicazione appaiono anche le «contestazioni verbalizzate nei documenti contabili » dei servizi e forniture nei settori ordinari e dei lavori, servizi e forniture nei settori speciali. I «documenti contabili » consistono, nella maggior parte dei casi, nel fatturato dell'assuntore, in sé e per sé non suscettibile di essere «verbalizzato ». Con ogni probabilità il legislatore intende riferirsi ai maggiori costi che l'assuntore si sia trovato a fronteggiare in occasione di eventi imprevedibili, comprovati dal fatturato e formalmente contestati al soggetto aggiudicatore. Desumere la prova dei maggiori costi dalla contabilità dell'esecutore implica che le scritture e i documenti contabili siano conformi agli artt. 2214 e 2215 c.c. e comporta, per l'amministrazione, la difficoltà di una prova contraria, una volta che l'esecutore abbia dimostrato la regolarità contabile delle scritture dell'impresa.

 

Una ulteriore difficoltà nei contratti pubblici diversi dagli appalti nei settori ordinari, deriva dall'assenza di criteri per stabilire quando l'accordo bonario non possa operare perché «non applicabile ». La norma non specifica infatti i criteri con i quali valutare l'applicabilità dell'accordo e il soggetto cui è rimesso il relativo giudizio. La soluzione più probabile è ricondurre l'inapplicabilità alla natura del contratto o a fatti intrinseci alla sua esecuzione, ravvisabili allorché i documenti contabili dell'esecutore non siano affidabili o quando l'ammontare delle contestazioni oltrepassi la soglia del dieci per cento dell'importo originario, in modo da alterare l'equilibrio economico del contratto e provocarne la risoluzione a richiesta di una delle parti.

 

Rispetto alla finalità del comma 1 dell'art. 240, di adeguare il compenso dell'appaltatore agli effettivi costi dell'opera, il comma 22 non adatta l'accordo bonario a fattispecie diverse e compatibili, ma ne altera totalmente la struttura, introducendo un istituto del tutto nuovo, simile ad una «soglia di revisione » o ad una sorta di «verifica di compatibilità economica » dei costi del contratto, onde accertare se il mutato quadro economico abbia o meno subito alterazioni tali da rendere la prestazione ancora rispondente alle aspettative delle parti nel momento della stipulazione.

 

L'impugnazione dell'accordo bonario

 

Una volta parificato alla transazione, è inevitabile che all'impugnazione dell'accordo bonario si applichino le regole proprie del codice civile. Per quanto attiene alla capacità dei soggetti, la legittimazione a transigere di cui all'art. 1966 c.c. deve essere coordinata con le regole proprie della competenza dei singoli organi della p.a. ad accettare l'accordo, mentre per quanto concerne la sua impugnazione, appaiono pienamente applicabili i divieti previsti dagli artt. 1969 e 1979 c.c. per l'errore di diritto e per la lesione. Di più difficile applicazione all'accordo appaiono gli artt. 1973 e 1975 c.c. sull'annullabilità della transazione per falsità dei documenti e per il ritrovamento di documenti occultati dall'altra parte o scoperti successivamente alla conclusione dell'accordo. Nell'appalto di lavori, le riserve sono quelle iscritte nel registro di contabilità al quale è da riconoscere natura fidefaciente per ambedue le parti del rapporto. Negli altri contratti pubblici, invece, dove i documenti contabili provengono dall'esecutore, è più facile che la falsità si verifichi, specie se presupposto dell'accordo sono le fatture e gli altri documenti contabili dell'appaltatore. L'ipotesi apre, a questo punto, diverse e più ampie problematiche, non ultima quella della regolarità fiscale della contabilità e delle altre scritture dell'impresa.

 

Autore: Lamberti Cesare - Fonte: Urbanistica e appalti, 2008, 4, 417

 

Note:

 

(1) Per le riserve nel pregresso ordinamento dei lavori pubblici cfr. A. Cianflone, L'appalto di opere pubbliche, VI. ed., Milano 1981, 981 ss. in part. 1016.

 

(2) Cfr. E. Sticchi Damiani, La definizione consensuale delle riserve, in L'appalto di opere pubbliche, Villata (a cura di), Milano, 2004, 978 ss.

 

(3) La definizione è di S. De Felice, Le A.D.R. (Alternative Dispute Resolution) nei confronti della pubblica amministrazione, intervento al Convegno di studi del 25 settembre 2004.

 

(4) Cfr. gli artt. 81 e 72 delle direttive 2004/17 e 2004/18.

 

(5) La risoluzione ed il subentro hanno infatti carattere settoriale e valgono soltanto per la finanza di progetto (artt. 37-septies e 37-octies della legge Merloni e negli artt. 158 e 159 del codice. Cfr. R. Delli Santi, G. Panichelli, La finanza di progetto e la risoluzione del rapporto, Milano, 17 marzo 2005 in part. i punti 2.3 e 23.4).

 

(6) R.D. 25 maggio 1895, n. 350 di approvazione del regolamento per la direzione, la contabilità e la collaudazione dei lavori dello Stato che sono nelle attribuzioni del Ministero dei lavori pubblici.

 

(7) Per gli aspetti relativi al procedimento cfr. A. Cianflone, L'appalto di opere pubbliche, VI ed., Milano, 1981, 981 ss.

 

(8) La conclusione è sorretta dal carattere di atto di diritto privato della determinazione dell'amministrazione sulle riserve. Cfr. A. Cianflone, L'appalto di opere pubbliche, cit., 1021.

 

(9) Entrando a comporre la risoluzione della controversia come proposta della p.a., la relazione e la proposta ragionata di risoluzione delle controversie che il direttore dei lavori redigeva non avevano alcun carattere di segretezza, diversamente dalla relazione del collaudatore definita segreta perché riferita anche al comportamento complessivo dell'affidatario da valutare secondo l'art. 79 del regolamento di contabilità.

 

(10) D.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063 di approvazione del capitolato generale d'appalto per le opere di competenza del Ministero dei lavori pubblici.

 

(11) Per le critiche al sistema sotto l'aspetto dell'accesso alla tutela giurisdizionale, cfr. E. Sticchi Daminani, La definizione consensuale delle riserve, cit., 979-980.

 

(12) Che devolveva alla giurisdizione ordinaria tutte controversie in materia di esecuzione delle opere pubbliche ed introduceva il risarcimento del danno per le lesioni subite da atti compiuti in violazione del diritto comunitario.

 

(13) Secondo l'art. 32 della L. n. 109/1994, la conciliazione per la risoluzione immediata della controversia doveva essere raggiunta entro sessanta giorni dalla proposta, scaduti i quali la controversia era attribuita al giudice competente.

 

(14) Per ulteriori approfondimenti, cfr. B.G. Carbone, Commento all'art. 31-bis, in La legge quadro in materia di lavori pubblici, a cura di A. Carullo, A. Clarizia, Vol. II, Padova, 1997, 310.

 

(15) Di fatto inattuati rimasero anche il termine di efficacia di sei mesi per le ordinanze cautelari di ammissione emesse dai giudici amministrativi (secondo la formula dell'art. 5 della L. n. 1/1978, avversata dalla sentenza n. 8 del 1982 della Corte Costituzionale e rapidamente ridimensionata dalla stessa giurisprudenza amministrativa) e l'applicazione del rito del lavoro di cui agli artt. 413 ss. c.p.c. per le controversie innanzi al giudice ordinario.

 

(16) Art. 9 del D.L. n. 101/1995, intitolato «norme acceleratorie in materia di contenzioso ».

 

(17) Con l'Allegato unico all'art. 1 della legge di conversione n. 216/1995.

 

(18) Secondo le riferite indicazioni della Commissione Giannini.

 

(19) Le disposizioni acceleratorie del giudizio amministrativo contenute nei commi 2 e 3 dell'art. 31-bis per le esclusioni dalle procedure di gara ed in generale per le impugnazioni di atti in materia di lavori pubblici sono stata ampiamente superate dalla L. n. 205/2000 di riforma del processo amministrativo.

 

(20) Cfr. B.G. Carbone, Commento all'art. 31-bis, cit., 1438.

 

(21) La norma ha completamente sostituito il procedimento dell'art. 31-bis, comma 1, integrandolo con i commi bis, ter e quater ed integrandolo con meccanismi del tutto diversi. Cfr. B.G. Carbone, Commento all'art. 31-bis, cit., 1434.

 

(22) Sulle incertezze determinatesi dopo Cass., Sez. Un., 3 dicembre 1991, n. 12966, cfr. B.G. Carbone, Commento all'art. 31-bis, cit., 1457.

 

(23) Tali sono, oltre alle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, agli enti pubblici compresi quelli economici, gli enti e amministrazioni locali, le loro associazioni e consorzi nonché gli altri organismi di diritto pubblico ed ancora, i concessionari di lavori e servizi pubblici, i gestori di appalti e forniture relativi ai settori ex esclusi, le aziende speciali e i consorzi nonché le altre società gestrici di pubblici servizi e le società con capitale pubblico.

 

(24) Le riserve dell'appaltatore, proprie dei contratti di lavori, sono sostituite nei contratti di servizi e forniture, dai documenti contabili, fermo restando il limite del dieci per cento dell'importo originario.

 

(25) Cui spetta valutare l'ammissibilità e la non manifesta infondatezza delle riserve ai fini del raggiungimento dei limiti di valore e di procedere alla formulazione della proposta di accordo bonario per gli appalti e concessioni di importo inferiore ai dieci milioni di euro.

 

(26) Mantenuto anche dalla L. n. 166 del 2002.

 

(27) M. Sanino, Commento al codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, Torino, 2006, 661.

 

(28) Quando le riserve iscritte, ulteriori e diverse dalle precedenti raggiungano di nuovo l'importo del dieci per cento dell'importo contrattuale.

 

(29) Cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 13 settembre 2007, n. 11.

 

(30) Ai sensi dell'art. 284, comma 3 del regolamento, il responsabile del procedimento svolge, nei limiti delle proprie competenze professionali, anche le funzioni di direttore dell'esecuzione del contratto, a meno di diversa indicazione della stazione appaltante.

 

(31) Nel caso cioè del comma 13 dell'art. 240 del codice.

 

(32) L'espressione e di S. Cacace, L'accordo bonario in tema di riserve nell'appalto di lavori pubblici, Relazione al Convegno IGI del 27 ottobre 2004, su Accordo bonario e Arbitrato in corso d'opera, al quale si rinvia per approfondimenti ulteriori.

 

(33) L. 24 dicembre 2007, n. 244 - finanziaria per il 1998.

 

(34) La norma è anticipatora del regolamento approvato il 21 dicembre 2007, dal Consiglio dei ministri, che all'art. 285, comma 3 pone a suo carico il risarcimento dei danni derivati alla amministrazione aggiudicatrice in conseguenza del suo comportamento ove violi gli obblighi posti a suo carico dal codice e dal regolamento o se non svolga i compiti assegnati con la dovuta diligenza, ferme restando le responsabilità disciplinari previste dall'ordinamento di appartenenza.

 

(35) Per la sua frettolosità e superficialità, l'innovazione non è scevra da difficoltà applicative, anche se pare destinata, per ciò stesso a rimanere in un cassetto.

 

(36) Che non può né scioglierla né appropriarsi delle sue determinazioni. Cfr. S. Cacace, L'accordo bonario in tema di riserve nell'appalto di lavori pubblici, cit.

 

(37) Sui quali si rinvia ancora a S. Cacace, L'accordo bonario in tema di riserve nell'appalto di lavori pubblici, cit.

 

(38) Al quale deve essere riportata l'attività della Commissione secondo S. Cacace, L'accordo bonario in tema di riserve nell'appalto di lavori pubblici, cit.

 

(39) Art. 3 comma 23 della L. 24 dicembre 2007, n. 244 (finanziaria per il 2008).

 

(40) Secondo giurisprudenza e dottrina oramai consolidate, cfr. A. Cianflone, L'appalto di opere pubbliche, IX. ed., Milano, 1993, 889. Per una rassegna della successive opinioni, si rinvia a S. Cacace, L'accordo bonario in tema di riserve nell'appalto di lavori pubblici, cit.

 

(41) Cfr. Commento all'art. 239 - 240, in La disciplina dei contratti pubblici - Commentario al Codice Appalti , a cura di M. Baldi, R. Tomei, Milano.

 

(42) F. Astone, Strumenti di tutela e forme di risoluzione bonaria del contenziosi nel codice dei contratti pubblici, Relazione al Convegno Gli strumenti di tutela nel Codice dei Contratti pubblici, organizzato dall'Ordine degli avvocati di Messina il 19 aprile 2007.

 

(43) Non potendo la transazione essere inficiata di nullità (artt. 1969 e 1970 c.c.), il vizio provoca un danno economico all'amministrazione il cui risarcimento può essere richiesto a chi l'ha stipulata senza in necessari pareri.

 

(44) Tanto dovrebbe desumersi dal parere del 6 febbraio 2006, reso dal Consiglio di Stato circa la riserva della volontà transattiva all'organo di vertice della dirigenza del settore che ha indetto la gara e non al responsabile del procedimento, con coerenza con la competenza propria dei dirigenti, come delineate dal D.Lgs. n. 165/2001.

 

(45) Cfr. M. Baldi, Commento all'art. 239 - 240, cit.

 

(46) Previo parere dell'avvocatura o del funzionario più elevato se l'aliquid datum atque retentum eccede centomila euro.

 

(47) L'osservazione è di V. Biagetti, Commentario al codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, Torino, 573.

 

(48) Così testualmente, R. De Nictolis, Il nuovo codice degli appalti pubblici, II ed., Roma, 342.

 

(49) Ancora testualmente, R. De Nictolis, Il nuovo codice degli appalti pubblici, cit., 342.

 

(50) Cfr. V. Biagetti, Commentario al codice dei contratti pubblici, cit., 574.

 

(51) La risoluzione per arbitri delle vicende contenziose fra committente ad appaltatore è delle più antiche e tormentate dei lavori pubblici. Secondo l'art. 349 della L. n. 2248/1865, all. F. le questioni fra l'amministrazione e gli appaltatori potevano essere decise da arbitri. Il ricorso generale all'arbitrato fu successivamente stabilito dal capitolato generale d'appalto per le opere del Ministero dei lavori pubblici ma subito dopo modificato dall'art. 47 del capitolato generale di cui al D.P.R. n. 1063/1962 che attribuì a ciascuna parte la facoltà di declinare la competenza arbitrale in favore del giudice ordinario. La competenza generale degli arbitri fu nuovamente stabilita dall'art. 16 della L. n. 741/1981 che ne demandò l'esclusione ad apposita clausola, dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 152/1996. Nella legge quadro, l'arbitrato venne dapprima escluso dall'art. 32 nella formulazione originaria, immediatamente modificato dalla L. n. 216/1995 che attribuì all'arbitrato rituale la definizione delle controversie in materia di opere pubbliche, il cui ambito è stato successivamente ampliato dalla L. n. 415/1998 istitutiva della camera arbitrale per i lavori pubblici presso l'Autorità di vigilanza. Nello stesso senso l'art. 6 della L. n. 205/2000 ha confermato che le controversie concernenti diritti soggettivi devoluti alla giurisdizione del giudice amministrativo possono essere risolte mediante un arbitrato di diritto. Con la stessa impostazione l'art. 241 del codice ha ribadito la facoltà di deferire ad arbitri le controversie derivanti dall'esecuzione dei contratti pubblici relativi a lavori servizi e forniture concorsi di progettazione e di idee comprese quelle conseguenti al mancato raggiungimento dell'accordo bonario. Cfr. V. Biagetti, V. Commentario al codice dei contratti pubblici, cit., 589 ss.

 

(52) R. De Nictolis, Il nuovo codice degli appalti pubblici, cit., 344 ss.

 

(53) Di cui all'art. 15 del regolamento e all'art. 34 del capitolato generale. Cfr. G. Pellegrino, M. Di Cagno, Commento all'art. 32, in La legge quadro in materia di lavori pubblici, a cura di A. Carullo, A. Clarizia, II Vol., Padova, 2004, 1469.

 

(54) E dall'immancabile responsabilità erariale per illecito disciplinare a carico del responsabile del procedimento.

 

(55) Problemi ulteriori originano dal comma 21 dell'art. 3 della L. n. 255/2007. La norma dispone a carico delle predette amministrazioni aggiudicatrici e dei predetti soggetti aggiudicatori l'obbligo di declinare la competenza arbitrale, ove tale facoltà sia prevista nei relativi contratti, con devoluzione della controversi all'autorità giudiziaria ordinaria. Essendo l'obbligo limitato ai soli casi in cui i collegi non fossero stati costituiti alla data del 30 settembre 2007, quelli costituiti anteriormente devono ritenersi pienamente legittimati a risolvere la controversia. Singolare è anche la decadenza automatica dei collegi arbitrali dei collegi costituiti dopo il 30 settembre 2007 con «integrale compensazione fra le parti delle relative spese ». Ancora più singolare è l'assegnazione al Ministero della giustizia dei risparmi di spesa conseguiti per le controversi devolute al giudice ordinario e non agli arbitri, «per il miglioramento del relativo servizio ». Tenendo presenti i tempi medi per la risoluzione di una controversia in tre gradi di giudizio e degli accessori del credito che aumentano negli anni, quanto destinato al miglioramento dei servizi giudiziari sembra ridursi a ben poco. A meno che non si interpreti la norma con riferimento all'esecutività della sentenza di primo grado.

 

(56) Precisamente dei commi 25, 26, 28, 29, 31 e 34.

 

(57) D.L. 31 dicembre 2007, n. 248 - Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria.

 

(58) D.Lgs. 27 giugno 2003, n. 168 - Istituzione di Sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale presso tribunali e corti d'appello, a norma dell'articolo 16 della legge 12 dicembre 2002, n. 273.

 

(59) Pubblicato nella G.U. 31 dicembre, n. 302.

 

(60) I termini della procedura arbitrale sono strettamente connessi ai commi 12 e 13 dell'art. 240. Il comma 12 prevede che sulla proposta di accordo bonario si pronunzino il soggetto che ha formulato le riserve e il soggetto che ha indetto la gara (amministrazione aggiudicatrice, ente aggiudicatore, concessionario) nei trenta giorni dal ricevimento, dandone comunicazione al responsabile del procedimento entro lo stesso termine. Il comma 13 prevede la formulazione diretta della proposta di accordo bonario nei sessanta giorni dal termine assegnato all'altra parte per la nomina del componente della commissione, quando il soggetto che ha formulato la proposta non provveda alla nomina nei venti giorni dalla richiesta del responsabile del procedimento.

 

(61) Dei pareri dei soggetti che hanno indetto la gara, da acquisire obbligatoriamente, è stata sottolineata la superfluità e l'inopportunità per la paralisi che determinano sull'intero accordo bonario quando essi non siano resi o lo siano tardivamente. Cfr. V. Biagetti, Commentario al codice dei contratti pubblici, cit., 585.

 

(62) Cass., Sez. Un., 3 dicembre 1991, n. 12966, in Giust. Civ. Mass., 1993, fasc. 12.

 

(63) Cfr. B.G. Carbone, Commento all'art. 31-bis, cit. 1458.

 

(64) Cass., Sez. Un., 18 maggio 2000, n. 366;in Giust. Civ. Mass., 2000, 911; in Dir. & Giust., 2000, 22, 36; in Gior. Dir. Amm., 2000, 771 con nota di C. Guccione; in Rass. Avv. Stato, 2000, I, 383.

 

(65) Evenienza questa suscettibile di verificarsi nella finanza di progetto, legata all'equilibrio economico-finanziario dell'opera. L'accordo bonario può determinare l'aumento dei costi e il maggiore fabbisogno finanziario per la realizzazione dell'opera pubblica.

 

(66) Per la rilevanza pubblicistica dell'atto di asseveramento si è espressa l'Autorità di vigilanza sui lavori pubblici nell'atto di regolazione n. 34 del 18 luglio 2000.

 

(67) Sulla tendenza da parte delle imprese a considerare l'accordo bonario uno strumento per il riconoscimento di pretese economiche diverse da quelle risultanti dalle riserve, cfr. la determinazione n. 5/2007 dell'Autorità di vigilanza sui lavori pubblici.

 

(68) Nota al proposito, l'Autorità di vigilanza sui lavori pubblici nella determinazione n. 5/2007, che l'importo degli accordi acquisiti negli anni 1999 - 2004 varia da un decimo a un terzo dell'iniziale richiesta formulata dall'impresa.

 

(69) L'art. 240 del codice (per i lavori pubblici affidati da amministrazioni aggiudicatrici ovvero da enti aggiudicatori ovvero dai concessionari) ripete la formula dell'art. 31-bis della legge Merloni, sia pure rovesciando le modalità di individuazione (per i lavori pubblici affidati dai soggetti di cui all'art. 2, comma 2, lett. a) e b), in materia di appalti e di concessioni). I soggetti di cui all'art. 2, comma 2, lett. a) e b) coincidono infatti con i soggetti di cui alle definizioni dell'art. 3 commi da 25 a 34 del codice.

 

(70) A questo proposito può prospettarsi il problema del carattere segreto o meno dei documenti contabili, al pari della relazione del direttore dei lavori e dell'organo di collaudo. Fra le due soluzioni è da privilegiare quella della non segretezza, in quanto il codice nulla prevede a proposito dei documenti contabili, diversamente dalle relazioni del direttore dei lavori espressamente qualificate riservate.