L'arbitrato nella definizione delle controversie in materia di opere pubbliche

Sommario: 1. L'arbitrato nella legge Merloni ter; 2. L'accordo bonario; 3. La Camera Arbitrale e le sue attribuzioni; 4. Il giudizio arbitrale

1. L'arbitrato nella Legge Merloni ter

La legge 18 novembre 1998 n. 145, c.d. Merloni ter, dà un assetto definitivo alle modalità di definizione delle controversie nascenti dai contratti d'appalto di opere pubbliche regolando in maniera diversa l'arbitrato e disciplinando l'accordo bonario introdotto con l'art. 31 bis della legge Merloni bis.

L'art. 10 al primo comma, stabilisce che "tutte le controversie derivanti dall'esecuzione del contratto, comprese quelle conseguenti al mancato raggiungimento dell'accordo bonario previsto dal primo comma dell'art. 31 bis, possono essere deferite ad arbitri".

Il Legislatore, in armonia con gli orientamenti giurisprudenziali e dottrinali degli ultimi anni, ha rinunciato al tentativo di considerare il giudizio arbitrale come una procedura non corretta per risolvere questo tipo di controversie, al contrario le considera uno strumento non solo legittimo ma anche utile. Il secondo comma dell'art. 32 stabilisce che "qualora sussista la competenza arbitrale il giudizio è demandato ad un collegio arbitrale costituito presso la camera arbitrale per i lavori pubblici, costituita presso l'Autorità di cui all'art. 4 della presente legge [1]. L'espressione "qualora sussista la competenza arbitrale" ribadisce il principio dell'autonomia delle parti nella scelta del giudizio arbitrale in conformità con gli orientamenti della Corte Costituzionale che ha sempre negato diritto di cittadinanza nel nostro ordinamento a forme obbligatorie o, comunque, impositive di arbitrato.

Ma la novità più rilevante riguarda l'istituzione di una Camera Arbitrale presso la quale costituire i collegi arbitrali.

La previsione di questo unico organismo ha suscitato qualche perplessità sia sotto il profilo della inopportunità di costituire un organismo presso un ente di controllo e di vigilanza, qual è l'Autorità prevista dall'art. 4, sia sotto il profilo giuridico [2].

E' sembrata illogica la creazione di un organismo centralizzato per la definizione delle controversie che riguardano appalti che sono eseguiti in tutto il territorio nazionale e che sono affidati da una molteplicità di enti appaltanti [3].

Sotto il profilo della legittimità costituzionale è stato osservato che la creazione di una camera arbitrale unica, presso la quale sono costituiti i collegi arbitrali, sembra prefigurare, in contrasto con i vincoli posti dalla Costituzione, una specie di magistratura "parallela" a quella ordinaria, sia pure nello specifico settore degli appalti pubblici.

Molte delle perplessità prospettate dalla dottrina devono ritenersi superate dalle norme contenute nel regolamento emanato in attuazione del 3° comma dell'art. 32 che ha definito i compiti e le attribuzioni della Camera Arbitrale [4]. L'ultimo comma dell'art. 32, in armonia con la nuova disciplina del giudizio arbitrale, prevede l'abrogazione ' dalla data di entrata in vigore del regolamento ' degli articoli da 42 a 51 del capitolato generale di appalto approvato con D.P.R. n. 1053/1962, con l'ulteriore precisazione che le norme abrogate non restano in vigore neppure per i contratti già stipulati. Di conseguenza alle controversie insorte dopo l'entrata in vigore del regolamento, anche se riferite a contratti stipulati in precedenza, dovrà applicarsi la nuova normativa.

La norma non chiarisce la disciplina da applicarsi alle controversie, da decidersi mediante arbitrato, insorte nel periodo intermedio tra la data di entrata in vigore del regolamento e l'emanazione del decreto interministeriale previsto dal 2° comma dell'art. 32. Non potendosi fare riferimento alle norme abrogate del capitolato generale del 1962, e non essendo emanate le nuove norme procedurali del giudizio arbitrale, deve ritenersi applicabile la disciplina civilistica di cui all'art. 806 e ss. c.p.c.

2. L'accordo bonario

La disciplina dell'arbitrato delineata dall'art. 32, e che sarà esaminata nei paragrafi seguenti, deve essere coordinata con il disposto dell'art. 31 bis che riguarda la composizione bonaria delle questioni poste a riserva dall'appaltatore nel corso dell'esecuzione dei lavori.

A differenza dell'arbitrato, che può essere attivato al termine dell'esecuzione dei lavori e relativamente a tutte le controversie, comprese quelle che non hanno trovato in precedenza una definizione bonaria, l'accordo bonario tende a risolvere le controversie quando ancora è in corso l'esecuzione del contratto. Per quanto riguarda il suo ambito di applicazione va precisato che l'art. 31 bis viene genericamente riferito ai lavori affidati "in materia di appalti e di concessione" mentre l'art. 149 del regolamento si riferisce unicamente ai rapporti tra stazione appaltante e appaltatore, rimanendo escluso qualsiasi riferimento alla concessione.

La norma regolamentare appare più coerente con il sistema considerando che l'istituto, che riguarda il momento dell'esecuzione dei lavori, può trovare utile applicazione ai lavori eseguiti mediante contratti di appalto; è piuttosto problematico concepire l'applicazione con riferimento a lavori eseguiti in virtù di un contratto di concessione.

Il presupposto per l'attivazione del procedimento è che l'appaltatore abbia iscritto nei registri contabili riserve il cui importo complessivo non sia inferiore al 10% dell'importo originario del contratto.

La proceduta può essere attivata tutte le volte che le riserve iscritte dall'appaltatore, ulteriori e diverse da quelle esaminate in precedenza, aggiunga l'importo indicato. L'impulso per l'attivazione della procedura, che si articola attraverso alcuni passaggi predeterminati, parte dal Direttore dei lavori.

Una volta accertato che l'importo delle riserve ha raggiunto l'importo innanzi indicato, il direttore dei lavori deve darne immediata comunicazione al responsabile del procedimento, al quale deve trasmettere nel più breve tempo possibile una relazione riservata sul merito delle riserve iscritte.

Il responsabile del procedimento [5] assume nella operatività della procedura un ruolo di particolare rilievo, ponendosi come tramite tra l'amministrazione appaltante e l'appaltatore nel tentativo di pervenire alla conclusione dell'accordo. Dopo aver effettuato una valutazione preliminare circa l'ammissibilità e la non manifesta infondatezza delle riserve ai fini dell'effettivo raggiungimento del limite di valore (art. 149, 2^ comma, reg.), procede agli adempimenti successivi che prevedono:

  1. l'acquisizione, nel termine di 90 giorni dall'apposizione dell'ultima riserva, della relazione del direttore dei lavori e, se costituito, dell'organo di collaudo;

  2. una verifica presso l'appaltatore per verificare le condizioni e i termini di un eventuale accordo;

  3. la formulazione alla stazione appaltante, nei successivi 60 giorni, che deve assumere le proprie determinazioni in ordine alla proposta dandone sollecita comunicazione al responsabile del procedimento ed all'appaltatore.

Naturalmente l'amministrazione appaltante ha la massima discrezionalità in merito alla proposta formulata nel senso che, previa acquisizione di ulteriori pareri ove lo ritenga necessario, può accettarla o respingerla integralmente oppure modificarne i termini.

Con la determinazione della stazione appaltante la proposta assume la sua versione definitiva e rispetto ad essa l'appaltatore deve pronunciarsi se accettarla o meno.

In caso di accettazione il responsabile del procedimento convoca le parti per la sottoscrizione del verbale di accordo bonario. La sottoscrizione determina la definizione di tutte le contestazioni oggetto dell'accordo, con la conseguenza che esse non potranno più essere sollevate dinanzi ad alcun organo giurisdizionale né potranno formare oggetto di arbitrato.

Sulla somma riconosciuta sono dovuti gli interessi legali a decorrere dal 60^ giorno successivo alla sottoscrizione dell'accordo (art. 149, 4^ comma, reg.).

In caso di mancata definizione dell'accordo resta impregiudicato il diritto delle parti di adire l'autorità giudiziaria o di riproporre le contestazioni nell'eventuale giudizio arbitrale, ma le dichiarazioni e gli atti del procedimento non sono vincolanti per le parti e, quindi, non possono essere utilizzate nella fase contenziosa (art. 149, 6^ comma, reg.).

3. La Camera Arbitrale e le sue attribuzioni

La nuova disciplina dell'arbitrato si basa sulla creazione di una Camera Arbitrale: l'art. 151 del regolamento ne determina la composizione, gli organi e le sue attribuzioni.

La Camera Arbitrale ha sede in Roma ed assolve a due funzioni fondamentali: la formazione e la tenuta dell'albo degli arbitri e la determinazione del compenso dovuto ai componenti dei collegi arbitrali. Non appaiono convincenti alcune critiche mosse alla scelta della Camera Arbitrale unica, che sarebbe in contraddizione con le iniziative legislative di decentramento e di "federalismo" e non in grado di rispondere in termini di efficienza alle attese delle amministrazioni pubbliche di definire con sollecitudine le controversie che nascono dagli appalti [6].

In realtà il legislatore ha inteso creare un organo autonomo che assume un ruolo super partes, che verifica e garantisce la qualificazione professionale dei soggetti chiamati ad assumere l'incarico di arbitro o di consulente e si pone come centro di analisi del contenzioso in materia di lavori pubblici.

All'albo degli arbitri possono essere ammessi soltanto professionisti appartenenti a determinate categorie e precisamente:

  1. magistrati amministrativi, magistrati contabili, avvocati dello stato in servizio nel numero fissato dal Consiglio della C.A., nonché avvocati dello Stato e magistrati a riposo;

  2. avvocati iscritti agli albi ordinari e speciali abilitati al patrocino avanti le magistrature superiori ed in possesso dei requisiti per la nomina a magistrato di cassazione;

  3. tecnici in possesso di diploma di laurea in ingegneria, abilitati all'esercizio della professione da almeno dieci anni ed iscritti ai relativi albi;

  4. professori universitari di ruolo nelle materie giuridiche e tecniche con particolare competenza nella materia dei lavori pubblici.

Presso la C.A. è istituito anche un elenco dei periti, al fine della nomina dei consulenti tecnici nei giudizi arbitrali, al quale sono ammessi i soggetti indicati alla lettera c), nonché i dottori commercialisti in possesso dei medesimi requisiti. I soggetti innanzi indicati ' ad esclusione dei magistrati e degli avvocati dello Stato in servizio che sono designati dagli organi competenti secondo i rispettivi ordinamenti ' sono inseriti nell'albo degli arbitri e nell'elenco dei periti su domanda, corredata da curriculum e documentazione. L'appartenenza all'albo e all'elenco ha durata triennale e può essere nuovamente conseguita decorsi due anni dalla scadenza del triennio.

Per gli arbitri è previsto un regime di incompatibilità: oltre ai casi previsti dal c.p.c., non possono essere nominati arbitri coloro che abbiano svolto attività di progettazione, direzione e vigilanza relativamente ai lavori cui si riferiscono le controversie o che abbiano espresso pareri o giudizi sulle controversie stesse. Inoltre, durante il periodo di appartenenza all'albo, gli arbitri non possono svolgere l'incarico di arbitro di parte in altri giudizi arbitrali e non possono espletare per lo stesso periodo incarichi professionali in favore delle parti dei giudizi arbitrali da essi indicati.

L'istituzione della C.A. costituisce il concreto presupposto per la definizione delle controversie mediante arbitrato: mentre gli arbitri di parte sono nominati da ciascuna di esse, è la C.A. che provvede alla nomina del terzo arbitro, scelto nell'albo istituito presso la stessa, che assume la funzione di presidente del collegio. La soluzione adottata, di limitare la competenza della C.A. alla sola nomina del terzo arbitro fa venire meno le perplessità e i dubbi di legittimità costituzionale avanzati da chi paventava la creazione surrettizia di una magistratura "parallela" a quella ordinaria.

L'altra significativa attribuzione della C.A. riguarda la determinazione del compenso dovuto agli arbitri e le modalità della sua corresponsione. Nel sistema vigente applicato anche agli arbitri in materia di opere pubbliche, pur riconoscendo agli arbitri il diritto al rimborso delle spese e all'onorario per l'opera prestata (art. 814 c.p.c.), non sono indicati parametri di riferimento per la liquidazione, stabilendosi soltanto che ad essa provvedono direttamente gli arbitri.

Nella liquidazione dei propri compensi gli arbitri si sono ispirati ai criteri più diversi, anche se quello adottato con più frequenza sembra essere il riferimento ad una percentuale (variabile da città a città) del valore della controversia. L'unico limite alla discrezionalità degli arbitri è rappresentato dall'accettazione delle parti; il provvedimento di liquidazione degli arbitri non è vincolante per le parti (art. 814, 2^ comma, c.p.c.). In caso di mancata accettazione, come nel caso di mancata liquidazione diretta, alla liquidazione delle spese e dell'onorario (globale e per i singoli arbitri) provvede il presidente del tribunale su ricorso degli arbitri e sentite le parti, con ordinanza non impugnabile [7].

Il nuovo sistema esclude qualsiasi rapporto diretto con le parti ai fini del compenso spettante agli arbitri, che viene determinato, liquidato e corrisposto direttamente dalla C.A.

Il decreto interministeriale di cui al 2^ comma dell'art. 32 dovrà fissare le tariffe per la determinazione del corrispettivo dovuto dalle parti per la decisione della controversia.

Nell'ambito del corrispettivo così determinato il consiglio arbitrale [8] provvede alla liquidazione dei compensi degli arbitri secondo parametri fissati in via generale e tenendo conto di due elementi: il valore della controversia e la complessità delle questioni. Contestualmente alla nomina del terzo arbitro, la C.A. comunica alle parti la misura e le modalità del deposito da effettuarsi in acconto del corrispettivo arbitrale; il corrispettivo a saldo è versato alla C.A. dalle parti nella misura liquidata e nel termine di 30 giorni dalla comunicazione (art. 150, 5^ e 6^ comma, reg.).

Un'ulteriore attribuzione della C.A. riguarda la rilevazione annuale dei dati emergenti dal contenzioso in materia di lavori pubblici che deve trasmettere all'Autorità e all'Osservatorio dei lavori pubblici (art. 151, 12^ comma, reg.).

4. Il giudizio arbitrale

Il presupposto per l'accesso al giudizio arbitrale è che negli atti contrattuali od in apposito compromesso sia previsto il deferimento ad arbitro della definizione delle controversie insorte tra la stazione appaltante e l'appaltatore, ivi comprese quelle non definite mediante accordo bonario.

L'iniziativa spetta alle parti, ciascuna delle quali può proporre domanda di arbitrato che deve contenere anche la nomina dell'arbitro di propria competenza, così come l'altra parte, nell'atto di resistenza alla domanda, deve nominare il proprio arbitro. Se questa omette di nominare l'arbitro alla nomina provvede il presidente del tribunale ai sensi dell'art. 810 c.p.c. (art. 150, 2^ comma, reg.). Ai fini della individuazione del tribunale territorialmente competente l'art. 810 c.p.c. deve essere coordinato con il disposto 4^ comma dell'art. 150 del reg. che si occupa della sede del collegio arbitrale.

La norma stabilisce che le parti possono determinare la sede del collegio in uno dei luoghi in cui sono istituite le sezioni regionali dell'Osservatorio dei lavori pubblici; se non vi è alcuna indicazione, ovvero non vi è accordo tra le parti, la sede del collegio deve intendersi stabilita presso la C.A. [9].

Il ricorso per la nomina del secondo arbitro, per il disposto dell'art. 150, 2^ comma del reg. ' deve essere presentato al presidente del tribunale "nella cui circoscrizione è la sede dell'arbitrato". In mancanza di preventiva indicazione della sede dell'arbitrato presso una delle sezione dell'Osservatorio trova applicazione la norma residuale di cui 4^ comma dell'art. 150 che fissa la sede dell'arbitrato presso la C.A., con conseguente competenza del presidente del tribunale di Roma per la nomina del secondo arbitro. Gli atti di nomina dei due arbitri di competenza delle parti, a cura della parte più diligente, devono essere trasmessi alla C.A. che provvede alla nomina del terzo arbitro, con funzione di presidente, da scegliersi nell'ambito dell'albo camerale, sulla base di criteri oggettivi e predeterminati. Per gli arbitri di propria competenza le parti hanno piena libertà di scelta: l'unico requisito richiesto è che si tratti di professionisti di provata esperienza nella materia dei lavori pubblici. Esauriti gli adempimenti di preliminari relativi alla nomina degli arbitri, con l'accettazione della nomina, il collegio arbitrale è formalmente costituito.

L'accettazione investe gli arbitri della potestà di decidere la controversia sottoposta al loro giudizio e dà il via alla loro attività processuale e giurisdizionale da concludersi entro un determinato termine che decorre proprio dall'accettazione della nomina [10], prima dell'accettazione non è possibile parlare di instaurazione del rapporto processuale, dal momento che non esiste ancora l'organo giudicante [11].

La facoltà di derogare alla competenza arbitrale pone il problema della individuazione del momento oltre il quale tale facoltà non può essere esercitata con conseguente definitivo radicamento della competenza arbitrale. Il problema, in mancanza di norme specifiche e non potendosi farsi riferimento all'originario testo dell'art. 47 D.P.R. n. 1063/1962, può essere risolto tenendo presente il principio affermato dalla Corte Costituzionale [12] secondo il quale la competenza arbitrale può essere derogata "anche" con atto unilaterale di ciascuno dei contendenti.

Se una delle parti propone la domanda dinanzi al giudice ordinario, all'altra parte è preclusa la possibilità di instaurare il giudizio arbitrale dovendo interpretarsi la domanda giudiziale quale atto unilaterale idoneo a derogare la competenza arbitrale.

La parte alla quale è stata notificata la domanda di arbitrato può a sua volta declinare la competenza arbitrale notificando la sua determinazione all'altra parte la quale, se intende proseguire il giudizio, deve proporre la domanda al giudice competente a norma del c.p.c.

Alle parti, se d'accordo va riconosciuta la facoltà di declinare la competenza arbitrale anche successivamente, o non trasmettendo gli atti di nomina alla C.A. o con atto formale notificato agli interessati (arbitri e C.A.) prima della formale costituzione del collegio. Non sembra possibile declinare la competenza arbitrale dopo tale momento, anche se le parti, prima della pronuncia del lodo, possono sempre rinunciare agli atti del giudizio o transigere la lite.

Il 2^ comma dell'art. 32 demanda ad un decreto interministeriale (Lavori Pubblici ' Giustizia), da emanarsi entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del regolamento, la fissazione delle norme di procedura del giudizio arbitrale "nel rispetto dei principi del codice di procedura civile". La disposizione è stata ritenuta superflua giudicante [13] sul rilievo che, anche alla luce degli orientamenti della Corte Costituzionale, non solo devono essere rispettati ma anche applicati dal codice di procedura civile. Del resto non sarebbe possibile ' sotto il profilo della legittimità ' ipotizzare una loro modifica mediante un decreto interministeriale. Le nuove norme procedurali non potranno essere che integrative di quelle vigenti. Una delle critiche mosse all'arbitrato rituale ' e l'arbitrato in materie di OO.PP. è sempre rituale (art. 151, 1^ comma, reg.) ' riguardava la sua eccessiva proceduralizzazione; lo svolgimento del giudizio con schemi e formule simili a quelle del giudizio ordinario e l'imposizione alle parti di obblighi analoghi costituivano una remora alla diffusione dell'istituto arbitrale. E' auspicabile che le nuove norme, pur nel rispetto dei principi del c.p.c., attuino una maggiore semplificazione del procedimento arbitrale.

L'art. 816 c.p.c. dispone, nel secondo comma, che le parti possono stabilire nel compromesso, nella clausola compromissoria o con atto scritto separato, purchè anteriore all'inizio del giudizio arbitrale, le norme che gli arbitri debbono osservare nel procedimento; il terzo comma aggiunge che, in mancanza di tali norme, gli arbitri hanno la facoltà di regolare lo svolgimento del giudizio nel modo che ritengono più opportuno. Questa facoltà riconosciuta alle parti e, in via sussidiaria, agli arbitri deve ritenersi incompatibile con le norme procedurali che dovranno regolare lo svolgimento del procedimento arbitrale nel settore delle opere pubbliche.

(Avv. Diletta Bocchini)

Articolo tratto da www.diritto.it


NOTE:

  1. L'art. 4 prevede l'istituzione, in Roma, di una Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici (organo collegiale composto da cinque membri), alle cui dipendenze operano: la segreteria tecnica, il servizio ispettivo e l'0sservatorio sui lavori pubblici.

  2. Carullo, L'arbitrato nella L. Quadro sulle opere pubbliche, in Riv. Trim. Appalti, 1996, p. 169.

  3. Mazzocco-Angeletti-Zoppolato, La Legge Quadro sui lavori pubblici (Merloni ter), 1999, pag. 552.

  4. Con il D.P.R. 21 dicembre 1999, n.554 ' pubblicato sulla G.U. del 28 aprile 2000 n. 98 (suppl. ord. N. 66/L) ' è stato emanato il Regolamento di attuazione della legge quadro in materia di lavori pubblici 11 febbraio 1994 n. 109, e successive modificazioni.

  5. La figura del responsabile del procedimento, introdotta nel nostro ordinamento con la legge 7 agosto 1990 n. 241, è stata estesa alle procedure di affidamento dei lavori pubblici dall'art. 7 della legge n. 109/1994.

  6. Mazzocco ed altri, op. cit., pag.559

  7. L'ordinanza di liquidazione del presidente del tribunale è dichiarata espressamente non impugnabile: trattandosi però di un provvedimento avente carattere decisorio, in quanto diretta a risolvere un conflitto di interessi tra gli arbitri (creditori) e le parti del procedimento arbitrale (debitori) e non essendo soggetta a particolari mezzi di impugnazioni, essa è stata ritenuta impugnabile in Cassazione "per violazione di legge" ai sensi dell'art. 111 della Costituzione (Cass., 4 giugno 1995 n. 126, in Giust. Civ., Mass. 1995,22).

  8. Il consiglio arbitrale è un organo della Camera Arbitrale, composta da cinque membri nominati dall'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici; al suo interno l'Autorità sceglie il presidente (art. 151, 3^ comma, reg.).

  9. L'Osservatorio dei lavori pubblici si articola in una sezione centrale ed in sezioni regionali aventi sede presso le regioni e le provincie autonome (art. 4, 14^ comma, legge n. 415/1998). L'osservatorio è stato costituito con delibera 19 ottobre 1999 dall'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici (in Gazz. Uff. 15 dicembre 1999, n.293).

  10. L'inosservanza del termine prescritto per la decisione fa venire meno la competenza arbitrale e le parti possono attendere ulteriormente la pronuncia del lodo (Cass., 20 gennaio 1970 n. 177, in Giust. Civ., Mass. 1970, 104).

  11. Cass., 29 luglio 1963 n. 2127, in Giust. Civ., Mass. 1963, 997.

  12. Corte Cost. 9 maggio 1996 n. 152 cit.

  13. Mazzocco ed altri, op. cit., pag. 554.