Decreto Legislativo 17/01/2003 n. 5

Definizione dei procedimenti in materia di diritto societario e di intermediazione finanziaria, nonche' in materia bancaria
e creditizia, in attuazione dell'articolo 12 della legge 3 ottobre 2001, n. 366.
(GU n. 17 del 22-1-2003- Suppl. Ordinario n.8)


Il Presidente della Repubblica
VISTI gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
VISTA la legge 3 ottobre 2001, n. 366, concernente delega al Governo per l’emanazione di uno o più decreti legislativi recanti la riforma organica della disciplina delle società di capitali e cooperative, la disciplina degli illeciti penali e amministrativi riguardanti le società commerciali, nonché nuove norme sulla procedura per la definizione dei procedimenti nelle materie di cui all’articolo 12 della legge di delega;
VISTO in particolare l’articolo 12 della citata legge 3 ottobre 2001, n. 366, concernente i procedimenti in materia di diritto societario e i procedimenti nelle materie disciplinate dal testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, approvato con decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, e dal testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, approvato con decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni;
VISTA la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del   30 settembre 2002;
VISTO il parere del Parlamento a norma dell’articolo 1, comma 4, della legge 3 ottobre 2001, n. 366;
VISTA  la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 10 gennaio 2003;
SULLA proposta del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro delle attività produttive; 

EMANA
il seguente decreto legislativo:

Titolo I
NUOVE NORME DI PROCEDURA

Art. 1
(Ambito di applicazione)

1.          Si osservano le disposizioni del presente decreto legislativo in tutte le controversie, incluse quelle connesse a norma degli articoli 31, 32, 33, 34, 35 e 36 del codice di procedura civile, relative a:

a)          rapporti societari, ivi compresi quelli concernenti le società di fatto, l’accertamento, la costituzione. la modificazione o l’estinzione di un rapporto societario, le azioni di responsabilità da chiunque promosse contro gli organi amministrativi e di controllo, i liquidatori e i direttori generali delle società, delle mutue assicuratrici e delle società cooperative;

b)          trasferimento delle partecipazioni sociali, nonché ogni altro negozio avente ad oggetto le partecipazioni sociali o i diritti inerenti;

c)          patti parasociali, anche diversi da quelli disciplinati dall’articolo 2341-bis codice civile, e accordi di collaborazione di cui all’articolo 2341-bis, ultimo comma, del codice civile;

d)          rapporti in materia di intermediazione mobiliare da chiunque gestita, servizi e contratti di investimento, ivi compresi i servizi accessori, fondi di investimento, gestione collettiva del risparmio e gestione accentrata di strumenti finanziari, vendita di rapporti finanziari, ivi compresa la cartolarizzazione dei crediti, offerte pubbliche di acquisto e di scambio, contratti di borsa;

e)          materie di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, quando la relativa controversia è promossa da una banca nei confronti di altra banca ovvero da o contro associazioni rappresentative di consumatori o camere di commercio;

f)           credito per le opere pubbliche.

 

2.          Restano ferme tutte le norme sulla giurisdizione. Spettano esclusivamente alla corte d’appello tutte le controversie di cui agli articoli 145 decreto legislativo 1° settembre, 1993, n. 385, e 195 decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.

3.          Salvo che nelle controversie di cui al comma 1, lettera e), il Tribunale giudica in composizione collegiale. Nelle azioni promosse da associazioni rappresentative dei consumatori e dalle camere di commercio il Tribunale giudica in composizione collegiale anche se relative alle materie di cui al comma 1, lettera e).

4.          Per quanto non diversamente disciplinato dal presente decreto, si applicano le disposizioni del codice di procedura civile, in quanto compatibili.

5.  Quando rileva che una causa relativa ad uno dei rapporti di cui al comma 1 è stata proposta in forme diverse da quelle previste dal presente decreto, il giudice dispone con ordinanza il mutamento di rito e la cancellazione della causa dal ruolo; dalla comunicazione dell’ordinanza decorrono, se emessa a seguito dell’udienza di prima comparizione, i termini di cui all’articolo 6 ovvero, in ogni altro caso, i termini di cui all’articolo 7; restano ferme le decadenze già maturate.

 

 

TITOLO II
DEL PROCESSO DI COGNIZIONE DAVANTI AL TRIBUNALE
CAPO I
DEL PROCEDIMENTO DI PRIMO GRADO
DAVANTI AL TRIBUNALE IN COMPOSIZIONE COLLEGIALE

 

Art. 2
(Contenuto dell’atto di citazione)

 

1.  La domanda si propone al tribunale mediante citazione contenente:
a)  le indicazioni di cui ai numeri 1, 2, 3, 4, 5 e 6 dell’articolo 163 del codice di procedura civile;

b)  l’indicazione del numero di fax o dell’indirizzo di posta elettronica presso cui il difensore dichiara di voler ricevere le comunicazioni e le notificazioni nel corso del procedimento;

c)  la fissazione di termine al convenuto, non inferiore a sessanta giorni dalla notificazione della citazione, per la notifica al difensore dell’attore della comparsa di risposta. In difetto di fissazione da parte dell’attore, o in caso di insufficienza, il termine è di sessanta  giorni.

 

Art. 3
(Costituzione dell’attore)

 

1.          L’attore, entro dieci giorni dalla notificazione della citazione, ovvero entro cinque giorni nel caso di abbreviazione dei termini a norma dell’articolo 163-bis, secondo comma, del codice di procedura civile, deve costituirsi in giudizio a mezzo di procuratore, depositando in cancelleria la nota d’iscrizione a ruolo e il fascicolo contenente l’originale o la copia della citazione, la procura e i documenti offerti in comunicazione. Il cancelliere forma il fascicolo d’ufficio, in esso inserendo tutti gli atti e documenti successivamente depositati dalle parti; analogamente provvede nel caso di cui all’articolo 13, comma 1.

2.          Se la citazione è notificata a più persone, la costituzione dell’attore deve avvenire entro dieci giorni dall’ultima notificazione. In tale caso il termine di cui all’articolo 2, comma 1, lettera c), è prolungato, per ciascun convenuto, fino al sessantesimo giorno successivo all’iscrizione a ruolo.

 Art. 4
(Comparsa di risposta)

 1.         Nella comparsa di risposta il convenuto deve proporre tutte le sue difese prendendo posizione sui fatti posti dall’altra parte a fondamento della domanda, indicare i mezzi di prova di cui intende valersi e i documenti che offre in comunicazione, proporre le domande riconvenzionali dipendenti dal titolo dedotto in giudizio dall’attore o da quello che già appartiene alla causa come mezzo di eccezione, dichiarare di voler chiamare in causa i terzi ai quali ritiene comune la causa o dai quali pretende di essere garantito precisandone le ragioni, formulare le conclusioni. Nella stessa comparsa il convenuto deve indicare il numero di fax o l’indirizzo di posta elettronica presso cui il difensore dichiara di voler ricevere le comunicazioni e le notificazioni nel corso del procedimento.

2.          Nella comparsa di risposta il convenuto, fermo quanto disposto nell’articolo 8, comma 2, lettera c), fissa all’attore un termine non inferiore a trenta giorni dalla notificazione della  stessa comparsa per eventuale replica. In caso di omessa o insufficiente indicazione,  il termine è di trenta giorni. Nel caso di pluralità di convenuti, anche a seguito di chiamata in causa, il termine fissato all’attore per la replica non può  eccedere i sessanta giorni; l’inosservanza di tale termine può essere eccepita anche dagli altri convenuti.

3.          Se dichiara di voler chiamare in causa terzi, il convenuto deve notificare loro l’atto di citazione a norma dell’articolo 2.

 

Art. 5
(Forme e termini della costituzione del convenuto)

 1.         Il convenuto deve costituirsi a mezzo di procuratore depositando in cancelleria, entro 10 giorni dalla scadenza del termine di cui all’articolo 2, comma 1, lettera c), ovvero del termine di cui all’articolo 3, comma 2, il fascicolo contenente l’originale ovvero la copia della comparsa di risposta notificata all’attore, la copia della citazione notificata, la procura e i documenti che offre in comunicazione.

2.          In assenza di documenti da depositare, di domande riconvenzionali o di chiamata di terzi, il convenuto che abbia tempestivamente notificato la comparsa di risposta può costituirsi entro dieci giorni dalla notificazione dell’istanza di fissazione dell’udienza a cui abbia provveduto altra parte.

 Art. 6
(Memoria di replica dell'attore)

  

1.          Nel termine fissatogli a norma dell’articolo 4, comma 2,  l’attore può replicare con memoria notificata al convenuto e depositata in cancelleria, nonché depositare nuovi documenti.

2.          Nella memoria di replica l’attore può:

a) precisare o modificare le domande e le conclusioni già proposte;

b) proporre nuove domande ed eccezioni che siano conseguenza della domanda riconvenzionale o delle difese proposte dal convenuto;

c) dichiarare che intende chiamare un terzo ai sensi dell’articolo 106 del codice di procedura civile, se l’esigenza è sorta dalle difese del convenuto;

d) depositare nuovi documenti  in cancelleria, ovvero formulare nuove richieste istruttorie.

3.          L’attore, nella memoria di replica, deve fissare al convenuto un termine non inferiore a venti giorni per ulteriore memoria difensiva. Il termine è di trenta giorni se l’attore ha proposto nuove domande.

4.          Nel caso della dichiarazione di cui al comma 2, lettera c), l’attore notifica al terzo l’atto di citazione ai sensi dell’articolo 2.

 

Art. 7
(Repliche ulteriori)

 1.         Il convenuto, se non ritiene di notificare istanza di fissazione di udienza, può notificare, nel termine fissatogli a norma dell’articolo precedente  o, in mancanza, nel termine di trenta giorni, una seconda memoria difensiva, contenente l’eventuale indicazione di nuovi documenti e richieste istruttorie, nonché la fissazione di un termine, non inferiore a sedici giorni dalla notificazione, per una ulteriore replica.

2.          L’attore, se non ritiene di notificare istanza di fissazione di udienza, può notificare al convenuto una ulteriore replica a norma dell’articolo 6, comma 2; in tale caso, il convenuto può notificare una memoria di controreplica nel termine, non inferiore a sedici giorni, assegnatogli o, in mancanza, nel termine di sedici giorni dalla notificazione.

 3.         L’attore, finché non ha notificato l’istanza di fissazione di udienza ed in alternativa alla sua proposizione, può notificare ulteriore memoria alle altre parti, nel termine perentorio di otto giorni dalla ricezione della memoria di controreplica del convenuto. Lo stesso potere spetta alle altre parti nei successivi otto giorni. Alle medesime condizioni è ammesso lo scambio di ulteriori memorie tra le parti, finché non è decorso il termine massimo di ottanta giorni dalla notifica della memoria di controreplica di cui al comma 2.

Art. 8

(Istanza di fissazione di udienza)

 

1.          L’attore può notificare alle altre parti istanza di fissazione di udienza, entro quindici giorni:

a) dalla data di notifica della comparsa di risposta del convenuto cui non intende replicare, ovvero dalla scadenza del termine di costituzione dello stesso;

b) in caso di chiamata di terzo da parte del convenuto, dalla data di notifica della comparsa di risposta del terzo chiamato ovvero dalla scadenza del termine di costituzione dello stesso;

c) dalla data della notifica dello scritto difensivo delle altre parti al quale non intende replicare.

 

2.          Il convenuto può notificare alle altre parti istanza di fissazione di udienza, entro quindici giorni:

a) se ha proposto domanda riconvenzionale ovvero sollevato eccezioni non rilevabili d’ufficio, dalla data di notifica della memoria di replica dell’attore ovvero dalla scadenza del relativo termine;

b) se ha chiamato in causa terzi, dalla data di notifica della comparsa di risposta del terzo chiamato ovvero dalla scadenza del termine di costituzione dello stesso;

c) al di fuori dei casi precedenti, dalla data della propria costituzione in giudizio, ovvero dalla data della notifica dello scritto difensivo delle altre parti al quale non intende replicare.

 

3.          Il terzo chiamato può notificare alle altre parti istanza di fissazione di udienza, entro quindici giorni:

a) se ha proposto domanda riconvenzionale, dalla data di notifica della memoria di replica dell’attore o del convenuto ovvero dalla scadenza del relativo termine;

b) al di fuori del caso precedente, dalla data della propria costituzione in giudizio, ovvero dalla data della notifica dello scritto difensivo delle altre parti al quale non intende replicare.

 

4.          La mancata notifica dell’istanza di fissazione di udienza  nei quindici giorni successivi alla scadenza del termine per il deposito della memoria di controreplica del convenuto di cui all’articolo 7, comma 2, ovvero dalla scadenza del termine massimo di cui all’articolo 7, comma 3, determina l’estinzione del processo rilevabile anche d’ufficio. Il rilievo d’ufficio è precluso se l’udienza si è comunque svolta con la partecipazione di almeno una parte; in tal caso l’estinzione deve comunque essere eccepita, a pena di decadenza, entro la stessa udienza.

5.          L’istanza di fissazione presentata fuori dei casi stabiliti dal presente articolo è dichiarata inammissibile, su richiesta della parte interessata depositata in cancelleria nel termine perentorio di dieci giorni dalla notifica dell’istanza, dal Presidente del tribunale che, sentite le parti, provvede con decreto non impugnabile; con lo stesso provvedimento, il Presidente assegna il termine per lo svolgimento delle ulteriori  attività eventualmente necessarie.

 

Art. 9
(Contenuto dell’istanza di fissazione di udienza e termine per il deposito in cancelleria)

 1.         L’istanza di fissazione dell’udienza deve sempre contenere le conclusioni, di rito e di merito, con esclusione di ogni modificazione delle domande, nonché la definitiva formulazione delle istanze istruttorie già proposte. In mancanza, si intendono formulate le conclusioni di cui al primo atto difensivo dell’istante.

2.          Nell’istanza di fissazione dell’udienza o nella nota di precisazione delle conclusioni di cui all’articolo 10, comma 1, ciascuna parte può indicare le condizioni alle quali sarebbe disposta a conciliare la lite. Questa indicazione non pregiudica in alcun modo la decisione della causa.

3.          La parte è tenuta al deposito in cancelleria dell’istanza di fissazione di udienza nel termine perentorio di dieci giorni dall’ultima notificazione. Se l’istanza è fatta congiuntamente, ciascuna delle parti può provvedere al deposito.

 

Art. 10
(Effetti della notificazione dell’istanza di fissazione di udienza)

 

1.          A seguito della notificazione dell’istanza di fissazione di udienza, le altre parti devono, nei dieci giorni successivi, depositare in cancelleria una nota contenente la definitiva formulazione delle istanze istruttorie e delle conclusioni di rito e di merito già proposte, esclusa ogni loro modificazione. In mancanza, si intendono formulate le istanze e le conclusioni di cui al primo atto difensivo. 

2.          Salvo quanto disposto dall’articolo 12, comma 8, e dall’articolo 13, comma 3, a seguito della notificazione dell’istanza di fissazione di udienza tutte le parti decadono dal potere di proporre nuove eccezioni non rilevabili d’ufficio, di precisare o modificare domande o eccezioni già proposte, nonché di formulare ulteriori istanze istruttorie e depositare nuovi documenti. La decadenza può essere dichiarata soltanto su eccezione della parte interessata, da proporsi nella prima istanza o difesa successiva a norma dell’articolo 157 del codice di procedura civile.

Art. 11

(Istanza congiunta di fissazione di udienza)

 

1.          Le parti possono presentare istanza congiunta di fissazione dell’udienza. Se intendono ottenere la decisione di questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito, ovvero relative alla integrità del contraddittorio, alla partecipazione di terzi al processo, o all’ammissibilità delle prove, in ogni caso devono precisare integralmente le rispettive conclusioni.

2.          Il Tribunale provvede con ordinanza quando, decidendo le questioni di cui al comma 1, non definisce il giudizio. Il provvedimento sulla competenza è impugnabile ai sensi degli articoli 42 e seguenti del codice di procedura civile.

3.          Entro il termine perentorio di tre mesi dalla comunicazione dell’ordinanza, l’attore deve notificare alle altre parti memoria di replica o, se già era stata notificata, di controreplica; si applicano, rispettivamente, gli articoli 6 e 7. In caso di provvedimento che conferma la competenza del Tribunale adito, il termine decorre dalla sua comunicazione.

  

Art. 12

(Designazione del giudice relatore e decreto di fissazione dell’udienza)

 

1.          Decorsi dieci giorni dal deposito dell’istanza di fissazione dell’udienza, il cancelliere, nei tre giorni successivi, forma il fascicolo contenente tutti gli atti e documenti depositati dalle parti e lo presenta senza indugio al Presidente.

2.  Il Presidente, entro il secondo giorno successivo alla presentazione del fascicolo, designa il giudice relatore. Questi, entro cinquanta giorni dalla designazione, sottoscrive e deposita in cancelleria il decreto di fissazione dell’ udienza, da comunicare alle parti costituite. Per comprovate ragioni, il Presidente può prorogare il termine a norma dell’articolo 154 del codice di procedura civile.

3.          Il decreto deve contenere:

a)          la fissazione dell’udienza collegiale che deve tenersi non prima di dieci e non oltre trenta giorni dalla comunicazione  del decreto stesso;

b)          l’ammissione di mezzi istruttori disponibili d’ufficio o dei mezzi di prova richiesti dalle parti, nonché la succinta esposizione delle ragioni di inammissibilità o irrilevanza delle istanze istruttorie;

c)          l’indicazione delle questioni, di rito e di merito, rilevabili d’ufficio;

d)          l’invito alle parti, ove appaia opportuno, a comparire personalmente all’udienza per l’interrogatorio libero e il tentativo di conciliazione, nonché, ove taluna di esse abbia dichiarato le condizioni alle quali sia disposta a conciliare, l’invito alle altre parti a prendere all’udienza esplicita posizione sulle stesse;

e)          l’invito alle parti a depositare, almeno cinque giorni prima dell’udienza, memorie conclusionali, anche indicando le questioni bisognose di trattazione;

f)           il deferimento del giuramento suppletorio a norma dell’articolo 13, comma 2.

4.          Il giudice relatore dichiara l’interruzione del processo con ordinanza non impugnabile se l’evento interruttivo, avveratosi nei riguardi della parte che si è costituita a mezzo di procuratore, è stato notificato alle altre parti entro il termine perentorio di giorni novanta dall’evento stesso. Nei casi in cui l’interruzione opera di diritto, a norma del codice di procedura civile, il giudice la dichiara con effetto dal momento del verificarsi dell’evento interruttivo.

5. Ove l’eccezione di estinzione proposta da una parte appaia fondata e nei casi previsti dagli articoli 8, comma 4, e 13, comma 1, il giudice relatore, convocate le parti costituite, dichiara l’estinzione del processo con ordinanza, reclamabile nel termine di dieci giorni dalla comunicazione. Il collegio provvede a norma dell’articolo 308, secondo comma, del codice di procedura civile.

6.          Con il decreto, ove sussista l’esigenza di regolarizzazione ai sensi dell’articolo 182 del codice di procedura civile, il giudice assegna un termine non inferiore a trenta giorni e non superiore a sessanta per i necessari adempimenti e fissa l’udienza di discussione entro i successivi trenta giorni.

7.          Con il decreto che dichiara la nullità della notificazione della citazione al convenuto, se questi non si è costituito, il giudice fissa all’attore un termine perentorio non superiore a sessanta giorni per la rinnovazione.

8.          Con il decreto, se sussiste l’esigenza di integrare il contraddittorio a norma degli articoli 102 e 107 del codice di procedura civile, il giudice fissa un termine non inferiore a trenta giorni per provvedere alla notificazione ai litisconsorti e ai terzi di tutti gli scritti difensivi già scambiati; concede ai litisconsorti e ai terzi un termine non inferiore a quaranta giorni e non superiore a sessanta per costituirsi mediante deposito di memoria notificata alle altre parti, anche non costituite, e  ulteriori trenta giorni alle parti originarie   per l’eventuale replica.  L’udienza davanti al collegio è fissata entro i successivi trenta giorni con decreto emesso a norma del presente articolo, ma il presidente può, su istanza dei litisconsorzi o dei terzi, concedere loro un termine non superiore a sessanta giorni per controreplicare, fissando l’udienza entro i successivi trenta giorni.

 

Art. 13

(Contumacia dell’attore e del convenuto; rilevabilità dell’inammissibilità di allegazioni, istanze istruttorie e produzioni documentali)

 

1.           Se l’attore non si costituisce nel termine di cui all’articolo 3, il convenuto, costituendosi nel termine a lui assegnato a norma dell’articolo 5, comma 1, può, nella comparsa di risposta, eccepire l’estinzione del processo e depositare istanza di fissazione dell’udienza; altrimenti, procede a norma dell’articolo 4, comma 2.

2.          Se il convenuto non notifica la comparsa di risposta nel termine stabilito a norma dell’articolo 2,  comma 1, lett. c), ovvero dell’articolo 3, comma 2, l’attore, tempestivamente costituitosi, può notificare al convenuto una nuova memoria a norma dell’articolo 6, ovvero depositare istanza di fissazione dell’udienza; in quest’ultimo caso i fatti affermati dall’attore, anche quando il convenuto si sia tardivamente costituito, si intendono non contestati e il tribunale decide sulla domanda in base alla concludenza di questa; se lo ritiene opportuno, il giudice deferisce all’attore giuramento suppletorio.

3.           Se nessuna delle parti si sia costituita nel termine rispettivamente assegnato, l’istanza di fissazione dell’udienza può essere sempre proposta dalla parte che si sia costituita, mediante deposito in cancelleria, unitamente ai propri scritti difensivi e ai documenti offerti in comunicazione. Dell’avvenuto deposito dell’ istanza deve essere data notizia mediante atto notificato alle altre parti, le quali possono costituirsi nei dieci giorni successivi, depositando i propri scritti difensivi, i documenti offerti in comunicazione e la nota contenente la formulazione delle rispettive conclusioni. Nei confronti della parte che non si costituisce, si applica, rispettivamente, il comma 1 o 2.

4.          Fermo quanto disposto dai commi 1, 2 e 3, l’inosservanza dei termini previsti dagli articoli 2, 3, 4, 5, 6 e 7 è rilevabile   ad istanza  della parte che vi abbia interesse.

5.          Nel decreto di fissazione dell’udienza il giudice, valutata ogni circostanza, può rimettere in termini la parte che da irregolarità procedimentali  abbia risentito pregiudizio nel suo diritto di difesa. Rimane ferma l’inammissibilità, purché  eccepita, delle eccezioni non rilevabili d’ufficio, delle allegazioni, delle istanze istruttorie proposte, nonché dei documenti depositati dal convenuto dopo la seconda memoria difensiva ovvero dall’attore dopo la memoria successiva alla proposizione della domanda riconvenzionale.

 

Art. 14

(Interventi autonomi)

1.          Salvo che sia effettuato per l’integrazione necessaria del contraddittorio, ovvero a norma dell’articolo 107 del codice di procedura civile, l’intervento di terzi a norma dell’articolo 105, comma primo, del codice di procedura civile non può aver luogo oltre il termine previsto per la notifica da parte del convenuto della comparsa di risposta.

2.          Il terzo deve costituirsi a norma dell’articolo 5, comma 1, fissando alle altre parti un termine per la replica non inferiore a trenta e non superiore a novanta giorni dalla notificazione della comparsa di intervento.

3.          Ciascuna delle parti originarie, con propria memoria, può proporre  istanza di fissazione dell’udienza affinché venga decisa la questione di ammissibilità dell’intervento, con ordinanza reclamabile nelle forme dell’articolo 669-terdecies del codice di procedura civile e nel termine perentorio di dieci giorni dalla sua comunicazione; ovvero           può fissare un termine, non inferiore a trenta giorni, al terzo intervenuto perché questi provveda alla notificazione di una sua memoria; in quest’ultimo caso il terzo, se non procede alla notifica dell’istanza di fissazione dell’udienza, con la propria memoria fissa alle altre parti un termine non inferiore a venti giorni e non superiore a sessanta per una ulteriore replica.

 

Art. 15

(Intervento adesivo dipendente)

 1.          Colui che, avendovi interesse, vuole sostenere le ragioni di alcuna delle parti, può intervenire fino al deposito dell’istanza di fissazione dell’udienza, ma non può compiere atti che, al momento dell’intervento, non sono più consentiti alle parti originarie. Tuttavia, se il terzo deduce il dolo o la collusione delle parti in suo danno, il giudice, ove  ritenga fondata la deduzione, lo rimette in termini provvedendo a norma dell’articolo 13, comma 5.

2.          In ogni caso, il terzo intervenuto a norma del presente articolo è legittimato all’impugnazione della sentenza.

3.          Per intervenire, il terzo deve costituirsi in giudizio depositando in cancelleria una comparsa notificata alle altre parti, con i documenti che offre in comunicazione.

 

Art. 16

(Udienza di discussione della causa)

 

1.          Se nessuna delle parti costituite compare all’udienza, il tribunale ordina la cancellazione della causa dal ruolo.

2.          Quando nel decreto è contenuto l’invito alle parti a comparire di persona, il giudice le interroga liberamente ed esperisce, se la natura della causa lo consente, il tentativo di conciliazione, eventualmente proponendo soluzioni di equa composizione della controversia. Nel relativo verbale è dato comunque atto delle posizioni assunte dalle parti. Ove il tentativo non abbia esito positivo, il tribunale può tenerne conto ai fini della distribuzione delle spese di lite, anche ponendole, in tutto o in parte, a carico della parte formalmente vittoriosa che non è comparsa o che ha rifiutato ragionevoli proposte conciliative. Se il tentativo riesce, il verbale di conciliazione costituisce titolo esecutivo anche per la consegna di cose mobili o il rilascio di immobili, nonché per l’esecuzione di obblighi di fare e non fare.

3.          Se la lite non viene conciliata, i difensori delle parti illustrano le rispettive conclusioni. Il Presidente dirige la discussione e può consentire brevi repliche.

4.          Esaurita la discussione, il Tribunale conferma o revoca, in tutto o in parte, il decreto con ordinanza, quindi procede, eventualmente delegandola al relatore, all’ assunzione dei mezzi di prova ritenuti necessari, fissando in tale caso una nuova udienza di discussione nei trenta giorni successivi all’assunzione. Analogamente provvede se dispone consulenza tecnica, ispezione o altri mezzi di prova disponibili d’ufficio. Altrimenti, decide la causa in camera di consiglio con sentenza, anche a norma dell’articolo 187, secondo e terzo comma, del codice di procedura civile.

5.          La decisione è emessa a norma dell’articolo 281-sexies del codice di procedura civile. In caso di particolare complessità della controversia, il Tribunale dispone con ordinanza, di cui dà lettura in udienza, che la sentenza sia depositata nei trenta giorni successivi alla chiusura della discussione orale. La sentenza può essere sempre motivata in forma abbreviata, mediante il rinvio agli elementi di fatto riportati in uno o più atti di causa e la concisa esposizione delle ragioni di diritto, anche in riferimento a precedenti conformi.

6.    Quando rileva che una causa promossa nelle forme di cui al presente decreto riguarda un rapporto diverso da quelli previsti dall’articolo 1 il tribunale, se è competente, dispone con ordinanza il cambiamento del rito, designa il giudice istruttore e fissa l’udienza per la prosecuzione del giudizio; altrimenti rimette la causa con ordinanza al giudice competente, fissando un termine perentorio non superiore a novanta giorni per il deposito del ricorso in riassunzione. Restano ferme le decadenze già maturate.

 
Art. 17

(Notificazioni e comunicazioni nel corso del procedimento)

 1.         Tutte le notificazioni e comunicazioni alle parti costituite possono essere fatte, oltre che a norma degli articoli 136 e seguenti del codice di procedura civile:

a)          con trasmissione dell’atto a mezzo fax;

b)          con trasmissione dell’atto per posta elettronica;

c)          con scambio diretto tra difensori attestato da sottoscrizione per ricevuta sull’originale, apposta anche da parte di collaboratore o addetto allo studio del difensore.

2.          Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano a tutti i procedimenti previsti dal presente decreto e le trasmissioni di atti ai sensi del comma 1, lettere a) e b), devono essere effettuate nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione e la trasmissione dei documenti informatici e teletrasmessi.

 

CAPO II
Del procedimento di primo grado davanti al Tribunale in composizione monocratica

 Art. 18
(Rinvio alle norme relative al procedimento davanti al Collegio)

 1.          Le disposizioni di cui al capo I si applicano, in quanto compatibili, al procedimento di cognizione davanti al Tribunale in composizione monocratica.

2.          Il magistrato al quale è affidata la trattazione del procedimento è designato dal Presidente del Tribunale a norma dell’articolo 12.

 

Capo III
Del procedimento sommario di cognizione


Art. 19
(Ambito di applicazione. Procedimento)

 1.          Fatta eccezione  per le azioni di responsabilità da chiunque proposte, le controversie di cui all’articolo 1  che abbiano ad oggetto il pagamento di una somma di danaro, anche se non liquida, ovvero la consegna di cosa mobile determinata, possono essere proposte, in alternativa alle forme   di cui agli articoli 2 e seguenti, con ricorso da depositarsi nella cancelleria del tribunale competente, in composizione monocratica.   

2.          Disposta la comparizione delle parti e assegnato il termine per la costituzione del convenuto, che deve avvenire non oltre 10 giorni prima dell’udienza, il giudice designato, ove ritenga sussistenti i fatti costitutivi della domanda e manifestamente infondata la contestazione del convenuto, pronuncia ordinanza immediatamente esecutiva di condanna e dispone sulle spese ai sensi degli articoli 91 e seguenti del codice di procedura civile. L’ordinanza costituisce titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale.

3.          Il giudice, se ritiene che l’oggetto della causa e le difese svolte dal convenuto richiedano una cognizione non sommaria, assegna all’attore i termini di cui all’articolo 6.

4.          Avverso l’ordinanza di condanna può essere proposta esclusivamente impugnazione davanti alla Corte di appello nelle forme di cui all’articolo 20.

5.          All’ordinanza non impugnata non conseguono gli effetti di cui all’articolo 2909 del codice civile.

 

CAPO IV
Del procedimento in grado di appello


Art. 20

(Forma dell’appello)

1.          L’appello si propone con atto di citazione, notificato a norma degli articoli 325 e seguenti del codice di procedura civile, e deve contenere, a pena di inammissibilità, specifiche censure nei confronti della sentenza impugnata.

2.          Si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 341 e seguenti del codice di procedura civile. 

3.          Se l’appellante non si costituisce in termini, l’appello è dichiarato improcedibile, su istanza dell’appellato che si sia tempestivamente costituito.

4.          L’appello è dichiarato inammissibile se le parti hanno convenuto, con atto scritto anche anteriore alla sentenza, che questa sia impugnabile soltanto ai sensi dell’articolo 360 del codice di procedura civile.

 Art. 21

(Interventi in appello)

 1.     Fermo quanto disposto dall’articolo 344 del codice di procedura civile, nel giudizio in grado di appello è ammesso altresì l’intervento dei terzi che hanno interesse a sostenere le ragioni di alcuna delle parti.

 

Art. 22

(Inattività delle parti)

 1.          Se nessuna delle parti compare all’udienza, la Corte d’appello ordina la cancellazione della causa dal ruolo.

  

TITOLO III
DEL PROCEDIMENTO CAUTELARE


Art. 23

(Provvedimenti cautelari anteriori alla causa)


1.         Nelle controversie di cui al presente decreto, ai provvedimenti d’urgenza e agli altri provvedimenti cautelari idonei ad anticipare gli effetti della decisione di merito non si applica l’articolo 669-octies del codice di procedura civile, ed essi non perdono la loro efficacia se la causa non viene iniziata.

2.          Il giudice designato provvede, in ogni caso, sulle spese del procedimento a norma degli articoli 91 e seguenti del codice di procedura civile.

3.          Quando il giudizio di merito non sia iniziato, la revoca e la modifica dell’ ordinanza di accoglimento, esaurita l’eventuale fase di reclamo, possono essere sempre richieste al giudice che ha provveduto sull’ istanza cautelare. La revoca e la modifica sono concesse soltanto se si verificano mutamenti nelle circostanze. Possono altresì essere concesse sulla base di circostanze anteriori di cui è acquisita conoscenza successivamente al provvedimento cautelare. In tale caso, l’istante deve fornire la prova del momento in cui ne è venuto a conoscenza.

4.          Quando il giudizio di merito sia iniziato, si applicano gli articoli 669-novies, terzo comma, e 669-decies del codice di procedura civile. L’estinzione del giudizio di merito non determina l’inefficacia della misura cautelare.

5.          Contro tutti i provvedimenti in materia cautelare è dato reclamo a norma dell’articolo 669-terdecies del codice di procedura civile da proporsi nel termine perentorio di dieci giorni dalla comunicazione del provvedimento. Le circostanze e i motivi sopravvenuti al momento della proposizione del reclamo debbono essere proposti, nel rispetto del principio del contraddittorio, nel relativo procedimento. Il Tribunale può sempre assumere informazioni e acquisire nuovi documenti. Non è consentita la rimessione al primo giudice.

6.          In nessun caso l’autorità del provvedimento cautelare è invocabile in un diverso processo.

7.          Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni della sezione I del capo III del titolo I del libro IV del codice di procedura civile.

 

Art. 24

(Provvedimenti cautelari in corso di causa e giudizio abbreviato)

 

1.          La domanda cautelare in corso di causa si propone con ricorso depositato nella cancelleria del giudice designato per la trattazione del merito a norma dell’articolo 18, comma 2; altrimenti, il Presidente designa senza indugio il magistrato al quale è affidata la trattazione del procedimento.

2.          Il giudice designato, se la domanda cautelare è proposta anteriormente al decreto di cui all’articolo 12, con lo stesso decreto che fissa l’udienza di comparizione delle parti davanti a sé, le invita a depositare i documenti che ritiene rilevanti anche in relazione alla decisione della causa a norma dei commi 4 e seguenti. Può anche fissare termini per il deposito di documenti, memorie e repliche.

3.          Il giudice designato procede a norma dell’articolo 669-sexies del codice di procedura civile. In ogni caso, l’estinzione del giudizio di merito non determina l’inefficacia dei provvedimenti d’urgenza o degli altri provvedimenti cautelari idonei ad anticipare provvisoriamente gli effetti della decisione di merito.

4.          All’udienza di comparizione, il giudice designato,  se ritiene che la causa sia  matura per la decisione di merito senza bisogno di ulteriore assunzione di mezzi di prova ovvero che il giudizio sia comunque in condizione di essere definito, ne dà comunicazione alle parti presenti e le invita a precisare le rispettive conclusioni di rito e di merito; nella stessa udienza   pronuncia sentenza, al termine della discussione.

5.          Quando la decisione della causa è attribuita al tribunale in composizione collegiale, il giudice designato fissa l’udienza di discussione, nei successivi trenta giorni, davanti al collegio.

6.          La sentenza è pronunciata  a norma dell’articolo 281-sexies del codice di procedura civile ovvero, se la complessità della causa impedisca o renda difficoltosa la contestuale redazione della motivazione, dando lettura del dispositivo in udienza. In tale caso la motivazione deve essere depositata nei successivi quindici giorni.

7.          Quando la discussione viene rinviata, il giudice può sempre adottare le misure cautelari idonee ad assicurare gli effetti della decisione di merito.

8.          L’ istanza di sospensione proposta a norma dell’articolo 2378 del codice civile è disciplinata dalle disposizioni di cui al presente articolo. La società, ricevuta la notifica dell’istanza di sospensione, ne dà notizia agli amministratori e ai sindaci.

 

TITOLO IV
DEL PROCEDIMENTO IN CAMERA DI CONSIGLIO
CAPO I
Disposizioni generali

Art. 25
(Forma dell’atto introduttivo e giudice competente )

1.                          L’istanza si propone con ricorso, da depositare nella cancelleria del tribunale del luogo dove la società ha la sede legale. 

2.                          Nei casi di partecipazione necessaria del pubblico ministero, copia del ricorso deve essere depositata presso l’ufficio di quest’ultimo.

3.                           Se il provvedimento richiesto deve essere emesso nei confronti di più parti, si applicano gli articoli 82, comma secondo, 83 e 84 del codice di procedura civile e il tribunale provvede in composizione collegiale.

 

 Art. 26
(Forma ed efficacia del provvedimento)

1.                                 Il giudice provvede con decreto motivato immediatamente esecutivo entro venti giorni dal deposito del ricorso ovvero, se è stata fissata, dall’udienza.

2.                                 Il provvedimento di rigetto preclude la riproposizione dell’istanza che non sia fondata su nuovi presupposti di fatto.

3.                                 Il provvedimento di accoglimento, in presenza di nuove circostanze e previa audizione delle parti, può essere revocato o modificato dallo stesso giudice che lo ha emesso, su ricorso della parte interessata o del pubblico ministero.

4.                                 Restano salvi i diritti acquistati in buona fede dai terzi in forza di convenzioni anteriori alla conoscenza della modifica o della revoca.

 Art. 27
(Reclamo)

1.                          Salvo che non sia diversamente disposto, il decreto, anche di modifica o revoca, è reclamabile dal soggetto interessato nel termine perentorio di dieci giorni dalla comunicazione del provvedimento.

2.                          Se il provvedimento reclamato è stato emesso dal giudice singolo, il reclamo si propone con ricorso all’organo collegiale dello stesso tribunale, il quale provvede in camera di consiglio. Del collegio non può far parte il giudice che ha emanato il provvedimento reclamato. Se il provvedimento è stato emesso dal tribunale in composizione collegiale, il reclamo si propone alla corte d’appello, che pronuncia anch’essa in camera di consiglio.

3.                           Il collegio, convocate le parti e assunte anche d’ufficio le informazioni  ritenute necessarie, provvede con decreto motivato non impugnabile, con il quale conferma, modifica o revoca il provvedimento.

4.                          Il reclamo non sospende l’esecuzione del provvedimento; tuttavia il presidente del collegio , in presenza di gravi motivi, può disporne la sospensione con decreto motivato.

 

 

CAPO II
Del procedimento
Sezione I
Del procedimento in confronto di una parte sola

 Art. 28
(Fissazione dell’udienza per l’audizione della parte)

 1.                          Il presidente del tribunale designa, senza indugio, il magistrato incaricato della decisione; questi, ove ne ravvisi l’opportunità,  fissa udienza per l’audizione dell’istante.

2.                          Nei dieci giorni successivi al deposito del ricorso presso la segreteria del pubblico ministero, questi può depositare osservazioni nella cancelleria del giudice adìto e richiedere la fissazione di udienza in camera di consiglio.

3.                          Nel corso dell’udienza il giudice assume le informazioni  ritenute necessarie   e può invitare l’istante a depositare ulteriori documenti e a fornire chiarimenti, nonché a notificare l’istanza ad altri soggetti interessati indicati dal giudice.

 

Art. 29
(Ambito di applicazione)

1.          Le norme della presente sezione si applicano alle istanze di cui agli articoli 2343, primo comma, 2343-bis, secondo comma, 2417, secondo comma, 2436, quarto comma, 2437-ter, sesto comma, 2501-sexies, terzo comma, e 2545-undecies, secondo comma, del codice civile. Si applicano inoltre, in quanto compatibili, ai casi analoghi previsti dal codice civile e dalle leggi speciali.

SEZIONE II
Del procedimento  in confronto di piu’ parti


Art. 30
(Fissazione dell’udienza e notificazione alle parti resistenti)

1.                           Il presidente del collegio nomina senza indugio il giudice incaricato della relazione e fissa con decreto l’udienza per l’audizione delle parti in camera di consiglio, il termine per la notifica del ricorso e del decreto ai soggetti nei cui confronti il provvedimento è richiesto, nonché il termine per la costituzione di questi ultimi. Entro lo stesso termine, il pubblico ministero può depositare osservazioni scritte.

2.                   All’udienza il collegio assume, anche d’ufficio, le informazioni ritenute necessarie, eventualmente delegando uno dei componenti del collegio.

Art. 31

 (Pronuncia con decreto)

1.                          In caso di eccezionale e motivata urgenza il presidente provvede sull’istanza con decreto; in tale caso fissa, con lo stesso decreto, entro i quindici giorni successivi, l’udienza per la comparizione delle parti, il termine per la notifica del ricorso e del decreto, nonché il termine per la costituzione delle parti.

2.                          All’udienza il collegio con decreto motivato conferma, modifica o revoca il provvedimento emesso ai sensi del primo comma 1.

 

Art. 32
(Prosecuzione del procedimento nelle forme del rito ordinario)

1.          Ciascuna parte può, fino alla conclusione dell’udienza di cui all’articolo 31, chiedere che sia decisa con efficacia di giudicato una questione pregiudiziale, della quale il giudice deve conoscere ai fini della definizione del procedimento.

2.          Proposta la domanda di accertamento incidentale, il giudice provvede in ogni caso sul ricorso con decreto motivato, disponendo altresì la prosecuzione del procedimento nelle forme degli articoli 2 e seguenti con ordinanza nella quale fissa all’istante il termine perentorio per la notificazione alle altre parti dell’atto di citazione.

3.          Nel corso del giudizio promosso a norma del comma 2, il decreto può essere modificato o revocato. In caso di estinzione, esso conserva la sua efficacia.

4.          L’accertamento di cui al  comma 1 può essere chiesto anche quando la legge prevede che, a seguito dell’approvazione o dell’autorizzazione giudiziale di un atto, spetti, nel caso l’atto stesso sia dichiarato illegittimo nel giudizio ordinario di cognizione, soltanto il risarcimento del danno; in tale caso, non si applica il primo periodo del comma 3.

 

Art. 33
(Ambito di applicazione)

1.          Le norme della presente sezione si applicano alle istanze di cui agli articoli 2367, secondo comma, 2400, secondo comma, 2409, 2437-quater, ultimo comma, 2445, quarto comma, 2446, secondo comma, 2447-quater, secondo comma, 2482, terzo comma, 2482-bis, quarto comma,  2485, secondo comma, 2487, secondo e quarto comma, 2487-ter, quarto comma, 2500- novies, terzo comma, 2503, secondo comma, 2545-quinquiesdecies del codice civile e 223-quater, secondo comma, delle disposizioni di attuazione del codice civile. Si applicano inoltre, in quanto compatibili, ai casi analoghi previsti dal codice civile e dalle leggi speciali.

 

TITOLO V
DELL’ARBITRATO

Art. 34
(Oggetto ed effetti di clausole compromissorie statutarie)

1.          Gli atti costitutivi delle società, ad eccezione di quelle che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio a norma dell’articolo 2325-bis del codice civile, possono, mediante clausole compromissorie, prevedere la devoluzione ad arbitri di alcune ovvero di tutte le controversie insorgenti tra i soci ovvero tra i soci e la società che abbiano ad oggetto diritti disponibili relativi al rapporto sociale.

2.          La clausola deve prevedere il numero e le modalità di nomina degli arbitri, conferendo in ogni caso, a pena di nullità, il potere di nomina di tutti gli arbitri a soggetto estraneo alla società. Ove il soggetto designato non provveda, la nomina è richiesta al Presidente del Tribunale del luogo in cui la società ha la sede legale.

3.          La clausola è vincolante per la società e per tutti i soci, inclusi coloro la cui qualità di socio è oggetto della controversia.

 4.         Gli atti costitutivi possono prevedere che la clausola abbia ad oggetto controversie promosse da amministratori, liquidatori e sindaci ovvero nei loro  confronti e, in tale caso, essa, a seguito dell’accettazione dell’incarico, è vincolante per costoro.

5.          Non possono essere oggetto di clausola compromissoria le controversie nelle quali la legge preveda l’intervento obbligatorio del Pubblico Ministero.

6.          Le modifiche dell’atto costitutivo, introduttive o soppressive di clausole compromissorie, devono essere approvate dai soci che rappresentino almeno i due terzi del capitale sociale. I soci assenti o dissenzienti possono, entro i successivi novanta giorni, esercitare il diritto di recesso.

Art. 35
(Disciplina inderogabile del procedimento arbitrale)

1.          La domanda di arbitrato proposta dalla società o in suo confronto è depositata presso il registro delle imprese ed è accessibile ai soci.

2.          Nel procedimento arbitrale promosso a seguito della clausola compromissoria di cui all’articolo 34,  l’intervento di terzi a norma dell’articolo 105 del codice di procedura civile è ammesso fino alla prima udienza di trattazione, nonché l’intervento di altri soci a norma degli articoli 106 e 107 dello stesso codice. Si applica l’articolo 820, comma secondo, del codice di procedura civile.

3.       Nel procedimento arbitrale non si applica l’articolo 819, primo comma, del codice di procedura civile; tuttavia il lodo è sempre impugnabile, anche in deroga a quanto previsto per l’arbitrato internazionale dall’articolo 838 del codice di procedura civile, a norma degli articoli 829, primo comma, e 831 dello stesso codice.

4.       Le statuizioni del lodo sono vincolanti per la società.

5.       La devoluzione in arbitrato, anche non rituale, di una controversia non preclude il ricorso alla tutela cautelare a norma dell’articolo 669-quinquies del codice di procedura civile, ma se la clausola compromissoria consente la devoluzione in arbitrato di controversie aventi ad oggetto la validità di delibere assembleari agli arbitri compete sempre il potere di disporre, con ordinanza non reclamabile, la sospensione dell’efficacia della delibera.

  

Art. 36
(Decisione secondo diritto)

1.          Anche se la clausola compromissoria autorizza gli arbitri a decidere secondo equità ovvero con lodo non impugnabile, gli arbitri debbono decidere secondo diritto, con lodo impugnabile anche a norma dell’articolo 829, secondo comma, del codice di procedura civile quando per decidere abbiano conosciuto di questioni non compromettibili ovvero quando l’oggetto del giudizio sia costituito dalla validità di delibere assembleari.

2.          La presente disposizione si applica anche al lodo emesso in un arbitrato internazionale.

 

Art. 37
(Risoluzione di contrasti sulla gestione di società)

1.                   Gli atti costitutivi delle società a responsabilità limitata e delle società di persone possono anche contenere clausole con le quali si deferiscono ad uno o più terzi i contrasti tra coloro che hanno il potere di amministrazione in ordine alle decisioni da adottare nella gestione della società.

2.                   Gli atti costitutivi possono prevedere che la decisione sia reclamabile davanti ad un collegio, nei termini e con le modalità stabilite nello statuto stesso.

3.                   Gli atti costitutivi possono altresì prevedere che il soggetto o il collegio chiamato a dirimere i contrasti di cui ai commi 1 e 2 può dare indicazioni vincolanti anche sulle questioni collegate con quelle espressamente deferitegli.

4.          La decisione resa ai sensi del presente articolo è impugnabile a norma dell’articolo 1349, comma secondo, del codice civile.

  

TITOLO VI
DELLA CONCILIAZIONE STRAGIUDIZIALE

Art. 38
(Organismi di conciliazione)

1.          Gli enti pubblici o privati, che diano garanzie di serietà ed efficienza, sono abilitati a costituire organismi deputati, su istanza della parte interessata, a gestire un tentativo di  conciliazione delle controversie nelle materie di cui all’articolo 1 del presente decreto. Tali organismi debbono essere iscritti in un apposito registro tenuto presso il Ministero della giustizia.

2.          Il Ministro della giustizia determina i criteri e le modalità di iscrizione nel registro di cui al comma 1, con regolamento da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Con lo stesso decreto sono disciplinate altresì la formazione dell’elenco e la sua revisione, l’iscrizione, la sospensione e la cancellazione degli iscritti. Le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura che hanno costituito organismi di conciliazione ai sensi dell’articolo 4 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, hanno diritto ad ottenere l’iscrizione di tali organismi nel registro.

3.          L’organismo di conciliazione, unitamente alla domanda di iscrizione nel registro, deposita presso il Ministero della giustizia il proprio regolamento di procedura e comunica successivamente le eventuali variazioni. Al regolamento debbono essere allegate le tabelle delle indennità spettanti agli organismi di conciliazione costituiti da enti privati, proposte per l’approvazione a norma dell’articolo 39.

  

Art. 39
(Imposte e spese. Esenzione fiscale)

1.          Tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi al procedimento di conciliazione sono esenti dall’imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura.

2.          Il verbale di conciliazione è esente dall’ imposta di registro entro il limite di valore di venticinquemila euro.

3.          Con regolamento del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia  e delle finanze, da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono stabiliti l’ammontare minimo e massimo delle indennità spettanti agli organismi di conciliazione costituiti da enti pubblici e il criterio di calcolo, nonché i criteri per l’approvazione delle tabelle delle indennità proposte dagli organismi costituiti da enti privati.

4.          L’ammontare dell’indennità può essere rideterminato ogni tre anni in relazione alla variazione, accertata dall’Istituto nazionale di statistica, dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatasi nel triennio precedente.

5.          Le tabelle delle indennità, determinate a norma del presente articolo, debbono essere allegate al regolamento di procedura.

 

Art. 40
(Procedimento di conciliazione)

1.          I regolamenti di procedura debbono prevedere la riservatezza del procedimento e modalità di nomina del conciliatore che ne garantiscano l’imparzialità e l’idoneità al corretto e sollecito espletamento dell’incarico.

2.          Il procedimento di conciliazione, ove le parti non raggiungano un accordo, si conclude con una proposta del conciliatore rispetto alla quale ciascuna delle parti, se la conciliazione non ha luogo, indica la propria definitiva posizione ovvero le condizioni alle quali è disposta a conciliare. Di tali posizioni il conciliatore dà atto in apposito verbale di fallita conciliazione, del quale viene rilasciata copia alle parti che la richiedano. Il conciliatore dà altresì atto, con apposito verbale, della mancata adesione di una parte all’esperimento del tentativo di conciliazione.

3.          Le dichiarazioni rese dalle parti nel corso del procedimento non possono essere utilizzate, salvo quanto previsto dal comma 5, nel giudizio promosso a seguito dell’insuccesso del tentativo di conciliazione, né possono essere oggetto di prova testimoniale.

4.          Dal momento della comunicazione alle altre parti con mezzo idoneo a dimostrare l’avvenuta ricezione, l’istanza di conciliazione proposta agli organismi istituiti a norma dell’articolo 38   produce sulla prescrizione i medesimi effetti della domanda giudiziale. La decadenza è impedita, ma se il tentativo fallisce la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza decorrente dal deposito del verbale di cui al comma 2 presso la segreteria dell’organismo di conciliazione.

5.          La mancata comparizione di una delle parti e le posizioni assunte dinanzi al conciliatore sono valutate dal giudice nell’eventuale successivo giudizio ai fini della decisione sulle spese processuali, anche ai sensi dell’articolo 96 del codice di procedura civile. Il giudice, valutando comparativamente le posizioni assunte dalle parti e il contenuto della sentenza che definisce il processo dinanzi a lui, può escludere, in tutto o in parte, la ripetizione delle spese sostenute dal vincitore che ha rifiutato la conciliazione, e può anche condannarlo, in tutto o in parte, al rimborso delle spese sostenute dal soccombente.

6.          Qualora il contratto ovvero lo statuto della società prevedano una clausola di conciliazione e il tentativo non risulti esperito, il giudice, su istanza della parte interessata proposta nella prima difesa, dispone la sospensione del procedimento pendente davanti a lui fissando un termine di durata compresa tra trenta e sessanta giorni per il deposito dell’istanza di conciliazione davanti ad un organismo di conciliazione ovvero quello indicato dal contratto o dallo statuto. Il processo può essere riassunto dalla parte interessata se l’istanza di conciliazione non è depositata nel termine fissato. Se il tentativo non riesce, all’atto di riassunzione è allegato il verbale di cui al comma 2. In ogni caso, la causa di sospensione si intende cessata, a norma dell’articolo 297, primo comma, del codice di procedura civile, decorsi sei mesi dal provvedimento di sospensione.

7.          Nel verbale conclusivo del procedimento debbono essere indicati gli estremi dell’iscrizione  dell’organismo di conciliazione nel registro di cui all’articolo 38.        

8.          Se la conciliazione riesce è redatto separato processo verbale, sottoscritto dalle parti e dal conciliatore. Il verbale, previo accertamento della regolarità formale, è omologato con decreto del Presidente del Tribunale nel cui circondario ha sede dell’organismo di conciliazione, e costituisce titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, per l’esecuzione in forma specifica e per l’iscrizione di ipoteca giudiziale.

       

TITOLO VII
NORME TRANSITORIE E FINALI

Art. 41
(Disciplina transitoria)

 1.                   Ai giudizi pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto si applicano le disposizioni anteriormente vigenti; si applica comunque l’articolo 24 alle domande cautelari proposte successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto.

2.                   Alle modifiche deliberate, a norma dell’articolo 223-duodecies delle disposizioni di attuazione del codice civile, per adeguare le clausole compromissorie preesistenti alle disposizioni inderogabili del presente decreto legislativo non si applica l’articolo 34, comma 5.

 

Art. 42
(Disposizioni finali)

 1.         Il Ministero della Giustizia approva uno o più modelli, anche telematici, per la rilevazione degli elementi necessari alla periodica elaborazione del dato statistico concernente la durata media dei singoli procedimenti giurisdizionali di cui al presente decreto legislativo. Dei suddetti modelli sono provvisti gli uffici di cancelleria dei Tribunali, delle Corti d’appello e della Corte suprema di cassazione.

2.          Il Presidente del Tribunale, il Presidente della Corte d’appello e il Primo Presidente della Corte Suprema di cassazione curano che, secondo le indicazioni contenute dal decreto ministeriale di approvazione dei modelli di raccolta dei dati, questi ultimi siano tempestivamente comunicati al Ministero della giustizia. Il Ministero della giustizia ne garantisce la più ampia conoscibilità, anche in forme disaggregate e comparative, e informa annualmente il Ministero dell’economia e delle finanze.

3.          Nell’intervento del Procuratore generale della Repubblica nel corso delle assemblee generali, tenute a norma dell’articolo 93, primo comma, n.1), del regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, è offerta specificamente notizia dei dati in questione.

  

Art. 43
(Entrata in vigore)

 1.       Il presente decreto entra in vigore il 1° gennaio 2004.