Il contratto preliminare:
(effetti, efficacia e problematiche relative alla alienazione immobiliare)
Sommario:
1. Il principio consensualistico nel diritto civile
2. Il contratto preliminare: contenuto ed applicazioni pratiche
3. Il contratto preliminare nella vendita immobiliare: tipologie e fattispecie
4. Il problema della doppia alienazione immobiliare e la trascrizione del preliminare
1. Il principio consensualistico nel diritto civile
Prima di analizzare compiutamente uno dei principi del nostro ordinamento giuridico - quello consensualistico - è necessario premettere che la scelta del legislatore di distacca sia da sistemi antichissimi, quale quello del diritto romano, sia da sistemi contemporanei, quale quello germanico; da due sistemi quindi che hanno influenzato notevolmente, in tempi, ovviamente diversi, il nostro sistema.
La prima codificazione del consenso traslativo risale al Code
Napolèone; prima ancora, in diritto romano, il trasferimento della proprietà era
dettagliatamente disciplinato. Per il trasferimento della proprietà della cosa occorreva
la consegna; di regola, quindi, la proprietà passava con la consegna. Si distingueva
quindi tra titulus adquirendi - che era l'accordo delle parti - e modus
adquirendi - che era la consegna della cosa stessa (cd. traditio o in tempi
più remoti mancipatio) Erano quindi due situazioni giuridiche diverse: la prima
costituiva fonte di obbligazione di consegnare la cosa oggetto del contratto, la seconda
perfezionava il contratto attuando il trasferimento della proprietà della cosa. Tutto
ciò assecondava il formalismo tipico del diritto romano e si mantenne fino al diritto
comune quando le pratiche commerciali introdussero la "clausola di
spossessamento" che sostituì la consegna: il proprietario-posessore diveniva
detentore con l'obbligo di consegnare la cosa; tale clausola divenne in breve tempo una
clausola di stile tacitamente concordata pur in assenza di una manifestazione esplicita.
Da qui il cambiamento fu breve: si ritenne che il consenso fosse da solo sufficiente a
trasferire la proprietà. Non si prese minimamente in considerazione la posibilità di
legare il trasferimento della proprietà all'avvenuto pagamento del prezzo. In una
economia di scambi sempre più in espansione, sarebbe stato un limite insuperabile per la
circolazione della ricchezza. Nell'attuale Codice Civile il principio consensualistico si
rinviene dalla lettura dell'art. 1376 intitolato "contratti con effetti reali"
(contrapposto ovviamente ai contratti che producono solo effetti obbligatori tra le
parti). L'oggetto del contratto deve essere il trasferimento della proprietà di una cosa
determinata, la costituzione o il trasferimento di un diritto reale ovvero di un altro
diritto. La proprietà o il diritto si trasmettono e si acquistano per effetto del
consenso legittimamente manifestato. La norma, nel precisare gli effetti traslativi del
consenso, rinvia indirettamente alle disposizioni in materia di accordo per quel che
concerne la volontà delle parti e le modalità della loro manifestazione.
Quello che è divenuto un principio nel nostro ordinamento, a differenza di quello del
diritto romano e germanico, non è però privo di eccezioni; infatti, non si applica ai
diritti reali di garanzia (si pensi alla funzione della consegna della cosa nel caso del
pegno ex art. 2786 Codice Civile), al trasferimento dei diritti di credito e non si
applica a tutti gli effetti del trasferimento: si pensi agli effetti del possesso di buona
fede nel caso di beni mobili ex art. 1155 Codice Civile.
Permane quindi nel nostro ordinamento un certo formalismo, la cui funzione è rinvenibile principalmente nella tutela dei terzi; si illustrerà oltre la funzione della trascrizione nei trasferimenti immobiliari. E' sufficiente una rapida precisazione sulle cose che formano oggetto del trasferimento essendo la tutela ex art. 1376 Codice Civile, rivolta alle cose determinate, alle quali l'art. 1377 equipara la massa di cose; discorso diverso vale per le cose determinate solo nel genere: qui la proprietà si trasmette con l'individuazione, nei modi stabiliti dalle parti o, nel caso di specie indicato dal legislatore, con la consegna al vettore--spedizioniere se le cose devono essere trasportate. L'accordo delle parti, quindi, perfeziona il contratto, ma il trasferimento della proprietà avviene con la individuazione delle cose, che generalmente coincide con la consegna.
Questa distinzione assume notevole importanza rispetto al principio res perit domino, rendendo indispensabile individuare il momento esatto in cui è passata la proprietà.
2. Il contratto preliminare: contenuto ed applicazioni pratiche
Per quel che concerne il contatto preliminare è necessario, nonostante l'assenza nel Codice Civile, darne una definizione: il preliminare è un contratto con effetti obbligatori avente ad oggetto la conclusione di un futuro contratto che si qualifica rispetto al primo come definitivo. Il preliminare è nato dalla prassi commerciale allo scopo di permettere a coloro che intravedevano buone possibilità di affari, di riuscire ad assicurarseli anche senza ricorrere alla conclusione di un contratto definitivo, ed è stato introdotto nell'ultima codificazione, anche se in assenza di una definizione specifica; infatti, nel precedente Codice Civile del 1865, al riguardo si taceva totalmente.
Il contenuto del preliminare deve toccare i punti essenziali del
definitivo, deve, quindi, avere un minimo di determinatezza, in caso contrario, essendo
comunque un contratto, sarebbe invalido per indeterminatezza dell'oggetto. Il preliminare,
quindi, non fa nascere un'obbligazione di facere generico, ma di facere
circostanziato, cioè di concludere quel futuro contratto di cui il preliminare era
strumentale. Le funzioni che il preliminare assolve sono svariate: è utile ai fini della
programmazione e del controllo dell'attività di impresa quando si ritenga importante
impegnarsi per un futuro contratto. Si rinvia oltre per le funzioni del preliminare
unilaterale e, in generale, per una dettagliata analisi sulle ulteriori funzioni del
preliminare che, evolvendosi, hanno creato nella prassi figure anomale che hanno in un
certo senso modificato la tradizionale impostazione dottrinale del preliminare stesso.
Quanto alla forma, nel Codice Civile, all'art. 1351, la stessa viene disciplinata nel
senso che deve essere la stessa che la legge prescrive per il definitivo: se non ci sono
dubbi sulla necessità per quel che concerne la forma scritta ad substantiam, parte
della dottrina, basandosi sul principio della libertà delle forme ed, in particolare, dei
mezzi di prova, dubita sulla necessità della forma ad probationem e su quella
convenzionale ex art. 1352 Codice Civile. E' quasi pacifico, invece, che il negozio che
risolve il preliminare o il recesso siano in forma libera.
Per carpire una disciplina più completa, oltre all'art. 1351 del Codice Civile, si deve
fare ricorso agli artt. 2932, 2645 e 2643 che ne formano il nucleo basilare.
Con la conclusione del contratto definitivo, il preliminare esaurisce
la propria funzione, producendo il definitivo effetti ex nunc, come la sentenza ex
art. 2932 Codice Civile. Le parti troveranno, quindi, nel definitivo, e non nel
preliminare, la fonte di disciplina del rapporto giuridico e in caso di inadempimento del
definitivo non si potrà ricorrere al rimedio ex art. 2932 bensì all'art. 2930 se si
vuole ottenere l'esecuzione in forma specifica per la consegna della cosa, ed il
preliminare potrà essere solo utilizzato come interpretazione del definitivo.
Il ricorso all'art. 2932 non è l'unica soluzione possibile: invero, la parte che rimane
insoddisfatta può comunque chiedere la risoluzione del contratto e il risarcimento del
danno che è dovuto - qualora si provi di avere subito un danno dalla mancata conclusione
del definitivo - anche ne caso della sentenza, sebbene l'art. 2932 non ne parli
esplicitamente. E' il caso del preliminare con oggetto la conclusione del definitivo che
comporta un facere, ove l'obbligo del contratto definitivo prodotto dalla sentenza sarebbe
comunque inadempiuto, o nel caso di preliminare di contratto reale in cui sarebbe
impensabile una consegna coattiva, dal momento che il rapporto definitivo non è ancora
nato. Si ammette, comunque, un preliminare di mutuo, in cui si avrà un contratto con
effetti obbligatori che porterà alla stipulazione di un contratto reale.
Il preliminare si differenzia dalle trattative, dalla minuta e dalla
lettera di intenti perché è un contratto; le altre fattispecie attengono a rapporti di
negoziazione per pervenire ad una intesa e alla fissazione di alcuni punti fermi del
futuro contratto che le parti non hanno l'obbligo di concludere perché non si sono
instaurati ancora rapporti giuridici e non sono sorti obblighi, salvo quello di
comportarsi secondo buona fede nella fase delle trattative. Non si discute, inoltre, sulla
inutilità di un preliminare di preliminare, considerato dalla legge, peraltro, invalido.
Il preliminare unilaterale invece comporta obbligazioni per una sola delle parti - ma
entrambe dovranno poi manifestare la volontà nel definitivo - e si differenzia della
proposta irrevocabile (disciplinata dall'art. 1329 del Codice Civile) poiché questa è
una proposta di contratto e non un contratto vero e proprio, e si propende per la natura
giuridica di negozio unilaterale recettizio, al qual l'oblato può aderire o meno (stessa
terminologia è usata per l'opzione, ma questa si differenzia per la sua natura
contrattuale). Inoltre, si differenzia dal patto di prelazione perché non è necessario
per una delle parti avere la disposizione della cosa; dalla promessa unilaterale, inoltre,
per la diversità della struttura, in quanto questa è negozio unilaterale recettizio, ed
in particolare non necessita di accettazione.
3. Il contratto preliminare nella vendita immobiliare: tipologie e fattispecie
Uno dei casi più frequenti di utilizzo del preliminare si ha nella
vendita immobiliare. Le parti si obbligano alla stipulazione del definitivo contratto di
vendita. Circa la forma, l'art. 1351 ci ricorda che il preliminare deve essere stipulato
per atto scritto a pena nullità, stante l'oggetto del contratto definitivo. Per quel che
riguarda la trascrizione, si rinvia oltre.
Dallo schema classico del preliminare di vendita immobiliare ora descritto, la prassi ha
introdotto delle varianti che hanno fatto sì che la tradizionale definizione di
preliminare venga in un certo senso allargata. Non consiste più, o non consiste solo
nell'obbligo di stipulare il definitivo, ma obbliga a fare conseguire all'altro contraente
gli effetti del contratto a cui ci si è impegnati. A fianco della teoria generale si sta
affermando, quindi, una teoria causalistica: il preliminare è una sequenza complessa ed
è causa dei futuri effetti giuridici.
Il primo caso da analizzare è il preliminare con effetti anticipati, contrapposto
al "semplice" preliminare e al contratto definitivo con riserva di rogito. La
prassi, come si diceva, ha ammesso molte varianti al preliminare tra le quali la
possibilità di anticipare gli effetti del contratto definitivo. La ratio sta nella
evoluzione della funzione del preliminare stesso e nelle conseguenze al suo inadempimento.
Circa il primo aspetto il preliminare è stato utilizzato soprattutto per controllare le
sopravvenienze e non solo per una generica programmazione: permette di assicurarsi subito
la possibilità di avere un determinato bene senza le conseguenze che comporta un
contratto definitivo; in alternativa, si potrebbe ricorrere a un contratto sottoposto a
condizione sospensiva o a termine. E questa osservazione ci riporta alle conseguenze: si
sceglie il preliminare perché in caso di ripensamento, e conseguente inadempimento, le
conseguenze sono diverse rispetto al definitivo.
Nella prassi, le anticipazioni degli effetti sono diventate quasi una regola; è molto frequente l'anticipazione, da parte dell'acquirente, di parte del prezzo o del prezzo intero e la consegna stessa del bene, rimandando al definitivo solo l'effetto traslativo della proprietà del bene, che è l'unico effetto che non può essere anticipato; in caso contrario il preliminare si svuoterebbe di efficacia e ci si troverebbe di fronte a un vero e proprio definitivo con tutte le conseguenze che questo comporta.
Inizialmente la giurisprudenza vedeva nella anticipazione degli effetti una vera e propria volontà delle parti di concludere un definitivo di vendita. Oggi si ritiene, invece, che il pagamento del prezzo o la consegna del bene siano obbligazioni autonome di fare assunte dalle parti nel preliminare, infrangendo, quindi, la intangibilità che il preliminare si era creato nella dottrina tradizionale.
Rispetto al definitivo con riserva di rogito bisogna verificare se, tra tutti gli effetti anticipati, ci sia anche quello traslativo. Nella pratica, anche questa figura è molto diffusa sul presupposto dell'obbligatoria trascrizione di un contratto avente ad oggetto beni immobili, ex art. 2643, n. 1, Codice Civile. Le parti, quindi, stipulano il contratto definitivo alla presenza del notaio che procede alla trascrizione, ma accade spesso che per svariate ragioni (ad esempio, non è ancora possibile pervenire alla esatta identificazione catastale del bene) le parti concludano un vero e proprio contratto definitivo di compravendita, riservandosi di decidere in un futuro momento la data della trascrizione. Si tratta, però, di un definitivo, non di un preliminare, con oggetto l'obbligazione di una trascrizione posticipata, che sarebbe una figura sconosciuta e inammissibile per il nostro ordinamento giuridico. Gli effetti traslativi si sono già prodotti al momento dell'accordo e in base al principio consensualistico, appunto, si valuterà se trattasi di definitivo o di preliminare. Questa interpretazione viene utilizzata nell'esaminare quello che comunemente viene chiamato "compromesso", che, nella maggior parte dei casi, altro non è che un contratto definitivo.
Un altro caso peculiare è dato dal preliminare di cosa altrui; in questo caso il promittente-venditore di cosa altrui non è tanto tenuto alla conclusione del definitivo;, quanto all'obbligazione di fare acquistare la proprietà della cosa al pomittente-acquirente e, si intende, di fare acquistare la proprietà, salvo diversa pattuizione, priva di vizi e oneri. La giurisprudenza è pervenuta a questa conclusione non molti anni fa, stabilendo che, in questo modo, ci si obbliga a raggiungere gli effetti finali della vendita.
Circa le modalità, il promittente-venditore può acquistare direttamente la prorpietà della cosa e trasferirla poi nel definitivo; può ottenere il consenso del proprietario in sede di definitivo e, secondo la giurisprudenza, è considerato inadempimento la mancata conclusione del definitivo quando si è avuto il consenso dal proprietario; può. infine. fare stipulare al proprietario e all'acquirente il contratto definitivo senza comparire, ed è questo uno dei casi più frequenti di utilizzo del preliminare a scopi speculativi.
Si sono già illustrate le differenze tra preliminare ed altre fattispecie, che contratto non sono, bensì, atti unilaterali; ora bisogna soffermarsi sulle differenze tra preliminare e opzione.
Innanzitutto entrambi sono dei contratti; il primo, necessita della successiva manifestazione di volontà per esaurire i propri effetti e sfociare in un definitivo; nel secondo, disciplinato dal Codice Civile all'art. 1331, è sufficiente la manifestazione di volontà del titolare del diritto di opzione che, una volta manifestata, conclude il contratto. La giurisprudenza è intervenuta nel caso in cui ci siano dubbi sulla natura del contratto, propendendo per una soluzione a favore del preliminare. La ratio è data dalla protezione che si vuole accordare alla parte più debole: nel preliminare, infatti, è necessaria una manifestazione di volontà di entrambe le parti, quindi, nel dubbio, si riconferma la volontà in un definitivo. Le due fattispecie possono, poi, avvicinarsi e, tenendo in considerazione la diversa natura giuridica, si può avere un contratto preliminare con oggetto un'opzione, quindi l'obbligo di concludere un contratto di opzione in cui le parti nel definitivo giungeranno a tale stipulazione: una parte resterà vincolata in attesa dell'esercizio del diritto di opzione dell'altra. Al contrario, il contratto di opzione può avere ad oggetto un preliminare: una parte si riserva la facoltà di accettare o meno la relativa conclusione.
Un brevissimo accenno merita anche il preliminare di cosa futura
(di cosa, cioè, che deve ancora venire ad esistenza). Caso tipico è dato dalla
compravendita di un immobile ancora in costruzione. La ragione sta nella necessità di
finanziamenti di cui l'imprenditore abbisogna per lo svolgimento della sua attività di
impresa. I problemi si sono posti qualora il bene non venga ad esistenza: sarebbe inutile
agire ex art. 2932, perché la sentenza che dovrebbe produrre gli effetti del definitivo
non può obbligare a portare ad esistenza un bene. La giurisprudenza ha trovato una
soluzione: il giudice ha la facoltà di subordinare il trasferimento della proprietà del
bene promesso alla condizione sospensiva che l'attore paghi il prezzo se il bene viene ad
esistenza. Le conseguenze sono palesi: se il bene non viene ad esistenza, non si produrrà
l'effetto traslativo, al contrario, si sarà realizzato immediatamente un contratto
definitivo di vendita di cosa futura col passaggio di proprietà del bene, e, quindi non
un preliminare.
Circa i rimedi sinallagmatici applicabili al preliminare, è necessario ricordare che la
dottrina moderna vede nello stesso non più, e non solo, un contratto che ha per oggetto
la stipulazione di un altro contratto, ma una fattispecie a formazione progressiva; la
giurisprudenza, poi, è riuscita a smantellare quella che è stata definita la
intangibilità del preliminare, rendendo, quindi, applicabili i rimedi sinallagmatici
anche a questa fattispecie normativa. Va messo innanzitutto in evidenza il rapporto tra
preliminare e definitivo: esistono due teorie al riguardo, a seconda che si identifichi o
una causa interna del definitivo, quale autonomo negozio giuridico, oppure una causa
esterna, con la quale il definitivo trova la propria ragione d'essere nell'adempimento di
una obbligazione di contrarre, di modo che si sarà in presenza di un atto dovuto - quale
è l'adempimento dell'obbligazione - e, quindi, di una causa solvendi del
definitivo. Così, in caso di nullità o di annullabilità del preliminare, bisognerà
decidere tra la validità o invalidità del definitivo a seconda che si adotti la prima
tesi, sopra illustrata, o la seconda.
Per quanto riguarda il preliminare di vendita di cosa comune, si può scindere la
descrizione facendo riferimento a tre fattispecie. E' doveroso premettere che non verrà
preso in considerazione il regime di comunione legale dei coniugi, perché soggetto a
disciplina tipica.
Il primo caso che si presenta è dato dalla stipulazione del preliminare da parte di uno
dei comproprietari che abbia la rappresentanza dell'altra (o delle altre) parte. I
problemi non si pongono: infatti, il preliminare è un contratto e permette la
stipulazione tramite rappresentante.
Nel caso in cui la parte comproprietaria agisca isolatamente, ma specifichi di volere
negoziare la propria quota del bene comune i problemi, anche in questo caso, non sorgono:
invero, secondo le norme sulla comunione, ciascuna parte può disporre della propria
quota.
I problemi, invece, sorgono nella terza fattispecie, quando la parte ometta di specificare
che agisce in una delle due situazioni precedenti, volendo, quindi, stipulare un
preliminare con oggetto il bene comune. La giurisprudenza per ovviare a tali difficoltà
ha distinto a seconda che la controparte conosca o meno la qualità dell'altro
promittente. Nel primo caso, quindi, ci si dovrà chiedere se ci si trovi di fronte a un
atto di disposizione della quota - ammissibile come precisato - o della cosa comune che
non è ammissibile nella disciplina contrattualistica e, di conseguenza, anche nel
preliminare. Nel caso in cui la controparte non fosse a conoscenza della situazione di
comproprietà, si presume il trasferimento della quota, e, quindi, solo in base alla
effettiva volontà delle parti si può stabilire se l'atto è viziato e quindi soggetto a
nullità. Se si conosce la situazione, l'atto di disposizione investe il bene e non la
quota, quindi, il rimedio che si prospetta, è quello della nullità, perché è un
contratto soggettivamente complesso, privo della volontà della parte comproprietaria.
4. Il problema della doppia alienazione immobiliare e la trascrizione del preliminare
Per quel che concerne il caso della doppia alienazione immobiliare, bisogna prendere in considerazione la disciplina della trascrizione. Nell'art. 2643 del Codice Civile sono elencati gli atti soggetti a trascrizione e tra questi i contratti che hanno ad oggetto i beni immobili. L'art. 2652 Codice Civile disciplina, invece, la trascrizione della domanda giudiziale per ottenere l'esecuzione in forma specifica dell'obbligo a contrarre (n.2), quando si riferiscono ai beni menzionati nell'articolo precedente; quindi, il contratto che ha ad oggetto un bene immobile va trascritto ex art. 2643, e, se si dovesse agire ex art. 2932 Codice Civile, si deve trascrivere la relativa domanda, il tutto per la ratio della trascrizione, quindi, per la opponibilità ai terzi. Per quel che riguarda nello specifico il preliminare, bisogna segnalare l'art. 2645-bis Codice Civile, introdotto dal Decreto Legge 31 dicembre 1996, n. 669, che prevede la trascrivibilità del preliminare con oggetto beni immobili purché risulti da atto pubblico o da scrittura privata autenticata. Prima dell'intervento del legislatore, la trascrizione era negata; per ragioni normative, infatti, la stessa era prevista solo per i contratti di trasferimento di beni immobili o di diritti reali su questi, e il preliminare non era quindi ricompreso in tale tipologia. Lo scopo evidente di questo intervento era di tutelare maggiormente il promittente acquirente, ma l'efficacia è stata limitata: fino a un anno dalla data di pattuizione per il definitivo o tre anni dalla trascrizione. Il valore che assume la trascrizione è una sorta di prenotazione, in attesa degli effetti che spiegherà il definitivo. In passato, di fronte a una doppia alienazione immobiliare, la immediata trascrizione del definitivo da parte del secondo cronologicamente parlando - acquirente era considerata dalla giurisprudenza una anomalia della trascrizione stess,a consistente in una dolosa preordinazione a danno di una parte - il primo acquirente - in buona fede.
Abbiamo visto che la domanda giudiziale quando l'oggetto del preliminare è la stipulazione di una compravendita di beni immobili o mobili registrati, deve essere trascritta; ma deve essere trascritta anche la relativa sentenza (che accoglie la domanda) perché questa produca gli effetti del contratto non concluso. La trascrizione della domanda funge da prenotazione per la successiva trascrizione della sentenza, e perderebbe ogni efficacia se non si trascrivesse la sentenza. Gli effetti della trascrizione della sentenza sono retroattivi alla data di trascrizione della domanda e opponibili da quel momento agli eventuali terzi aventi causa del promittente alienante. Per converso, se il secondo avente causa del promittente venditore - che ha già impegnato in un preliminare lo stesso bene, trascrive i suo contratto di compravendita prima della trascrizione della domanda giudiziale del primo avente causa, è protetto dagli effetti della trascrizione. Il primo avente causa potrà agire per il risarcimento dei danni verso il promittente - venditore e verso il secondo avente causa (a titolo di responsabilità extracontrattuale) se questo era a conoscenza del preliminare.
Autore: dott. Luca Martini - tratto da: www.filodiritto.com