Gli interessi anatocistici

La capitalizzazione trimestrale degli interessi bancari e da ritenersi legittima o illegittima?

- Aprile 2005 -

Il nuovo corso inaugurato dalla Cassazione con le note sentenze del 16.3.1999, n. 2374 e del 30.3.1999, n. 3036 in materia di capitalizzazione trimestrale degli interessi bancari (la prima pubblicata in Il Fallimento 1999, 1230, con nota di Panzani, Anatocismo: tra giurisprudenza e nuova legislazione ed ivi, 1236 con nota di De Nova, Capitalizzazione trimestrale: verso un revirement della Cassazione?; la seconda in Il Corriere Giuridico 1999, 561, con nota di Carbone, Anatocismo e usi bancari:la Cassazione ci ripensa), seguito dall'adozione da parte del legislatore di provvedimenti ad hoc, di normativa primaria e secondaria nel rango delle fonti del diritto (D.lgs. 4.8.1999 n. 342 in Gazz.Uff. 4.10.1999 n. 233; Deliberazione Comitato Interministeriale per il Credito ed il Risparmio del 9.2.2000 in Gazz.Uff. 22.2.2000 n. 43), attraverso i quali, recependo le istanze avanzate dalle associazioni dei consumatori e dall'ABI, sono state introdotte modalita uniformi di calcolo degli interessi composti, potrebbero far ritenere anacronistico chiedersi ancora una volta se tale prassi sia legittima o meno.

Nondimeno, l'animus con il quale l'intervento legislativo e stato accolto da parte della giurisprudenza - e cio a prescindere dal fisiologico jato che caratterizza la predisposizione in via generale ed astratta di una regola e la concreta applicazione della stessa - ha reso il contesto normativo meno certo di quanto probabilmente avrebbe dovuto essere nelle intenzioni del legislatore, come peraltro dimostrato dalle numerose ordinanze di rimessione alla Corte Costituzionale presentate nello stesso mese di emanazione della norma (tra cui, in particolare, Trib. Lecce 21.10.1999 e Trib. Lecce 29.10.1999, in Corr. Giur. 1999, 1488 e 1486), le quali hanno stimolato una decisa presa di posizione da parte di quest'ultima contro il D.lgs. 342/99, dispregiativamente qualificato dai piu come maldestro tentativo del Governo di salvare le banche (per un commento ad alcune ordinanze di rimessione, cfr. Carbone, Il salvataggio dell'attuale prassi bancaria sull'anatocismo al centro di un acceso dibattito, in Il Corriere Giuridico, 2000, 366 e ss.).

Infatti, la Corte Costituzionale con sentenza del 17.10.2000, n. 425 (in Il Fallimento 2001, 19 e ss., con note di Panzani, La disciplina dell'anatocismo dopo la recente sentenza della Corte Costituzionale e Oliva, Capitalizzazione trimestrale degli interessi di conto corrente e incostituzionalita dell'art. 25, comma 3, D.lgs. 342/99), accolta con il plauso delle associazioni dei consumatori, ha ritenuto fondata la questione di illegittimita dell'art. 25, comma 3, del D.lgs. 342/99, nella parte in cui viene fatta salva retroattivamente la validita e l'efficacia, fino alla entrata in vigore della delibera CICR, delle clausole di capitalizzazione trimestrale contenute nei contratti anteriormente stipulati.

Per comprendere i termini della questione e indispensabile un (sia pure sintetico) inquadramento storico.

Preliminarmente, va richiamato il concetto stesso di capitalizzazione, con il quale si descrive sia l'effetto "matematico" conseguente alla somma degli interessi scaduti al capitale (i quali produrranno a loro volta nuovi interessi), sia l'effetto "sostanziale" di mutazione della natura giuridica dell'obbligo restitutorio, che da accessorio diviene principale, condividendo pertanto la stessa natura dell'obbligazione avente ad oggetto il rimborso del capitale (Enciclopedia del diritto, voce "Anatocismo", Milano, 1958, 406).

Prima del revirement della Cassazione (preceduto da alcune pronunce di merito, tra cui Trib. Monza 23.2.1999 in Il Corr.Giur. 1999, 561; Trib. Busto Arsizio 15.6.1998 in Foro It., 1998, I, c.2997; Trib. Vercelli 21.7.1994 in Giur. it. 1995 II, 408 con nota di Inzitari, Convenzione di capitalizzazione trimestrale degli interessi e divieto di anatocismo ex art. 1283 c.c.), la dottrina e la giurisprudenza dominanti hanno legittimato l'operativita della capitalizzazione degli interessi bancari con cadenza trimestrale a favore delle banche considerandola espressione di quegli "usi contrari" unici in grado di derogare una norma imperativa quale l'art. 1283 c.c..

Tale modalita di computo e stata pertanto avallata a prescindere dalla sussistenza dei requisiti richiesti dall'art. 1283 c.c., e cioe il periodo minimo di debenza degli interessi pari a sei mesi e l'avvenuta proposizione della domanda giudiziale diretta ad ottenerne la corresponsione con decorrenza dal giorno della domanda stessa o, in alternativa, l'intervenuto accordo tra debitore e creditore necessariamente posteriore alla scadenza degli interessi (Cass. 17.4.1997 n. 3296, in Il Fallimento 1997, 1114; Cass. 1.9.1995 n. 9227, ivi 1996, 183; Cass. 20.6.1992 n. 7571 in Banca borsa tit. cred., 1993, II, 358; Cass. 30.6.1989 n. 2644, in Giust.civ. 1989, I, 2034; Cass. 5.6.1987 n. 4920, in Foro.it. 1988, I, c. 2352; Cass. 15.12.1981 n. 6631 in Riv.Dir.Comm. 1982, II, 89; la capitalizzazione trimestrale degli interessi veniva ammessa anche nello sconto bancario di effetti da Cass. 12.11.1981 n.5985 in Giur.It. 1982, I, 1217 e nel mutuo bancario con ratei di ammortamenti comprensivi di interessi da Cass. 15.12.1981 n.6631, in Giust. Civ. 1982, I, 380).).

Alla base di tale orientamento vi e il riconoscimento dell'esistenza di una prassi "uniforme e costante" (cioe di un uso normativo) in materia di capitalizazzione trimestrale degli interessi, il quale opera come fonte eteronoma di integrazione del contenuto economico dell'accordo tra la banca ed il cliente ed e ritenuto caratteristica immanente ai contratti bancari, quale espressione della (in tal senso Meoli, L'anatocismo bancario tra consuetudine e nuova disciplina, in Nuova Giur. Civ.Comm. 2000, II, 457 e ss.).

Per effetto del nuovo orientamento della Cassazione (al quale si sono successivamente conformate Cass. 11.11.1999 n. 12507, Il Corriere giur. 1999, 1485; Cass. 4.5.2001 n. 6263, in Dir. e pratica societa , 2001, 73; App. Roma, 24.9.2002 in Giur. It., 2002, I, 119; Trib. Padova 14.11. 2001 in Il Fallimento, 2002, 123), tale postulato- cioe la sussistenza di una prassi bancaria in materia di anatocismo - (fatto proprio con argomentazioni stratificatesi nel tempo e tralatiziamente ripetute di sentenza in sentenza; per una critica in tal senso, cfr. la recente Trib. Padova 14.11. 2001 cit.) viene destituito di ogni fondamento.

La clausola di capitalizzazione trimestrale e, infatti, sanzionata dalla nullita per violazione sia dell'art. 1283 c.c. (presunzione di equivalenza degli "usi contrari" con gli usi normativi), che dell'art. 117, comma 6, del D.lg. 1.9.1993 n. 385 (divieto di rinvio agli usi per la determinazione del tasso di interesse).

Sostanzialmente, si nega l'esistenza di un uso normativo nei rapporti bancari, in grado di operare in deroga al generale divieto di anatocismo posto dall'art. 1283 c.c..

Sul presupposto che la clausola di capitalizzazione trimestrale sia stata introdotta con le Norme Bancarie Uniformi predisposte unilateralmente dall'ABI nel 1952, la Cassazione ha, infatti, escluso la sussistenza di elementi in grado di far ritenere sussistente tale operativita anteriormente all'entrata in vigore del codice civile (tesi smentita dalle ricerche condotte in tal senso dalla dottrina; cfr. Cabras Conto corrente bancario ed anatocismo tra diritto e pregiudizio, in Dir.banca e merc.finanz. 1999, 272).

Inoltre, essendo detta clausola la mera trasposizione dell'art. 7 delle NUB, la mancata possibilita di negoziare la disposizione che risulterebbe imposta alla controparte, escluderebbe la possibilita di qualificarla come uso normativo, per assenza dell'elemento soggettivo dell'opinio juris seu necessitatis, cioe della spontanea adesione alla regola da parte della comunita, convinta, quest'ultima, della sua portata normativa (esclude la necessaria ricorrenza di tale requisito per la qualificazione dell'uso normativo, ritenendo sufficiente la convinzione di porre in essere comportamenti giuridicamente consentiti, Trib. Firenze 8.1.2001, in Foro It., 2001, I, 2362; in senso analogo Trib. Monza 2.10.2000, ibidem).

Per effetto del revirement della Cassazione e della decisione della Corte Costituzionale resta, pertanto, irrisolto l'interrogativo di fondo della sorte dell'anatocismo bancario nelle operazioni precedenti all'entrata in vigore della delibera CICR.

Inoltre, considerato che l'art. 25, comma II, del D.lgs 324/99, trasfuso poi nell'art. 120, comma II, del Testo Unico Bancario non e stato travolto dalla pronuncia della Corte Costituzionale, l'attribuzione dal medesimo operata al CICR del potere di disciplinare la materia, con l'unico vincolo che sia assicurata ad entrambe le parti la medesima periodicita nel computo degli interessi non viene posta in discussione.

Da cio consegue una certa confusione in materia: se l'art. 1283 c.c. e l'unica disposizione legittimata a disciplinare la delicata questione della capitalizzazione e puo, in quanto norma primaria, essere derogata solo da una legge di pari grado, come va interpretata la delega al CICR del potere di stabilire a sua volta fissare modalita e criteri per la produzione di interessi su interessi con l'unica limitazione sopra ricordata? ( per una disamina di tale profilo, cfr. De Iulis, Riflessioni in tema di capitalizzazione degli interessi alla luce della Deliberazione CICR 9 febbraio 2000, in Contratto e Impresa, 2001, 736).

La dottrina ha duramente contestato la ratio decidendi che permea in modo simile tutte le sentenze ascrivibili al nuovo corso inaugurato dalla Cassazione nel 1999 (Ferro Luzzi, Le opzioni ermeneutiche dell'ambito semantico; l'anatocismo arriva alla Corte Costituzionale, in Riv. Dir. Priv., 2000, 734; Ferro Luzzi, Una nuova fattispecie giurisprudenziale: l'anatocismo bancario; postulati e conseguenze, in Giur. Comm., 2001, I, 5).

Tra le varie ipotesi avanzate si segnala un iter argomentativo suggestivo, il quale ritiene operante nel nostro ordinamento giuridico un meccanismo di capitalizzazione degli interessi nel settore bancario anche al di fuori dei limiti imposti dall'art. 1283 c.c. (in tal senso, Cabras, Conto corrente bancario ed anatocismo tra diritto e pregiudizio, in Dir. banca e merc. finanz. 1999, 272; in giurisprudenza, App. Torino 5.11.2001, in appendice a Salanitro, Gli interessi anatocistici, suppl. al n. 4/2004 .in Banca, borsa e titoli di credito, p. 34; Trib. Roma 9.5.2001 in Foro It., 2001, I, 2989; Trib. Vercelli, 9.2.2001, in Giur. It., 2001, I, 760; contra, con dettagliata motivazione Trib. Padova 14.11.2001, cit.).

Secondo tale tesi, nel conto corrente bancario non opera tecnicamente l'anatocismo disciplinato dalla richiamata norma, bensi un meccanismo di annotazione degli interessi in occasione della chiusura periodica del conto, secondo le cadenze temporali prescelte dalle parti, stabilite dagli usi ovvero, in mancanza, ogni semestre (art. 1831 c.c.).

In caso di mancata richiesta di pagamento del saldo cosi liquidato, questo si pone come la prima rimessa di un nuovo conto, produttiva a sua volta di interessi (calcolati nella misura convenuta, in base agli usi oppure al tasso legale ex art. 1825 c.c.) ai sensi dell'art. 1823 c.c. (norma estesa in via di applicazione analogica al conto corrente bancario, ancorche non espressamente richiamata dall'art. 1857 c.c.; in giurisprudenza hanno valorizzato tale argomentazione, Trib. Roma 26.5.1999, in Il Fallimento 1999, 1230 e ss., con nota di Panzani, Anatocismo: tra giurisprudenza e nuova legislazione; Trib. Roma 14.4.1999 in I Contratti, 1999, 653; Trib. Lecce 15.12.1999 in Corti Bari, Lecce e Potenza, 2000, I, 171; in dottrina Caltabiano, Il conto corrente bancario, Padova 1967, 159 e ss.).

Cosi argomentando il contrasto tuttora in atto in materia, rimarcato dalla sentenza della Corte Costituzionale, non avrebbe alcuna ragione di esistere.

Riconosciuta l'estraneita dell'istituto disciplinato dall'art. 1283 c.c. rispetto al mondo bancario, del quale e coessenziale un meccanismo di liquidazione degli interessi secondo il criterio temporale prescelto dall'autonomia privata, diventa, infatti, superfluo interrogarsi sulla natura di uso normativo o uso negoziale di tale tecnica, ovvero sulla possibilita che un provvedimento di normativa secondaria sani le pregresse pattuizioni con le quali le parti hanno concordemente scelto le modalita di computo degli interessi nell'ambito dei propri rapporti (Cabras, cit.).

Al di la delle varie teorie ed a prescindere dalle valutazioni sull'opportunita di aderire alle medesime e di difenderne i presupposti in sede giudiziaria (poiche l'impatto della decisione della Consulta si ripercuote essenzialmente in una lievitazione esponenziale del contenzioso), corre l'obbligo di evidenziare che, in chiave prospettica, le scelte del legislatore, chiaramente finalizzate al contemperamento degli opposti interessi in gioco, compiono un considerevole passo in avanti nel progressivo allineamento della posizione delle banche (forte per definizione) rispetto a quella della clientela (debole per definizione), assicurando con una regola rigorosa la stessa periodicita nella capitalizzazione degli interessi debitori e creditori.

Inoltre l'art. 25, comma 3 D.lg. 342/99, tacciato di incostituzionalita, appare in linea con il pensiero espresso dalla Corte Costituzionale in materia di fideiussioni omnibus per obbligazioni future e senza limiti di importo, laddove si e rilevato che (sentenza 27.6.1997 n. 204 in Corriere giur. 1998, 31).

In buona sostanza, la decisione pare viziata dallo stesso difetto aspramente rimproverato al D.lgs. 342/99, cioe l'essere permeata piu da motivazioni politiche che strettamente giuridiche.

Nel silenzio del legislatore - nonostante fosse da piu parti ritenuto opportuno un intervento volto a fissare con maggiore chiarezza e minore conflittualita rispetto al passato le regole del rapporto banca/cliente (cfr. Panzani, La disciplina dell'anatocismo dopo la recente sentenza della Corte Costituzionale, relazione al Convegno Anatocismo: essere o non essere, Verona 2.12.2000, il quale aveva sollecitato un intervento di natura parlamentare, al fine di evitare i rischi insiti ne sempre piu frequente ricorso allo strumento della delega governativa) - non restava che auspicare una definitiva presa di posizione dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (cio anche in considerazione delle numerose pronunce favorevoli alla prassi della capitalizzazione trimestrale ante delibera CICR che si possono rinvenire da una semplice consultazione di un qualsiasi massimario di giurisprudenza. e che, senza alcuna presunzione di esaustivita, indichiamo in Trib. Bari 29.5.2000 in Corti Bari Lecce e Potenza, 2000, I, 170; Trib. Palermo 6 .9.2002 e C. App. Torino 14.2.2002, in Giur. Merito, 2002, 244 s.m.).

Con pronuncia del 4 novembre 2004, n. 21095, le Sezioni Unite - viste le decisioni conflittuali pronunciate in sede di merito - hanno sancito la nullita della clausole di capitalizzazione trimestrale degli interessi pattuite antecedentemente all'entrata in vigore dell'art. 12?, comma 2, del D.lg. 1.9.1993 n. 385, in quanto riproduttive di un uso negoziale e non normativo.

La scarna motivazione della sentenza e l'assenza di un completo ed attento riesame della questione hanno deluso chi sperava in un intervento chiarificatore in grado di dimostrare in maniera convincente la fondatezza della tesi prescelta (per un primo commento, Nigro, Anatocismo e rapporti bancari, in Dir. banca e mercato finanziario, 2004, 649 e ss.).

Infatti, le S.U. hanno rilevato che le pattuizioni aventi ad oggetto la capitalizzazione degli interessi, in quanto unilateralmente predisposte dalle banche e non negoziabili, hanno sin dall'inizio costituito espressione di un uso negoziale (nullo quindi per violazione dell'art. 1283 c.c.) e non normativo. Se, infatti, la suddetta capitalizzazione avesse costituito espressione di un uso normativo non sarebbe stato necessario farne oggetto di una specifica pattuizione, bastando il semplice richiamo all'uso quale fonte del diritto.

La criticita della suddetta motivazione sta nel non aver preso in considerazione la ricostruzione storico-giuridica della questione, in quanto gia in epoca anteriore al 1952 era prassi che le banche capitalizzassero trimestralmente gli interessi maturati sui saldi debitori dei conti (l'esistenza di un uso riferibile alla capitalizzazione degli interessi - con periodicita tanto trimestrale, quanto semestrale - e confermata sia dallo Statuto del Banco di Sicilia del 1951, approvato con decreto del Ministro del Tesoro, che prevedeva, in deroga al codice civile, la capitalizzazione degli interessi dovuti, nella stessa misura applicata al capitale, sia dalle Raccolte degli usi redatte, anteriormente al 1952, dalle Camere di Commercio di Bologna, Roma e Napoli).

Inoltre, l'applicazione dell'anatocismo ai rapporti bancari, introdotta dal codice napoleonico, risulta recepita sia nel codice civile del 1865 (art. 1232, in base al quale in materia commerciale l'anatocismo viene regolato dagli usi), sia nel codice del commercio del 1882 e riproposto in quello del 1942, il quale ha ripreso, con alcuni aggiustamenti, la stessa disposizione dell'art.1232 del precedente codice.

Del resto la dottrina e la giurisprudenza (come sopra meglio evidenziato) hanno costantemente (fino al 1999) considerato la capitalizzazione trimestrale degli interessi nell'ambito del diritto commerciale e, quindi , espressione di un uso normativo.

La precisazione delle S.U. che la giurisprudenza - in quanto priva del potere di "creare" il diritto - non puo contribuire alla creazione di un uso normativo non appare convincente in quanto se essa e costante (come nel caso di specie) ben puo contribuire all'affermarsi della generalita del comportamento e convincimento dell'esistenza del vincolo giuridico - (opinio iuris ac necessitatis) che costituiscono l'essenza dell'uso normativo.

Va tenuto presente, inoltre, che nel nostro ordinamento le obbligazioni civili sono state - per tradizione - tenute distinte da quelle commerciali e l'art. 1283 c.c. riferito alle sole obbligazioni civili e non anche a quelle commerciali, per le quali la fonte primaria era costituita, come detto, dagli usi.

Cio risulta anche confermato, oltre che dalla giurisprudenza anteriore al noto revirement sopra menzionata, anche dalla sentenza del Trib. di Bari del 28.02.2001, n. 530 (in Foro. it., 2001, I, 2361) nella motivazione della stessa viene precisato che " . nelle materie commerciali l'anatocismo resto regolato dagli usi e consuetudini e fu prevista invece ex novo la possibilita di autoregolamentazione da parte delle Casse di Risparmio ed istituti assimilati.per questa via inizio a trovare ingresso il principio di specialita del sistema bancario .".

Dalle brevi considerazioni suesposte appare, con tutta evidenza che, persa l'occasione di fissare un "punto fermo" nella materia da parte delle S.U. della Cassazione, la fattispecie della capitalizzazione degli interessi e, quindi, destinata ad evolversi ulteriormente (cfr. per i rilievi in tal senso , Nigro, op.cit.; Salanitro, op.cit.).

Autore: Dott.ssa Antonella Cesaroni - tratto dal sito http://fallimento.ipsoa.it