GLI ACCORDI TRA CONIUGI IN VISTA DI UNA
SOPRAVVENUTA CRISI MATRIMONIALE
L’autonomia negoziale - nell’ambito dell’art. 1322, comma 2, c.c. - con il limite dei diritti indisponibili, trova campo libero anche nella fase patologica della regolamentazione dei rapporti matrimoniali. Così è stato stabilito dalla Cassazione civile, Sez. I, con l’ordinanza 21 luglio 2025 n. 20415
Il caso
I coniugi, con una scrittura privata formalizzata anni prima dell’intervenuta separazione - evento, quest’ultimo, dedotto ad oggetto di una condizione sospensiva apposta all’intero accordo - regolamentavano i loro rapporti in vista di tale momento (futuro ed incerto).
Più nel dettaglio: il marito A.A. si dichiarava debitore verso la moglie di una data somma di danaro, a fronte della rinuncia - da parte di quest’ultima - ad alcune proprietà mobiliari.
La posizione della giurisprudenza di merito
La Corte di Appello di Brescia, confermando la pronuncia di primo grado, ha respinto la domanda di A.A. finalizzata alla declaratoria della nullità del sopra menzionato atto privato per violazione di norme imperative e di principi di ordine pubblico, di cui agli artt. 143 e 160 c.c.
Il primo (art. 143 c.c.), in materia di diritti e doveri reciproci dei coniugi, stabilisce - al 3 comma - che “entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia”.
L’art. 160 c.c., per converso, dispone l’inderogabilità dei diritti e doveri dei coniugi durante la vita matrimoniale.
Il Tribunale di prime cure aveva, inoltre, accolto la domanda in via riconvenzionale proposta dalla coniuge, orientata alla declaratoria della piena validità del più volte citato accordo e - dunque - alla consequenziale condanna del marito al pagamento del quantum dovuto.
Più nel dettaglio, i giudici di Appello - a sostegno della decisione - hanno ricordato che “secondo la giurisprudenza di legittimità sono pienamente validi gli accordi tra i coniugi che vogliano regolamentare i loro rapporti patrimoniali in caso di fallimento del matrimonio, individuando in tale evento una mera condizione sospensiva apposta al contratto, poiché sono espressione della loro autonomia negoziale diretta a realizzare interessi meritevoli di tutela ex art. 1322 c.c. (Cass. Civ. n 23713/2012; Cass. Civ. n. 19304/2013)”.
Ancora, per la corte di secondo grado “l’obbligazione restitutoria assunta da A.A. trovava la sua ragion d’essere, una volta verificatasi la separazione, nel riequilibrio delle risorse economiche che i coniugi avevano voluto reciprocamente assicurarsi e non aveva a che fare con il diritto/dovere di assistenza morale e materiale durante il matrimonio. Inoltre, l’inderogabilita’ dei diritti e doveri non veniva meno per il fatto che uno dei due coniugi, avendo ricevuto un prestito dall’altro, si impegnava a restituirlo per il caso della separazione (Cass. Civ. 19304/2013)”.
Si segnala - tuttavia - che nella sentenza da ultimo citata (Cass. Civ. 19304/2013) i Supremi Giudici inquadravano la fattispecie (analoga a quella oggetto di causa) qualificando il rapporto di credito/debito tra i coniugi quale semplice contratto di mutuo. Più precisamente, per la S.C. “non si tratta neppure, nel caso in esame, di un contratto atipico - rispetto al quale sorgerebbe l’obbligo di verificare la sussistenza di un interesse meritevole di tutela ai sensi 1322, secondo comma, cod. civ. - perché la condizione è stata apposta, come si è detto, ad un contratto di mutuo”
La tesi della Corte di Legittimità
Nella complessa questione volta alla definizione di un confine netto tra condizione negoziale (artt 1353 ss. c.c) - quale elemento accidentale del contratto - e della sempre più spiccata rilevanza della cd. “causa in concreto” (ex multis Cass. Civ. 8100/2013), la S.C. ha ritenuto di valorizzare l’autonomia delle parti anche nella regolamentazione del fallimento matrimoniale, salvi i cd. diritti indisponibili.
Sulla scia di un precedente orientamento (Cass. Civ. 18066/2014), inoltre, non si è mancato di evidenziare che marito e moglie possono concordare - salvo il limite di cui sopra - anche gli aspetti non patrimoniali, quali ad esempio l’affidamento dei figli e le modalità di visita dei genitori.
Ancora, ha incalzato la Corte, in aderenza alla Cass. Civ. 13366/2024 , “in tema di contribuzione per i bisogni della famiglia durante il matrimonio, ciascun coniuge è tenuto, secondo quanto previsto dagli artt. 143 e 316-bis, primo comma, c.c., a concorrere in misura proporzionale alle proprie sostanze e, a seguito della separazione, non sussiste il diritto al rimborso di un coniuge nei confronti dell’altro per le spese così sostenute in modo indifferenziato; il menzionato principio è, tuttavia, suscettibile di deroga tramite di un accordo contrattuale tra le stesse parti, in quanto lo stesso può meglio rispecchiare le singole capacità economiche di ciascun coniuge o modulare forme di generosità spontanea tra i coniugi ed è, comunque, finalizzato al soddisfacimento delle primarie esigenze familiari e dei figli, nel rispetto fedi doveri solidaristici che trovano la loro fonte nel rapporto matrimoniale”.
Nella recente pronuncia la Suprema Corte Capitolina pone l’accento su altri aspetti interessanti:
a) nel respingere l’eccezione circa la validità del prestito di cui si dava atto in seno all’accordo più volte menzionato, ha ricordato che “il contratto di mutuo non richiede, in via tassativa, che la cosa mutuata sia materialmente consegnata dal mutuante al mutuatario, potendosi ritenere soddisfatta l’esigenza del requisito della traditio anche allorquando il risultato pratico raggiunto in sua assenza si identifichi con quello che si sarebbe realizzato con la consegna materiale del bene mutuato e, nel caso di specie, il marito ha avuto la disponibilità giuridica dell’importo mutuato in quanto inl suo patrimonio e’ stato evidentemente accresciuto”.
Tuttavia, tale conclusione sembra discostarsi da quanto sostenuto dalle Sezioni Unite nella recente Cass. Civ. 5841/2025 (in materia del cd. “mutuo solutorio”) secondo la quale “il perfezionamento del contratto di mutuo, con la conseguente nascita dell'obbligo di restituzione a carico del mutuatario, si verifica nel momento in cui la somma mutuata, ancorché non consegnata materialmente, sia posta nella disponibilità giuridica del mutuatario medesimo, attraverso l’accredito su conto corrente, non rilevando in contrario che le somme stesse siano immediatamente destinate a ripianare pregresse esposizioni debitorie nei confronti della banca mutuante, costituendo tale destinazione frutto di atti dispositivi comunque distinti ed estranei alla fattispecie contrattuale”;
b)il beneficio patrimoniale del coniuge non può integrare l’adempimento di una obbligazione naturale, nè nemmeno essere inquadrata nell’ambito dei principi di solidarietà familiare in quanto non si riferisce all’acquisto di beni primari;
c)non esiste alcuna norma imperativa che impedisca ai coniugi, prima o durante il matrimonio, di riconoscere l’esistenza di un debito verso l’altro, subordinandone la restituzione all’evento, futuro ed incerto, della separazione coniugale (così anche Cass. Civ. 23713/2012).
Conclusioni
Se è innegabile che dai primi anni 2000 (cfr. Cass. Civ. 8109/2000) ad oggi, le maglie circa la valutazione della meritevolezza degli interessi tutelati dall’ordinamento si sono - ontologicamente - modificati con l’evoluzione della società, e’ comunque vero chein quasi tutte le pronunce riecheggia il limite dei cd. “diritti indisponibili”.
Nessuno, tuttavia, si preoccupa di definirne il contenuto in modo preciso. Dalla lettura complessiva della più recente giurisprudenza, sembra che la citata indisponibilità debba essere rinvenuta con riferimento agli status e capacità, diritti relativi ai minori e diritti personalissimi dei coniugi (uguaglianza, libertà, incolumità fisica e morale).
Vai alla ordinanza Cassazione, Sez. 1° Civile, 21/07/2025 n. 20415