Usurpazione di marchio ed inibitoria
commento alla sentenza 14/05/2007 del Tribunale di Salerno
Acclarato che la Commissione delle Comunità Europee aveva
registrato - ai sensi dell'Arrangement di Madrid del 14 aprile 1891,
vigente in Italia nel testo concordato a Nizza il 15 giugno 1957 e reso
esecutivo in Italia con l. 24 dicembre 1959, n. 1178 - presso l'Organizzazione
Mondiale per la Proprietà Intellettuale il marchio della società attrice, per i
paesi interessati (Germania, Spagna, Francia, Italia e Portogallo) e che detto
organo aveva concesso alla stessa società la licenza per l'uso del relativo
simbolo grafico, il giudicante ha escluso che la società convenuta potesse
continuare nell'uso del marchio non registrato, in quanto avente notorietà
puramente locale, in forza di un preuso antecedente alla domanda di
registrazione, giacchè la stessa aveva ammesso che il preuso non era anteriore
alla registrazione. E ciò perchè, in mancanza di un valido preuso locale del
marchio, la società convenuta non poteva continuare nell'utilizzazione nè poteva
vietare alla licenziataria del marchio registrato di farne essa uso nella zona
di diffusione locale, giacchè solo in caso di registrazione successiva al preuso
risulta configurabile una sorta di regime di "duopolio", atto a consentire,
nell'ambito locale, la "coesistenza" del marchio preusato e di quello
successivamente registrato.
Il giudice ha poi chiarito che l'uso della mera
ditta identica al marchio della società attrice realizzava comunque
un'usurpazione del marchio registrato in ragione del principio di unitarietà dei
segni distintivi espressamente stabilito dagli art. 13 e 17 comma 1, lett. c,
del citato R.D. n. 929 del 1942 (e indi dagli art. 22 e 12 del D.Lgs. n. 30 del
2005) - principio che rinviene la sua ratio nella tendenziale
convergenza dei differenti segni verso una stessa finalità -, per cui chi
acquista il diritto su un segno utilizzato in una determinata funzione tipica
acquista il diritto sul medesimo anche in riferimento alla utilizzazione in
funzioni ulteriori e diverse.
Sulla base di tali
considerazioni il Tribunale, acclarata la confondibilità della denominazione
adottata dalla convenuta, per l'affinità delle attività svolte con quelle della
società attrice, ha inibito alla parte convenuta l'uso del marchio usurpato.
Dopo aver rigettato la domanda risarcitoria avanzata dalla società attrice per
mancanza di prova, il giudicante ha invece disposto la fissazione di una penale
di ? 100,00, dovuta per ogni usurpazione successivamente constatata del marchio
e della denominazione da parte del convenuta, ritenendo che tale domanda poteva
essere accolta anche in assenza di condanna al risarcimento del danno.
Ricordando la giurisprudenza recente resa dal giudice di legittimità (Cass. Civ., Sez. I°, 24/03/2006 n. 6685
) il Tribunale ha sottolineato che la collocazione della norma
contenente la penale nello stesso secondo comma dell'art. 66 Legge marchi, che
consente una liquidazione globale su basi presuntive nella sentenza "che
provvede sul risarcimento dei danni", non è decisiva per escludere
l'ammissibilità della prima ove sia stato negato il secondo. Infatti, tra le due
norme esiste un'evidente contrapposizione riferendosi il risarcimento dei danni
a quelli accertati, anche presuntivamente, e quindi già verificatisi,
concernendo invece la somma dovuta per ogni successiva violazione o inosservanza
e per ogni ritardo nell'esecuzione i danni futuri (per i quali la previsione può
ritenerli eccezionali, esercitandosi di regola la giurisdizione su accadimenti
passati). E' stato così desunto che la norma in oggetto, siccome funzionale non
già al risarcimento del danno, inteso nell'ordinario senso ristretto
dell'espressione, bensì all'inibitoria (come è reso oggi esplicito nel D.Lgs.
n. 30 del 2005, art. 124), non presuppone la liquidazione del danno, ma
soltanto l'esistenza, nella sentenza, di provvedimenti inibitori.
Vai alla sentenza del Tribunale di Salerno 14/05/2007