LA TUTELA CAUTELARE ATIPICA IN RELAZIONE AD UNA SEGNALAZIONE «ERRONEA», DA PARTE DELLA BANCA, ALLA CENTRALE DEI RISCHI GESTITA DALLA BANCA D'ITALIA
TRIBUNALE MATERA, 17/11/05 - MASSIMA: Il concetto di insolvenza quale previsto in materia di segnalazione alla Centrale dei Rischi non deve coincidere con quello di cui all'art. 5 l. fall., dovendo essere identificato nelle rilevanti difficoltà di recuperare il credito e non potendosi quindi individuare nello status decoctionis. | ||
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TRIBUNALE DI MATERA, 28/06/05 - MASSIMA: | ||
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Sommario:
1. Premessa
2. La tutela cautelare atipica: presupposti;
requisiti
3. Il fumus boni iuris
4. Il periculum in mora
1. PREMESSA
Le decisioni in commento ripropongono la
questione della tutela cautelare atipica rispetto alle segnalazioni «erronee» od
«abusive» (1) alla Centrale dei Rischi afferenti
all'indebitamento della clientela delle banche e degli intermediari vigilati
dalla Banca d'Italia sia sotto il profilo dell'ammissibilità del rimedio
processuale offerto dall'art. 700 c.p.c. sia sotto il profilo
dell'identificazione della sussistenza dei presupposti del rimedio medesimo.
In linea di ulteriore approssimazione, nel caso di specie, la situazione
sintomatica di un contegno della banca implicante - almeno, ad avviso dei
ricorrenti - responsabilità viene fatta consistere nella negligenza in sede di
valutazione dei presupposti per la registrazione dei dati presso la Centrale dei
Rischi (2), in relazione allo stato di insolvenza ovvero
alle «situazioni sostanzialmente equiparabili».
Non vengono, per contro, in
considerazione, nei provvedimenti in commento, altri profili, quali quelli
riguardanti il rapporto fra la segnalazione alla Centrale dei Rischi e la
gestione del rapporto negoziale con il cliente e la natura della responsabilità
dell'intermediario e i danni risarcibili. In questa sede, sarà mia cura passare
in rassegna gli elementi più rilevanti delle decisioni in commento alla luce dei
limiti del campo di indagine così come dianzi individuati.
2. LA TUTELA CAUTELARE ATIPICA: PRESUPPOSTI, REQUISITI
Come è noto, l'art. 700 c.p.c. recita così: «Fuori dei casi
regolati nelle precedenti sezioni di questo capo, chi ha fondato motivo di
temere che durante il tempo occorrente per far valere il suo diritto in via
ordinaria, questo sia minacciato da un pregiudizio imminente e irreparabile, può
chiedere con ricorso al giudice i provvedimenti di urgenza che appaiono, secondo
le circostanze, più idonei ad assicurare provvisoriamente gli effetti della
decisione sul merito».
Sulla scorta della disposizione codicistica dianzi
testualmente riportata, può asserirsi che i presupposti per l'emissione dei
provvedimenti cautelari d'urgenza sono: a) il requisito della residualità,
ossia, la mancanza di provvedimenti cautelari specifici o determinati; b) il
c.d. periculum in mora, ossia, il pregiudizio imminente ed irreparabile che
minacci il diritto durante il periodo occorrente per farlo valere in via
ordinaria; c) il diritto da far valere in via ordinaria.
Ciò posto, con
riferimento al primo dei presupposti sui quali un provvedimento ex art. 700
c.p.c. deve esser fondato, è d'uopo rammentare che, per effetto della riserva
contenuta nella norma, i provvedimenti d'urgenza possono essere invocati e
concessi soltanto nel caso in cui, al fine di assicurare la tutela del diritto,
per quanto preteso e non accertato, non siano disponibili provvedimenti
cautelari tipici, dal momento che, qualora esista una specifica misura cautelare
in grado di neutralizzare il pericolo nel ritardo, è a quest'ultimo che occorre
fare riferimento. Da questo si deve inferire che i provvedimenti d'urgenza
costituiscono un complemento dei provvedimenti cautelari tipici, nonché
applicazione di un potere ampio che la legge ha concesso al giudice affinché
questi possa, allorquando se ne appalesi la necessità, intervenire
tempestivamente per eliminare il pericolo del danno con quei mezzi ed in quei
modi che il medesimo riterrà più opportuni per raggiungere detto intento e che,
secondo il suo apprezzamento, potrà assumere come i più appropriati al caso
concreto, ove il ritardo determinato dal provvedimento principale possa arrecare
grave noncumento (3).
Passando ora al caso che qui ora occupa,
il Giudice di Matera dà per acquisito l'ammissibilità del rimedio cautelare
atipico e, dunque, non vi si sofferma.
In effetti, può considerarsi oramai
pacificamente acquisito il principio secondo cui il requisito rappresentato
dalla residualità della misura invocata - vale a dire, del provvedimento
d'urgenza - «[...] sussiste nel caso in esame, atteso che nessuna misura tipica
[...] potrebbe impedire la permanente iscrizione del nominativo» del sog getto
giuridico segnalato «alla Centrale rischi della Banca d'Italia» (4): principio, a vero dire, opposto a quello che
si era affermato nel passato (5).
Tuttavia, sarebbe stato assai opportuno
che il Giudice di Matera avesse affrontato la questione circa l'utilizzabilità o
meno della tutela cautelare atipica in pendenza, dinanzi ad altro giudice, di un
giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo.
Il problema, infatti, è stato
affrontato in giurisprudenza con esiti tra loro difformi: infatti, in un caso (6), pur essendosi ammessa, in via di principio,
l'ammissibilità del ricorso ex art. 700 c.p.c. avverso l'erronea segnalazione di
una «sofferenza», se ne è esclusa, in concreto, l'esperibilità, in base
all'assunto che, pendendo dinanzi ad altro giudice un giudizio di opposizione a
decreto ingiuntivo, che, come è noto, comporta l'instaurazione di un giudizio a
cognizione piena circa l'effettiva sussistenza del credito azionato in via
monitoria, la concessione della tutela cautelare atipica avrebbe comportato
l'instaurazione di un identico giudizio di merito per l'accertamento
dell'inesistenza dell'obbligazione verso l'intermediario finanziario, che aveva
dato luogo a «sofferenza» rimossa in via cautelare; in un altro caso (7), in una fattispecie identica, al contrario, è
stata concessa la tutela cautelare atipica nonostante il fatto che fosse
iniziato un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo azionato da una banca
per il pagamento del credito vantato.
3. IL FUMUS BONI IURIS
In riferimento alla questione se,
nella fattispecie sottoposta al suo esame, fosse configurabile il fumus boni
iuris, con la prima delle due decisioni in commento, il Giudice, dopo avere
rapidamente tratteggiato i termini delle doglianze espresse dai ricorrenti, si
preoccupa, anzitutto, di valutare la sussistenza dello stato di insolvenza alla
luce della Circolare della Banca d'Italia n. 139 dell'11 febbraio 1991, 9°
Aggiornamento del 22 giugno 2004, avente ad oggetto: «Centrale dei rischi.
Istruzioni per gli intermediari creditizi» (di seguito, «Istruzioni Bankitalia»)
(8).
In base al Provvedimento dell'Autorità di
Vigilanza dianzi evocato, «nella categoria di censimento sofferenze va
ricondotta l'intera esposizione per cassa nei confronti di soggetti in stato di
insolvenza, anche non accertata giudizialmente, o in situazioni sostanzialmente
equiparabili, indipendentemente dalle eventuali previsioni di perdita formulate
dall'azienda. Si prescinde, pertanto, dall'esistenza di eventuali garanzie
(reali o personali) poste a presidio dei crediti. Sono escluse le posizioni la
cui situazione di anomalia sia riconducibile a profili attinenenti al
rischio-paese [...]» (9).
Dunque, in presenza della reazione ad una
segnalazione alla Centrale dei Rischi, esso Giudice prende le mosse dall'esame
di un comportamento - quello della banca resistente - che i ricorrenti assumono
essere stato posto in essere senza che fossero stati rispettati i requisiti
predeterminati dalle Istruzioni Bankitalia, ponendosi così nel solco di
quell'orientamento giurisprudenziale in base al quale, in subiecta materia,
l'organo giudicante identifica l'illiceità dell'intermediario finanziario
(bancario o non bancario che sia) nella contrarietà alla normativa regolamentare
(10).
A tal uopo, egli segue una linea
argomentativa che può essere così sommariamente sintetizzata:
(i) «[...], si
ritiene che il concetto di insolvenza quale previsto in materia di segnalazione
alla C.R.» - ossia, alla Centrale dei Rischi - «non debba coincidere con quello
di cui all'art. 5 l. fall., dovendo essere identificato nelle rilevanti
difficoltà di recuperare il credito e non potendosi quindi individuare nello
status decoctionis»: infatti, «identificare il concetto di insolvenza con quello
di cui all'art. 5 l. fall. invaliderebbe e renderebbe inutile la funzione svolta
dalla C.R., quale volta a scongiurare l'erogazione indiscriminata dei credito,
quindi anche nei confronti di soggetti dai quali le somme erogate non potranno
verosimilmente essere recuperate, se non eventualmente e verosimilmente in via
coattiva [...]»;
(ii) «la C.R. assolve al compito di consentire al sistema
creditizio la verifica delle situazioni nelle quali si ravvisino debitorie
consolidatesi nel tempo (anche se non irreversibili) a fronte delle quali il
recupero risulta essere estremamente difficoltoso [...]»;
(iii) «nella
valutazione della situazione di «insolvenza» - nell'accezione sopra definita -
«la Banca deve quindi tener presente la situazione complessiva del debitore,
anche in riferimento ai debiti contratti con altri istituti di credito o società
erogatrici, al fine di poter addivenire alla prospettazione della detta
«insolvenza» e poter, quindi, legittimamente effettuare la segnalazione alla
C.R. [...]», ribadendo e, quindi, dovendosi precisare che essa Banca «[...] ha
l'obbligo, prima di disporre la segnalazione, di verificare la non solvibilità
del cliente alla stregua di una valutazione complessiva della situazione del
medesimo, valutazione che non può certo limitarsi alla verifica del mero
inadempimento, ma che deve considerare e valutare ulteriori elementi dai quali
desu mere la oggettiva difficoltà economico-finanziaria del cliente»: «tali
ulteriori elementi possono essere individuati esemplificativamente in protesti,
pendenza di procedimenti esecutivi, ulteriori decreti ingiuntivi, squilibrio tra
i mezzi a disposizione del debitore e consistenza della debitoria da coprire e,
quindi, verifica della capacità di produzione di reddito e della liquidità,
parametrate alla possibilità di far fronte, a mezzo delle dette disponibilità,
alla debitoria da segnalare a sofferenza».
Ora, non v'ha dubbio che il
Tribunale di Matera prenda inequivocabilmente posizione sulla questione se
l'insolvenza che vale a qualificare il credito in «sofferenza» coincida o meno
con quella rappresentante il presupposto oggettivo del fallimento, questione
annosa e tuttora non risolta, in ragione della grave incertezza che è dato
riscontrare in sede di individuazione del significato e della portata da
ascrivere alla locuzione «stato di insolvenza» nella prospettiva delle
Istruzioni della Banca d'Italia (11).
In
giurisprudenza, come è noto, secondo un primo orientamento, «la legittimità
della segnalazione presso la Centrale dei Rischi di una posizione a "sofferenza"
è subordinata alla sussistenza, in capo al soggetto segnalato, di uno stato di
insolvenza ex art. 5 l. fall., inteso come capacità di far fronte alle
obbligazioni con mezzi normali e non al verificarsi di un mero fatto di
inadempimento» (12), laddove, in base ad un differente e, anzi,
opposto indirizzo, «l'insolvenza che legittima la segnalazione alla Centrale
Rischi non è quella di cui all'art. 5 l. fall., atteso che le banche segnalanti
operano anche con i non imprenditori, ma va intesa in termini più generali, come
situazione di grave inadempienza e serio rischio per il recupero del
finanziamento, tale da mettere in allarme il sistema creditizio in funzione
della concessione (o del mantenimento) di ulteriore credito allo stesso
soggetto» (13): ciò, in quanto «[...] lo stato di insolvenza
preso in considerazione dalle Istruzioni della Banca d'Italia in merito alla
segnalazione alla Centrale dei Rischi risponde ai fini affatto diversi rispetto
a quelli della legislazione fallimentare, sicché esso deve essere ravvisato in
una situazione di difficoltà nel recupero del credito [...]» (14).
A vero dire, il Tribunale di Matera non
offre un'analisi critica particolarmente approfondita: ciò, probabilmente, a
cagione del fatto che, nella fattispecie concreta sottoposta al suo esame,
«[...] la Banca resistente - sulla quale grava [...] il correlato onere
probatorio - non risulta aver allegato in merito elementi idonei e sufficienti a
sostegno delle proprie deduzioni, [...] di talché non risultano essere allo
stato idoneamente e sufficientemente riscontrati gli elementi e circostanze
[...] che possano consentire di ritenere legittimamente effettuata la
segnalazione».
Nondimeno, vale la pena di svolgere alcune brevi
considerazioni.
L'assunto per cui «identificare il concetto di insolvenza
con quello di cui all'art. 5 l. fall. invaliderebbe e renderebbe inutile la
funzione svolta dalla C.R., quale volta a scongiurare l'erogazione
indiscriminata del credito, quindi anche nei confronti di soggetti dai quali le
somme erogate non potranno verosimilmente essere recuperate, se non
eventualmente e verosimilmente in via coattiva [...]», riflette una posizione
emersa in dottrina (15), ma lascia in ombra - o, comunque, non rende
espliciti - aspetti della problematica che qui ora occupa pur rilevanti.
In
nessuno degli anzidetti Provvedimenti si fa riferimento al fatto che
l'accoglimento della nozione di stato di insolvenza così come individuata -
peraltro, non senza difficoltà - dall'art. 5 l. fall. non è compatibile con la
funzione del servizio di centralizzazione dei rischi gestito dalla Banca
d'Italia (16), pur genericamente evocata. Infatti: (i) «la
Centrale dei rischi è un sistema informativo sull'indebitamento della clientela
delle banche e degli intermediari finanziari sottoposti alla vigilanza della
Banca d'Italia, attraverso il quale la Banca d'Italia fornisce agli intermediari
partecipanti un'informativa utile, anche se non esaustiva, per la valutazione
del merito del credito della clientela e, in generale, per l'analisi e per la
gestione del rischio del credito»; (ii) «l'obiettivo perseguito è di contribuire
a migliorare la qualità degli impieghi degli intermediari partecipanti e, in
definitiva, ad accrescere la stabilità del sistema creditizio»; (iii) «gli
intermediari partecipanti comunicano alla Banca d'Italia informazioni sulla loro
clientela e ricevono, con la medesima periodicità con cui sono raccolte,
informazioni sulla posizione debitoria verso il sistema creditizio dei
nominativi segnalati e dei soggetti a questi collegati».
È da questo
collegamento con le norme contenute nel T.U.B. e con le correlate disposizioni
di vigilanza che discende la conseguenza che «l'appostazione a sofferenza
implica una valutazione, da parte dell'intermediario finanziario, della
complessiva situazione finanziaria del cliente [...]» (17) ovvero, più
precisamente, che la sofferenza è la classazione dei «soggetti in stato di
insolvenza» i quali presentano una situazione patrimoniale valutata come
deficitaria (18). Infatti, «tale ipotesi, diversamente dalle
altre, comporta un ambito di «discrezionalità tecnica» per la Banca, in
funzione, appunto, di una qualificazione in «sofferenza» di una posizione, pur
in assenza di un'insolvenza accertata giudizialmente o conclamata. Ed allora,
un'eventuale affermazione di responsabilità della Banca per la violazione del
contrapposto interesse del cliente a che non vi sia una irregolare segnalazione
- potenzialmente produttiva, comunque, di conseguenze pregiudizievoli
sull'attività economica finanziaria del soggetto segnalato e lesiva della sua
reputazione - deve ancorarsi all'accertamento di negligenza e imprudenza
qualificate, specificatamente, dalla violazione di quell'ambito di
discrezionalità attribuito dalle Istruzioni della Banca d'Italia che [...]
vengono a costituire le «regole professionali» di comportamento
dell'intermediario» (19): il che porta a condividere l'opinione di chi
afferma che «l'approccio corretto ad evitare sia un'indebita intrusione del
sindacato giudiziario del rischio creditizio (come di ogni scelta
imprenditoriale in genere) sia la negazione di ogni tutela anche di fronte a
comportamenti arbitrari (e, talvolta, ricattatori) non può che essere quello di
individuare il sottile crinale tra negligenza sindacabile e discrezionalità
insindacabile secondo precisi parametri normativi. Parametri, nella specie,
rappresentati dalle Istruzioni di vigilanza relative ai criteri per la
classificazione dei crediti a "sofferenza"» (20).
Come è stato
sottolineato dalla dottrina più avvertita, la segnalazione a «sofferenza» di un
determinato soggetto alla Centrale dei Rischi della Banca d'Italia, pur
comportando per il sistema bancario l'onere di improntare i successivi rapporti
con un dato soggetto giuridico a criteri di particolare diligenza e cautela,
lascia alla valutazione discrezionale delle banche la decisione, meramente
eventuale, di rifiutare la costituzione di un nuovo rapporto ovvero di
sciogliersi da vincoli contrattuali già esistenti, decisione della quale le
stesse banche assumono la piena responsabilità (21). Di più.
L'intermediario aderente al sistema della Centrale dei rischi non può fondare il
proprio comportamento, qualunque esso sia, solo sulla segnalazione di un dato
soggetto alla Centrale dei Rischi, ma deve maturarlo attraverso un'analisi della
posizione dell'affidato che sarà analoga, per profondità ed ampiezza, a quella
effettuata in sede di concessione di un fido (22). D'altronde, come è
stato osservato in dottrina, gli attuali strumenti cognitivi offerti dalla
Centrale dei Rischi, se consentono, in relazione alla effettiva esposizione
della clientela, un'utile informativa interagente sulle scelte imprenditoriali
del banchiere e se permettono altresì alle banche di acquisire ulteriori
benefici indiretti (la regolare cadenza delle segnalazioni, comportando
necessariamente un frequente riesame delle posizioni di rischio, agevola
l'identificazione di affidamenti stagnanti o inadeguati alle condizioni della
clientela, di sconfinamenti inavvertiti o di andamenti anomali), appaiono
ancora, per certi aspetti, limitati operativamente (23).
Il problema che
a questo punto si apre attiene alla tipologia di negatività che deve presentare
il patrimonio del debitore perché l'intermediario finanziario segnalante possa
correttamente classare a «sofferenza» il proprio credito: problema, questo,
estremamente delicato, sol che si pensi che in prosieguo di tempo detta
valutazione potrebbe essere ritenuta illegittima qualora il giudice ritenesse
insussistenti gli indizi dai quali l'intermediario finanziario ha desunto la
situazione equiparabile allo stato di insolvenza (24).
La risposta
della giurisprudenza chiamata a verificare la sussistenza dei presupposti per
l'effettuazione della segnalazione di crediti in sofferenza alla Centrale dei
Rischi non appare univoca.
Parte della giurisprudenza, infatti, afferma la
necessità che l'apprezzamento debba riguardare la situazione patrimoniale del
cliente, piuttosto che il singolo rapporto di debito, utilizzando espressioni e
concetti non sempre coincidenti o, comunque, non agevolmente sovrapponibili.
Così, ad esempio:
- «il concetto utilizzato dalla Banca resistente, di
credito in sofferenza per il quale la medesima è tenuta alla segnalazione alla
Centrale dei rischi, con la sua specifica limitazione alla difficoltà di
recupero di quel singolo credito da parte del soggetto affidato, non può essere
accolto, perché porterebbe alla necessità di segnalazione alla medesima Centrale
di un credito, ogni qual volta il soggetto affidato non volesse corrispondere
quanto richiesto dalla Banca, per il fatto di non concordare sui conteggi degli
interessi ovvero sulle spese, portando così all'assurda conseguenza di rendere
estremamente difficoltoso l'ulteriore ricorso al credito della segnalata, per
l'indubbio effetto negativo derivante dalla segnalazione nei confronti degli
altri operatori creditizi, ad un'azienda anche florida, a causa della
contestazione di un singolo rapporto»: per contro, «[...] in base alle stesse
istruzioni diramate dalla Banca d'Italia» con riferimento alla «categoria delle
sofferenze», «[...] l'accento viene posto, a partire dal singolo credito, sullo
stato complessivo del soggetto affidato» (25);
- «un'accorta
valutazione delle condizioni economiche» della società ricorrente «avrebbe [...]
escluso, ad avviso di questo Giudicante, il giudizio di sussistenza dello stato
di insolvenza (o di situazioni equiparabili) necessario e sufficiente per
operare la segnalazione alla Centrale dei Rischi: conseguentemente, tale
segnalazione deve ritenersi erronea [...]» (26);
- con riguardo
alla «portata delle indagini richieste all'istituto per pervenire ad una
corretta valutazione della condizioni economica del cliente, [...] occorre [...]
rilevare [...] che la prescrizione, per l'intermediario, della valutazione
"della complessiva situazione finanziaria del cliente" va intesa come necessità
che la banca valuti tutti gli aspetti economici della posizione del soggetto a
lei noti, dovendosi distinguere naturalmente il pluri-affidato dal
mono-affidato, e dovendosi escludere che all'istituto possa addossarsi l'onere
di svolgere indagini patrimoniali per verificare il livello di solidità
finanziaria della controparte» (27);
- «il giudice di
prime cure ha fornito la corretta interpretazione dell'Istruzione richiamata» -
ossia, delle Istruzioni della Banca d'Italia - «ritenendo, in linea peraltro con
il tenore letterale della disposizione, che la valutazione da compiersi da parte
dell'intermediario debba tener conto non del singolo rapporto creditizio, bensì
della complessiva situazione finanziaria del cliente [...]» (28);
- «pur condividendo in linea astratta il
fondamento delle [...] argomentazioni» proposte in dottrina (29) secondo le quali «[...] l'analisi della banca,
preliminare rispetto alla segnalazione "a sofferenza" del nome di un determinato
soggetto suo debitore, ha tipicamente come suo punto di riferimento lo specifico
rapporto creditizio che la lega a quel soggetto e non deve (necessariamente)
estendersi alla complessiva situazione patrimoniale e finanziaria del debitore,
né alla valutazione della sua condotta complessiva [...], lo scrivente ritiene
che, per addivenire alla segnalazione di un credito "a sofferenza", la banca non
possa mai prescindere da un adeguato e ponderato apprezzamento dello stato di
difficoltà economica e finanziaria del cliente, le cui dimensioni rendano serio,
concreto ed attuale il pericolo di un'irrecuperabilità della prestazione dovuta»
(30);
- «[...] l'appostazione "a sofferenza" e
la conseguente segnalazione alla Centrale Rischi [...]» deve essere «preceduta
da una "valutazione da parte dell'intermediario della complessiva situazione
finanziaria del cliente", dalla quale scaturisca la conclusione che
l'esposizione debitoria in cui il cliente versi sia in effetti eziologicamente
riconducibile ad una situazione di oggettiva difficoltà economico-finanziaria (e
non, ad esempio, alla deliberata volontà di non adempiere, di non "rientrare",
sorretta dalla convinzione della irregolarità del processo di formazione di
quella esposizione)» (31);
- «stante la funzione di pubblicità a
tutela del mercato creditizio, [...] il giudizio che giustifica la segnalazione
non può non tener conto di tale precipua finalità e deve essere orientato nel
senso di valutare, alla luce della complessiva situazione finanziaria del
cliente, il pericolo (per il segnalante e per eventuali futuri creditori) di
inadempimento del debitore, nonché le difficoltà di esazione del credito. Tale
valutazione è per se stessa sufficiente a giustificare l'allarme, giacché pone
gli altri istituti bancari in condizione di conoscere l'oggettiva difficoltà
economico-finanziaria del debitore [...]» (32);
-
«l'intermediario, pur dovendo operare con la diligenza propria della professione
esercitata ed in buona fede, è tenuto ai fini della segnalazione a vagliare con
attenzione tutti i dati in suo possesso e quelli facilmente acquisibili relativi
(non già al singolo rapporto ma) alla situazione complessiva del cliente
affidato, senza però essere obbligato ad indagare a tutto campo ed in ogni
direzione possibile [...]» (33);
- «la segnalazione di un credito come "in
sofferenza" presuppone, secondo la disciplina cogente per le banche,
innanzitutto una situazione di inadempimento specifica dell'affidato e, in
secondo luogo, una classificazione negativa della solvibilità del cliente, sulla
scorta di indici che, se non devono integrare quelli richiesti per l'insolvenza
in senso proprio, devono comunque dar conto di una situazione "equiparabile"
all'incapacità di far fronte alle proprie obbligazioni» (34);
- «la segnalazione non può [...]
prescindere da un esame complessivo della situazione patrimoniale [...] del
debitore (35).
Ed è a questo indirizzo giurisprudenziale
che si ricollega il primo dei due provvedimenti in commento, di poi confermato
dal secondo, indicando esemplificativamente i parametri alla stregua dei quali
l'intermediario finanziario deve attenersi in sede di valutazione del debitore
ai fini dell'accertamento della sussistenza dell'obbligo o meno, nella singola
fattispecie concreta, di effettuare la segnalazione alla Centrale dei Rischi.
Altra parte della giurisprudenza delimita, ancorché non con univocità di
atteggiamenti, l'ambito della valutazione dell'intermediario finanziario allo
stato di esposizione del soggetto debitore nei confronti del sistema bancario.
In particolare:
- «[...] la "sofferenza" del credito nel sistema bancario ha
sì diversa connotazione dalla "insolvenza" nel sistema delle norme sulle
procedure concorsuali, ma l'analogia (equiparabilità) tra la situazione
presupposta per la segnalazione e la condizione per l'apertura del fallimento
sta nell'irrilevanza in entrambe del mero "caso di insolvenza" e del
funzionamento del singolo rapporto tra banca e cliente, e nella rilevanza
piuttosto dello stato complessivo della situazione patrimoniale del debitore,
che la banca può al più restringere alla generale situazione "finanziaria" e
cioè quanto meno all'insieme dei rapporti tra il cliente (soprattutto se
imprenditore) e il credito bancario, su cui proprio il sistema della Centrale
Rischi offre informazioni trasversali» (36);
- «[...] la
segnalazione in centrale rischi, ove il credito della banca sia "sicuro", non
può essere in funzione di uno stato di insolvenza che derivi aliunde, ad esempio
da un indebitamento verso fornitori; al contrario, la segnalazione può derivare
solo dalla specifica ricaduta sulla capacità di fronteggiare in modo ordinario
alle proprie obbligazioni che discenda dall'esposizione debitoria verso gli
intermediari bancari o finanziari» (37).
4. IL PERICULUM IN MORA
Passando ora a prendere in
considerazione il profilo costituito dal requisito del periculum in mora, il
Giudice di prime cure si limita a rilevare che «[...] secondo quanto ritenuto in
materia dalla prevalente in Giurisprudenza, il medesimo è ravvisabile nella
irreversibilità degli effetti connessi alla conseguente restrizione creditizia,
non ristorabili con un risarcimento per equivalente».
In sede di reclamo,
poi, il Giudice ha affermato che quanto al periculum in mora, lo stesso non può
essere negato, costituendo fatto notorio che la segnalazione a sofferenza
determina una rilevante difficotà di ottenere credito, oltre ad incidere in modo
irreparabile su diritti di natura personale, quale l'onore».
Anche rispetto
a questo profilo è possibile riscontrare un'evoluzione degli orientamenti della
giurisprudenza.
Il presupposto del periculum in mora è stato inizialmente
ritenuto insussistente vuoi assumendosi che tutti i danni che un soggetto
dovesse subire per effetto della illegittima segnalazione potrebbero essere
risarciti ex post o per equivalente dall'intermediario riconosciuto responsabile
(38) vuoi a motivo che non «[...] è presumibile
[...] che la segnalazione alla Centrale dei Rischi escluda che le aziende di
credito associate al sistema possano tuttavia concedere affidamenti al soggetto
segnalato che sia in grado di dimostrare l'erroneità della segnalazione» (39).
Successivamente, la giurisprudenza ha
abbandonato questa impostazione.
Così, in riferimento al più recente,
differente indirizzo:
- «riguardo al [...] profilo del periculum in mora», è
d'uopo fare «riferimento alla difficoltà derivante ad un soggetto economico
dall'impossibilità di ricorrere al sistema creditizio [...]» (40);
- «la permanente iscrizione della
posizione» di un soggetto «in sofferenza, la quale comporta la conseguente
segnalazione del suo nominativo alla Centrale Rischi della Banca d'Italia, è
idonea a costituire un serio pericolo per la futura attività imprenditoriale del
medesimo [...]. Il pregiudizio, essendo l'iscrizione già in atto e non potendo
il diritto di iniziativa economica privata e la reputazione commerciale essere
risarciti per equivalente, presenta i requisiti sia dell'imminenza sia della
irreparabilità. In particolare, sotto il secondo profilo, anche il diritto di
credito è suscettibile di essere leso in modo irreparabile, quando esso non sia
pienamente reintegrabile e sia di ardua esatta quantificazione ex post, potendo
l'irreparabilità del pregiudizio consistere anche nel periodo di tardività della
tutela definitiva» (41);
- «la segnalazione mina la possibilità
per il cliente di ricorrere al credito bancario, causando così una lesione del
"diritto all'impresa". Non potendo il diritto di iniziativa economica e la
reputazione commerciale essere risarciti interamente per equivalente, il
pericolo presenta i requisiti sia dell'imminenza che dell'irreparabilità» (42).
Tuttavia, il dianzi segnalato mutamento
di indirizzo e le enunciazioni di carattere generale che ne sono seguite non
implica affatto che i giudici ritengano sussistente in re ipsa il requisito
cautelare in esame: anzi, è sul ricorrente che incombe l'onere di provare la
concreta sussistenza del periculum in mora, tipicamente mediante la produzione
di documenti comprovanti le difficoltà incontrare dallo stesso nei rapporti con
gli intermediari finanziari e con gli altri imprenditori (43).
Senonché, nella fattispecie in esame, la
ricorrente non ha assolto all'onere probatorio sulla stessa gravante.
Si
legge, infatti, nel provvedimento del Giudice di prime cure che «[...] non è
dato sapere, oltre quanto indicato nelle asserzioni di parte ricorrente, quale
attività svolga nello specifico il soggetto segnalato [...] e, quindi, quali
possano essere le capacità reddittuali della medesima, al fine di far fronte
alla debitoria [...]».
Pure, nella fase di reclamo, il Giudice elude la
questione riguardante il soggetto sul quale grava l'onere della prova e ritiene
sussistente il requisito periculum in mora sulla scorta di un'enunciazione di
principio parzialmente differente da quella elaborata dal Giudice di prime cure
ma senza preoccuparsi di effettuarne una verifica in base agli elementi di prova
acquisiti agli atti.
Conclusivamente, può osservarsi che la posizione
assunta dal Tribunale di Matera coi provvedimenti in commento non tiene conto
del fatto che la giurisprudenza precedentemente formatasi ha indicato
esattamente, in rapporto alle fattispecie concrete di volta in volta sottoposte
al suo esame, il tipo di lesione arrecato dall'attività illecita della banca,
dando modo di distinguere il bene giuridicamente protetto in ragione dello
status del cliente danneggiato dalla segnalazione dell'intermediario
finanziario, a seconda che si tratti di un imprenditore il quale agisca
nell'esercizio della sua impresa ovvero di un qualsivoglia soggetto non
professionista o, comunque, che agisca al di fuori di un'attività professionale
(44).
Autore: Avv. Alessandro Colavolpe, pubblicato su "Giur. merito",
2007, 2, 338
Note:
(1) La distinzione indicata nel testo viene fondata su ciò: che la
segnalazione può essere qualificata come erronea allorquando venga effettuata
per negligenza od imperizia nella valutazione della sussistenza dei presupposti
prescritti per la segnalazione o, invece, come abusiva, qualora, «[...] a fronte
di fondate contestazioni del cliente in ordine alla pretesa della banca,
quest'ultima utilizzi la segnalazione come mezzo di illecita pressione, rivolta
ad esempio ad una definizione più sollecita ed a condizioni "gradite" della
controversia» [così Trib. Cagliari 28 novembre 1995 (ord), in Banca, borsa, tit.
cred., 1997, II, 354. Nel medesimo senso, vedasi Trib. Brindisi, sez. distaccata
Fasano, 26 settembre 2000 (ord.), ivi, 2002, II, 219, ed in Corti Bari, Lecce e
Potenza, 2001, 27]. In dottrina, cfr.: Gaeta, Sofferenza credito e stato di
insolvenza del debitore. Indici di accertamento e segnalazione alla Centrale dei
Rischi, in Dir. fall., 2002, II, 507; De Sinno, La responsabilità civile della
banca nelle segnalazioni alla Centrale dei rischi, in Rass. dir. civ., 2005,
916.
(2) Sulle caratteristiche generali dell'istituto,
cfr., ad esempio: Morera, Il fido bancario. Profili giuridici, Milano, 1998, 95
ss.; Costi, L'ordinamento bancario, Bologna, 2001, III ed., 510 ss.
(3) Così Dini, Mammone, I provvedimenti d'urgenza
nel diritto processuale civile e nel diritto del lavoro, Milano, 1997, 7, 269
ss.
(4) Così Trib. Roma 10 marzo 1998 (ord.), in
Banca, borsa, tit. cred., 1999, II, 452. Nel medesimo senso, cfr.: Trib. Padova
13 settembre 1993 (ord.), in Riv. it. dir. pubbl. comun., 1994, 407; Trib.
Cagliari 28 novembre 1995 (ord.) cit.; Trib. Brindisi, sez. distaccata Fasano,
26 settembre 2000 (ord.) cit.; Trib. Alessandria 20 ottobre 2000 (ord.), in
Banca, borsa, tit. cred., 2001, II, 571; Trib. Cagliari 25 ottobre 2000 (ord.),
in Banca, borsa, tit. cred., 2002, II, 442, ed in Riv. giur. sarda, 2002, 369;
Trib. Bari 22 dicembre 2000 (ord.), in Mucciarone (a cura di), Sintesi delle
pronunzie dell'autorità giudiziaria, in Sciarrone Alibrandi (a cura di),
Centrali dei rischi. Profili civilistici, Milano, 2005, 239; Trib. Potenza 4
maggio 2001 (ord.), in Giur. comm., 2003, II, 210; Trib. Potenza 30 giugno 2001
(ord.), in Giur. comm., 2003, II, 404; Trib. Paola, sez. distaccata Scalea, 20
giugno 2001 (provv. urg.), in Riv. dir. comm., 2001, II, 167; Trib. Palermo 4
novembre 2002, in questa Rivista, 2003, I, 207; Trib. Trani, sez. Molfetta, 28
maggio 2003, in Corti Bari, Lecce e Potenza, 2003, 208; Trib. Lecce 25 agosto
2003, reperibile nel sito web www.dirittobancario.it; Trib. Foggia 19 dicembre
2003 (ord.), reperibile nel sito web www.dirittobancario.it; Trib. Padova 5
aprile 2004 (ord.), in Dir. fall., 2006, II, 255; Trib. Brindisi 2 settembre
2004 (ord.), in Dir. banc., 2005, 89.
(5) Cfr.: Trib. Roma 4 dicembre 1989 (ord.), in
Banca, borsa, tit. cred., 1991, II, 672; Pret. Roma 12 ottobre 1990 (ord.), in
Mondo bancario, 1991, n. 4, 47; Pret. Crotone 23 gennaio 1993 (ord.), in Banca,
borsa, tit. cred., 1994, II, 595; Trib. Roma 3 novembre 1995 (ord.), in Banca,
borsa, tit. cred., 1997, II, 492; Trib. Avezzano 12 giugno 1998 (ord.), in
Banca, borsa, tit. cred., 1999, II, 453.
(6) Cfr. Trib. Cagliari 28 novembre 1995 (ord),
cit.
(7) Cfr. Trib. Brindisi, sez. distaccata Fasano,
26 settembre 2000 (ord.), cit.
(8) Vedi Banca d'Italia, Centrale dei rischi.
Istruzioni per gli intermediari creditizi, in Circolare n. 139 dell'11 febbraio
1991, 9° Aggiornamento del 22 giugno 2004, reperibile anche nel sito web
www.bancaditalia.it.
(9) Vedansi le Istruzioni della Banca d'Italia
richiamate nella precedente nt. (8).
(10) Vedansi ad esempio: Trib. Cagliari 25 ottobre
2000 (ord.), cit. Trib. Milano 19 febbraio 2001, in Giur. it., 2002, I, 334;
Trib. Potenza 4 maggio 2001 (ord.), cit.; Trib. Salerno, sez. Eboli 22 aprile
2002 (ord), in Giur. comm., 2003, II, 210, ed in Dir. fall., 2002, II, 497;
Trib. Roma 2 agosto 2002, in Banca, borsa, tit. cred., 2003, II, 633; Trib.
Palermo 4 novembre 2002, cit.; App. Milano 4 novembre 2003 (ord.), in Banca,
borsa, tit. cred., 2004, II, 528. In dottrina, cfr. Liace, La responsabilità
civile della banca: sulla erronea segnalazione di crediti a «sofferenza» alla
centrale dei rischi, in Contr. e impr., 2003, 18.
(11) Contra, Gaeta, op. cit., 499. Per la
riscostruzione dei termini della questione, cfr. in dottrina, sia pur con
diversità di atteggiamenti: G. Scognamiglio, Sulla segnalazione a sofferenza
nella Centrale dei Rischi della Banca d'Italia, in Banca, borsa, tit. cred.,
1999, II, 304 ss.; M. Giusti, Presupposti di legittimità della segnalazione
presso la Centrale dei Rischi di posizioni a «sofferenza» e limiti della tutela
cautelare e risarcitoria a fronte della illegittima segnalazione, in Banca,
borsa, tit. cred., 2001, II, 577 ss.; Tarantino, In tema di segnalazione alla
Centrale Rischi: profili di responsabilità della banca segnalante (e delle
banche «terze»), in Banca, borsa, tit. cred., 2002, II, 233 ss.; Tola, Aspetti
problematici delle segnalazioni alla Centrale dei Rischi, ivi, 2002, II, 460
ss.; Marchese, Segnalazione dei crediti in sofferenza alla Centrale dei Rischi
con particolare riferimento agli interessi tutelati dalla relativa normativa, in
Giur. comm., 2003, II, 413 ss.; Dolmetta, Il «credito in sofferenza» nelle
Istruzioni di Vigilanza sulla Centrale dei Rischi, in Banca, borsa, tit. cred.,
2004, I, 533 ss.; De Sinno, op. cit., 905 ss.; Zanardo, Il concetto di
insolvenza tra diritto fallimentare e normativa bancaria: la segnalazione dei
crediti in sofferenza alla Centrale dei rischi, in Dir. fall., 2006, II, 255
ss.; Martorano, Segnalazioni false o erronee alla Centrale dei Rischi e
responsabilità dell'intermediario, in Dir. banc., 2006, 390 s. Per alcune
valutazioni fortemente critiche sul «sistema» delle segnalazioni alla Centrale
dei Rischi, cfr. Rossetti, La Banca d'Italia e la Centrale Rischi: quando il
sistema è fondato sul nulla. Seri dubbi normativi sulle «Istruzioni» di Palazzo
Koch, in D&G, 2004, n. 47, 83 s.
(12) Così Trib. Alessandria 20 ottobre 2000
(ord.), cit. Nel medesimo vedansi: Trib. Roma 10 marzo 1998 (ord.), cit.; App.
Roma 30 novembre 1999 (decr.), in Giur. comm., 2000, II, 93; Trib. Brindisi,
sez. distaccata Fasano, 26 settembre 2000 (ord.), cit.; Trib. Trani, sez.
Molfetta, 28 maggio 2003 (ord.), in Corti Bari, Lecce e Potenza, 2003, 208;
Trib. Lecce 25 agosto 2003, cit.; Trib. Milano 27 luglio 2004, in Dir. banc.,
2005, 499; Trib. Latina 19 maggio 2005 (ord.), in Mucciarone (a cura di),
Sintesi delle pronunzie dell'autorità giudiziaria, cit., 273. In dottrina, cfr.,
in senso analogo, Gaeta, op. cit.
(13) Così Trib. Padova 5 aprile 2004 (ord.), cit.
In dottrina, cfr.: M. Giusti, op. cit., 578; Chessa, Sui presupposti per la
segnalazione a «sofferenza» alla Centrale dei Rischi, in Riv. giur. sarda, 2002,
376.
(14) Così Trib. Foggia 19 marzo 2004 (ord.), cit.
In giurisprudenza, vedansi nel medesimo senso, oltre al provvedimento richiamato
nella precedente nt. (13): Trib. Brindisi 20 luglio 1999 (ord.), in Giust. civ.,
2000, II, 555; Trib. Cagliari 25 ottobre 2000 (ord.), cit.; Trib. Milano 26
aprile 2001, in Foro pad., 2002, 392; Trib. Salerno, sez. Eboli 22 aprile 2002
(ord), cit.; Trib. Catania 2 aprile 2003 (ord.), in Dir. fall., 2003, II, 984 ed
in D&G, 2003, f. 17, 67; App. Milano 22 ottobre 2003, in Foro pad., 2004,
79; Trib. Ascoli Piceno 4 marzo 2004 (ord.), in Corti Marchigiane, 2004, n. 2,
574. In dottrina, cfr. Liace, La Centrale dei rischi, in Razzante (a cura di), I
rapporti tra banche e clienti. Manuale operativo, Padova, 2005, 435.
(15) In dottrina, cfr. in senso conforme: M.
Giusti, op. cit., 578; Tarantino, op. cit., 236; Marchese, op. cit., 415;
Dolmetta, op. cit., 548 s.; Sassano, Erronea segnalazione alla Centrale rischi e
lesione alla reputazione commerciale dell'imprenditore, in Dir. banc., 2005,
507; De Sinno, op. cit., 909; Maimeri, Sulla responsabilità della banca per
inesatta segnalazione «a sofferenza» alla Centrale dei rischi gestita dalla
Banca d'Italia, in Dir. banc., 2005, 97.
(16) In giurisprudenza, cfr.: Trib. Cagliari 25
ottobre 2000 (ord.) cit.; Trib. Palermo 4 novembre 2002, cit.
(17) Così le Istruzioni Bankitalia, Capitolo II,
Sez. II, par. 1.5.
(18) Così Dolmetta, op. cit., 542. Contra, cfr.
Martorano,op. cit., 390, per il quale le disposizioni di vigilanza alludono ad
una situazione di deficit finanziario e non patrimoniale.
(19) Così App. Milano 22 ottobre 2003, cit. Sul
punto, cfr. in dottrina, Vella, Segnalazione di crediti in «sofferenza» alla
Centrale dei Ricchi e responsabilità della banca, in Banca, borsa, tit. cred.,
1997, II, 496 ss.
(20) Così Martorano, op. cit., 389.
(21) Cfr. G. Scognamiglio, Sulla segnalazione a
sofferenza nella Centrale dei rischi della Banca d'Italia, in Banca, borsa, tit.
cred., 1999, I, 311 ss. Cfr. altresì: Tola, op. cit.; Olivetti Rason, La
Centrale dei Rischi istituita dalla Banca d'Italia: funzione di garanzia e
limiti della tutela cautelare a fronte di una legittima segnalazione di un
credito a sofferenza in un recente caso sottoposto all'attenzione della
giurisprudenza, ne Foro tosc., 2004, 1, 77.
(22) Così Maimeri, op. cit., 101.
(23) Così Morera, op. cit., 108.
(24) Cfr. De Sinno, op. cit., 908. In
giurisprudenza, cfr. Trib. Potenza 4 maggio 2001 (ord.), cit.
(25) Così Trib. Roma 5 agosto 1998 (ord.), in
Banca, borsa, tit. cred., 1999, II, 453.
(26) Così Trib. Brindisi, sez. distaccata Fasano,
26 settembre 2000 (ord.), cit.
(27) Così Trib. Cagliari 25 ottobre 2000 (ord.),
cit.
(28) Così Trib. Paola 20 aprile 2001, in Riv. dir.
comm., 2001, II, 167.
(29) Cfr.: G. Scognamiglio, op. ult. cit., 307 s.;
Tarantino,op. cit., 235 ss.
(30) Così Trib. Potenza 4 maggio 2001 (ord.), cit.
(31) Così Trib. Palermo 4 novembre 2002, cit.
(32) Così Trib. Foggia 19 dicembre 2003 (ord.),
reperibile nel sito web www.dirittobancario.it.
(33) Così Trib. Ascoli Piceno 4 marzo 2004 (ord.),
cit.
(34) Così Trib. Milano 19 febbraio 2001, cit.
(35) Così Trib. Patti, sez. S. Agata Militello,
16-17 settembre 2004 (ord.), in D&G, 2004, 47, 87. In dottrina, cfr., da
ultimo, Venditti, Diligenza e responsabilità nella segnalazione di crediti in
sofferenza alla Centrale dei rischi, Napoli, 2005, 51.
(36) Così Trib. Roma 2 agosto 2002, cit.
(37) Così Trib. Napoli 22 ottobre 2002 (ord.), in
questa Rivista, 2003, I, 207.
(38) Cfr.: Pret. Crotone 23 gennaio 1993 (ord.),
cit.; Trib. Avezzano 12 giugno 1998 (ord.), cit.
(39) Cfr. Trib. Roma 3 novembre 1995 (ord), cit.
(40) Cfr. Trib. Alessandria 20 ottobre 2000
(ord.), cit.
(41) Cfr. Trib. Roma 10 marzo 1998 (ord.), cit.
(42) Cfr. Trib. Bari 13 novembre 2003 (ord.), in
Corti Bari, Lecce e Potenza, 2003, 208. Nel medesimo senso, v. già Trib.
Brindisi 20 luglio 1999 (ord.), cit.
(43) In dottrina, cfr.: M. Giusti, op. cit., 575
s.; Liace, La responsabilità civile della banca per erronea segnalazione alla
Centrale dei rischi, in questa Rivista, 2004, I, 511.
(44) Cfr. M. Serra, Segnalazioni erronee alla Centrale dei rischi e responsabilità dell'intermediario, in Giur. comm., 2003, II, 241, nt. (56) (ed ivi ulteriori indicazioni).