Il titolo esecutivo emesso nei confronti di una società in nome collettivo è valido contro il socio?
Tribunale Verbania, 29 settembre 2005. MASSIMA: In presenza di un debito facente capo a una s.n.c., il titolo esecutivo del creditore (decreto ingiuntivo esecutivo) formatosi contro la società è efficace anche verso il socio illimitatamente responsabile, rispondendo quest'ultimo in via diretta dell'obbligazione sociale come di un'obbligazione propria. Pertanto il reclamo avverso l'iscrizione dell'ipoteca giudiziale sui beni del socio, avvenuta con riserva da parte del Conservatore dei registri immobiliari per la diversità formale tra il soggetto destinatario dell'ingiunzione e quello contro il quale è stata richiesta l'iscrizione, deve essere accolto e l'iscrizione dell'ipoteca deve essere resa definitiva. | ||
|
Sommario:
1. La vicenda
2. La natura della responsabilità dei
soci di società in nome collettivo. Riflessi sull'opponibilità o meno al socio
del titolo emesso nei confronti della società
3. Il potere di controllo del
Conservatore dei registri immobiliari
4. Considerazioni
conclusive.
1. La vicenda.
Con decreto ingiuntivo emesso dal giudice
unico del Tribunale di Torino si intimava alla società Beta s.n.c. di pagare
alla società Alfa s.p.a. la somma di euro 15.640,98 per un debito contratto
dalla prima nei confronti della seconda. Il decreto ingiuntivo non opposto
veniva dichiarato esecutivo dallo stesso giudice unico e, in virtù di esso, la
società creditrice notificava atto di precetto alla società in nome collettivo.
Successivamente, essendo rimasto tale credito ancora insoddisfatto, la società
Alfa s.p.a. chiedeva alla Conservatoria dell'Agenzia del Territorio di Verbania,
in forza del citato titolo esecutivo, l'iscrizione di un'ipoteca giudiziale su
due immobili di proprietà di Tizio, socio illimitatamente responsabile della
Beta s.n.c. Il Conservatore però, dopo aver eccepito l'illegittimità
dell'iscrizione sugli immobili del socio in ragione di un titolo emesso solo nei
confronti della società, stante l'istanza del creditore, iscriveva l'ipoteca
giudiziale con riserva ex art. 2674-bis c.c. A questo punto la società
creditrice proponeva reclamo dinanzi al Tribunale di Verbania avverso
l'iscrizione con riserva.
La Corte adita, ritenuto che il titolo esecutivo
formatosi contro la società in nome collettivo è efficace anche nei confronti
del socio che risponde in via diretta dell'obbligazione sociale come di
un'obbligazione propria, col presente decreto accoglie il ricorso e per
l'effetto dichiara inefficace la riserva.
2. La natura della responsabilità dei soci di società in nome
collettivo. Riflessi sull'opponibilità o meno al socio del titolo emesso nei
confronti della società.
La decisione del Tribunale di Verbania
offre lo spunto per approfondire un'interessante questione in tema di società di
persone e precisamente quella concernente la natura della responsabilità dei
soci per le obbligazioni sociali. L'argomento ha da sempre suscitato interesse
nella dottrina la quale, in estrema sintesi, può dirsi divisa tra coloro che
ritengono trattarsi di una responsabilità diretta per debito proprioo (1) e chi, al contrario, ragiona in termini di
responsabilità di tipo fideiussorio, vale a dire di garanzia per un debito
altruii (2).
La prima opinione, sostenuta anche dalla
giurisprudenza prevalente (3), si basa essenzialmente sulla considerazione che il
socio di società di persone non assume la posizione di terzo rispetto
all'organismo cui partecipa, non essendo le società personali dotate di
personalità giuridica ma soltanto di semplice autonomia patrimoniale imperfetta.
Nell'ambito di questo orientamento alcuni Autori giungono a riconoscere la
qualità di imprenditore sia alla società, intesa come gruppo di soci
collettivamente considerato, sia ai singoli soci illimitatamente responsabilii
(4): la responsabilità diretta dei soci verrebbe quindi
collegata al potere di amministrazione degli stessi, da considerarsi veri e
propri co-imprenditorii (5).
Trattandosi di una responsabilità diretta per
debito proprio, si conclude da parte dei sostenitori di questa opinione nel
senso che la sentenza di condanna o il titolo esecutivo formatosi nei confronti
della società sarebbero opponibili anche al socio illimitatamente responsabile.
Il creditore sociale potrebbe dunque iscrivere, sulla base di un decreto
ingiuntivo esecutivo ottenuto verso la società, un'ipoteca giudiziale gravante
sugli immobili del socio. Né varrebbe obiettare che esiste un problema di limiti
soggettivi dell'efficacia della sentenza o del decreto ingiuntivo esecutivoo (6) (ex art. 2909 c.c. che limita l'autorità
dell'accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato alle sole parti
e ai loro eredi o aventi causa e non ai terzi), in quanto nella fattispecie i
soci costituirebbero la parte e non i terzi.
Nel medesimo senso, vale a dire
della responsabilità diretta per debito proprio con conseguente opponibilità al
socio del titolo esecutivo formatosi contro la società, altra dottrinaa (7) ha anche provato a giustificare questa conclusione
prescindendo dall'argomento della mancanza di personalità giuridica delle
società di persone. Si è osservato al riguardo che la responsabilità del socio è
diretta, poichè è l'effetto di quello stesso fatto giuridico che determina
l'obbligazione della società, così che riconosciuta la responsabilità della
società di persone non potrebbe non sussistere anche quella del socio. Vi
sarebbe quindi un rapporto di necessarietà tra l'accertamento della
responsabilità sociale e quella del singolo socio: pertanto ricorrerebbe una
situazione non dissimile da quella che, secondo l'art. 477 c.p.c., consente di
porre in esecuzione il titolo in confronto di soggetti diversi dalla persona
contro cui è stato formato.
Al contrario i fautori della tesi della
responsabilità dei soci per le obbligazioni sociali, intesa come responsabilità
per debito altrui, ritengono che l'opposta teoria (cioè della responsabilità per
debiti propri) costituisca un'evidente forzatura della disciplina positiva
dettata in tema di società personali. Allo stato attuale infatti, grazie a
un'interpretazione evolutiva della dottrina (8) e della giurisprudenzaa (9), anche alle società non dotate di personalità
giuridica viene generalmente riconosciuta una soggettività (cfr., tra gli altri,
gli artt. 2266, 2659, 2839, 2292, 2314, 2295 c.c.), essendosi diffuso il
principio per cui «ogni persona è soggetto, non ogni soggetto è persona»» (10). Ne discende che le obbligazioni sociali
costituiscono obbligazioni della società a cui si aggiunge, a titolo di
garanzia, la responsabilità sussidiaria dei soci. Questa deve pertanto essere
considerata una responsabilità per debito altrui. Corollario di quanto appena
affermato è l'inopponibilità ai soci del titolo esecutivo emesso contro un
distinto centro di imputazione di interessi, qual è la società personale
(argomentando ex art. 2909 c.c.).
Una conferma dell'esattezza di tale
opinione è offerta dall'art. 2267 c.c., secondo cui per le obbligazioni sociali
rispondono «inoltre» personalmente e solidalmente i soci che hanno agito in nome
e per conto della società e gli altri soci che non abbiano portato a conoscenza
dei terzi la limitazione della loro responsabilità o l'esclusione della
solidarietà. La disposizione, nonostante sia dettata per le società semplici,
può essere certamente richiamata anche in tema di società in nome collettivo,
dovendosi soltanto precisare che l'eventuale patto di limitazione della
responsabilità non è opponibile ai terzi. La questione di fondo infatti non muta
neppure in quest'ultimo tipo societario: i soci potranno fungere da garanti per
debiti altrui, cioè della società in nome collettivo, ma non saranno considerati
responsabili per debiti propri.
Data la natura sussidiaria della
responsabilità del socio di società di persone (ex art. 2304), quest'ultimo non
sarà necessariamente tenuto ad eseguire la stessa identica prestazione cui è
obbligata la società, ma dovrà sopportare soltanto le conseguenze
dell'inadempimento (che può essere anche parziale) di questa. Non sembra
pertanto corretto qualificare il socio come soggetto passivo di un'obbligazione
avente il medesimo contenuto di quella gravante sulla societàà (11). A onor del vero, il ragionamento appena
effettuato presuppone l'adesione alla tesi dell'incompatibilità tra i concetti
di sussidiarietà e di solidarietà; viceversa se si ritiene il socio
illimitatamente responsabile quale debitore (seppure sussidiariamente) in solido
con la società, deve riconoscersi che egli è obbligato alla medesima prestazione
cui è tenuta la società (art. 1292 c.c.).
A queste considerazioni volte a
negare la natura della responsabilità del socio di s.n.c. per le obbligazioni
sociali come responsabilità per debiti propri, possono aggiungersene altre.
Innanzitutto può obiettarsi che la teoria da ultimo richiamata (cioè della
responsabilità per debiti propri) corre il rischio di confliggere col diritto
inviolabile di difesa garantito dall'art. 24 Cost. Non può non tenersi conto
infatti che, ove si consentisse l'immediata comunicazione al socio
dell'efficacia del giudicato formatosi contro la società, la mancata presenza in
giudizio del socio stesso potrebbe di certo influire sulla formazione di un
provvedimento a lui sfavorevolee (12). Né vale replicare che il diritto alla difesa
sarebbe comunque garantito dalla possibilità dell'intervento del terzo, in
quanto l'astratta possibilità di tale intervento, non significa che ci sia
litisconsorzio necessario, né un'effettiva garanzia di difesa del socio.
La
soluzione che privilegia l'individuazione di una responsabilità per debiti
altrui è invece in grado di assicurare la massima tutela delle ragioni del
socio. Né può dirsi che tale tesi determini risultati eccessivamente
penalizzanti per il creditore sociale, in quanto questi può pur sempre agire con
un giudizio di cognizione nei confronti del singolo socio per costituirsi un
apposito titolo esecutivo al fine di iscrivere ipoteca giudiziale o per
procedere a una rapida esecuzione nei suoi confronti. Si ritiene infatti che il
creditore sociale possa esperire un giudizio di cognizione tanto contro la
società quanto, contestualmente (in simultaneus processus), contro il socio: non
si richiede, cioè, che il creditore debba esperire due distinti giudizi di
cognizione uno di seguito all'altro, il primo verso la società e il secondo, da
introdurre necessariamente dopo l'esecuzione della sentenza di condanna della
società, nei confronti del socio. Quest'ultimo infatti, secondo l'opinione
prevalente in giurisprudenzaa (13), può far valere il beneficium excussionis soltanto
in sede esecutiva e non nel giudizio di cognizione. Pertanto, potendo il
creditore sociale agire al contempo con un giudizio di cognizione contro la
società e contro il socio illimitatamente responsabile, si comprende come il
medesimo non risulti particolarmente penalizzato dal riconoscimento
dell'inopponibilità al socio del titolo formatosi contro la società. Si può
dunque affermare che il creditore sociale cauto non sarà affatto rallentato
nell'esercizio della propria azione dalla suddetta inopponibilità del titolo; lo
sarà piuttosto quello negligente che, non avendo fin dall'inizio agito in
cognizione anche verso il socio, non potrà utilizzare nei confronti di
quest'ultimo il titolo emesso contro la società. Tale penalizzazione del
creditore sociale dipenderà dunque esclusivamente dal proprio contegno
omissivo.
Sempre in senso favorevole alla tesi della responsabilità per
debiti altrui e della conseguente inopponibilità al socio del titolo emesso
contro la società, può anche evidenziarsi come l'opposta soluzione
privilegerebbe eccessivamente il creditore a scapito del socio debitore: per il
primo verrebbe infatti meno la necessità di agire in sede cognitoria contro il
socio e sarebbe sufficiente limitarsi a provare l'inadempimento della società di
persone per ottenere un titolo esecutivo anche nei confronti del socio. Il che
contrasterebbe con il principio generale del c.d. favor debitoris che si ricava
dall'analisi di diverse norme dell'ordinamento giuridicoo (14).
Un'ultima (ma decisiva) obiezione alla tesi
dell'opponibilità al socio del titolo emesso contro la società può essere mossa
facendo leva sul comma 1 dell'art. 1306 c.c. Infatti qualora si ritenesse
compatibile (si veda infra) il concetto di sussidiarietà con quello di
solidarietà, ne deriverebbe che la responsabilità del socio di società di
persone può certamente essere solidale, se pure sussidiaria, rispetto a quella
della società (arg. ex artt. 2291 e 2304 c.c.). Risulterebbe allora applicabile
il disposto di cui al citato comma 1, secondo cui la sentenza (o il titolo
esecutivo in generale) pronunziata tra il creditore e uno dei debitori in solido
non ha effetto contro gli altri debitori. La solidarietà tra socio e società del
resto non può essere esclusa dal fatto che i singoli debitori, in questo caso i
soci e la società, siano tenuti con modalità diverse ex art. 1293 c.c.
Quest'ultima disposizione evoca proprio i casi di responsabilità sussidiaria e
sta a dimostrare, secondo una parte autorevole della dottrinaa (15), che la sussidiarietà è compatibile con la nozione
di obbligazione in solido.
Infine, anche il rilievo per cui manca, di solito,
un accertamento dell'effettiva qualità di socio nel giudicato formatosi tra
creditore sociale e società, induce a sostenere che la sentenza o comunque altra
equivalente pronuncia emessa contro la società non ha efficacia di titolo
esecutivo nei confronti del singolo socioo (16).
3. Il potere di controllo del Conservatore dei registri
immobiliari.
Il caso di specie solleva un'altra interessante
questione relativa all'àmbito dei poteri di controllo del Conservatore dei
registri immobiliari. Nel reclamo al Tribunale proposto dal creditore sociale si
evidenzia, infatti, che il controllo del Conservatore non potrebbe spingersi
fino al punto di verificare la legalità sostanziale del titolo sulla base del
quale è chiesta l'iscrizione. Tale controllo dovrebbe invece essere limitato ad
un mero sindacato estrinseco e formale del titolo. In effetti anche questo
aspetto, che peraltro non è stato preso in considerazione nel decreto del
Tribunale di Verbania, risulta assai controverso.
Secondo un primo
orientamentoo (17) il controllo cui è tenuto il Conservatore sarebbe
esclusivamente formale e non potrebbe estendersi alla idoneità del titolo a
fondare una trascrizione. Una conferma di ciò verrebbe, ad esempio, dall'art.
1159 c.c., che indirettamente ammette gli effetti di una trascrizione sulla base
di un titolo di acquisto proveniente a non domino.
Di contrario avviso è
altra parte della dottrina e della giurisprudenzaa (18) la quale si basa sull'inciso iniziale dell'art.
2674-bisc.c., secondo cui «al di fuori dei casi di cui al precedente articolo»,
qualora emergano gravi e fondati dubbi sulla trascrivibilità di un atto o sulla
iscrivibilità di un'ipoteca, il Conservatore, su istanza della parte
richiedente, esegue la formalità con riserva. Da tale inciso, che fa espresso
riferimento all'art. 2674 c.c. e cioè ai casi di rifiuto della ricezione
dell'atto o della nota per mancanze formali dell'uno o dell'altra, questa
dottrina ha infatti dedotto l'attribuzione al Conservatore dei registri
immobiliari di un potere-dovere di sindacato intrinseco e sostanziale. Si è
dunque concluso che al Conservatore compete un duplice e differente controllo.
In una prima fase, regolata dagli artt. 2674 e 113-bis disp. att. c.c., egli
esegue un controllo meramente estrinseco circa l'esistenza dei requisiti formali
dell'atto, mentre in una seconda, disciplinata dagli artt. 2674-bis e
113-terdisp. att. c.c., il medesimo esercita un vero e proprio sindacato di
legalità sostanziale del contenuto dell'atto.
4. Considerazioni conclusive.
Alla luce di quanto
esposto, pur dando atto che la soluzione fatta propria dal Tribunale risulta
conforme all'opinione della giurisprudenza prevalentee (19), non è possibile non manifestare alcune riserve
sul contenuto del provvedimento. A mio avviso, infatti, la tesi
dell'opponibilità al socio del titolo esecutivo (nella specie del decreto
ingiuntivo esecutivo) formatosi nei confronti della società in nome collettivo
risulta non convincente. Essa, in particolare, presuppone la natura della
responsabilità del socio per le obbligazioni sociali quale responsabilità per
debiti propri, il che però sembra stridere con la pressoché riconosciuta
soggettività giuridica delle società personali. Nello stesso senso può
osservarsi che, se il titolo esecutivo ottenuto nei confronti di un soggetto
potesse essere fatto valere anche nei confronti di un terzo, verrebbe violato
l'art. 2909 c.c.
Né vale obiettare che la ricostruzione della responsabilità
del socio come responsabilità per debito altrui interferirebbe con la tesi
secondo cui i soci sono gli effettivi titolari in senso economico dei debiti
sociali, in quanto tale tesi, mentre coglie un aspetto del fenomeno e potrebbe
quindi illuminare la specifica disciplina dettata per singole ipotesi (ad
esempio, il fallimento dei soci a responsabilità illimitata), «non può avere
altro valore che di constatazione di un dato pregiuridico, di certo utile alla
comprensione del sistema positivo, ma inidonea a fondare una presunzione
assoluta di conformità a questo dato, del sistema medesimo»» (20). In altri termini il legislatore ha deciso di
scindere la formale imputazione giuridica dei debiti sociali, che fa capo alla
società, dalla titolarità economica degli stessi, che grava invece sui soci: del
resto ciò si verifica anche in materia di società di capitali, e precisamente
laddove l'unico socio di s.r.l. o di s.p.a. sia chiamato a rispondere
personalmente e illimitatamente delle obbligazioni sociali (artt. 2462 e 2325
c.c.).
Sotto altro profilo, poi, l'opinione manifestata dalla Corte di
Verbania tende a obliterare, come si è evidenziato, il dato della solidarietà
dell'obbligazione tra soci e società (art. 2291 c.c.) e in particolare il
disposto di cui all'art. 1306, comma 1, c.c., per il quale, si ripete, la
sentenza pronunciata tra il creditore e uno dei debitori in solido non ha
effetto contro gli altri debitori.
Anche da un punto di vista pratico si può
osservare come il riconoscimento dell'opponibilità al socio del titolo esecutivo
emesso contro la società non sempre risulta sufficiente al fine di iscrivere
ipoteca giudiziale su beni del socio stesso e quindi di ottenere il risultato
desiderato. Basti pensare alla possibile mancanza nel titolo dei dati
identificativi del soggetto a carico del quale viene richiesta l'iscrizione,
cioè del socio illimitatamente responsabile. Circostanza quest'ultima che
preclude l'iscrizione, a meno che si voglia ammettere, in spregio dei princìpi
generali in materia, che la nota da presentarsi al Conservatore possa essere non
conforme al titolo.
Infine va posto in risalto che, seppure si volesse
ritenere (come sostenuto nel decreto) che la responsabilità dei soci per le
obbligazioni sociali fosse diretta per debito proprio, il titolo esecutivo
ottenuto contro la società (debitamente notificato ai soci) dovrebbe comunque
avere efficacia verso i soci soltanto limitatamente all'accertamento del debito,
non anche per il riconoscimento della loro effettiva qualità di componenti la
compagine sociale: per questo occorrerebbe, invece, una pronuncia specifica nei
loro confrontii (21).
Autore: Dott. Gianluca Carlini, pubblicato su: "Riv. notariato",
2006, 3, 756
Note:
(1) Si vedano, ad esempio, Ferrara jr.-Corsi, Gli imprenditori e le società,
6ª ed. agg., Milano, 1980, p. 243; Guerrera, voce Società in nome collettivo, in
Enc. dir., vol. XLII, Milano, 1990, p. 952; Ghidini, Società personali, Padova,
1972, pp. 228 e 260, nota 27; Galgano, Le società in genere. Le società di
persone, in Trattato di diritto civile e commerciale, già diretto da Cicu e
Messineo e continuato da Mengoni, vol. XXVIII, Milano, 1982, p. 295, che
qualifica la responsabilità dei soci per le obbligazioni sociali come diretta e
principale.
(2) Così, Graziani, Diritto
delle società, 5ª ed., Napoli, 1963, p. 126 ss.; Simonetto, Responsabilità e
garanzia nel diritto delle società, Padova, 1959, p. 157 ss.; Di Sabato,
Capitale e responsabilità interna nelle società di persone, rist., Milano, 2005,
p. 309 ss. e in particolare p. 345; Rescigno, Trasformazione di società e
responsabilità dei soci, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1950, p. 939;
Campobasso, Diritto commerciale, 2. Diritto delle società, Torino, 1992, pp.
87-88; Spada, La tipicità delle società, Padova, 1974, p. 32 ss.; Maggiolo,
Obbligazioni sociali, responsabilità dei soci e solidarietà, in Riv. dir. comm.,
I, 1990, p. 48. Nell'àmbito della ricostruzione della responsabilità del socio
in termini di responsabilità per debiti altrui, alcuni autori, evidenziate le
differenze che sussistono con la disciplina dettata in materia di fideiussione,
preferiscono richiamare la figura della responsabilità solidale contratta
nell'interesse esclusivo di uno dei condebitori (art. 1298, comma 1,
c.c.).
(3) Cfr., recentemente,
Cass., 6 ottobre 2004, n. 19946, in Giust. civ. Mass., 2004, f. 10; Cass., 29
novembre 1995, n. 12405, in Le società, 1996, p. 270 ss.; Cass., 17 gennaio
2003, n. 613, in Foro it., 2004, I, p. 846; Cass., 5 novembre 1999, n. 12310, in
Vita not., 2001, p. 331; Cass., 14 giugno 1999, n. 5884, in Giust. civ. Mass.,
p. 1375; Cass., 8 agosto 1997, n. 7353, in Giust. civ. Mass., 1997, p. 1367;
Cass., 12 aprile 1994, n. 3399, in Le società, 1995, p. 39, con nota di
Pagliani; contra Cass., 13 ottobre 1986, n. 5995, in Dir. fall., 1987, II, p.
419.
(4) Galgano, op. cit., p.
86 e p. 401 ss., che richiama l'art. 2294 c.c., quale esempio di disposizione
formulata per l'imprenditore commerciale e applicabile al singolo socio. Prima
ancora, per la tesi dei soci illimitatamente responsabili quali imprenditori
indiretti, si veda, Bigiavi, Difesa dell'imprenditore occulto, Padova, 1962, p.
76 ss. e p. 85 ss.; Id., Sulla qualità d'imprenditore del socio illimitatamente
responsabile, in Riv. dir. civ., 1959, II, p. 302 ss.
(5) Cfr. G. Ferri, Le
società, in Tratttato di diritto civile italiano, fondato da F. Vassalli, vol.
X, t. 3, Torino, 1987, p. 83; Buonocore, Fallimento e impresa, Napoli, 1969, p.
201 ss. Rintraccia il fondamento della responsabilità del socio
nell'attribuzione del potere di amministrare, anche Oppo, L'identificazione del
tipo società di persone, in Riv. dir. civ., 1988, I, p. 619.
(6) Sul punto, si consulti
lo studio di Proto Pisani, Note in tema di limiti soggettivi della sentenza
civile, in Foro it., 1985, I, c. 2385 ss.
(7) G. Ferri, op. cit., pp.
188-189.
(8) Si consulti, per tutti,
P. Rescigno, Persona e comunità. Saggi di diritto privato, rist., Padova, 1987,
p. 247 ss. e in particolare p. 258 ss.; anche se di recente va dato atto di
diversi tentativi di ridimensionare la rilevanza del tema della soggettività
giuridica (v. Marasà, Le società. Società in generale, in Trattato di diritto
privato, a cura di Iudica e Zatti, Milano, 1991, p. 90).
(9) Ad esempio, Cass., 20
aprile 1994, n. 3773, in Le società, 1994, p. 1053 ss., con nota di V. Carbone;
Cass., 15 gennaio 2003, n. 502, in Vita not., 2003, p. 269; Cass., 18 luglio
2002, n. 10427, in Giust. civ. Mass., 2002, p. 1265; Cass., 21 gennaio 2000, n.
642, in Giust. civ. Mass., 2000, p. 104; Cass., 19 novembre 1999, n. 12833, in
questa Rivista, 2000, p. 990; Cass., 15 febbraio 1999, n. 1231, in Foro it.,
1999, I, p. 2578; Cass., 28 febbraio 1998, n. 2252, in Giust. civ., 1998, I, p.
1245. Inoltre si veda l'ampia casistica riportata in Buonocore-Castellano-Costi,
Società di persone, in Casi e materiali di diritto commerciale, rist., Milano,
1980, p. 178, nota 30.
(10) Né un ostacolo al
riconoscimento della soggettività giuridica può ravvisarsi dalla lettura
dell'art. 2284 c.c., secondo cui «gli altri soci» devono liquidare la quota agli
eredi, in quanto questa formula si spiega per il fatto che, in caso di morte
sono previste anche soluzioni alternative che modificano il contratto sociale e
quindi coinvolgono i singoli soci come tali. Neppure appare decisivo il richiamo
all'art. 2285 c.c. che impone la comunicazione di recesso agli altri soci,
obbligo che dipende semplicemente dall'intuitus personae tipico delle società
personali.
(11) Cfr. Cass., 13 ottobre
1986, n. 5995, cit.
(12) Sostanzialmente nei
termini, Rordorf, La responsabilità per le obbligazioni sociali, in Le società,
1986, pp. 249-250.
(13) Così, ad esempio,
Trib. Milano, 26 giugno 1989, in Le società, 1989, p. 1278; Cass., 8 novembre
2002, n. 15700, in Giust. civ. Mass., 2002, p. 1937; Cass., 26 novembre 1999, n.
13183, in Diritto e pratica delle società, de Il Sole 24 Ore, 2000, p. 82 ss.;
Cass., 3 giugno 1998, n. 5434, in Giust. civ. Mass., 1998, p. 1202; Cass., 26
giugno 1992, n. 8011, in Le società, 1992, p. 1517 ss.
(14) Una base positiva del
favore per l'obbligato è stata, ad esempio, ravvisata nell'art. 1184 c.c., in
virtù del quale si presume stabilito a favore del debitore il termine fissato
per l'adempimento, contro la regola dell'immediata esigibilità della
prestazione; inoltre nell'art. 1286 c.c. che attribuisce al debitore, nelle
obbligazioni alternative, la facoltà di scelta non conferita espressamente al
creditore o al terzo; infine nell'art. 1371 c.c. che pone come regola finale
interpretativa dei contratti a titolo gratuito quella della minore gravosità per
il soggetto obbligato.
(15) Per tutti, in
dottrina, P. Rescigno, voce Delegazione (dir. civ.), in Enc. dir., vol. XI,
Milano, 1962, p. 949; Id., voce Obbligazioni (dir. priv.), in Enc. dir., vol.
XXIX, Milano, 1979, p. 169; Campobasso, op. cit., p. 86; Maggiolo, op. cit., p.
37 ss. e in particolare p. 64; in giurisprudenza, si veda, recentemente, Cass.,
16 settembre 2004, n. 18653, in Giust. civ. Mass., 2004, f. 9; al contrario
escludono la solidarietà tra soci e società, ammettendola limitatamente ai soli
rapporti tra i soci, Buonocore-Castellano-Costi, op. cit., p. 637.
(16) Cfr. sul punto in
particolare, Cass., 26 novembre 1999, n. 13183, in Diritto e pratica delle
società, de Il Sole 24 Ore, del 28 agosto 2000, p. 82 ss., con nota di
Nisivoccia; inoltre si veda, Cass., 15 febbraio 1999, n. 1231, in Foro it.,
1999, I, p. 2578; Cass., 28 luglio 1997, n. 7021, in Giust. civ. Mass., 1997, p.
1284; Cass., 13 luglio 1995, n. 7650, in Giust. civ. Mass., 1995, p.
1364.
(17) Triola, Della tutela
dei diritti. La trascrizione, in Trattato di diritto privato, diretto da
Bessone, vol. IX, Torino, 2000, p. 277.
(18) Si veda, in dottrina,
Vascellari, Modifiche al libro sesto del codice civile e norme di servizio
ipotecario, in riferimento alla introduzione di un sistema di elaborazione
automatica nelle Conservatorie dei registri immobiliari, in Le nuove leggi
civili commentate, 1986, p. 107; Maltese, voce Registri immobiliari, in Enc.
dir., vol. XXXIX, Milano, 1988, p. 484; recentemente, in giurisprudenza, Trib.
Siracusa, 14 dicembre 2001, in Arch. civ., 2002, p. 728.
(19) Sostengono che il
titolo esecutivo formatosi contro la società vale anche nei confronti del socio,
Cass., 6 ottobre 2004, n. 19946, cit.; Cass., 14 giugno 1999, n. 5884, cit.;
Cass., 8 agosto 1997, n. 7353, cit.; App. Firenze, 29 marzo 1988, in Dir. fall.,
1989, II, p. 143 ss.
(20) Di Sabato, op. cit.,
p. 317.
(21) Così, ad esempio, Cass., 26 novembre 1999, n. 13183, cit., che comunque si schiera per l'inopponibilità al socio della sentenza pronunciata nei confronti della società. Nello stesso senso era anche l'orientamento della dottrina prevalente sotto il vigore del codice abrogato.