IL MOBBING:

come individuarlo, come combatterlo


Che cosa è?

Con il termine mobbing si intendono tutti quei comportamenti violenti che si verificano sul posto di lavoro attraverso atti, parole, gesti, scritti vessatori, persecutori, intenzionali e, comunque lesivi dei valori di dignità di personalità umana e professionale, cioè arrecano offesa alla dignità o all'integrità fisica e psichica di una persona fino a mettere in pericolo l'impiego o di degradare il clima aziendale. Il mobbing, quindi, è una sindrome psico-sociale multidimensionale.

E’ una sindrome perché si caratterizza da sintomi specifici ed aspecifici, fisici e psichici non sempre riducibili a delle categorie nosografiche. Possono essere le più svariate: disturbo di ansia, tra cui disturbi di panico, depressione, difficoltà di concentrazione, disturbi del sonno, perdita di memoria, disturbo post-traumatico da stress.

Il mobbing è un fenomeno psicosociale perché colpisce l’individuo nelle manifestazioni della sua vita professionale, il gruppo di lavoro e l’organizzazione. Multidimensionale in quanto si origina e si sviluppa e coinvolge tutti i livelli gerarchici dell’azienda.

 

Quali sono le tipologie del mobbing?

Mobbing verticale: si verifica quando l’azienda si identifica con il mobber, cioè quando è l’azienda a mettere in atto delle strategie mobizzanti, dirette o indirette, volte ad eliminare un dipendente sgradito. Mobbing orizzontale: si verifica tra pari grado, quando un certo numero di colleghi emarginano qualcuno che per qualche motivo il gruppo non vuole. Talvolta può essere una dinamica psicologica di branco quasi inconsapevole, diretta a scaricare su un capro espiatorio le tensioni, l’aggressività, le gelosie del lavoro.

Mobbing discendente: si verifica quando un superiore gerarchico mette in atto delle strategie mobizzanti, direttamente o indirettamente, contro la vittima.

Mobbing ascendente: si verifica quando è un gruppo di colleghi di grado inferiore a coalizzarsi contro un superiore gerarchico.

Mobbing combinato: indica la situazione in cui le persecuzioni vengono attuate contemporaneamente sia in senso orizzontale che verticale.

Mobbing diretto: si verifica quando i comportamenti mobizzanti attuati dal mobber sono rivolti direttamente alla vittima.

Mobbing indiretto: si verifica quando le azioni mobizzanti non sono rivolte direttamente alla vittima, ma si riversano sulla sua famiglia, i suoi amici, il suo ambiente di lavoro.

Mobbing leggero: si verifica quando le violenze psicologiche perpetrate ai danni della vittima sono sottili e silenziose.

Mobbing pesante: si verifica quando le violenze psicologiche perpetrate ai danni della vittima sono palesi e violente.

 

Che cosa sono le azioni mobizzanti?

Le azioni mobizzanti sono tutti quei comportamenti ostili, come possono essere gli attacchi, le strategie che il mobber mette in atto nei confronti della vittima. Costituiscono, in altre parole, la manifestazione concreta del mobbing; sono i mezzi che il mobber utilizza per raggiungere il suo obiettivo. Esistono diversi metodi per mobizzare un lavoratore.

 

Quali sono le azioni del mobbing?

Palesi e violente: attuate attraverso aggressioni verbali o fisiche, urla, allusioni pesanti alla sfera privata o sessuale;

Sottili e silenziose: realizzate attraverso un susseguirsi di episodi che portano al progressivo isolamento della vittima e alla sua esclusione graduale dal gruppo;

Logistiche: la vittima viene trasferita in una sede periferica, scomoda e lontana dalla famiglia e dagli amici;

Disciplinari: la vittima riceve continue lettere di richiamo ingiustificate, diviene oggetto di un controllo ossessivo, e in caso di malattia viene perseguitato con continue visite fiscali;

Mansionali: alla vittima vengono assegnati lavori inutili, mansioni dequalificanti e umilianti;

Paradossali: alla vittima vengono assegnati compiti al di sopra delle sue competenze, che non sarà in grado di svolgere, ed è quindi messa in condizione di sbagliare.

 

Quali sono le cause del mobbing?

Le cause si suddividono in cause soggettive e oggettive:

  1. LE CAUSE SOGGETTIVE: stress; conflitti che possono insorgere sul posto di lavoro; caratteristiche di personalità; difficoltà di comunicazione; relazioni interpersonali; competitività;
  2. LE CAUSE OGGETTIVE: disoccupazione; flessibilità; fusioni di più aziende; esigenza di ridurre i costi aziendali; trasformazioni tecnologiche, commerciali o finanziarie.

 

Quali sono le conseguenze del mobbing?

Le conseguenze possono essere di tre tipi:

  1. conseguenze per la vittima;
  2. conseguenze per l’azienda;
  3. conseguenze sociali.

 

1) Le conseguenze per la vittima:

  1. conseguenze psicofisiologiche: Bruciori di stomaco, Problemi gastrici, Ulcera, Mancanza di fiato, Problemi di respirazione, Senso di oppressione, Dolori muscolari, Senso di debolezza alle gambe, Sudorazione, Tremore, Cefaleo muscolo-tensiva, Cervicale, Mal di schiena, Infarto del miocardio, Palpitazioni, Tachicardia, Annebbiamento temporaneo della vista, Dermatosi, Disturbi cutanei, Psoriasi, Calo difese dell'organismo.
  2. conseguenze psicopatologiche: Disturbi di ansia, Disturbi di attacco di panico, Depressione, Difficoltà di concentrazione, Disturbi del sonno, Disturbi sessuali, Perdita di memoria, Disturbo post-traumatico da stress

2) Le conseguenze per l’azienda:

  1. conflittualità tra i dipendenti (inasprimento del clima aziendale);
  2. calo dell’efficienza dei dipendenti;
  3. abbassamento della qualità del prodotto/servizio;
  4. conseguenze economiche;
  5. danno d’immagine.

3) Le conseguenze sociali:

  1. aumento della spesa sanitaria ed assistenziale;
  2. aumento del carico fiscale per i contribuenti;
  3. aumento del sistema previdenziale.

 

Cosa fare nei casi di mobbing?

Il mobbing è un settore specifico della psicologia ma allo stesso tempo presuppone numerosi contributi da altre discipline: medicina del lavoro, sociologia, giurisprudenza. Molte, infatti, sono le figure professionali che se ne occupano a pieno titolo: medici di base, medici del lavoro, psichiatri, psicologi clinici e del lavoro, avvocati, sindacalisti, e formatori ecc. Affinché si possa risolvere il mobbing si propone l’integrazione delle competenze nel lavoro di équipe, attraverso una sintonizzazione operativa degli obiettivi da raggiungere, come unica strada per tutelare le risorse umane. Schematicamente possiamo suddividere l’intervento psicologico in questo modo:

  1. INTERVENTO PSICOLOGICO AD APPROCCIO STRATEGICO: è utile nei casi di mobbing perché solitamente esso è breve, è orientato all’estinzione dei sintomi e alla risoluzione del problema presentato dal paziente;
  2. PERIZIA GIURIDICO-LEGALE: serve a valutare la sindrome da mobbing dato che quest’ultima può essere caratterizzata da fattori psicologici, emotivi, relazionali, e somatici, potrebbe emergere la richiesta di una valutazione del danno psicologico subito dalla persona vessata, ai fini di un’eventuale richiesta di un risarcimento.

 

Che tipo di prevenzione può esserci nei casi di mobbing?

Corsi di FORMAZIONE all’interno delle aziende per prevenire il mobbing.
Il SINDACATO può svolgere un ruolo fondamentale nella lotta contro il mobbing attraverso le misure che può adottare all’interno delle aziende.

 

Quali sono gli strumenti giuridici di cui si dispone?

La normativa Italiana comprende:

NORME COSTITUZIONALI:

Art. 2: La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali, ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.

Art. 3: Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Art. 4: La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuova le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.

Art. 32: Costituzione italiana La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

Art. 35: La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni. Cura la formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori. Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro. Riconosce la libertà di emigrazione, salvo gli obblighi stabiliti dalla legge nell’interesse generale, e tutela il lavoro italiano all’estero.

Art. 36: Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia una esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. Il lavoratore ha diritto a riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunciarvi.

Art. 41: L’iniziativa economica è libera. – Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.

 

NORME DEL CODICE CIVILE:

Art. 2043: Risarcimento per fatto illecito. – Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno.

Art. 2049: Responsabilità dei padroni e dei committenti. – I padroni e i committenti sono responsabili per i danni arrecati dal fatto illecito dei loro domestici e commessi nell’esercizio delle incombenze a cui sono adibiti.

Art. 2087: Tutela delle condizioni di lavoro. – L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro.

NORME DEL CODICE PENALE:

Art. 590: Lesioni personali colpose. - Chiunque cagiona ad altri, per colpa, una lesione personale è punito con la reclusione fino a tre mesi o con la multa fino a 300 €. Se la lesione è grave la pena è della reclusione da uno a sei mesi o della multa da 120 € a 600 €; se è gravissima, della reclusione da tre mesi a due anni o della multa da 300 € a 1.200 €. Se i fatti di cui al precedente capoverso sono commessi con violazione delle norme della circolazione stradale o della prevenzione degli infortuni sul lavoro, la pena per le lesioni gravi è della reclusione da due a sei mesi o della multa da 200 € a 600 €; la pena per lesioni gravissime è della reclusione da sei mesi a due anni o della multa da 600 € a 1.200 €. Nel caso di lesioni di più persone si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse, aumentata fino al triplo; ma la pena della reclusione non può superare gli anni cinque. Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo nei casi previsti nel primo e nel secondo capoverso, limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all’igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale.

Art. 594: Ingiuria. – Chiunque offende l’onore o il decoro di una persona presente è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a 1.000 €. Alla stessa pena soggiace chi commette il fatto mediante comunicazione telegrafica o telefonica, o con scritti o disegni, diretti alla persona offesa. La pena è della reclusione fino a un anno o della multa fino a 1.000 €, se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato. Le pene sono aumentate qualora l’offesa sia commessa in presenza di più persone.

Art. 595: Diffamazione. – Chiunque, fuori dai casi indicati nell’articolo precedente, comunicando con più persone offende l’altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a 1.000 €. Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a 2.000 €. Se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a 1.000 €. Se l’offesa è recata ad un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una rappresentanza, o ad Autorità costituita in collegio, le pene sono aumentate.

LEGGI REGIONALI:

Legge regionale del Lazio n. 16 del 11 luglio 2002, Disposizioni per prevenire e contrastare il fenomeno del mobbing.

DISEGNI DI LEGGE:

n. 122 del 6 giugno 2001 d'iniziativa di Tomassini; Disposizioni a tutela della violenza o della persecuzione psicologica;

n. 266 del 21 giugno 2001 d'iniziativa di RIPAMONTI: Tutela della persona che lavora da violenze morali e persecuzioni psicologiche nell'ambito dell'attività lavorativa;

n. 422 del 9 luglio 2001 d'iniziativa di MAGNALBO': Norme per contrastare il fenomeno del mobbing;

n. 870 del 21 novembre 2001 d'iniziativa di COSTA: Norme per contrastare il fenomeno del mobbing;

n. 924 del 5 dicembre 2001 d'iniziativa di BATTAFARANO: Tutela della persona che lavora da violenze morali e persecuzioni psicologiche nell'ambito dell'attività lavorativa;

n. 986 del 20 dicembre 2001 d'iniziativa di TOFANI: Disposizioni a tutela della persecuzione psicologica negli ambienti di lavoro;

n. 1280 del 21 marzo 2002 d’iniziativa di SODANO: Norme per la tutela delle lavoratrici e dei lavoratori da molestie morali e psicologiche nel mondo del lavoro;

n. 1290 del 27 marzo 2002 d'iniziativa di EUFEMI: Norme per contrastare contro la violenza psicologica nei luoghi di lavoro;

PROPOSTE DI LEGGE:

N. 2040 DEL 28 NOVEMBRE 2001 d'iniziativa di FIORI; Disposizioni a tutela della violenza o della persecuzione psicologica;

N. 1128 del 28 giugno 2001 d'iniziativa di BENVENUTO; Disposizioni a tutela della violenza o della persecuzione psicologica;

N. 581 del 6 giugno 2001 d'iniziativa di LODDO; Disposizioni a tutela della violenza o della persecuzione psicologica;

SENTENZE:

  1. Tribunale di Torino Sentenza n. 4091/98 R.G. notizie di reato; N.113/02 R.G del 15 luglio 2002
  2. Tribunale di Napoli Ordinanza del 23 maggio 2002
  3. Tribunale di Taranto Sentenza n. 2948/2001 del 7 dicembre 2001 Palazzina LAF Tribunale di Pisa-Sentenza del 7 ottobre 2001 Estensore dott. Nisticò Fulceri contro Autogrill S.p.A. e Rigo Risarcimento del danno esistenziale e del danno morale per molestie sessuali e mobbing, determinanti dimissioni della lavoratrice per giusta causa. Responsabilità in solido del datore di lavoro e del molestatore per il danno "esistenziale", in violazione dell’art. 2087 c.c.; a carico del solo molestatore, per il danno morale da reato
  4. Tribunale di Lecce Ordinanza del 31 agosto 2001 Presidente Invitto - Relatore Buffa Ministero del Lavoro contro Claudi L’Amministrazione, che sola è parte del rapporto di lavoro con il dipendente, è titolare dell’obbligo di sicurezza ex art. 2087 c.c. nei confronti dei dipendenti e responsabile in quanto tale anche nei confronti di altri (artt. 1228 e 2049 c.c.)
  5. Tribunale di Como Sentenza del 22 maggio 2001 Giudice Faragnoli Bongiorno contro Minonzio
  6. Tribunale di Forlì Sentenza n. 188/1999 del 15 marzo 2001 Estensore dott. Carlo Sorgi Il danno derivante da una condotta mobbizzante va qualificato come danno esistenziale o alla vita di relazione. Il diritto al risarcimento di tale danno ha natura sia contrattuale sia extracontrattuale (art. 2087 c.c. e combinato disposto art. 32 Cost. e art. 2043 c.c.)
  7. Suprema Corte di Cassazione - Sezione VI Penale Sentenza n. 10090/2001 del 12 marzo 2001 - Il datore di lavoro che maltratta un dipendente con minacce, insulti e violenze fisiche e morali, sottoponendolo a massacranti turni lavorativi, è responsabile del reato di maltrattamenti in famiglia, perché il dipendente è assimilabile ad un membro della famiglia
  8. Tribunale di Bari Ordinanza del 29 settembre 2000 Estensore dott. Beatrice Notarnicola Di Canosa contro Poste Italiane S.p.A. Il diritto del datore di lavoro ad attuare modifiche organizzative deve essere esercitato in modo da non ledere il diritto all’equivalenza delle mansioni dei lavoratori. L’inoperosità, il depauperamento delle mansioni, l’emarginazione logistica e fisica accompagnate al conseguente svilimento della personalità professionale costituiscono mobbing.
  9. Suprema Corte di Cassazione - Sezione Lavoro Sentenza n. 5491/2000 del 2 maggio 2000 Il lavoratore che sia vittima di comportamenti "persecutori" da parte del datore di lavoro ha diritto al risarcimento del cosiddetto "danno biologico" (ad esempio disturbi del sistema nervoso), ma deve dimostrare l’esistenza di un "nesso causale" tra il comportamento del datore di lavoro ed il pregiudizio alla propria salute
  10. Tribunale di Torino Sentenza del 30 dicembre 1999 Estensore dott. Vincenzo Ciocchetti Stomeo contro Ziliani S.p.A. Il comportamento del mobber (in questo caso il datore di lavoro), autore di pressioni ed intimidazioni atte ad indurre la lavoratrice a dimettersi, è fonte di responsabilità per il combinato disposto degli artt. 32 Cost. e 2087 c.c.
  11. Tribunale di Torino Sentenza n. 5050/1999 del 16 novembre 1999 Estensore dott. Vincenzo Ciocchetti Erriquez contro Ergom Materie Plastiche S.p.A. Risarcibile il danno psichico da mobbing alla lavoratrice dimessasi perché lasciata ad operare in locali angusti, in condizione di isolamento ed esposta a continui maltrattamenti dal capoturno

RISOLUZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO

Risoluzione A5-0283/2001.(2001/2339(INI)) Il Parlamento europeo […] invita la commissione a presentare entro il marzo 2002, un libro verde recante un’analisi dettagliata della situazione relativa al mobbing sul posto di lavoro in ogni Stato membro e, sulla base di detta analisi, a presentare successivamente, entro l’ottobre 2002, un programma d’azione concernente le misure comunitarie contro il mobbing sul posto di lavoro; chiede che tale piano d’azione venga corredato da uno scadenzario; […] incarica la sua presidente di trasmettere la presente risoluzione alla Commissione, al Consiglio, alla Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro ed all’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro.

(tratto dal sito: www.mobbingonline.it)