INGIUSTIFICATO ARRICCHIMENTO INDIRETTO

 

Introduzione

Il legislatore civile, ex art. 2041 c.c., individua l'azione generale1 di arricchimento, volta essenzialmente ad evitare che possano sussistere degli spostamenti patrimoniali senza giustificazione2, come si evince dallo stesso dato letterale laddove si spiega che "Chi, senza una giusta causa, si è arricchito a danno di un'altra persona è tenuto...a indennizzare quest'ultima...".

La norma de quo, allora, per la sua applicazione sembra richiedere la sussistenza di un arricchimento di un determinato soggetto nei confronti di un altro in assenza di una valida causa giustificativa3, potendo, tra l'altro, il vantaggio essere rappresentato da un incremento patrimoniale o da un mancato detrimento patrimoniale, risultante dall'avere evitato la perdita di un bene o risparmiato una spesa4. In altri termini, lo stesso legislatore, sembra richiedere un collegamento eziologico diretto ed immediato tra arricchimento e depauperamento, id est il fatto deve essere unico generatore5 di entrambi gli eventi. Inoltre, generalmente, per l'esperibilità di tale azione si richiede che il fatto generatore sia lecito6, poiché l'eventuale illiceità lo attrarrebbe nella sfera applicativa dell'art. 2043 c.c.

Ulteriore elemento legittimante l'azione di ingiustificato arricchimento, ex art. 2041 c.c., accanto a quelli di liceità, generalità ed unico fatto generatore (nel senso di collegamento eziologico depauperamento-arricchimento), è dato dal carattere sussidiario dell'azione de quo, ex art. 2042 c.c., che determina l'improponibilità in concreto7 dell'azione nei casi in cui possano sussistere altre azioni volte ad ottenere l'indennizzo per il pregiudizio subito.

Tuttavia, seppure gli elementi caratterizzanti l'azione di ingiustificato arricchimento, ex art 2041 c.c., sembrano essere sufficientemente chiari e determinati, invero, particolari problemi interpretativi si pongono nel caso in cui si voglia esperire tale azione verso un terzo che si sia arricchito grazie ad una prestazione ridondata a suo vantaggio, ma eseguita in virtù di un rapporto intervenuto tra il c.d. depauperato ed un altro soggetto (c.d. intermediario), resosi poi insolvente. In altre parole, ci si chiede se possa configurarsi giuridicamente un'azione ex art. 2041 c.c. contro il terzo avvantaggiato, laddove il legislatore sembra, prima facie, escluderlo categoricamente con l'inciso "correlativa diminuzione patrimoniale".

Tesi negativa

Parte della dottrina8 e giurisprudenza9 sembra optare per la tesi più rigorosa ovvero negativa.

Le argomentazioni poste a sostegno di tale tesi interpretativa, muovono le mosse principali essenzialmente dalla lettura rigorosa del dato normativo, dalla ratio dell'istituto de quo, nonchè dal concetto di sussidiarietà in astratto, ex art. 2042 c.c.

Partendo dal dato letterale, infatti, si dice che l'inciso "chi...si è arricchito a danno di un'altra persona è tenuto...a indennizzare quest'ultima della correlativa diminuzione patrimoniale", sembra escludere a chiare lettere l'esperibilità dell'azione de quo verso il terzo avvantaggiato; in particolare, il concetto di correlatività lascia ipotizzare la sussistenza di un collegamento eziologico diretto ed immediato tra arricchito e depauperato, sine causa, nonché la stessa formula legislativa, volta ad individuare il soggetto attivo e passivo ("chi...a danno...").

Infatti, il concetto stesso di correlatività è riferibile ad un nesso di causalità diretta, nel senso che l'impoverimento deve essere causa dell'arricchimento o che entrambi siano effetti della medesima causa, e ciò varrebbe ad escludere l'esperibilità10 dell'azione verso il terzo, perché, a rigore, costui sarebbe solo soggetto avvantaggiato in modo indiretto, con la conseguenza di non aver potuto causare una danno all'istante, ma al più al c.d. soggetto intermediario.

Se, allora, il terzo è solo avvantaggiato che non ha causato alcun danno diretto all'istante, evidentemente, l'art. 2041 c.c. non potrà trovare applicazione verso il terzo, perché costui non si sarebbe arricchito a danno "di un'altra persona" (intesa come soggetto depauperato).

Diversamente argomentando, si dice, si correrebbe il rischio di entrare in contrasto con la lettera della legge, individuando un vulnus alla posizione giuridica del terzo, che si vedrebbe costretto a indennizzare il soggetto istante verso il quale non solo non ha alcun rapporto giuridico negoziale, ma neanche ha causato un danno11.

D'altronde la stessa ratio dell'istituto sembrerebbe deporre nello stesso senso, perché volta ad evitare spostamenti patrimoniali sine causa, mentre nel caso di ingiustificato arricchimento indiretto potrebbe ben sussistere una giusta causa negoziale tra c.d. intermediario e terzo, che, per ciò solo, non dipenderebbe necessariamente dal rapporto giuridico intermediario-istante; con la conseguenza, tra le altre, che sussisterebbe un'indipendenza causale tra i due spostamenti patrimoniali, per cui se il trasferimento del bene tra istante e intermediario è sine causa12, questo non implica, sic et simpliciter, l'assenza di causa nel rapporto giuridico intermediario-terzo.

In altre parole, il rapporto giuridico intermediario-terzo avrebbe una propria autonomia strutturale e causale, del tutto indipendente dal rapporto giuridico istante-intermediario, tanto più che l'istante è del tutto estraneo ai rapporti con il terzo13, tale da impedirne una legittimazione passiva, ex art. 2041 c.c.

Ulteriore argomento a sostegno di tale ricostruzione ermeneutica, volta a sostenere la tesi negativa, sarebbe dato dallo stesso art. 2042 c.c., che precisa il carattere sussidiario dell'azione di arricchimento.

Si dice, infatti, come il criterio della sussidiarietà vada individuato in astratto, e non in concreto, con rilevanti corollari applicativi, tali da ritenere improponibile l'azione, ex art. 2041 c.c., verso il terzo avvantaggiato.

Secondo tale impostazione, pertanto, l'art. 2042 c.c. sembra imporre all'interprete una verifica in astratto della sussistenza di altre azioni esperibili a tutela dell'istante, nel senso che la mera esistenza di un'altra azione (nel caso di specie quella contrattuale che spetta al depauperato nei confronti dell'intermediario), anche solo astrattamente idonea a fornire una tutela efficace all'impoverito, impedirebbe il ricorso all'azione di arricchimento.

In altri termini, secondo questa ricostruzione14, il fatto che in concreto il depauperato non abbia trovato tutela, stante ad esempio l'insolvenza del contraente, non rappresenta una valida ragione per superare la preclusione di cui all'art. 2042 c.c., atteso che un'azione idonea a fornire tutela comunque sussiste.

D'altronde, lo stesso legislatore, ex art. 2042 c.c., effettivamente, sembra aver individuato un criterio attinente all'esperibilità dell'azione in senso formale e non sostanziale, poiché diversamente non avrebbe fatto esplicito riferimento alla possibilità di "esercitare un'altra azione", ma piuttosto all'esito negativo di un'altra azione. In questo senso, infatti, il concetto di esperibilità dell'azione sembra ipotizzare un criterio di possibilità giuridica valido ex ante, e non ex post id est laddove altre azioni giuridiche siano risultate infruttuose.

Pertanto, per tali profili ermeneutici e secondo questa ricostruzione, si dovrebbe ritenere improponibile l'azione ex art. 2041 c.c. verso il terzo avvantaggiato.

Tesi positiva

Secondo altra impostazione15, invece, il problema interpretativo posto andrebbe risolto in senso positivo, interpretando il concetto di correlatività, ex art. 2041 c.c., in senso estensivo.

In particolare, infatti, l'azione generale di arricchimento, ex art. 2041 c.c., non individua esclusivamente due soggetti, ma lascia ipotizzare l'estensione applicativa ad un terzo avvantaggiato, perché, si dice, la correlatività andrebbe intesa nel senso di collegamento tra i trasferimenti patrimoniali istante-intermediario e intermediario-terzo, che trovino fondamento originario in un unico fatto generativo. In altre parole, il sistema scelto dal legislatore volto ad individuare il soggetto attivo e passivo, ex art. 2041 c.c., non esclude l'estensione applicativa al terzo, poiché le parole "chi" e "a danno" possono ben ritrovarsi nell'ipotesi del terzo ("chi") che si sia arricchito "a danno" dell'istante.

D'altronde, si sostiene, come il fatto che tra l'arricchimento di un soggetto e la corrispondente diminuzione patrimoniale occorra un nesso di causalità diretto e immediato ("correlativa diminuzione patrimoniale", ex art. 2041 c.c.), nel senso che debba sussistere un unico fatto generativo dell'uno e dell'altro, non elude la proponibilità di tale azione nei casi di arricchimento c.d. indiretto.

Questo, si dice, almeno quando lo spostamento patrimoniale, sia pure ingiustificato, non sia determinato da una successione di fatti distinti che hanno inciso su due diverse situazioni patrimoniali soggettive, in modo del tutto indipendente l'uno dall'altro, ma allorché l'arricchimento abbia la sua fonte peculiare nel collegamento tra lo spostamento patrimoniale senza causa e il correlativo acquisto gratuito del terzo che ne abbia goduto senza titolo16. In questo senso, allora, almeno laddove sussista un collegamento tra le vicende traslative istante-intermediario e intermediario-terzo l'art. 2041 c.c. dovrebbe trovare applicazione.

D'altronde, la stessa impostazione contraria volta ad enfatizzare il concetto di unico fatto generatore, invero, non sminuisce il rilievo che il terzo viene ad avvantaggiarsi per il fatto, sine causa, intercorrente tra istante e intermediario, perché, si dice, proprio l'unicità del fatto generatore può determinare un collegamento tra posizione giuridica dell'istante depauperato e terzo avvantaggiato; diversamente, si dice, sussisterebbero più fatti generatori.

Tra l'altro, la stessa ratio giustificatrice dell'istituto de quo, essenzialmente volta ad evitare che si attuino trasferimenti patrimoniali senza giusta causa, deporrebbe nel medesimo senso, soprattutto laddove si pensi al fatto che il terzo verrebbe comunque ad avvantaggiarsi in modo ingiustificato17, perché lo stesso titolo fondante (ab origine) il trasferimento patrimoniale intermediario-terzo sarebbe da ritenersi sine causa.

Si precisa, poi, come la denominazione data dal legislatore all'azione de quo, sembrerebbe confermare tale impostazione, poiché viene formalmente qualificata come "azione generale di arricchimento", laddove il concetto di generalità sembrerebbe riferirsi all'esperibilità erga omnes, a differenza dell'azione di ripetizione dell'indebito18, ex art. 2033 c.c.; diversamente argomentando, tra l'altro, si rischierebbe di rendere l'art. 2041 c.c. un inutile duplicato dell'art. 2033 c.c..

Altresì, neanche sarebbe da condividere il rilievo mosso dai fautori della tesi negativa attinente alla presunta sussidiarietà in astratto dell'azione di arricchimento, ex art. 2042 c.c., poiché, invero, il legislatore ipotizzerebbe un carattere sussidiario da individuarsi in concreto19.

In questo senso, infatti, l'azione generale di arricchimento senza causa, ex artt. 2041 e 2042 c.c., avrebbe la funzione, per così dire, di clausola di salvezza20, nel senso che sarebbe sempre ammissibile l'azione de quo nel caso in cui vi sia stata, per qualsiasi causa giuridica (per esempio prescrizione ovvero decadenza) o di fatto (come nel caso di infruttuosa esecuzione), perdita di ogni altro effettivo e concreto rimedio giuridico posto a tutela del soggetto depauperato.

Al più, si dice, al fine di evitare che l'art. 2041 c.c. si trasformi in uno strumento idoneo ad aggirare la legge, l'azione de quo dovrebbe essere ritenuta inammissibile solo nei casi in cui non dovessero sussistere altre azioni astrattamente esercitabili per causa imputabile all'impoverito, come appunto nel caso di prescrizione o decadenza, ma non per un ostacolo di fatto (insolvenza del soggetto intermediario) e questo, si dice, perché la ratio dell'istituto de quo imporrebbe la tutela piena del soggetto depauperato sine causa.

Accogliendo tale tesi, dunque, nell'ipotesi di un soggetto istante che abbia agito nei confronti dell'intermediario in modo infruttuoso perché quest'ultimo sia risultato insolvente, allora, l'istante potrà agire, ex art. 2041 c.c., anche verso il terzo avvantaggiato21.

Altra parte della dottrina22, poi, proprio al fine di meglio strutturare e spiegare la tesi positiva, prende le mosse principali dell'argomentazione dall'art. 2038 c.c.

Se, infatti, l'art. 2041 c.c. si legge in combinato disposto con l'art. 2038 c.c., la soluzione interpretativa diviene più agevole, perché il legislatore spiega come "nel caso di alienazione a titolo gratuito, il terzo acquirente è obbligato, nei limiti del suo arricchimento, verso colui che ha pagato l'indebito", riducendo notevolmente di portata l'inciso "correlativa diminuzione patrimoniale", ex art 2041 c.c.. D'altronde, laddove il terzo abbia conseguito la prestazione (e di conseguenza si sia arricchito) a titolo oneroso, comunque il soggetto depauperato potrà esercitare in surrogatoria i diritti che competono all'intermediario nei confronti del beneficiario della prestazione, sempre che, ovviamente, quest'ultimo non abbia regolarmente adempiuto.

Tali rilievi argomentativi, dunque, sembrano ben deporre a favore della tesi positiva, riducendo notevolmente la portata della tesi contraria, soprattutto alla luce di un'interpretazione sistematica (ex artt. 2041, 2042, 2038 c.c.).

Considerazioni conclusive

Il problema posto, in verità, appare particolarmente complesso, tanto più che impone una soluzione sufficientemente determinata, soprattutto alla luce dei notevoli corollari applicativi tra cui, appunto, l'esperibilità dell'azione ex art. 2041 c.c. verso il terzo (c.d. ingiustificato arricchimento indiretto).

Tuttavia, il collegamento interpretativo, tra art. 2041 e art 2038 c.c., posto in evidenza da taluni fautori23 della tesi positiva, indubbiamente, presenta rilievi argomentativi di non poco momento, tali da spingere a optare per un'interpretazione estensiva dell'inciso "correlativa diminuzione patrimoniale", a meno che non si ponga l'accento sul concetto di sussidiarietà in astratto, ex art. 2042 c.c..

Se, infatti, la sussidiarietà va intesa in astratto24, allora, l'estensibilità applicativa dell'art. 2038 c.c. si riduce notevolmente, perché nel caso di ingiustificato arricchimento il depauperato avrà verso l'intermediario pur sempre l'azione contrattuale, da porre a fondamento della sua pretesa; con il corollario logico-applicativo che l'art. 2038 c.c. potrà collegarsi in via interpretativa non più con l'art. 2041 c.c., quanto piuttosto con l'art. 2033 e 2036 c.c.

In effetti, la lettera della legge che parla di indebito, ex art. 2038 c.c., piuttosto che di arricchimento sine causa, nonché la collocazione sistematica scelta dal legislatore, soprattutto laddove si pensi al fatto che l'art. 2038 c.c. è inserito nel titolo VII del Codice Civile "Del pagamento dell'indebito" e non nel Titolo VIII "dell'arricchimento senza causa", sembrano vietare all'interprete un collegamento ermeneutico tra art. 2041 c.c. e art. 2038 c.c. o, quantomeno, non suggerirlo.

Se, allora, la disciplina giuridica ex art. 2038 c.c. non è applicabile estensivamente all'art. 2041 c.c., neanche sarà applicabile il secondo comma dello stesso art. 2038 c.c., laddove ipotizza il caso di escussione inutile; con il corollario che il carattere di sussidiarietà, ex art. 2042 c.c., va inteso necessariamente in astratto, anche al fine di non rendere l'art. 2041 c.c. un inutile duplicato dell'art. 2033 c.c.25.

Laddove, infatti, si estenda la disciplina giuridica dell'art. 2038 c.c. sia all'art. 2033 c.c. che all'art. 2041 c.c., evidentemente, si svuoterebbero di significato entrambe le norme, sovrapponendone in modo ingiustificato i confini applicativi.

D'altronde, neanche il concetto di generalità26, ex art. 2041 c.c., in base al quale l'azione sarebbe esperibile erga omnes (e, quindi, anche verso il terzo avvantaggiato), diversamente dall'art. 203327 c.c., sembra condivisibile, tanto più che può pacificamente interpretarsi come riferibile a fatti atipici28, recuperandone, ad ogni modo, il senso letterale e la portata applicativa, nonché la sua autonomia strutturale.

In questo senso, pertanto, si nega estensibilità applicativa all'art. 2038 c.c. verso l'art. 2041 c.c., a tutto vantaggio dell'esaltazione della tesi negativa, nonché del concetto di sussidiarietà in astratto e del principio, strictu sensu, di correlatività.

Sotto quest'ottica e soprattutto alla luce della collocazione sistematica scelta dal legislatore, nonché della lettera della legge, sembra maggiormente condivisibile la tesi negativa29.

Note:

1 Secondo Cass. 3599/1999, l'azione è generale perché i fatti che la possono legittimare sono atipici e, dunque, potenzialmente illimitati.

2 Perlingieri, Manuale di diritto civile, Napoli, 1997, pag. 237; per una ricostruzione sistematica dell'istituto, ex art. 2041 c.c., vd. Caiaffa, Rivista del Consiglio, Ed. Grifo, n. 1, 2004.

3 Cass. 9806/2001; mancanza di giusta causa da interpretarsi nel senso di assenza di un idoneo titolo giuridico "legale o convenzionale, che giustifichi l'arricchimento e la correlativa diminuzione patrimoniale. L'assenza (di titolo) deve essere intesa come sinonimo di inconfigurabilità: un titolo nullo o altrimenti caducato (per annullamento, rescissione, ecc.) renderebbe infatti esperibile l'azione di ripetizione dell'indebito", ex art. 2033 c.c. (Perlingieri, op. cit.); sul confine applicativo tra art. 2033 c.c. e art. 2041 c.c., vd. Cass. 1252/2000.

4 Bianca, Diritto Civile 5, Milano 1994, pag. 813.

5 Gazzoni, Manuale di diritto privato, Napoli, 2001, pag. 689; Cass. 1686/1993, Cass. 6289/1995, Cass. 8487/2003.

6 Tale assunto, secondo parte della dottrina (Gazzoni, Schlesinger), sarebbe dimostrato dal fatto che il legislatore, ex art. 2041 c.c., prevede un' indennità e non il risarcimento del danno.

7 Vd. Barbero, Il sistema del diritto privato, Torino, 2001, pag. 825, Massari, intorno all'azione di arricchimento senza causa, in Giust. Civ. 1953, pag. 695; contra Cass. 7285/1996, in cui si legge che "la proponibilità dell'azione di arricchimento, la cui esperibilità va valutata in astratto, deve essere negata tutte le volte che il depauperato abbia a disposizione altra azione utile per farsi indennizzare del pregiudizio subito, a nulla rilevando che sia decaduto da essa o sia rimasto soccombente in giudizio per ragioni di rito o di merito (purchè queste non attengano alla carenza originaria dell'azione per difetto del titolo posto a suo fondamento)".

8 In tal senso Gazzoni, op. cit.; Perlingieri, op. cit.; vd. anche Gallo, L'arricchimento senza causa, Padova, 1990, pag. 518; contra Bianca, op. cit., nonché Bianca, La vendita e la permuta, Torino, 1993, pag. 740.

9 Cass. 1686/1993; Cass. 11051/2002; Cass. 7627/2002; Cass. 1189/1984.

10 Per l'esperibilità dell'azione di arricchimento, ex art. 2041 c.c., verso la P.A., vd. Cass. Sez. Un. 9531/1996.

11 Nel senso di assenza di giusta causa, e non di illecito; vd. nota n. 6.

12 Vd. Cass. 9806/2001, che ha avuto modo di precisare come l'azione di arricchimento, ex art. 2041 c.c., ha come presupposto che la locupletazione di un soggetto a danno di un altro avvenga sine causa, nel senso che quando è conseguenza di un contratto o, comunque, di un altro rapporto, non può dirsi che la causa manchi o sia ingiusta, almeno fino a quando il contratto o l'altro rapporto conservino, rispetto alle parti e ai loro aventi causa la propria efficacia obbligatoria; vd. anche Cass. 9859/1990, Cass. Sez. Un. 14215/2002.

13 Diversamente dalla ipotesi di delegazione, ex art. 1268 c.c., espromissione, ex art. 1272 c.c., ed accollo, ex art. 1273 c.c., dove, in qualche modo, il terzo entra nella fattispecie negoziale.

14 Vd. Cass. 6647/2002, secondo cui il carattere sussidiario dell'azione di arricchimento senza causa postula semplicemente che "non sia prevista, nell'ordinamento giuridico, altra azione (tipica) a tutela di colui che lamenti il depauperamento, che cioè sia carente ab origine una qualsiasi altra azione e non già che sia previamente sperimentata un'altra azione tipica", id est l'azione ex art. 2041 c.c. "stante il suo carattere sussidiario, deve ritenersi esclusa in ogni caso in cui il danneggiato, secondo una valutazione da compiersi in astratto, prescindendo quindi da una valutazione del suo esito, possa esercitare un'altra azione per farsi indennizzare il pregiudizio subito"; vd. anche nota n. 7.

15 Bianca, op. cit.; Barbero, op cit., secondo cui, tra l'altro, l'impostazione positiva troverebbe conferma negli artt. 67 e 59 rispettivamente della legge sulla cambiale e sull'assegno, secondo i quali al portatore rimane l'azione di arricchimento "qualora abbia perduto l'azione cambiaria"; vd. anche nota n. 8.

16 Vd. Cass. 8751/1993, che ha sostenuto come "l'appaltatore che per incarico del committente abbia eseguito lavori di ristrutturazione nell'appartamento di un terzo, può esercitare l'azione di arricchimento nei confronti di quest'ultimo nel caso di insolvenza del committente, atteso che l'azione ex art. 2041 c.c. è esperibile contro colui che abbia conseguito l'indebita locupletazione in danno dell'istante, anche quando l'arricchimento abbia la sua fonte nel collegamento tra lo spostamento patrimoniale senza causa per l'insolvenza della persona obbligata per legge o per contratto ed il correlativo acquisto gratuito del terzo che ne abbia goduto senza titolo".

17 Vd. Cass. 7627/2002: "...Poiché la mancanza di una giusta causa dell'attribuzione patrimoniale , ai fini dell'indennizzo per ingiustificato arricchimento, ex art. 2041 c.c., non si identifica con il danno soggettivamente ingiusto sofferto dalla parte depauperata, ma va accertato con riferimento alla posizione giuridica dell'arricchito; sussiste detta causa giustificatrice anche se essa derivi da un contratto intercorrente non tra il depauperato e l'arricchito, ma tra questi ed un terzo, almeno finchè tale rapporto non sia annullato, rescisso o risolto...".

18 In tema di indebito oggettivo vd. Cass. 2814/1995, nonché Cass. 1252/2000.

19 In tal senso, Spitali, l'arricchimento mediante intermediario e l'art. 2038 c.c., in Giur.it., 1994,I, pag. 1869; Breccia, L'arricchimento senza causa, in Tratt. Di dir. privato, diretto da Rescigno, Torino, 1984, vol. 9, pag. 841.

20 Secondo Cass. 9584/1998, l'azione contrattuale e di ingiustificato arricchimento possono essere proposte anche congiuntamente; Cass. 16063/2001; Cass. 17335/2002.

21 In questo senso, tra l'altro, sarebbe ipotizzabile l'esperibilità dell'azione ex art. 2041 c.c., da parte del promittente verso il terzo, ex art. 1411 c.c., seppure non sia parte nel contratto tra promittente e stipulante, laddove quest'ultimo sia risultato insolvente.

22 P.Gallo, Il codice civile-commentario, fondato da Schlesinger e diretto da Busnelli, Arricchimento senza causa artt. 2041-2042, Milano, 2003, pag. 154; Trattato di diritto civile, diretto da R.Sacco, Arricchimento senza causa e quasi contratti (i rimedi restitutori), Torino, 1996, pag. 106.

23 Vd. nota precedente.

24 Vd. nota n. 14.

25 Come accadrebbe laddove si applicasse la medesima disciplina giuridica a norme diverse, entrando in contrasto, tra l'altro, con l'art. 2 Cost., laddove vieta di trattare in modo eguale situazioni diseguali.

26 Vd. tesi positiva; vd. anche nota n. 18.

27 Che, al contrario, impone, a rigore, il collegamento applicativo con l'art. 2038 c.c..

28 Vd. Gazzoni, op. cit..

29 Contra Cass. 11656/2002, secondo cui in tema di arricchimento indiretto, "l'azione ex art. 2041 c.c. è esperibile contro il terzo che abbia conseguito l'indebita locupletazione in danno dell'istante, quando l'arricchimento sia stato conseguito dal terzo in via meramente di fatto (e perciò gratuita) nei rapporti con il soggetto obbligato per legge o per contratto nei confronti del soggetto depauperato, e resosi insolvente nei riguardi di quest'ultimo. La predetta azione è invece inammissibile ove la prestazione sia stata conseguita dal terzo in virtù di un atto a titolo oneroso".

Autore: Dott. Luigi Viola - tratto dal sito: www.altalex.com