La nuova disciplina, dopo il D.Lgs. 5/2006, delle impugnazioni dello Stato Passivo
Il d.lg. n. 5 del 2006 rende unitaria la disciplina dell'opposizione,
dell'impugnazione dei crediti ammessi e della revocazione.
L'art. 98 l.
fall. - prima relativo alla sola opposizione allo stato passivo - diventa la
norma deputata alla specificazione dei presupposti per la proposizione di tutte
e tre le impugnazioni, mentre la disposizione successiva regola il procedimento
comune applicabile alle impugnazioni "di cui all'articolo precedente". L'art.
101 nuovo conio, l. fall. a sua volta, rinvia alla disciplina di cui agli artt.
98 e 99 per quanto concerne le domande tardive.
Rispetto alla disciplina
delle impugnazioni va premesso che il nuovo art. 96 l. fall. stabilisce che il
decreto che rende esecutivo lo stato passivo e le decisioni prese dal tribunale
all'esito dei giudizi di opposizione, hanno effetti solo ai fini del concorso.
Ciò significa che la pronuncia in sede di accertamento del passivo ha efficacia
solo endofallimentare e, dunque, la riproponibilità della questione al di fuori
della sede concorsuale è sempre possibile, salvo, ovviamente, il principio posto
dall'art. 114 l. fall. nuovo conio.
Peraltro, quanto al ruolo del fallito,
non può non notarsi che in nessuna delle previsioni si prevede che il fallito
sia legittimato passivo. Ciò è in contrasto con il dato testuale emergente dalla
norma successiva che, in tema di disciplina procedimentale, stabilisce che il
tribunale fissa l'udienza in camera di consiglio, assegnando al ricorrente un
termine per la notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza
alla parte nei confronti della quale la domanda è proposta, al curatore e,
propriamente al fallito. Peraltro quest'ultimo può chiedere di essere sentito.
Si deve ritenere, pertanto, che la legittimazione del fallito stesso non sia
esclusa nonostante la lacuna testuale.
OPPOSIZIONE ALLO STATO
PASSIVO
L'adozione di un modello procedimentale unico (su cui sub art.
99 insieme con la duplice constatazione che l'intera fase di formazione del
passivo s'atteggia, pur nell'adozione di forme camerali, ad un primo grado di
giudizio a contraddittorio pieno e ad istruttoria integra e che l'art. 99
denomina testualmente i tre rimedi "impugnazioni", rende, ormai, meno pregnante
il dibattito sulla natura del giudizio d'opposizione su cui tante pagine si sono
spese nel vigore del vecchio testo. Si può quindi ritenere che la riforma
accolga l'orientamento dottrinale e giurisprudenziale prevalente sulla natura
impugnatoria del giudizio di opposizione allo stato passivo.
Mentre il
precedente dettato normativo si preoccupava di precisare quali creditori
potessero proporre opposizione e in che termini e modalità (nella specie i
creditori esclusi o ammessi con riserva), invece l'attuale comma 1 ha cura di
precisare l'oggetto dell'opposizione in parola e, precisamente, il "decreto che
rende esecutivo lo stato passivo". L'oggetto dell'opposizione è pertanto il
decreto depositato in cancelleria con il quale il giudice delegato rende
esecutivo lo stato passivo, formato dopo aver terminato l'esame di tutte le
domande di ammissione, e quindi anche ora presuppone che sia conclusa la fase di
formazione e di verificazione delle pretese creditorie e che le decisioni prese
sulle stesse siano state rese in via definitiva dal giudice delegato.
L'opposizione allo stato passivo può essere proposta dai creditori o dai
titolari di diritti su beni mobili o immobili i quali contestino che la propria
domanda sia stata parzialmente accolta o integralmente respinta: tale dizione
corrisponde alla precedente definizione di creditori "esclusi" intendendosi per
esclusi coloro che si sono visti respingere totalmente o parzialmente le domande
di insinuazione al passivo fallimentare avanzate ex art. 93. Per specificare
meglio, come già si era chiarito nel vigore della precedente formulazione, nella
nozione di creditori esclusi rientrano sia le ipotesi di mancata ammissione del
credito, che della causa di prelazione ad esso annessa; sia le ipotesi di
esclusione per motivi di merito che per motivi di rito; sia le ipotesi di
esclusione totale che parziale.
Ne risultano esclusi, rispetto alla
precedente formulazione, soltanto i creditori ammessi con riserva. D'altro canto
i creditori ammessi con riserva sono quei creditori la cui ammissione sia stata
condizionata e quindi non favorevole in senso definitivo. Ai sensi del nuovo
art. 96 l. fall. sono ammessi al passivo con riserva:
1) i crediti
condizionati e quelli indicati nell'ultimo comma dell'art. 55; 2) i crediti per
i quali la mancata produzione del titolo dipende da fatto non riferibile al
creditore, salvo che la produzione avvenga nel termine assegnato dal giudice; 3)
i crediti accertati con sentenza del giudice ordinario o speciale non passata in
giudicato, pronunziata prima della dichiarazione di fallimento. A sua volta il
nuovo art. 113 bis stabilisce che quando si verifica l'evento che ha determinato
l'accoglimento di una domanda con riserva, su istanza del curatore o della parte
interessata, il giudice delegato modifica lo stato passivo con decreto,
disponendo che la domanda deve intendersi accolta definitivamente. Ne deriva che
per i crediti ammessi con riserva vale il rimedio del decreto del giudice
delegato.
Per quanto concerne la legittimazione passiva, si escludeva anche
in precedenza che legittimati a proporre opposizione fossero il curatore ed il
fallito: ora si prevede espressamente che l'opposizione debba essere proposta
nei confronti del curatore. D'altro canto, al di là delle modifiche apportate
dalla riforma al ruolo del curatore, anche prima si riteneva che il curatore
fosse l'unico ed esclusivo legittimato passivo nel giudizio di opposizione.
IMPUGNAZIONE DEI CREDITI AMMESSI
Con l'impugnazione dei
crediti ammessi il curatore, il creditore o il titolare di diritti su beni
mobili o immobili contestano che la domanda di un creditore o di altro
concorrente sia stata accolta; l'impugnazione è rivolta nei confronti del
creditore concorrente, la cui domanda è stata accolta. Al procedimento partecipa
anche il curatore e, comunque, il legittimato passivo nel giudizio sarà il
soggetto di cui si contesta l'ammissione.
L'impugnazione si distingue
rispetto all'opposizione, come in precedenza, quanto all'oggetto perché
l'impugnazione tende ad eliminare dallo stato passivo uno o più creditori e
relative garanzie, nonché sotto il profilo dei soggetti legittimati.
L'impugnazione serve, pertanto, al curatore, al creditore e al titolare di
diritti su beni mobili o immobili, a far valere qualsiasi motivo che giustifichi
l'esclusione totale o parziale di un credito o di una garanzia ammessi alla
massa passiva, così come di un diritto su bene mobile o immobile di proprietà o
in possesso del fallito da parte degli altri rivendicanti, prime fra tutte le
eccezioni che il fallito avrebbe potuto far valere contro di essi nonché quelle
che la curatela avrebbe potuto essa stessa azionare.
La vera novità è
l'impugnazione da parte del curatore, previsione che si inserisce congruamente
nell'ambito del nuovo ruolo che viene ad esso attribuito, ormai parte del
giudizio di verifica.
Tra gli svariati dubbi interpretativi che la norma
pone si evidenziano soprattutto i poteri che il curatore ha in sede di
impugnazione dei crediti ammessi: se propone direttamente l'impugnazione lo fa
laddove ritenga ingiustificata l'ammissione del credito ovvero del diritto ed
ha, ovviamente, gli stessi poteri che competono alle altre parti: potrà eccepire
i fatti estintivi, modificativi o impeditivi del diritto fatto valere, nonché
l'inefficacia del titolo su cui sono fondati il credito o la prelazione, anche
se è prescritta la relativa azione.
Mentre si riconosce la legittimazione
attiva al curatore, si disconosce la medesima legittimazione al fallito così
come nella precedente formulazione.
La legittimazione passiva nel giudizio
spetta, ai sensi della norma, al creditore concorrente la cui domanda è stata
accolta: i soggetti passivi dell'impugnazione in parola restano, quindi, i
titolari di crediti "accolti" ovvero "ammessi" con riguardo esclusivo, tuttavia,
ai crediti contenuti nel decreto di esecutività dello stato passivo. Non sembra
ci siano dubbi nel ritenere passivamente legittimati anche i creditori titolari
di crediti prededucibili qualora siano contestati dai creditori concorrenti o
dagli altri creditori ammessi in prededuzione; i creditori ammessi con riserva
nonché i creditori ammessi al passivo tardivamente, specialmente alla stregua
del nuovo art. 101 l. fall.
REVOCAZIONE
L'ultima delle tre
impugnazioni contemplate dall'art. 98 l. fall. novellato è la revocazione. Si
specifica nel nuovo testo che la revocazione può essere proposta solo decorsi i
termini per la proposizione della opposizione e della impugnazione e se si
"scopre" che i provvedimenti di accoglimento o rigetto sono stati determinati da
falsità, ecc.: ciò sembra indurre a ritenere che la qualifica di
"straordinarietà" del mezzo sia in re ipsa. D'altro canto, oltre alla decadenza
dall'impugnazione per così dire "ordinaria", la norma impone il requisito (ora
più chiaro che nel testo previgente) del vizio "occulto".
Legittimati
attivi, come visto, sono il curatore, il creditore o il titolare di diritti su
beni mobili o immobili una volta decorsi i termini per la proposizione della
impugnazione o della opposizione.
La revocazione è proposta nei confronti
del creditore concorrente, la cui domanda è stata accolta, ovvero nei confronti
del curatore quando la domanda è stata respinta. Non può dubitarsi, nonostante
il tenore letterale della norma, che legittimato passivo sia anche colui la cui
rivendica sia stata ingiustamente accolta. Si prevede esplicitamente, nel primo
caso, che al procedimento partecipi il curatore.
Il curatore, il creditore o
il titolare di diritti su beni mobili o immobili, come visto, decorsi i termini
per la proposizione della opposizione o della impugnazione, possono chiedere che
il provvedimento di accoglimento o di rigetto vengano revocati se si scopre che
essi sono stati determinati da falsità, dolo, errore essenziale di fatto o dalla
mancata conoscenza di documenti decisivi che non sono stati prodotti
tempestivamente per causa non imputabile.
Da notare, quanto ai vizi occulti,
che la norma di nuovo conio non specifica - come forse sarebbe stato auspicabile
- che la falsità si riferisce alle prove; tuttavia il riferimento a quanto
previsto nell'art. 395 n. 2 c.p.c. è, come in precedenza, d'obbligo. Nel dolo,
rientreranno - in assenza di ulteriori specificazioni - i vizi di cui all'art.
395 n. 1, ossia il dolo di una parte ai danni dell'altra; n. 6, ossia il dolo
del giudice; 404 comma 2, ossia il dolo o collusione delle parti a danno di
terzi. L'errore essenziale di fatto rientra anch'esso ancora una volta nel
disposto della norma di cui all'art. 395 e, precisamente, nell'errore di fatto
revocatorio di cui al n. 4: la decisione dovrà essere fondata sulla supposizione
di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa o, viceversa, sulla
supposizione dell'inesistenza d'un fatto certamente esistente.
Si nota,
inoltre, che la norma non fa più riferimento al ritrovamento di documenti
decisivi che prima si ignoravano, bensì espressamente si riferisce alla mancata
conoscenza di documenti decisivi non tempestivamente prodotti per causa non
imputabile: ora il parallelo tra la previsione della norma fallimentare e quella
della corrispondente norma ordinaria (art. 395 n. 3 c.p.c.) è totale.
L'ulteriore novità riguarda la esplicita previsione della revocazione del
provvedimento sia di accoglimento che di rigetto: può chiedersi, pertanto, la
revocazione sia per ottenere l'esclusione di un diritto che sia stato
ingiustamente riconosciuto, sia per chiedere il riconoscimento di un diritto che
sia stato ingiustamente escluso.