BREVI NOZIONI SUI
CONTRATTI BANCARI
E
PARABANCARI
INDICE:
I CONTRATTI BANCARI
premessa
contratti bancari
tipici ed operazioni accessorie
il conto corrente bancario
il conto
corrente ordinario
il deposito bancario
l'apertura di
credito
l'anticipazione bancaria
lo sconto bancario
il mutuo
fondiario
I CONTRATTI PARABANCARI
premessa
il leasing
il sale and lease back (locazione finanziaria di
ritorno)
I CONTRATTI BANCARI
PREMESSA
I contratti bancari sono quei contratti con i quali la banca
provvede a procurarsi denaro, o ad impiegarlo, ovvero a fornire servizi
accessori al pubblico.
La ricordata definizione si ricava innanzitutto
tenendo conto della disciplina specifica contenuta nel codice civile e in
secondo luogo aderendo a quella che è oggi la dottrina prevalente che individua
il carattere unitario dei contratti bancari in un elemento soggettivo e
precisamente nel fatto che essi sono posti in essere da una banca nell'esercizio
della sua attività di impresa.
L'introduzione di una disciplina organica e
compiuta dei contratti bancari avviene per la prima volta con l'entrata in
vigore del codice civile del 1942 che, agli artt.1834-1860, ne regolamenta, come
noto, i principali tipi.
Va, invero, precisato che la qualificazione dei
contratti bancari non può più ai nostri tempi limitarsi alle tipiche operazioni
descritte agli artt.1834 e ss. cod. civ..
Infatti, l'entrata in vigore del
Testo unico bancario (D.lgs.385/1993) ha consentito alle banche non solo la
tradizionale attività di intermediazione nella circolazione del denaro
consistente nella raccolta del risparmio tra il pubblico e nella erogazione del
credito (apertura di credito, anticipazione bancaria, sconto), ma anche lo
svolgimento di qualsiasi altra attività finanziaria.
Sono, inoltre,
consentite le attività connesse o strumentali a quella finanziaria.
Ed
ancora.
Con l'entrata in vigore del D.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 le banche
possono anche svolgere servizi di investimento nei confronti del pubblico, cioè
possono svolgere tutte quelle attività di negoziazione, collocamento, gestione e
mediazione aventi ad oggetto strumenti finanziari.
Ne discende che la nozione
di contratto bancario va considerata più ampia di quella desumibile dalle norme
del codice civile, ricomprendendo non più solo le tipiche attività di
intermediazione nella circolazione del denaro, ma anche ogni altra attività
finanziaria e di investimento.
La funzione dei contratti bancari è, dunque,
quella di offrire alla banche strumenti giuridici idonei all'esercizio della
loro attività di impresa.
CONTRATTI BANCARI TIPICI E OPERAZIONI ACCESSORIE
Nell'ambito della complessa attività svolta dalle banche,
bisogna operare una triplice distinzione tra operazioni tipiche o fondamentali,
operazioni accessorie e operazioni occasionalmente bancarie.
Rientrano nella
prima categoria i contratti bancari tipici disciplinati nel codice civile,
attraverso i quali la banca esercita la sua funzione tipica di impresa di
intermediazione nel credito.
Detta funzione si realizza attraverso lo
svolgimento di operazioni attive e passive: con le prime, la banca impiega la
propria disponibilità di capitali concedendo credito ed assumendo così la veste
di creditore; con le seconde raccoglie risparmio tra il pubblico, assumendo la
veste di debitrice.
Appartengono alla categoria dei contratti bancari tipici
espressamente disciplinati dal codice civile il deposito bancario (art. 1834
cod. civ.), l'apertura di credito (art. 1846 cod. civ.) e lo sconto bancario
(art. 1860 cod. civ.).
Inoltre, vengono fatti rientrare tra i contratti
bancari tipici anche quelli attraverso i quali si attua l'intervento della banca
nei pagamenti, quali i conti correnti bancari, le convenzioni di assegno, i
crediti documentari.
Diversamente, si considerano operazioni accessorie
quelle attività mediante le quali la banca non svolge la sua tipica attività
intermediaria nel credito, ma presta al pubblico servizi diversi. Tali
operazioni rientrano o risultano dalla combinazione di contratti già noti. Le
uniche operazioni accessorie disciplinate espressamente dal codice al capo
dedicato ai contratti bancari sono: il deposito di titoli in amministrazione
(art. 1838 cod. civ.) ed il servizio della cassetta di sicurezza (art. 1839 cod.
civ.).
Vanno, comunque, comprese tra i servizi accessori altre operazioni
quali i depositi di custodia di titoli e valori, i depositi a custodia chiusi,
il servizio incassi di titoli o di valuta estera, il cambio della moneta ed
altri servizi a favore del pubblico.
Da ultimo, per completezza, si parla di
contratti occasionalmente bancari ogniqualvolta la banca si avvale di strumenti
negoziali previsti dall'ordinamento a favore di tutti i soggetti (ad es. mutuo,
riporto, fideiussione, avallo, accettazione cambiaria, mandato di credito). Tali
contratti, in quanto posti in essere da una banca, pur non assumendo la
qualifica di contratti bancari, possono tuttavia subire modifiche nella loro
disciplina (ad es. un mutuo può assumere particolari caratteri nei cd.
finanziamenti bancari nei quali, pur rimanendo invariata la causa del negozio,
diventa sempre elemento del contratto la destinazione della somma mutuata: cd.
mutuo di scopo).
IL CONTO CORRENTE BANCARIO
Si definisce contratto di conto corrente bancario l'accordo
con cui la banca si impegna nei confronti del cliente, sul presupposto
dell'esistenza di una disponibilità presso di sé, a "prestare un servizio,
consistente in sostanza in un servizio di cassa, ossia nel provvedere per conto
del cliente correntista, su ordine diretto ed indiretto e con le sue
disponibilità, ai pagamenti ed alle riscossioni.
Rientrano nel concetto di
servizio di cassa tutte le prestazioni di servizi di pagamento tra cui la
trasmissione o la esecuzione di pagamento effettuati con qualunque modalità:
operazione per cassa, emissione di assegni bancari, bonifici, utilizzo di carte
di credito o del servizio bancomat.
Si tratta, quindi, di un contratto
divenuto socialmente tipico per il frequente utilizzo e la dettagliata
disciplina contenuta nelle norme uniformi bancarie, ma legalmente atipico, non
trovando né una definizione né una compiuta regolamentazione nelle norme di
diritto positivo.
Ciò non toglie che a tale contratto siano applicabili le
norme di cui agli artt.1852 e segg. cod. civ. presentando, rispetto a queste
norme, l'elemento comune della regolamentazione in conto
corrente.
Generalmente, il correntista può disporre del conto corrente
tramite assegni bancari, ma perché ciò avvenga occorre che tra la banca ed il
correntista ci sia uno specifico accordo, chiamato convenzione di
assegno.
Quanto alla chiusura del rapporto di conto corrente, è noto che se
il conto corrente non è "in rosso", il titolare può chiuderlo quando vuole ed
eventualmente trasferirlo in un'altra banca.
Come noto, la richiesta deve
essere comunicata all'istituto di credito in forma scritta, allegando il
libretto con gli assegni non utilizzati, tessera bancomat e carta di
credito.
I tempi per l'effettiva chiusura dipendono dalle operazioni che sono
ancora in sospeso sul conto, quali pagamenti tramite carta di credito e assegni,
accrediti di stipendio o pensione.
Se sul conto sono stati depositati anche
titoli, l'operazione di trasferimento ad altra banca è decisamente più costosa,
ma il titolare potrebbe decidere di mantenere "in vita" il conto corrente anche
solo a questo scopo, trasferendo esclusivamente il deposito monetario.
IL CONTO CORRENTE ORDINARIO
Diverso dal conto corrente bancario è il conto corrente
ordinario disciplinato agli artt.1823 e segg. cod. civ..
I rapporti reciproci
di dare e avere non riguardano unicamente i rapporti tra banca e cliente, ma
possono riscontrarsi anche tra due imprenditori che abbiano un rapporto
continuativo d'affari.
Per evitare macchinosità di continui reciproci
pagamenti, le parti possono, così, stipulare un contratto di conto corrente
ordinario.
In forza di questo contratto, le parti si obbligano ad annotare in
un conto i crediti derivanti dalle reciproche rimesse considerandoli inesigibili
ed indisponibili fino alla chiusura del conto.
Alla scadenza stabilita
(comunemente ogni 6 mesi o una volta l'anno) si faranno i conti e si accerterà
chi dei due correntisti risulti essere creditore del saldo, cioè della
differenza attiva tra le reciproche rimesse.
Come è agevolmente evincibile,
la differenza tra conto corrente ordinario e quello bancario risiede
principalmente nel fatto che nel conto corrente bancario il correntista ha
diritto di disporre in qualsiasi momento delle somme che risultano a suo
credito; viceversa in quello ordinario il correntista non può esigere il saldo
del conto se non alla scadenza prestabilita (questo è il motivo per cui i
prestiti del conto corrente ordinario si dicono "inesigibili ed
indisponibili").
Sono estranee al conto corrente ordinario tutte quelle
operazioni che possono invece essere affidate dal correntista alla banca nelle
forme del conto corrente per corrispondenza.
IL DEPOSITO BANCARIO
Il deposito bancario (artt.1834-1837 cod. civ.) rappresenta
il più tradizionale e il principale strumento di raccolta del risparmio fra il
pubblico.
Il codice civile non dà una nozione di deposito bancario, ma si
limita a stabilire che nei depositi di una somma di denaro presso una banca,
questa ne acquista la proprietà ed è obbligata a restituirla nella stessa specie
monetaria, alla scadenza del termine convenuto ovvero a richiesta del
depositante, con l'osservanza del periodo di preavviso stabilito dalle parti o
dagli usi (art. 1834, comma 1, cod. civ.).
Il deposito bancario è un
contratto reale, in quanto si perfeziona con la consegna alla banca della somma;
un contratto unilaterale perché le prestazioni che ne derivano sono a carico
della sola banca che è obbligata alla restituzione della somma ed alla
corresponsione degli interessi nella misura dovuta o altrimenti in quella
legale; un contratto di durata, in quanto l'interesse delle parti non viene
soddisfatto da prestazioni istantanee, ma naturalmente destinate a durare nel
tempo; un contratto gratuito perché il depositante acquista il vantaggio di
conservare la disponibilità delle somme depositate, sulle quali la banca
corrisponde anche un interesse, mentre il vantaggio della banca si realizza al
di fuori della struttura del singolo contratto e non ha influenza per
determinarne la onerosità.
La restituzione delle somme depositate può
avvenire a vista, cioè a semplice richiesta del depositante; a tempo (nei cd.
depositi vincolati), cioè alla scadenza di un termine prefissato oppure dopo un
lungo preavviso (termine e preavviso sono da considerarsi a favore di entrambi
le parti ex art. 1184 cod. civ.).
La dottrina bancaria usa distinguere la
varie forme di deposito attraverso due criteri: dello scopo e della forma. Il
criterio dello scopo riguarda appunto lo scopo perseguito dal depositante e si
distingue tra depositi disponibili e indisponibili.
In base al criterio della
forma si distinguono depositi semplici (o ordinari), depositi di risparmio,
depositi in conto corrente.
Il deposito semplice, è quello in cui la banca
rilascia una ricevuta di cassa (o una lettera di accreditamento) della somma
depositata, la quale viene restituita in unica soluzione - alla scadenza
pattuita oppure a vista o ancora senza scadenza, ma con preavviso - non avendo
il depositante la possibilità di effettuare prelievi parziali, né di alimentare
la provvista con successivi versamenti.
Il deposito a risparmio o fruttifero
si caratterizza per il rilascio di un libretto di deposito (che può essere al
portatore o nominativo), cioè un documento che la banca rilascia al depositante
al momento dell'accensione del rapporto (in coincidenza con il primo
versamento), ove vengono annotati i versamenti ed i prelevamenti e, ad ogni
operazione, il saldo. Con esso il depositante tende alla formazione graduale del
capitale, mediante successivi versamenti per lo più di modesta entità.
Il
deposito in conto corrente è quello con cui il depositante si riserva di
modificare, nel corso del rapporto, l'entità del deposito con successivi
versamenti e prelevamenti: questi ultimi si attuano non solo direttamente agli
sportelli, ma anche mediante ordini alla banca e mediante emissione di
assegni.
Il contratto di deposito si estingue se il depositante ritira
l'intera somma depositata o dà ordine di trasferirla ad altro stabilimento della
stessa banca, restituendo il libretto.
In caso di morte del depositante il
diritto alla restituzione si trasmette agli eredi.
Trattandosi però di
depositi a risparmio con libretto nominativo, la banca ritiene risolto il
rapporto, e gli eredi dovranno provvedere alla costituzione di un nuovo
rapporto.
Si evidenzia, invero, che il deposito in conto corrente è
praticamente in disuso, essendo sostituito dal conto corrente.
L'APERTURA DI CREDITO
Nella prassi bancaria si parla di apertura di credito ogni
qual volta la banca si obbliga a compiere una determinata operazione che importa
la concessione di un credito.
L'apertura di credito viene definita dal
codice come il contratto col quale la banca (accreditante) si obbliga a tenere a
disposizione del cliente (accreditato) una somma di denaro per un dato periodo
di tempo o a tempo indeterminato (art. 1842 cod. civ.).
L'accreditato sarà
tenuto alla restituzione delle somme utilizzate solo alla cessazione del
rapporto.
L'apertura di credito costituisce una forma del mutuo, diretta a
soddisfare esigenze di natura simile alle quali però lo schema rigido del mutuo
non può piegarsi.
Infatti, mentre il mutuatario ha bisogno immediato di
denaro, l'accreditato ne ha bisogno in tempi diversi, in momenti successivi non
predeterminati, ma di volta in volta determinati dalle esigenze dei propri
affari.
L'apertura di credito è perciò caratterizzata dalla creazione a
favore dell'accreditato di una disponibilità, cioè della messa a disposizione,
per un periodo di tempo determinato o indeterminato, di una certa somma che, per
quanto rimanga nelle casse della banca, egli può considerare, dal punto di vista
economico, come propria perché sarà lui a determinare il momento nel quale la
somma passerà in sua proprietà. A fronte di questo impegno della banca, il
cliente si obbliga a riconoscerle un corrispettivo sotto forma di
commissione.
L'apertura di credito -pertanto- può definirsi un
contratto:
- consensuale (si perfeziona mediante l'accordo delle
parti);
- ad effetti obbligatori (a carico della banca tenuta a
mantenere a disposizione del cliente la somma accreditata e ciò fino alla
scadenza del termine prefissato o fino al recesso di una delle due parti e con
correlativi obblighi del cliente);
- a prestazioni
corrispettive (da un lato quella della banca di tenere a disposizione la
somma e dall'altro quella dell'accreditato di corrispondere la provvigione, in
caso di utilizzazione di interessi);
- oneroso [la banca riceve un
corrispettivo (provvigione e interessi) in cambio della messa a disposizione
della somma e l'accreditato acquista un'utilità avente valore economico
(disponibilità della somma) in cambio della sua prestazione];
- ad esecuzione
continuata (è insito nella sua funzione il protrarsi dell'adempimento per
una certa durata); un contratto a tempo determinato / od indeterminato (a
seconda della volontà espressa delle parti).
L'apertura di credito, inoltre,
può essere semplice o in conto corrente: è semplice quando l'accreditato ha il
diritto di utilizzare il credito una sola volta anche se con successivi
prelevamenti parziali; l'apertura di credito è in conto corrente quando
l'accreditato ha il diritto di effettuare rimborsi totali o parziali delle somme
prelevate e di utilizzare nuovamente il credito così ricostituito.
In
presenza di un'espressa pattuizione, l'apertura di credito, dunque, si presume
in conto corrente.
Infatti l'art.1843 cod. civ. dispone che se non è
convenuto diversamente, l'accreditato può utilizzare in più volte il credito,
secondo le forme d'uso e può con successivi versamenti ripristinare la sua
disponibilità.
L'apertura di credito in conto corrente è disciplinata dalle
disposizioni che regolano le operazioni bancarie in conto corrente.
Per
quanto riguarda il recesso dal contratto, bisogna distinguere se l'apertura di
credito è a scadenza o senza, nel caso la banca non può recedere dal contratto
prima della scadenza, salvo giusta causa (art. 1845, comma 1, cod. civ.).
Il
recesso della banca comporta la revoca del fido e le seguenti
conseguenze.
Tra esse: il divieto di ulteriore utilizzazione del conto e
l'ordine di rientro, cioè di restituzione delle somme utilizzate, degli
interessi e delle spese bancarie.
L'ANTICIPAZIONE BANCARIA
L'anticipazione bancaria è un contratto tipico che trova
un'espressa disciplina negli artt.1846-1851 cod. civ. e nelle Norme bancarie
uniformi sull'anticipazione bancaria.
Con l'anticipazione bancaria, la banca
mette a disposizione del cliente (anticipato) una somma di denaro, ottenendo in
garanzia il pegno di titoli o merci.
In sostanza, la banca anticipa al
proprio cliente parte del valore di merci o titoli che vengono contestualmente
consegnati in pegno alla banca stessa, con facoltà del cliente di ritirarli
previo rimborso proporzionale delle somme anticipate, in modo tale da mantenere
sempre costante il rapporto tra il valore dei beni detenuti in garanzia ed il
credito restitutorio.
La differenza tra apertura di credito e anticipazione
bancaria, sta nel fatto che nell'apertura di credito non è previsto che vengano
dati in pegno titoli o merci. Inoltre, nell'anticipazione bancaria ci deve
essere corrispondenza tra la somma anticipata ed il valore delle merci o dei
titoli dati in pegno, corrispondenza che, nell'apertura di credito, può anche
non esserci.
L'anticipazione, quindi, costituisce un vero e proprio prestito,
ove il denaro diviene di proprietà del cliente e non è semplicemente messo a
disposizione di quest'ultimo.
Si è detto che la somma anticipata diviene di
proprietà del cliente e questo si obbliga a restituirne una quantità
corrispondente.
Si evidenzia, ancora, che l'anticipazione può essere fatta
su pegno regolare oppure su pegno irregolare:
1. è fatta su pegno regolare
(anticipazione bancaria propria) quando le cose ricevute in pegno sono
individuabili (ad es. un certo numero di azioni o obbligazioni della Beta
S.r.l.): in questo caso la banca non ne può disporre ed alla scadenza deve
restituire esattamente le stesse cose ricevute. L'obbligo della restituzione
comporta che la banca provveda alla custodia delle cose ed, eventualmente, alla
loro assicurazione. Al termine del rapporto, la banca ha diritto oltre al
corrispettivo dell'anticipazione (interessi e competenze), anche al rimborso
delle spese di custodia;
2. è fatta su pegno irregolare quando la garanzia è
costituita da depositi di denaro, o da titoli o merci non individuabili. In tal
caso la banca può liberamente disporre dei beni avuti in
pegno.
L'anticipazione bancaria dà origine ad un rapporto di regola a
termine, cioè a tempo determinato e destinato ad estinguersi allo scadere del
termine iniziale.
LO SCONTO BANCARIO
Lo sconto è il contratto con il quale la banca, dopo aver
trattenuto gli interessi, anticipa al cliente l'importo di un credito di questi
verso terzi in cambio della cessione salvo buon fine del credito stesso.
Il
credito non deve essere scaduto e viene ceduto salvo buon fine: ciò significa
che il cliente deve garantire oltre all'esistenza del credito, anche il suo
pagamento da parte del debitore. Se questi non paga, la banca ha diritto di
ottenere il pagamento dal cliente.
Si noti che la banca, nell'effettuare lo
sconto, non corrisponde al cliente l'esatto ammontare del credito ceduto, ma un
importo inferiore, dove sono stati sottratti gli interessi per il periodo tra lo
sconto e la scadenza del credito a titolo di corrispettivo.
Il tasso
calcolato per l'interesse è detto appunto tasso di sconto.
L'esigenza che
tale contratto soddisfa è quella di liquidità del cliente, attraverso lo
smobilizzo di crediti non ancora esigibili: lo sconto consente, infatti, ad un
imprenditore di ottenere moneta attuale utilizzando un bene futuro.
Unitamente alle figure dell'anticipazione bancaria e dell'apertura di
credito bancario lo sconto rientra in quell'ampia categoria che il Testo unico
bancario definisce prestiti.
Il fatto poi che le banche a sua volta possano
riscontare dalla Banca d'Italia (al tasso di interesse oggi stabilito dalla BCE)
i crediti che a loro volta hanno scontato alla clientela, dimostra come la
cessione dei crediti non avviene a scopo di garanzia, bensì a fine di pagamento
del debito di restituzione, mediante il passaggio della titolarità del credito
ceduto a favore della banca scontante.
IL MUTUO FONDIARIO
Il
mutuo fondiario disciplinato dal Testo unico bancario, è un cd. mutuo di
scopo.
Il mutuo di scopo è il contratto in forza del quale una parte appresta
all'altra mezzi finanziari per la realizzazione di uno scopo pattiziamente
(mutuo di scopo volontario) o legislativamente prefissato (mutuo di scopo
legale) e l'altra si obbliga a restituire la somma ed a svolgere l'attività
necessaria al raggiungimento dello scopo secondo i modi e i tempi
prestabiliti.
Parte della dottrina sostiene che il mutuo di scopo non abbia
natura diversa dal mutuo ordinario previsto dagli artt.1813 e segg. cod. civ.,
in quanto il fine ulteriore perseguito dalle parti non snatura il contratto, ma
viene ad inquadrarsi nell'ambito dei motivi: di conseguenza esso rileva solo
quando è elevato a livello di condizione dalle parte o dalla stessa legge ovvero
quando costituisce motivo illecito comune ad entrambi i contraenti (art.1345
cod. civ.).
La dottrina prevalente e la giurisprudenza della Suprema Corte
(cfr., Cass.Civ. 10 giugno 1981 n. 3752) sostengono che si tratti di un
contratto diverso dal mutuo ordinario: lo scopo cui la somma è destinata, arriva
ad avere una vera e propria valenza causale, tale da snaturare il tipo ordinario
del contratto di mutuo.
La realizzazione dello scopo, infatti, è considerata
una vera e propria obbligazione a carico del mutuatario, che si pone in un nesso
di sinallagmaticità con la prestazione del mutuante.
Nel mutuo di scopo il
mutuante non si limita a trasferire una somma di denaro al mutuatario, perché
questi ne abbia la disponibilità ed il godimento, ma acquista rilevanza causale
anche l'obbligazione del mutuatario di realizzare una determinata
finalità.
Attesa la autonomia giuridica del mutuo di scopo, si rileva che
esso ha natura giuridica diversa dal mutuo tipico: a differenza di quest'ultimo,
infatti, non è un contratto reale, ma un contratto consensuale, perché in
mancanza di una norma espressa per il suo perfezionamento è sufficiente il
semplice consenso e non è necessaria la datio rei.
Ne consegue che la
consegna rappresenta solo l'adempimento di un'obbligazione consensualmente
assunta dal mutuante, il quale potrà in caso di inadempienza, essere condannato
ad erogare la somma, essendosi il contratto già perfezionato col semplice
accordo.
Il D.lgs.385/1993, agli artt.38 e segg., prevede una serie di
operazioni caratterizzate da particolari deroghe al sistema di diritto comune ed
in particolare alla disciplina del contratto di mutuo caratterizzate dalla
peculiare destinazione del finanziamento: il primo tipo di contratto di credito
speciale che si incontra è il mutuo fondiario, il quale costituisce una forma
speciale di mutuo ipotecario (ossia garantito da ipoteca).
Il mutuo
fondiario ricomprende qualsiasi finanziamento a medio o lungo termine erogato da
una banca e garantito da ipoteca di primo grado su immobili il cui valore superi
di una certa percentuale l'importo del mutuo.
La caratteristica più
innovativa dell'attuale regime del credito fondiario consiste nel fatto che il
Testo unico ha ricompreso in tale nozione sia le operazioni definite di credito
fondiario vero e proprio (finanziamenti concessi su beni esistenti e non aventi
una destinazione particolare), sia le operazioni di credito edilizio
(finanziamenti finalizzati invece alla costruzione, ricostruzione ed al recupero
di beni immobile e quindi caratterizzati da una precisa destinazione ed erogati
in base a stati di avanzamento dei lavori).
Come anticipato, l'importo del
finanziamento erogato non può eccedere una percentuale del valore del bene
ipotecato o del costo delle opere da eseguire sullo stesso: secondo quanto
dispone la delibera CICR 22 aprile del 1995 l'importo del finanziamento non può
superare l'80 % del valore dei beni che vengono gravati da ipoteca di primo
grado.
La medesima delibera ha invero precisato che la banca può elevare il
limite del finanziamento al 100% del valore dell'immobile ipotecato, purchè
vengano prestate garanzie integrative consistenti in fideiussioni bancarie o
assicurative o altre forme di garanzia espressamente previste dall'autorità di
vigilanza.
Per il soggetto finanziato è riconosciuta la possibilità di
estinguere anticipatamente il mutuo pagando un compenso omnicomprensivo che deve
essere pattuito contrattualmente fin dall'inizio del rapporto (art. 40 TUB)
.
L'elemento che costituisce eccezione alla regola è che il mutuatario è
agevolato anche se inadempiente: infatti, in caso di ritardato pagamento la
banca può chiedere la risoluzione del contratto e la restituzione del
finanziamento in un'unica soluzione (cfr., Delibera CICR 9 febbraio 2000
"Credito fondiario: disciplina dell'estinzione anticipata dei mutui ex art.40,
comma 1, T.U.B.) solo se il tardivo pagamento si è verificato per almeno sette
volte anche non consecutive (è considerato tardivo se l'inadempimento avviene
tra il trentesimo ed il centottantesimo giorno dalla scadenza della
rata).
I CONTRATTI PARABANCARI
PREMESSA
Come noto, la banca può svolgere una serie di servizi di
natura finanziaria che rientrano nel concetto del cosiddetto parabancario,
rappresentato da tutto ciò che non è strettamente collegato all'intermediazione
monetaria, ossia che non comporta lo svolgimento congiunto e collegato della
raccolta del risparmio tra il pubblico e dell'erogazione del credito.
Si
tratta di un settore di attività collocato a latere della tradizionale attività
bancaria, quale suo completamento e consiste in tutti quei servizi di natura
finanziaria che sono svolti dalle banche (o da altri intermediari) a favore
della propria clientela per soddisfare interessi che sono collegati
all'erogazione del credito ed alla raccolta del risparmio, quali l'assistenza
alle imprese, la mediazione nei rapporti di affari, l'erogazione di forme
alternative di finanziamento (si pensi al leasing e al factoring).
Tali
attività possono oggi farsi rientrare nell'ampio genere delle attività
finanziarie cui fa riferimento l'art. 10, comma 3, del Testo unico bancario
ovvero nelle attività connesse o strumentali cui pure si riferisce la norma
citata.
IL LEASING
Con l'entrata in vigore del Testo unico bancario,
l'esercizio dell'attività di leasing è riservata ai cosiddetti intermediari
finanziari ed alle banche.
Il contratto di leasing (o locazione finanziaria),
è contratto che non è ancora legislativamente regolato, nonostante la sua
rilevante diffusione. Rappresenta, quindi, uno dei più significativi esempi di
contratto socialmente tipico, ma giuridicamente atipico (si parla infatti in
proposito di "atipicità standardizzata").
Il termine leasing indica quella
particolare operazione contrattuale con la quale un'impresa di leasing
(concedente) concede ad un operatore economico (utilizzatore) il godimento di un
bene (dal concedente prodotto o acquistato), dietro corrispettivo di un canone
periodico, per un periodo determinato, e con il diritto per l'utilizzatore di
restituirlo alla scadenza, ovvero di acquistarlo pagando una somma determinata
in contratto.
Qualora il bene venga prodotto dallo stesso concedente, il
contratto è denominato leasing "operativo".
Il leasing cosiddetto
"finanziario" è, per contro, caratterizzato da una più marcata funzione
finanziaria, perché qui la società di leasing non è, come nel leasing operativo,
un produttore o un commerciante del ramo, ma una vera e propria società
finanziaria; cosicchè l'operatore che ha bisogno di determinate macchine o
apparecchiature, le sceglie direttamente presso il produttore; la società di
leasing poi acquista tali beni dal produttore (contratto di compravendita tra
azienda produttrice e azienda finanziaria) e li cede in godimento al conduttore.
Il leasing finanziario presuppone, quindi, sempre la presenza di tre
soggetti: l'impresa di leasing concedente, l'utilizzatore, ed il fornitore del
bene richiesto dall'utilizzatore.
All'interno, poi, della categoria del
leasing finanziario la giurisprudenza più recente ha elaborato la distinzione
tra leasing di godimento e leasing traslativo: col primo si realizza
sostanzialmente una funzione di finanziamento, con il secondo si tende invece al
trasferimento della proprietà del bene.
La Suprema Corte, con sentenza del 26
novembre 1987 n. 8766, ha ritenuto impossibile riportare tout court il leasing
nell'ambito dei contratti tipici, e ha ritenuto di applicare a tale istituto la
disciplina sui contratti in generale, secondo il principio dettato dall'art.1323
cod. civ. e, per via analogica, quella sui contratti espressamente disciplinati.
Al fine di integrare e correggere la regolamentazione ci si è interrogati su
quali fossero le figure contrattuali più vicine al leasing.
Una parte della
dottrina avvicina il leasing alla locazione (identificandone l'elemento causale
nello scambio tra godimento e pagamento del corrispettivo sotto forma di
canone).
Ma proprio la finalità traslativa della proprietà, spesso presente
nel contenuto del contratto, hanno convinto altra parte della dottrina ad
assimilare il leasing alla vendita con riserva della proprietà, asserendo così
l'applicabilità in via analogica degli artt.1523 e segg. cod. civ..
Assai
controverso rimaneva comunque la possibilità di applicare al leasing l'art.1526
cod. civ. il quale dispone che se la risoluzione del contratto ha luogo per
inadempimento del compratore, il venditore deve restituire le rate riscosse,
salvo il diritto ad un equo compenso per l'uso della cosa, oltre al risarcimento
del danno e che, se è stato convenuto che le rate restino al venditore a titolo
di indennità, il giudice, secondo le circostanze può ridurre tale indennità.
L'ultimo comma estende quanto previsto nei commi precedenti al caso della cd.
vendita in forma di locazione, in cui le parti convengono che, al termine del
contratto di locazione, la proprietà della cosa sia acquisita dal conduttore per
effetto del pagamento dei canoni pattuiti. Su quest'ultimo punto i maggiori
contrasti tra dottrina e giurisprudenza: per la dottrina i canoni previsti nel
contratto di leasing venivano considerati quali rate di prezzo in quanto
commisurati al valore di scambio del bene. Pertanto il valore residuo era pari
ad un'ultima rata di prezzo, con la conseguenza che, nel caso di risoluzione,
sorgeva la stessa esigenza di tutela del contraente più debole che è alla base
della previsione dell'art.1526 cod. civ..
La Suprema Corte, invece, in
diverse pronunce poneva in rilievo che il contratto di leasing finanziario ha
una vera e propria causa unitaria caratterizzata dalla funzione creditizia.
Il canone, pertanto, non è semplicemente il corrispettivo per l'affitto del
bene prodotto, ma una vera e propria modalità pattizia per la restituzione di un
finanziamento.
Più recentemente, la Corte di Cassazione, con sentenza del
1989 n. 5569, ha modificato il proprio orientamento: si è, in sostanza,
affermato che la tipologia della locazione finanziaria deve essere messa in
correlazione alle modalità di determinazione del canone. Il giudice di
legittimità ha, quindi, ha distinto tra leasing finanziario di godimento, in cui
il canone indica solo la controprestazione per il godimento del bene e quindi il
contratto deve considerarsi ad esecuzione continuata con la conseguenza che, in
caso di risoluzione per inadempimento, i canoni riscossi saranno irripetibili e
leasing finanziario traslativo che si ha quando il canone comprende anche una
quota del futuro prezzo da pagare da parte del concessionario per l'acquisto del
bene.
In quest'ultimo caso saranno applicabili le norme della vendita con
patto di riservato dominio.
Il Testo unico bancario riserva l'attività di
leasing agli intermedi finanziari e alle banche.
Occorre anche chiedersi se
il T.U.B. si occupi solo del leasing finanziario o anche di quello operativo.
All'art. 1, comma 2, lettera f) n. 3) il Testo unico bancario parla
esclusivamente di "leasing finanziario" ed in nessuna parte viene invece
nominato il leasing operativo.
La ragione va ricondotta al fatto che, ai
sensi dell'art.106, comma 2, del Testo unico bancario, gli intermediari
finanziari possono svolgere solo (in modo esclusivo) attività finanziaria, con
esclusione quindi di quella attività di produzione di beni, che nel leasing
operativo viene svolto dall'impresa concedente.
IL SALE AND LEASE BACK (O LOCAZIONE FINANZIARIA DI RITORNO)
Il sale and lease back è un'operazione finanziaria
con la quale un bene viene alienato dal proprietario ad un'impresa di leasing,
che si impegna a concedere lo stesso bene in godimento al venditore ed a
riconoscergli un diritto di riscatto, trascorso un determinato periodo di tempo.
Questa figura crea dei problemi in termini di liceità in termini di rispetto
del divieto del patto commissorio (art. 2744 cod. civ.). La vicenda può essere,
infatti, inquadrata come alienazione a garanzia di un finanziamento e, come
tale, potrebbe anche violare l'art.2744 c.c.
La presenza di una finalità di
finanziamento non implica, comunque, un automatico contrasto con il divieto del
patto commissorio.
La giurisprudenza più recente, prendendo atto dell'utilità
di tale contratto di impresa, ha tentato una distinzione tra operazioni di lease
back "pure" ed operazioni di lease back "impure" in quanto in frode all'art.
2744 citato.
L'equilibrio tra le prestazioni a carico delle parti è stato
assunto come indice per valutare la liceità della fattispecie in esame.
In
caso contrario, aumenta infatti il rischio che la funzione di garanzia possa
prevalere su quella di scambio. Per evitare che l'operazione di lease back sia
attratta nell'orbita del patto commissorio è, pertanto opportuno rispettare una
serie di accorgimenti.
Tra i suggerimenti enucleati dalla dottrina e dalla
giurisprudenza per un lease back puro meritano di essere ricordati:
- la
previsione di un giusto prezzo di vendita (un'eventuale stima del valore del
bene al momento del trasferimento iniziale costituirebbe un importante indice a
favore della prevalenza della funzione di scambio rispetto a quella di
garanzia);
- le previsione di un "giusto" prezzo di opzione (il prezzo di
opzione dovrebbe tener conto del valore del bene alla scadenza, nonché dei
canoni già pagati);
- l'inserimento del cd. patto marciano, in base al quale
in caso di inadempimento il creditore può rivalersi sulla cosa (facendola
propria) ma a condizione che versi al debitore al eventuale differenza tra
importo del credito e valore stimato del bene.