Il rapporto fra l'annotazione a margine dell'atto di matrimonio e la trascrizione nei registri immobiliari dell'atto costitutivo di fondo patrimoniale.

 

Autore: Dott. Matteo Mazzotta  - Rivista del Notariato - N. 2   Marzo-Aprile  2010  -  Giuffrè Editore

 

 

 

Massima sentenza Cassazione civile  Sez. Un.  13 ottobre 2009  n. 21658

 

DIRITTO DI FAMIGLIA - Regime patrimoniale della famiglia - Convenzioni matrimoniali - Fondo patrimoniale - Pubblicità - Rapporto fra art. 162 e art. 2647 c.c.

L'opponibilità nei confronti dei terzi dell'atto costitutivo del fondo patrimoniale discende esclusivamente dall'annotazione a margine dell'atto di matrimonio di cui all'art. 162 c.c.

La trascrizione nei registri immobiliari prevista dall'art. 2647 c.c. ha la sola funzione di pubblicità notizia

 

 

1. Il fatto.

Caia, coniugata in regime di separazione dei beni con Tizio, costituisce in fondo patrimoniale determinati immobili per far fronte ai bisogni della famiglia, espressamente riservandosi la proprietà dei beni medesimi (1).

Il notaio rogante cura la trascrizione ai sensi dell'art. 2647 c.c; richiede altresì l'annotazione a margine dell'atto di matrimonio prevista dall'art. 162 ultimo comma c.c. notificando l'atto costitutivo del fondo all'Ufficiale dello Stato Civile il quale, però, non provvede tempestivamente (2).

Nelle more dell'annotazione la Banca Alfa, creditrice di Caia, ottiene l'iscrizione di ipoteca giudiziale sui beni in oggetto, pur essendo presumibilmente a conoscenza (sulla base delle risultanze delle visure ipotecarie) dell'esistenza del fondo patrimoniale.

Tizio e Caia adiscono l'Autorità Giudiziaria per ottenere la declaratoria di inefficacia delle iscrizioni ipotecarie, relative a debiti che il creditore conosceva essere estranei ai bisogni della famiglia, stante la destinazione in fondo patrimoniale dei beni iscritti.

Rigettata la domanda in entrambi i gradi di giudizio, la questione arriva in Cassazione. Il ricorso dei coniugi si fonda, fra l'altro, sui seguenti motivi:

1) Il negozio costitutivo di fondo patrimoniale, specie nelle ipotesi in cui discenda da atto unilaterale, non ha natura di «convenzione matrimoniale», non trovando pertanto applicazione il citato art. 162 ultimo comma c.c.;

2) La trascrizione ex art. 2647 c.c. ha natura dichiarativa ed è pertanto sufficiente a determinare l'opponibilità del fondo ai creditori iscritti successivamente.

La seconda sezione civile della Corte, ritenendo tali motivi di particolare importanza (3) ai sensi dell'art. 374 secondo comma ultima parte c.p.c., trasmette gli atti al Primo Presidente della Suprema Corte il quale dispone l'assegnazione alle Sezioni Unite.

2. L'atto costitutivo di fondo patrimoniale è una convenzione matrimoniale?

L'ordinanza del 27 ottobre 2008 n. 25857 con cui la seconda sezione sollecita l'intervento delle Sezioni Unite, pur prendendo atto dell'assenza di un contrasto giurisprudenziale in ordine alla riconducibilità dell'atto costitutivo di fondo patrimoniale nell'ambito delle convenzioni matrimoniali, invita le Ss.Uu. ad una riconsiderazione del problema, fondando il proprio convincimento su aspetti formali e sostanziali.

Innanzitutto, la disciplina del fondo patrimoniale ha una collocazione autonoma nella sezione II, capo VI, del primo libro del codice civile. Inoltre, l'art. 2647 c.c. menziona distintamente il fondo patrimoniale e le convenzioni matrimoniali, mentre, ove il fondo rientrasse nelle convenzioni matrimoniali, sarebbe stato evidentemente sufficiente far riferimento a queste ultime.

Dal punto di vista sostanziale, infine, sarebbe impossibile - secondo l'ordinanza in discorso - ricondurre al genus di convenzione matrimoniale un negozio unilaterale, quale può essere l'atto costitutivo del fondo patrimoniale.

Invero la tesi prospettata, pur non avendo riscontro in giurisprudenza, trova conforto in parte della dottrina (4). Alle considerazioni sopra esposte si aggiunge quella per cui le convenzioni matrimoniali debbono avere natura «programmatica», dettando una disciplina generale ed astratta per futuri eventuali rapporti, mentre il fondo patrimoniale costituisce uno specifico vincolo di destinazione di volta in volta gravante su singoli, individuati beni.

Sulla base delle argomentazioni che precedono, si conclude che ritenere applicabile anche all'atto costitutivo del fondo patrimoniale il disposto dell'art. 162 ultimo comma c.c. comporterebbe non una semplice interpretazione estensiva, ma l'applicazione analogica - vietata - di una norma avente natura eccezionale, poiché palesemente derogatoria rispetto ai generali principi in materia di opponibilità degli atti aventi per oggetto beni immobili.

Ai dubbi manifestati dalla suddetta ordinanza - ed alla dottrina cui essa si ispira - la sentenza de qua non dà risposta, limitandosi a rilevare l'inammissibilità del relativo motivo di ricorso in quanto introdotto dai ricorrenti per la prima volta in sede di legittimità. A parere di chi scrive però, pur ammettendo la fondatezza della questione, il tentativo di escludere il fondo patrimoniale dall'ambito di applicazione dell'art. 162 c.c. non merita accoglimento.

Cercando di replicare alle argomentazioni sopra esposte, sembra anzitutto che la collocazione sistematica dell'istituto, lungi dal comprovare l'estraneità del fondo patrimoniale alle convenzioni matrimoniali, dimostri semmai il contrario. Il capo VI, libro primo del codice disciplina il regime patrimoniale della famiglia. Alla sezione I contenente le disposizioni generali in materia, seguono le successive sezioni disciplinanti ciascuna un singolo istituto: il fondo patrimoniale, ma anche, ad esempio, la separazione dei beni e la comunione convenzionale, regimi questi ultimi che pacificamente hanno la loro fonte in una convenzione matrimoniale.

Quanto al riferimento all'art. 2647 c.c., che contemplerebbe separatamente fondo patrimoniale e convenzioni matrimoniali a dimostrazione che il primo non può esser compreso nelle seconde, può osservarsi quanto segue. La norma, per quanto di difficile lettura, quando menziona le convenzioni matrimoniali si riferisce espressamente a quelle «che escludono i beni medesimi (immobili, n.d.r.) dalla comunione fra i coniugi». L'atto costitutivo di fondo patrimoniale non ha questo effetto (5) e pertanto appare perfettamente coerente la separata previsione dell'istituto. D'altro canto lo stesso art. 2647 c.c. subito in appresso menziona autonomamente anche «gli atti... di scioglimento della comunione», fra i quali rientra la convenzione di separazione dei beni, tipica convenzione matrimoniale.

Passando a considerazioni di tipo sostanziale, deve in primis tenersi presente che la possibilità di costituire il fondo patrimoniale con atto unilaterale è tutt'altro che pacifica. Parte della dottrina (6) sostiene la tesi dell'ammissibilità basandosi principalmente sulla lettera dell'art. 167 commi 1 e 2 c.c. che testualmente sembra ammettere la costituzione del fondo da parte di un coniuge senza necessità del consenso dell'altro, consenso invece espressamente richiesto nell'ipotesi di costituzione da parte di un terzo. Altra parte della dottrina (7) - nonché la comune prassi notarile, quanto meno per motivi tuzioristici (8) - ritiene invece sempre necessario il consenso di entrambi i coniugi. Questo perché, anche quando i beni conferiti appartengono ad un solo coniuge che se ne riserva la proprietà, si verifica comunque un trasferimento di diritti in favore del coniuge non conferente (9) e anche perché dall'atto sorge in capo al coniuge non proprietario un obbligo di amministrazione la cui derogabilità è controversa e rispetto al quale si ritiene pertanto necessario un assenso espresso.

Ad ogni modo, pur volendo accedere alla tesi che ammette, in determinate ipotesi, la costituzione del fondo patrimoniale per atto unilaterale, non sembra che da ciò possa farsi discendere, sic et simpliciter, l'inapplicabilità all'istituto in discorso delle norme dettate dal codice per le convenzioni matrimoniali.

Se la gran parte degli dottrina (10), infatti, include senz'altro il fondo fra le convenzioni matrimoniali, anche gli autori che - in taluni casi - manifestano dubbi sulla qualificazione giuridica della fattispecie, ritengono comunque sempre applicabili le norme dettate dagli artt. 162 e seguenti c.c. al fondo patrimoniale, «trattandosi di atto che, almeno dal punto di vista formale, è equiparato alle convenzioni matrimoniali»  (11).

Posto infatti che non sarebbe corretto far desumere l'opponibilità del vincolo ai terzi da una qualificazione, da operare caso per caso, in ordine alla natura del negozio costitutivo del fondo, è giocoforza accedere ad una interpretazione estensiva dell'art. 162 c.c. al fine di «ricomprendervi qualsiasi negozio che ponga beni appartenenti a persone coniugate in una condizione giuridica diversa da quella propria del regime patrimoniale legale» (12).

Ancora più netta la posizione della giurisprudenza: «La costituzione del fondo patrimoniale prevista dall'art. 167 codice civile e comportante un limite alla disponibilità di determinati beni con vincolo di destinazione per fronteggiare i bisogni familiari, va compresa fra le convenzioni matrimoniali e, pertanto, è soggetta alle disposizioni dell'art. 162 codice civile circa le forme delle convenzioni medesime, ivi incluso il 3° comma, che ne condiziona l'opponibilità ai terzi all'annotazione del relativo contratto a margine dell'atto di matrimonio» (13).

Per concludere sul punto, possiamo affermare quanto segue: è legittimo dubitare che il fondo patrimoniale, almeno in certe ipotesi, possa esser qualificato come convenzione matrimoniale. In materia, infatti, la dottrina non è concorde, ancorché la giurisprudenza sembri nettamente orientata verso l'inclusione in tutti i casi. Ad ogni modo però, anche nelle ipotesi dubbie, resta ferma l'applicabilità dell'art. 162 comma terzo c.c., quanto meno in forza di una interpretazione estensiva (e non analogica) della norma suddetta.

3. Rapporti fra trascrizione ex art. 2647 c.c. ed annotazione ex 162 c.c.

Risolta in senso affermativo la questione relativa all'applicabilità all'atto costitutivo di fondo patrimoniale dell'art. 162 c.c., si pone il problema del rapporto fra l'annotazione a margine dell'atto di matrimonio ivi prevista e la trascrizione presso l'Agenzia del Territorio, Ufficio Pubblicità Immobiliari, di cui all'art. 2647 c.c..

In particolare, bisogna interrogarsi sulla natura da ascrivere alla trascrizione, posto che l'annotazione a margine dell'atto di matrimonio è espressamente richiesta a pena di inopponibilità e pertanto non può dar luogo a dubbi interpretativi.

A) Parte della dottrina assegna anche alla trascrizione finalità dichiarativa, fondandosi sulle seguenti argomentazioni:

- la presunta portata generale dell'art. 2644 c.c., che attribuirebbe alla trascrizione l'effetto di determinare l'opponibilità nei confronti dei terzi, tutte le volte che a questa non è espressamente attribuita altra funzione;

- l'assunto per cui la consultazione dei Registri dello Stato Civile costituirebbe un onere eccessivo per i terzi interessati;

- il tenore letterale dell'art. 2915 c.c., che espressamente subordina alla preventiva trascrizione l'opponibilità verso creditori pignoranti degli atti che comportano vincoli di indisponibilità.

Volendo aderire a questa impostazione, peraltro, sorge la difficoltà di conciliare tale duplicità di sistemi pubblicitari aventi, in ipotesi, il medesimo effetto.

In proposito una prima dottrina (14) ha sostenuto che l'art. 162 c.c. si porrebbe in posizione sussidiaria rispetto alla trascrizione, con carattere eventualmente correttivo o integrativo delle lacune dei registri immobiliari. L'opponibilità rispetto ai terzi discenderebbe pertanto, alternativamente, dalla trascrizione nei registri immobiliari ovvero dall'annotazione a margine dell'atto di matrimonio (15). Altri autori distinguono invece in base all'oggetto: annotazione per gli atti di natura programmatica, trascrizione per gli atti a contenuto dispositivo (16).

B) Prevale nettamente in dottrina (17) ed in giurisprudenza (18) la tesi per cui, nei casi in discorso, la trascrizione nei registri immobiliari resterebbe degradata a mera pubblicità notizia.

Si contesta innanzitutto la presunta portata generale dell'art. 2644 c.c., norma che, viceversa, si riferisce testualmente ai soli atti di cui al precedente art. 2643 c.c.., nonché, per espresso rinvio, a quelli di cui all'art. 2645 c.c.. Pertanto, in tutte le altre ipotesi in cui alla trascrizione di determinati atti non è attribuita espressamente natura dichiarativa, si è in presenza di pubblicità notizia (19).

Nel caso dell'art. 2647 c.c., poi, la volontà da parte del Legislatore di assegnare alla trascrizione mera natura di pubblicità notizia emerge in modo palese dall'abrogazione, ad opera della novella del diritto di famiglia del 1975, dell'ultimo comma del medesimo articolo, che subordinava espressamente l'opponibilità ai terzi all'avvenuta trascrizione del vincolo. Se sol si considera che, con la medesima novella, è stato introdotto l'obbligo per il Notaio rogante di richiedere l'annotazione della convenzione a margine dell'atto di matrimonio con espressa funzione di opponibilità ai terzi, appare evidente che la funzione in precedenza attribuita alla trascrizione del vincolo viene oggi assolta dall'annotazione e da essa soltanto.

Con riferimento poi alla eccessiva difficoltà che discenderebbe in capo ai terzi interessati dall'onere di consultare i Registri dello Stato Civile, l'argomento è stato oggetto della decisione 3/1995 della Corte Costituzionale,la quale ha dichiarato infondata, in riferimento agli artt. 3 e 29 Cost., la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto dell'art. 162 c.c., u.c., artt. 2647 e 2915 c.c., nella parte in cui non prevedono che, per i fondi patrimoniali costituiti sui beni immobili a mezzo di convenzione matrimoniale, l'opponibilità ai terzi sia determinata unicamente dalla trascrizione dell'atto sui registri immobiliari, anziché pure dalla annotazione a margine dell'atto di matrimonio, osservando che la necessità di effettuare ricerche sia presso i registri immobiliari, sia presso i registri dello stato civile (questi ultimi meno accessibili e sia pur meno affidabili) costituisce un onere che, sebbene fastidioso, non può dirsi eccessivamente gravoso, non soltanto rispetto al principio di tutela in giudizio, ma anche rispetto all'art. 29 Cost..

Da ultimo, non può darsi eccessivo valore al dato testuale dell'art. 2915 c.c. Trattasi semplicemente di un difetto di coordinamento, dovuto al mancato adeguamento della norma a seguito dell'intervenuta modifica degli artt. 2647 e 162 c.c. per effetto della riforma del diritto di famiglia, sicché esso dovrà intendersi riferito ad altri vincoli di indisponibilità diversi da quelli di cui all'art. 2647 c.c., quali ad esempio la cessione dei beni ai creditori ex art. 2649 c.c.

 

Note

(1) La fattispecie del fondo patrimoniale c.d. non traslativo, ossia senza trasferimento della proprietà, pur rappresentando l'eccezione nell'impianto normativo previsto dal codice civile, costituisce la regola nella prassi notarile, per ragioni eminentemente fiscali. Considerando, a titolo di esempio, l'ipotesi del fondo costituito da un coniuge su beni di sua esclusiva proprietà, la differenza può così apprezzarsi:a) Fondo traslativo: - imposta di donazione con aliquota pari al 4%, ferma restando l'esenzione dall'imposta fino alla franchigia di euro 1.000.000,00. Nel caso, assai frequente, in cui il valore del trasferimento rientri nella franchigia, l'Agenzia del territorio richiede comunque una «tassa d'atto» in misura di 168,00 euro (artt. 1 D.Lgs. n. 346 del 1990 e 1 comma 49 D.L. n. 262 del 2006, convertito in L. n. 286 del 2006); - imposte ipotecaria e catastale nella misura ordinaria pari rispettivamente al 2% e all'1% (artt. 1 tariffa e 10 D.Lgs. n. 347 del 1990)b) Fondo non traslativo: - la fattispecie è ritenuta fuori dall'ambito dell'imposta di donazione, per l'assenza di un trasferimento economicamente valutabile ovvero per la mancanza di un beneficiario determinato. È dovuta pertanto l'imposta di registro in misura fissa di 168 euro (art. 11 tariffa parte prima D.P.R. n. 131 del 1986); - imposta ipotecaria in misura fissa di 168 euro, trattandosi di atto che non trasferisce la proprietà (art. 4 tariffa D.Lgs. n. 347 del 1990), mentre non è dovuta l'imposta catastale giacché non si procede a voltura.Si vedano in proposito la circolare dell'Agenzia delle Entrate 3/E del 22 gennaio 2008, la Guida Operativa del Notaio Giovanni Rizzi sulla imposta di successione e donazione, nonché Busani, L'imposta di registro, 2009, p. 862.

 

(2) Nel caso di specie il Sindaco, nella sua qualità di Ufficiale dello Stato Civile, ha provveduto alla prescritta annotazione addirittura con sei anni (!) di ritardo. Ciononostante, il motivo di ricorso finalizzato a far valere la responsabilità del Comune non è stato accolto, nei vari gradi di giudizio, perché non tempestivamente proposto ed inoltre perché, per giurisprudenza costante, nell'esercizio della funzione di tenuta dei registri dello stato civile, il sindaco assumendo la veste di ufficiale di Governo, agisce quale organo dello Stato in posizione di dipendenza gerarchica anche rispetto agli organi statali centrali (Ministero della giustizia) e locali di grado superiore (Procuratore della Repubblica). Pertanto nelle controversie relative allo svolgimento di tale funzione (nella specie mancata annotazione nei registri dello stato civile della costituzione del fondo patrimoniale) la legittimazione passiva appartiene non al Comune, ma allo Stato (in proposito si vedano, ex multis, Cass. 25 marzo 2009 n. 7210, Cass. 14 febbraio 2000 n. 1599).

 

(3) Le Sezioni Unite intervengono pertanto, nella fattispecie, in ragione della particolare importanza della materia, non già per risolvere una questione di diritto già decisa in senso difforme dalle sezioni semplici. Sul punto, infatti, non vi è contrasto giurisprudenziale.

 

(4) Russo, Le convenzioni matrimoniali ed altri saggi sul nuovo diritto di famiglia, 1983, p. 155; Ferri, Alcune annotazioni in tema di successione e trascrizione del diritto di famiglia, in Il regime patrimoniale della famiglia a dieci anni dalla riforma. Atti del convegno di Bologna 10-11 maggio 1985, Milano, 1986, p. 195

 

(5) Anche quando si costituisce in fondo patrimoniale un bene già rientrante nella comunione legale fra i coniugi, la dottrina ritiene che il regime del fondo si sovrapponga e non si sostituisca a quello della comunione.

 

(6) Fragali, La comunione, appendice di aggiornamento al tomo I, 1977, p. 39; Carresi, Del fondo patrimoniale, in Commentario alla riforma del diritto di famiglia, a cura di Carraro, Oppo e Trabucchi, I, 1977, p. 345

 

(7) Genghini, La volontaria giurisdizione, 2006, p. 254; Finocchiaro A. e M., Diritto di famiglia, II°, 1984, p. 804 ss.; Santarcangelo, La volontaria giurisdizione, vol. IV, 1986, p. 628.

 

(8) A conferma di questa prassi, si consideri che anche nel caso oggetto di controversia il coniuge non conferente era stato comunque costituito in atto al fine di prestare il suo consenso all'operazione, sicché può peraltro dubitarsi che il negozio potesse effettivamente qualificarsi come atto unilaterale.

 

(9) È discussa in dottrina la qualificazione giuridica da attribuire al diritto trasferito, nel caso di costituzione di fondo patrimoniale con riserva della proprietà. Alcuni autori lo riconducono all'ordinario diritto di usufrutto, altri all'usufrutto legale, oppure ancora ad un diritto reale sui generis. In proposito si veda Genghini, op. cit. p. 275.

 

(10) Genghini, op. cit., p. 254; Finocchiaro A. e M., op. cit., p. 804 ss.; Auciello, Badiali, Iodice, Mazzeo, La volontaria giurisdizione e il regime patrimoniale della famiglia, 2000, p. 336

 

(11) Jannuzzi, Lorefice, Manuale della volontaria giurisdizione, 2004, p. 480 e 560; nello stesso senso DeStefano, Manuale di volontaria giurisdizione, 2002, p. 305.

 

(12) Gabrielli, voce Patrimonio familiare, in Enc. Dir., XXXII, Milano, 1982, p. 314.

 

(13) Cass. 27 novembre 1987 n. 8824, in questa Rivista, 1988, 719 con nota di Marmocchi.

 

(14) Oberto, Comunione legale, regimi convenzionali e pubblicità immobiliare, in Riv. dir. civ., 1980, II, 416 ss.

 

(15) Corsi, Il regime patrimoniale della famiglia, in Tratt. dir. civ. e comm., a cura di Cicu- Messineo, vol. VI, tomo II, Milano, 1984, p. 46 ss.

 

(16) Auciello, Badiali, Iodice, Mazzeo, op. cit., p. 324. Analogamente Ferri, Forme e pubblicità del regime patrimoniale della famiglia, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1988, p. 60 ss., il quale distingue fra «convenzioni», ossia atti contenenti una disciplina generale ed astratta per eventuali futuri rapporti, e «contratti», incidenti su singoli diritti e rapporti: le prime andrebbero annotate a margine dell'atto di matrimonio, i secondi trascritti. Osserva in senso contrario Gazzoni, La trascrizione immobiliare, II, in Commentario P. Schlesinger, 1993, p. 47, che tale ricostruzione cozza contro l'espressa terminologia normativa, che anche all'art. 2647 c.c. fa riferimento alle convenzioni.

 

(17) Si vedano, fra i tanti: Gazzoni, op. cit., p. 43; Jannuzzi, Lorefice, op. cit., p. 480 e 560.

 

(18) Nella giurisprudenza della Cassazione si vedano, fra le tante, Cass. 25 marzo 2009 n. 7210; Cass. 15 marzo 2006 n. 5684, Cass. 28 novembre 2002 n. 16864, Cass. 19 novembre 1999 n. 12864, Cass. 1 ottobre 1999 n. 10859, Cass. 27 novembre 1987 n. 8824.

 

(19) Questa conclusione trova conferma nelle altre disposizioni contenute nel capo I, libro VI del codice civile: laddove il legislatore ha voluto attribuire alla trascrizione funzione dichiarativa, lo ha fatto espressamente (artt. 2645-ter e 2649), mentre quando nulla è detto, la trascrizione ha funzione di mera pubblicità notizia (artt. 2646 e 2648).