Cassazione - Sezione
Lavoro
sentenza 22/11/06-20/03/07 n. 6621
Presidente
Sciarelli - Relatore Lamorgese
Ricorrente Pagano
Svolgimento del
processo
Con sentenza del 16 maggio 2002 il tribunale di S. Maria
Capua Vetere, accogliendo parzialmente la domanda proposta da Roberto Pagano nei
confronti della Casa di cura Villa Fiorita, che lo aveva licenziato, dichiarò la
illegittimità del recesso, ordinò la reintegrazione dell'attore nel posto di
lavoro con la condanna della società al pagamento di una indennità commisurata
alle retribuzioni maturate dalla data del licenziamento, annullò alcune sanzioni
disciplinari conservative, disponendo la restituzione della somma di euro 146,17
trattenute dall'azienda per multa e sospensione dal lavoro e dalla
retribuzione.
La decisione, appellata dalla società, è stata in parte
riformata dalla Corte di appello di Napoli, con pronuncia depositata il 4 aprile
2003, la quale, premesso che in ordine alla sanzione disciplinare di un'ora di
multa, ritenuta legittimamente irrogata dal primo giudice, il lavoratore non
aveva proposto appello incidentale, ha affermato la legittimità del
licenziamento e della sanzione della sospensione di un giorno inflitta il 21
novembre 2000.
Quanto a quest'ultimo provvedimento, il giudice del gravame ha
evidenziato che lo stato confusionale addotto dal lavoratore a giustificazione
del suo comportamento -recatosi negli uffici di direzione per chiedere
spiegazioni circa la omessa contabilizzazione di poche ore di straordinario,
aveva sferrato un pugno contro la vetrata là esistente, rompendola -, non
incideva sulla legittimità della sanzione, proporzionale alla gravità del fatto.
Mentre per il licenziamento, il giudice del gravame ha rimarcato come la
condotta, consistita in molestie sessuali, gravemente offensiva del lavoratore
nei confronti di altra dipendente, la dr.ssa Vecchio, responsabile
amministrativo e sua superiore gerarchica, valutata non solo nel suo contenuto
obbiettivo, dettagliatamente esposto, "ma anche nella sua portata soggettiva,
specie con riferimento alle particolari circostanze e condizioni in cui (era
stata) posta in essere , ai suoi modi, ai suoi effetti e all'intensità
dell'elemento psicologico" aveva leso in modo grave, tanto da farla venire meno,
la fiducia che il datore di lavoro ripone nel proprio dipendente. Inoltre, tale
comportamento era, ad avviso del giudice del gravame, caratterizzato da elementi
aggiuntivi, definiti ulteriori e aggravanti rispetto alla ipotesi prevista dalla
contrattazione collettiva e punita con sanzione disciplinare conservativa, che
il giudice è tenuto a valutare e che possono legittimare l'adozione della più
grave sanzione espulsiva.
Di questa sentenza il Pagano ha richiesto la
cassazione con ricorso basato su tre motivi.
La società intimata ha resistito
con controricorso contenente ricorso incidentale espressamente
condizionato,
affidato a tre motivi.
Motivi della
decisione
I due ricorsi, in quanto avverso la stessa sentenza, devono
essere riuniti.
Il primo motivo del ricorso principale denuncia vizio di
motivazione e critica la sentenza impugnata per non avere valutato la
successione temporale degli atti compiuti dal Pagano prima della rottura del
vetro, e in particolare della disponibilità mostrata di effettuare del fax per
conto del direttore sanitario, malgrado questo compito esulasse dalle sue
incombenze.
La censura è inammissibile. Come è noto, il sindacato di
legittimità sulla sentenza impugnata per vizi di motivazione è limitato al
controllo di logicità di giudizio, ossia alla assenza di errori logico
-giuridici delle argomentazioni svolte a sostegno della decisione, e non
conferisce alla Corte di Cassazione il potere di riesaminare il merito
dell'intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, in quanto la
valutazione delle risultanze delle prove e il giudizio sull'attendibilità dei
testi, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute
più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto
riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio
convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, senza essere tenuto
ad un'esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche
se allegati dalle parti.
Qui, il giudice del merito ha considerato gli
aspetti soggettivi della condotta posta in essere dal lavoratore nell'episodio
(reazione eccessiva del lavoratore, che aveva sferrato un pugno contro una
vetrata) richiamato con la censura in esame, mettendo in rilievo come la
sanzione conservativa della sospensione dal lavoro di un giorno era stata
adottata dall'azíenda, anche in considerazione dello stato soggettivo del
lavoratore oltre che per la obiettiva gravità del fatto, episodio che per
essersi svolto all'interno degli uffici di direzione e alla presenza del
direttore amministrativo e del direttore della clinica comportava innegabili
ripercussioni sul piano aziendale.
Il ricorrente non evidenzia alcuna
incoerenza in questo ragionamento, ma, introducendo inammissibilmente in questa
sede di legittimità la richiesta di una nuova indagine istruttoria in ordine
alla sua asserita disponibilità ad effettuare incombenze diverse a lui non
spettanti, la quale non risulta essere stata avanzata nelle pregresse fasi di
merito, finisce con il sollecitare una diversa ricostruzione dell'episodio
rispetto a quella compiuta dal giudice del merito.
Il secondo motivo denuncia
violazione e falsa applicazione delle norme di ermeneutica contrattuale in
relazione all'articolo 33 Ccnl case di cura personale non medico e dell'articolo
2119 Cc, nonché vizio di motivazione. La disposizione contrattuale prevede solo
sanzioni conservative anche nelle ipotesi in cui il lavoratore ponga in essere
atti, comportamenti, molestie anche di carattere sessuale nei confronti di altro
motivazione. Critica la sentenza impugnata per avere ritenuto la proporzionalità
tra fatto contestato e sanzione espulsiva, malgrado la persona vittima delle
molestie non avesse subito in concreto alcun danno grave e irreparabile e
malgrado l'obiettivo del datore di lavoro fosse solo quello di far cessare la
condotta del Pagano: sarebbe bastata, ad avviso del ricorrente, l'irrogazione di
una delle sanzioni conservative previste dalla contrattazione
colletiva.
Anche questi due motivi, che vanno congiuntamente trattati per la
connessione delle questioni sottoposte all'esame della Corte, entrambe
incentrate sulla disposizione contrattuale indicata, sono infondati.
Senza
dubbio allorché il contratto collettivo preveda per determinati comportamenti
del lavoratore sanzioni disciplinari conservative, il giudice del merito nel
valutare la legittimità della sanzione applicata deve attenersi alla previsione
contrattuale e non gli è consentito apprezzare la condotta del lavoratore come
causa che legittimi l'adozione del licenziamento da parte del datore di lavoro
(v. fra le tante Cassazione 19053/05, Cassazione 4832/03) . Ma si è precisato
che per escludere che il giudice possa discostarsi dalla previsione del ccnl, è
necessario che vi sia integrale coincidenza tra la fattispecie contrattualmente
prevista e quella effettivamente
realizzata, restando per contro una diversa e più grave valutazione possibile (e
doverosa) quando la condotta del lavoratore sia caratterizzata da elementi
aggiuntivi estranei (ed aggravanti) rispetto alla fattispecie contrattuale
(Cassazione 4395/98).
Nella specie, la Corte territoriale, in linea con il
principio richiamato, ha evidenziato la sussistenza di elementi ulteriori e
aggravanti rispetto alla previsione contrattuale, individuati oltre che nella
grossolanità delle molestie, nell'avere millantato ripetutamente ed
insistentemente una massima confidenzialità ed una intima conoscenza con una
dottoressa, sua superiore gerarchica, ed alla presenza di colleghi della stessa,
tra cui il direttore sanitario, nella divulgazione degli episodi all'interno
della casa di cura ove operavano numerosi altri dipendenti, nella dichiarata
intenzione di rivelare al legale rappresentante della clinica fatti
compromettenti della predetta dottoressa, comportamenti ritenuti, con
motivazione congrua. di attitudine gravemente offensiva e lesiva della dignità
della persona offesa. E coerente con queste argomentazione è la conclusione che
la sentenza impugnata ha tratto circa la irreparabilità della lesione
dell'elemento fiduciario del rapporto di lavoro, per cui la casa di cura non
poteva più avere alcuna affidabilità nel lavoratore per il regolare svolgimento
dell'attività aziendale.
Riguardo poi alle critiche con le quali il
ricorrente deduce che la persona vittima delle sue molestie aveva potuto
"efficacemente" respingere le avances ricevute, che il ruolo di superiore
gerarchico della stessa donna "la poneva al riparo dal timore che i rifiuti
opposti potessero arrecare pregiudizi alla sua posizione lavorativa", che la
condotta molesta posta in essere con modalità definite dalla sentenza impugnata
infantili e maldestre escludeva per ciò stesso gravi ripercussioni nel contesto
lavorativo, e così, a tale riguardo, anche la accertata patologia di esso
ricorrente, ben nota nell'ambiente di lavoro, esse si risolvono in una
inammissibile contrapposizione di una diversa valutazione degli elementi
considerati dal giudice del merito per affermare la gravità e la proporzionalità
della sanzione disciplinare ovvero in considerazioni (le prime due)
assolutamente ininfluenti in ordine a tali giudizi espressi dal giudice del
merito.
Il ricorso deve essere rigettato e resta assorbito quello
incidentale, espressamente condizionato, con il quale la casa di cura resistente
denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 7, secondo comma, legge
300/70, 1324 e 1362 Cc, nonché vizio di motivazione, in ordine alle statuizioni
di annullamento della sanzione conservative in data 26 aprile e 20 ottobre 2000
(primo e secondo motivo), violazione e falsa applicazione degli articoli 244,
253, 416 Cpc, unitamente a vizio di motivazione per la negata ammissione della
prova testimoniale richiesta (terzo motivo).
In applicazione del criterio
della soccombenza, le spese del giudizio di cassazione vanno poste a carico del
Pagano.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi; rigetta quello principale,
assorbito l'incidentale; condanna il Pagano al pagamento delle spese del
presente giudizio, liquidate in euro 28,00
in euro 2.000,00 (duemila/00) per onorari, oltre spese generali, IVA e
CPA.