L'impossibilità della partecipazione ad una gara da parte di una organizzazione di volontariato

 

Il T.A.R. Campania Napoli sez. I 21/3/2006 n. 3109 si uniforma alla tendenza della Giurisprudenza di merito, ripercorrendo la via aperta dalla sentenza del TAR Lombardia Brescia con la decisione 1869/2000, in cui si stabiliva, per la prima volta nell'ordinamento italiano, l'impossibilità di partecipare ad un procedimento di gara per una organizzazione di volontariato.
La situazione non è variata da allora, anche se i Giudici di merito si sono ritrovati nuovamente a pronunciarsi su un caso di partecipazione ad un procedimento ad evidenza pubblica da parte di una organizzazione di volontariato (che, ovviamente, ha vinto la selezione con conseguente impugnazione dell'atto di affidamento da parte dei controinteressati).
Il bando impugnato era stato emesso dalla ASL 3 di Napoli per la selezione della ditta che effettuasse il trasporto dei malati con mezzi - ambulanza da destinare al servizio 118, palesemente definendo la selezione come appalto di servizi ex decreto legislativo 157/95.
L'articolo 2 della legge quadro sul volontariato, n. 266 dell'11/08/91, prevede, sotto la rubrica "Attività di volontariato" che per attività di volontariato deve intendersi quella prestata in modo personale, spontaneo e gratuito, tramite l'organizzazione di cui il volontario fa parte, senza fini di lucro anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidarietà. L'attività non può esser retribuita, può essere solo previsto un rimborso delle spese sostenute per l'attività prestata e che devono essere preventivamente stabilite tra l'organizzazione e l'amministrazione a favore di cui si presta l'attività in un apposito atto patrizio, definito convenzione.
I limiti delle spese ammesse a rimborso e le voci rimborsabili sono demandate alla definizione della legge regionale sulla materia. Si ricorda che tutte le regioni italiane hanno disciplinato la materia integrando i principi stabiliti dalla legge quadro e definendo le parti di dettagli come la legge 266/91 prevede.
Il comma 3 dell'art. 2 della legge cit. stabilisce, inoltre, l'incompatibilità della qualità di volontario con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di contenuto patrimoniale con l'organizzazione di cui fa parte.
La caratteristica peculiare dell'attività di volontariato è la gratuità, che comporta l'ovvia conseguenza che l'attività non possa essere remunerata, come poc'anzi si diceva.
Invece, una delle condizioni su cui si basa l'appalto dei servizi è il costo della manodopera, inteso non come intermediazione della stessa, ma come uno dei parametri su cui si basa il servizio reso.
Il contratto che discende dalla gara di appalto è necessariamente un contratto oneroso, classificabile nella categoria dei contratti di servizio, entro cui sono ricompresi gli appalti, disciplinati - nel codice civile - nel Libro IV, Titolo III, Capo VII, artt. da 1655 a 1677.
Secondo la più accreditata dottrina l'appalto rientra nella categoria dei rapporti giuridici di lavoro, con il contratto d'opera (art. 2222 cod. civ.) ed il rapporto di lavoro subordinato (art. 2094 cod. civ.). Nell'ambito di questa categoria la caratteristica peculiare dell'appalto è quella di essere un tipico contratto di risultato, per cui si deve raggiungere l'obiettivo del servizio dedotto in contratto con l'organizzazione di impresa del privato che ha stipulato il contratto con la PA, a seguito della vittoria nel procedimento di gara.
Si tratta di un tipico rapporto giuridico di diritto commerciale.
Su questi presupposti è intuitivo lo stridente contrasto con la partecipazione di una organizzazione che rende una prestazione gratuitamente e senza organizzazione di impresa, anzi senza una particolare organizzazione che al volontariato non è mai richiesta, vista la natura del lavoro che è un apporto spontaneo e libero nelle forme.
I Giudici del T.A.R. campano sottolineano che l'indizione della gara per l'appalto di servizio ambulanze era in netto contrasto con "gli obblighi statutari delle associazioni di volontariato che, ai sensi delle vigenti norme statali e regionali, dovevano svolgere un facere in modo personale, spontaneo e gratuito, potendo trarre le risorse economiche per il loro funzionamento solo mediante rimborsi derivanti dal convenzioni".
Le risorse possono essere attinte da attività commerciali, che non devono essere prevalenti rispetto alla attività gratuita, affinché il soggetto non perda la propria connotazione di soggetto senza scopo di lucro e organizzazione volontaristica[1].
Ricordano i Giudici, nella parte motiva della sentenza, che: "l'art. 5 della l. 266/91, sotto la rubrica Risorse economiche, prevede che le organizzazioni di volontariato traggono le risorse economiche per il loro funzionamento e per lo svolgimento della propria attività da: a) contributi degli aderenti; b) contributi di privati; c) contributi dello Stato, di enti o di istituzioni pubbliche finalizzati esclusivamente al sostegno di specifiche e documentate attività o progetti; d) contributi di organismi internazionali; e) donazioni e lasciti testamentari; f) rimborsi derivanti da convenzioni; g) entrate derivanti da attività commerciali e produttive marginali.
Quindi la legge non vieta in assoluto alle associazioni di volontariato di espletare attività commerciali, purché tuttavia esse siano "marginali"; al riguardo, è stato osservato in giurisprudenza che: "È illegittima l'aggiudicazione di una gara (nel caso di specie, avente per oggetto il servizio di telesoccorso) ad un'associazione di volontariato, considerato che quest'ultima non avrebbe potuto essere ammessa a partecipare alla gara stessa, in quanto alla stregua dell'art. 5 l. n. 266 del 1991 i proventi di tali associazioni sono costituiti esclusivamente dai rimborsi derivanti dalle convenzioni e da attività commerciali e produttive marginali, tra cui non rientrano gli appalti pubblici, che presuppongono una comparazione delle offerte con criteri concorrenziali di convenienza tecnico - economica, incompatibile con la natura dell'attività di volontariato" (T.A.R. Piemonte, sez. II, 18 aprile 2005, n. 1043)."
Come si può ben rilevare tra le risorse non vi è quella della remunerazione di un rapporto sinallagmatico come è un contratto a prestazioni corrispettive e a titolo oneroso (un contratto di appalto di servizi, appunto).
Pertanto ne discende l'impossibilità di partecipare ad una selezione onerosa da parte di una organizzazione, che non può formulare una offerta onerosa, visto che, per sua natura, non può essere oneroso il servizio che presta.
Se così non fosse ne risulterebbero due abnormità giuridiche: la prima di ordine procedimentale, dal momento che la selezione del contraente si compie con la presentazione di una offerta che è suddistinta in due parti, il progetto in cui si descrive il servizio da rendere e l'offerta economica.
Se manca una parte dell'offerta, quella economica, il procedimento non può essere completo e perfetto, per cui non si può giungere all'aggiudicazione, mancando un elemento fondamentale per la valutazione dei progetti pervenuti. Non dobbiamo dimenticare che la selezione si fa con il procedimento dell'offerta economicamente più vantaggiosa che bilancia gli elementi della qualità del servizio proposto con il costo dello stesso.
Sicuramente la proposta di un costo del servizio non può essere inoltrata da una organizzazione di volontariato dato che, come si è detto, il lavoro dei volontari non è remunerato ma gratuito.
La seconda abnormità è insita nel rapporto giuridico che si dovrebbe instaurare: un rapporto giuridico economico regolato dal codice civile, in particolare dal contratto di appalto, con un soggetto che non ha una autonoma organizzazione di impresa, che non può dare garanzie economiche e cui non può essere reso un corrispettivo, che è la base d'esistenza di un contratto, la sua causa.
La prestazione corrispettiva rispetto al lavoro / servizio reso è il fondamento giuridico del rapporto contrattuale. Ecco perché con il volontariato non si stipulano contratti ma convenzioni. Non si può dimenticare che il codice civile stabilisce che il contratto "regola rapporti giuridici patrimoniali tra le parti".
E quale rapporto patrimoniale si può avere con il volontariato che non è retribuito?
Correttamente il T.A.R. rileva: "Come può agevolmente notarsi, le offerte economiche presentate dalle associazioni di volontariato ammesse a partecipare alla gara sono state molto inferiori rispetto a quella dell'ATI ricorrente, formata da imprese svolgenti l'attività di soccorso sanitario in forma imprenditoriale.
La cosa peraltro non può stupire, posto che le dette organizzazioni di volontari hanno potuto evidentemente avvalersi della loro natura di enti non commerciali e della loro facoltà di non remunerare il fattore lavoro, attesa l'indispensabile gratuità delle prestazioni eseguite dai loro aderenti.
Ma, in tal modo, la gara è stata irrimediabilmente falsata, poiché soggetti con caratteristiche strutturali completamente diverse tra loro sono stati valutati secondo un parametro indifferenziato, quello della convenienza economica, che s'è rivelato decisivo ai fini dell'aggiudicazione, con conseguente palese violazione del principio che vuole garantito, nelle procedure concorsuali pubbliche, il rispetto delle pari opportunità tra tutti i concorrenti.
Tale risultato, peraltro, discende non già dallo svolgimento della licitazione privata, o dal comportamento della Commissione, ma, direttamente, dall'illegittima previsione del bando che, in violazione della disciplina, di fonte legislativa, sopra riportata, ha ammesso le associazioni di volontariato alla partecipazione alla gara de qua.
Resta quindi confermato che: "Un'associazione composta esclusivamente da volontari non può partecipare a gare svolte secondo criteri concorrenziali per l'affidamento di pubblici servizi" (T.A.R. Veneto, sez. I, 3 marzo 2004, n. 481).
Ancora i Giudici di merito - richiamati dalla sentenza in esame - del T.A.R. Lombardia, nella sentenza n. 459 del 14 marzo 2003, ci dicono: "È illegittima la partecipazione a gare d'appalto delle organizzazioni di volontariato, a causa della posizione di favore alle stesse riservata dall'ordinamento ai fini della partecipazione allo svolgimento di servizi socio - sanitari, che può trovare, invece, attuazione in apposite convenzioni con enti pubblici".
Pertanto esistono degli ostacoli giuridici e fiscali insormontabili per la partecipazione del volontariato alle gare.
Alla fine di questa breve disamina va ricordato anche il DPCM 30/3/2001, di attuazione dell'articolo 5 della legge quadro sui servizi sociali, ossia la n. 328/2000.
In esso, all'articolo 2, si stabilisce quali siano i soggetti del terzo settore con cui le PA possono stabilire delle convenzioni per la gestione dei servizi sociali. Nell'elencazione dell'articolo 2 vi è anche il volontariato, ma il legislatore non ci dice come si debbano regolare i rapporti di selezione tra questi soggetti e gli altri del settore. Inoltre il legislatore fissa i parametri di selezione dei soggetti del terzo settore, garantendo una via di favore agli stessi nel caso in cui si operi una coprogettazione per l'erogazione del servizio, nel qual caso la PA può seguire una strada diversa dalla selezione ad evidenza pubblica.
Non va dimenticato, però, che si tratta di una normativa particolare, di favore, che opera sotto la soglia comunitaria. Sopra soglia il legislatore comunitario non fa alcuna distinzione (nemmeno nel codice di recente approvazione) per il terzo settore. L'appalto in questione superava abbondantemente la soglia comunitaria per cui la legge applicabile era, come è stato evidenziato nel bando impugnato, il decreto legislativo 157/95.

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[1] Non è un caso che ogni sei mesi venga effettuato il controllo sull'albo regionale per verificare il mantenimento dei requisiti previsti e richiesti per l'iscrizione; e una condizione necessaria ed obbligatoria per la PA è di convenzionarsi solo con soggetti iscritti all'albo regionale.

Autore: Dott. P. Minetti - tratto da La Gazzetta degli Enti Locali - 20/04/2006