L'AFFIDAMENTO CONGIUNTO
La modifica dell'articolo 155 del codice civile, a seguito dell'entrata
in vigore della Legge 8 Febbraio 2006 n. 54, ha introdotto come principio
cardine, in materia di affidamento dei minori a seguito di separazione personale
dei coniugi, il cosiddetto "affidamento congiunto".
La norma si riferisce
espressamente alla valutazione prioritaria circa la possibilità di un
affidamento condiviso, che il giudice deve effettuare al momento dell'emissione
dei provvedimenti di cui al secondo comma dell'articolo 155 c.c.
Le
lettera della legge circa la "valutazione prioritaria", impone come antecedente
necessario quello di determinare quali siano le situazione ostative ad un
provvedimento di affidamento congiunto. In assenza di un'espressa codificazione
legislativa, se non il generico riferimento "all'interesse morale e materiale
della prole" il criterio giuda sarà certamente quello della maggiore tutela
possibile del minore.
A differenza del vecchio testo dell'articolo 155
c.c. dove nessun sistema di preferenza era indicato dal legislatore in ordine
all'emanazione del provvedimento di affidamento, il nuovo dettato normativo
prevede un evidente criterio di scelta verso l'affidamento ad entrambi i
genitori.
Peraltro sotto la vigenza del vecchio testo dell'articolo 155,
pur non essendo previsto alcun criterio di priorità circa l'affidamento,
l'ipotesi più diffusa era quella dell'affidamento esclusivo alla madre. Ciò non
escludeva che in linea di principio il Giudice potesse far ricorso all'istituto
dell'affido condiviso anche se nella prassi l'affidamento esclusivo era la
soluzione maggiormente adottata.
Prima della riforma, l'istituto
dell'affidamento congiunto pur non essendo previsto dalla normativa vigente in
materia di separazione personale, era ammesso espressamente dall'articolo 6
della legge sul divorzio (898/1970) e la giurisprudenza di legittimità era già
in passato intervenuta ammettendo l'applicazione analogica del suddetto articolo
anche alle ipotesi di separazione personale (Cass. Civ. n. 2210 del 28.02.2000
et Cass. Civ. n. 127775 del 13.12.1995).
Sicuramente sia il nuovo che il
vecchio testo della legge hanno e avevano come punto di riferimento preminente
l'interesse morale e materiale della prole; ma ad essere mutato è l'orientamento
del legislatore su cosa in realtà tuteli in misura maggiore l'interesse della
prole. Se in passato si riteneva che non vi fosse un interesse preminente a che
i figli fossero affidati ad entrambi i genitori, la nuova disciplina ha
individuato come interesse primario della prole, quello della continuità nei
rapporti con entrambi i genitori, preservando per quanto possibile lo stesso
equilibrio di frequentazione tra entrambi i genitori.
Si faccia bene
attenzione nel non intendere la norma sull'affidamento congiunto come una
disposizione a tutela e salvaguardia dell'interesse, se pur affettivo, dei
genitori, bensì ad interpretarla come uno spostamento, avvenuto a seguito di
accesi dibattiti giurisprudenziali e dottrinali, dell'interesse dei figli, verso
una soluzione di affidamento congiunto.
In linea teorica, se prima della
riforma non esisteva di per se un genitore più idoneo ad ottenere l'affidamento
di un figlio (anche se nella stragrande maggioranza dei casi finiva per essere
la madre), a seguito della legge n. 54/2006 esiste una presunzione circa
l'idoneità di entrambi i genitori a proseguire nei propri compiti di genitore "a
tempo pieno".
Con l'introduzione del nuovo testo dell'articolo 155 c.c.
sarà l'organo giudicante, di volta in volta, a valutare se esistono elementi o
situazioni specifiche che ostano all'affidamento congiunto, tenendo presenti una
serie di elementi prognostici che sono già stati in passato indicati dalla
giurisprudenza di legittimità, quali la capacità di relazione affettiva, di
disponibilità ad un assiduo rapporto, alle consuetudini di vita e all'ambiente
che è in grado di offrire al minore.
Le modalità attraverso le quali può
esplicarsi l'affidamento congiunto sono sostanzialmente due e cioè: 1)
l'affidamento a residenza alternata, caratterizzato dal fatto che il minore
alterna periodi di convivenza presso l'uno e l'altro genitore o sono gli stessi
genitori ad alternarsi nella casa dove i figli abitano stabilmente e 2)
l'affidamento a residenza privilegiata, il quale prevede che il minore risieda
prevalentemente presso l'abitazione del coniuge ritenuto più
idoneo.
Nella scelta verrà sicuramente preso in considerazione
l'interesse del minore a continuare a vivere nell'ambiente e nell'abitazione
dove egli ha vissuto prima del dissolversi dell'unione affettiva dei genitori e
questo ovviamente per ridurre al minimo i traumi derivanti dalla
separazione.
La nuova disciplina pur non indicando le linee guida
relative all'applicazione concreta dell'istituto dell'affidamento congiunto,
esprime in pieno un principio di fondamentale importanza: quello della
"bigenitorialità" e del relativo esercizio congiunto della potestà. La potestà
spetta ad entrambi i genitori mentre in passato spettava esclusivamente al
genitore al quale erano affidati i figli.
Il diritto / dovere di
mantenere, istruire, educare la prole spetta ad entrambi i genitori i quali
possono adottare liberamente le decisioni ritenute più opportune per il minore,
durante il periodo in cui quest'ultimo coabita con il genitore. Ciò significa
che nel periodo in cui il minore risiedere presso un genitore, sarà quest'ultimo
ad adottare tutte le decisioni di "ordinaria amministrazione", mentre per tutte
quelle decisioni di maggiore importanza sarà necessario l'intervento di entrambi
i genitori. Questo tipo di affidamento presuppone ovviamente che tra i genitori
esista uno spirito collaborativo ed un senso di responsabilità che troppo spesso
risulta essere carente nella pratica. In effetti una persistente e ostinata
situazione di conflittualità tra i genitori non consentirebbe di adottare le più
semplici e quotidiane decisioni nell'interesse nel figlio o ancor peggio quelle
di maggior importanza, con il rischio di pregiudicare oltremodo la sfera
psichica del figlio e di paralizzare l'attività dei Tribunali, attraverso
ripetuti ricorsi al Giudice, diretti a dirimere ogni minimo conflitto e
controversia dei genitori.
Ritengo che la lacuna normativa circa le
modalità applicative dell'affidamento congiunto sia stata volutamente prevista
dal legislatore al fine di consentire una maggiore elasticità da parte delle
Corti di merito, in modo tale da adattare i singoli provvedimenti di affidamento
congiunto ai casi specifici.
Solo l'esperienza applicativa potrà
determinare la nascita di principi guida di natura giurisprudenziale e
consentire un giudizio globale circa il successo o meno dell'istituto
dell'affidamento congiunto.
Anche se la normativa pone come principio di
scelta quello dell'affidamento condiviso, viene altresì contemplata l'ipotesi
dell'affidamento esclusivo ad uno solo dei genitori, qualora il giudice ritenga
che "l'affidamento all'altro sia contrario all'interesse del
minore".
Dalla lettura della norma risulta evidente che un eventuale
provvedimento di affido esclusivo dovrebbe essere opportunamente motivato e
dovrebbe soprattutto costituire l'eccezione alla regola dell'affidamento
condiviso.
Il nocciolo della questione è quello di comprendere quali
siano gli elementi contrari all'interesse del minore. Anche qui, in assenza di
una codificazione legislativa, sarà il giudice, a valutare caso per caso ciò che
è contrario agli interessi del minore.
Ci si chiede ad esempio se
l'estrema conflittualità tra i genitori possa configurare un elemento contrario
all'interesse del figlio.
Credo che ove la litigiosità dei genitori possa
assurgere ad elemento ostativo ad un affidamento congiunto, il nuovo testo
dell'articolo 155 c.c. sarebbe di fatto svuotato di ogni significato. Sarebbe
infatti sufficiente per il singolo genitore addurre un'esasperata situazione di
conflittualità con l'altro genitore al fine di evitare l'affidamento congiunto e
indirizzare il giudice verso un provvedimento di affidamento
esclusivo.
Pertanto alla luce della nuova normativa è da ritenersi
superato il principio sulla base del quale l'accordo dei coniugi sarebbe
presupposto imprescindibile per l'affidamento congiunto della prole. Così
disponeva la Corte di Appello di Perugia in data 18-01-1992: "Atteso che
l'accordo dei coniugi è presupposto imprescindibile per l'affidamento congiunto
della prole, questo va revocato nel caso in cui, ancorchè concordato ed
omologato in sede di separazione, sopravvenga tra le parti un aperto, grave
dissenso, caratterizzato da aperta e accesa conflittualità e comportante serio
pericolo di non lieve pregiudizio per la prole stessa ..".
Sull'elemento
della conflittualità tra i genitori, nel corso degli anni abbiamo assistito ad
un vivace scontro dottrinale e giurisprudenziale e al formarsi di due
contrapposte visioni: la prima che vedeva nella conflittualità esasperata dei
genitori un elemento ostativo all'affidamento condiviso (Tribunale Varese,
11-07-2005); la seconda che considerava comunque l'affidamento condiviso e
l'esercizio congiunto della potestà genitoriale come rispondente all'interesse
primario della prole, garantendo la sopravvivenza dello schema educativo
esistente in costanza di matrimonio. (Tribunale di Firenze, 14-06-2005, n.
2384), pur in presenza di conflittualità tra i genitori (Tribunale Napoli,
18-01-2005 - Tribunale Viterbo, 14-06-2004) purché ciò non fosse di ostacolo
alla comune gestione della vita del figlio.
Peraltro è opportuno
sottolineare che anche i per i sostenitori della seconda tesi, l'interesse
preminente del minore rappresenta comunque l'elemento cardine per poter valutare
l'opportunità di un affidamento congiunto; se un semplice e non patologico
conflitto tra i genitori, non giustifica un provvedimento di diniego alla
richiesta di affidamento congiunto, un conflitto esasperato che si traduca in
completa incomunicabilità o in un clima tale da recare irreversibile pregiudizio
ai figli è motivo sufficiente per disporre l'affidamento
esclusivo.
Ritengo personalmente che la differenza sostanziale tra i due
orientamenti risieda semplicemente nel fatto che mentre i primi affermano che
l'affidamento esclusivo debba rappresentare la regola cardine, da derogare solo
in ipotesi eccezionali ed in presenza di condizioni di assoluto accordo ed
armonia tra i coniugi, i secondi, al contrario, sostengono che l'affidamento
congiunto debba rappresentare la regola di base sul presupposto che tale forma
tuteli maggiormente l'interesse dei figli,.
E' agevole intuire come
prima della riforma dell'articolo 155 del codice civile, la prima tesi fosse
quella prevalente, in considerazione del fatto che le ipotesi di affidamento
congiunto nella pratica rappresentavano una eccezione.
Oggi con la
riforma le cose dovrebbero cambiare e gli elementi ostativi ad un provvedimento
di affidamento congiunto dovrebbero risiedere in situazioni eccezionali, tali da
sconsigliare, nell'interesse primario del figlio, il ricorso ad un affidamento
congiunto. Ad esempio il trasferimento di un genitore all'estero, il
sopraggiungere di una malattia mentale, una situazione di estrema conflittualità
tra il figlio ed un genitore, potrebbero essere quegli elementi eccezionali tali
da giustificare, con provvedimento motivato, il ricorso all'affidamento
esclusivo. Altrimenti la riforma dell'articolo 155 del codice civile resterebbe
una lettera morta.
Autore: Avv. Matteo Santini - tratto dal sito
www.diritto-in-rete.com
Si riporta il nuovo testo dell'art. 155 del codice civile
Art. 155 - Provvedimenti riguardo ai figli
Anche in caso di
separazione personale dei genitori il figlio minore ha il diritto di mantenere
un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura,
educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con
gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.
Per
realizzare la finalità indicata dal primo comma, il giudice che pronuncia la
separazione personale dei coniugi adotta i provvedimenti relativi alla prole con
esclusivo riferimento all'interesse morale e materiale di essa. Valuta
prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i
genitori oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati, determina i
tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore, fissando
altresì la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al
mantenimento, alla cura, all'istruzione e all'educazione dei figli. Prende atto,
se non contrari all'interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i
genitori. Adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole.
La
potestà genitoriale è esercitata da entrambi i genitori. Le decisioni di
maggiore interesse per i figli relative all'istruzione, all'educazione e alla
salute sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità,
dell'inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo
la decisione è rimessa al giudice. Limitatamente alle decisioni su questioni di
ordinaria amministrazione, il giudice può stabilire che i genitori esercitino la
potestà separatamente.
Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti
dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura
proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la
corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di
proporzionalità, da determinare considerando:
1) le attuali esigenze del
figlio;
2) il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con
entrambi i genitori;
3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore;
4) le risorse economiche di entrambi i genitori;
5) la valenza economica
dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.
L'assegno è automaticamente adeguato agli indici ISTAT in difetto di altro
parametro indicato dalle parti o dal giudice.
Ove le informazioni di
carattere economico fornite dai genitori non risultino sufficientemente
documentate, il giudice dispone un accertamento della polizia tributaria sui
redditi e sui beni oggetto della contestazione, anche se intestati a soggetti
diversi.