REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI NOVARA

La Dr.ssa Maria Gabriella Mariani, in funzione di Giudice del Lavoro, ha pronunziato la seguente

S E N T E N Z A       (N. 23 DEPOSITATA IL 26/02/2009)

nella causa iscritta al n... Ruolo Generale Controversia in materia di lavoro promossa da:


(A)
RICORRENTE

CONTRO

(B)
RESISTENTE

Oggetto: infortunio sul lavoro.
CONCLUSIONI DEL RICORRENTE: come da ricorso depositato in data 20 aprile 2005.
CONCLUSIONI DELLA RESISTENTE: come da memoria di costituzione depositata in data 4 luglio 2005.
 
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
 
Con ricorso al Tribunale di Novara in funzione di Giudice del Lavoro depositato in data 20 aprile 2005 (A) esponeva:

di essere stato assunto, nei periodi 24.8/30.9.1999 e 5.10/12.11.1999, dalla ditta (.....) per espletare mansioni di lavoro temporaneo, ex art. 13 L. 196/1997, con inquadramento quale operaio di II livello presso la ditta (B) e mansioni di operaio metalmeccanico nel reparto lastroferratura in qualità di "addetto alla foratura ed all'assemblaggio di componenti di sedili per auto";

che la mattina del giorno 8 novembre 1999 il ricorrente si trovava presso detto reparto addetto a svolgere la sua abituale attività di assemblaggio sedili per auto, eseguendo forature mediante un trapano manuale;
che quella stessa mattina un altro operaio del medesimo reparto, (.....), si era infortunato mentre lavorava su una macchina denominata trapano a colonna ed in conseguenza di tale infortunio il capo turno, (.....), aveva deciso in tutta fretta di destinare il ricorrente a tale ultimo macchinario, informandolo sbrigativamente e sommariamente sulle modalità di lavoro;

che verso le ore 13,30 il ricorrente, durante la sostituzione della punta del trapano, necessaria al fine di effettuare fori di diametro diverso, eseguiva la manovra poco prima illustratagli dal capoturno: spegneva il trapano ed impugnava con la mano sinistra il mandrino per fermare più rapidamente il movimento e quindi sostituire più velocemente la punta stessa; mentre afferrava il mandrino, il guanto di protezione che indossava si impigliava nella punta, che stava ancora ruotando, facendo subire alla mano una brusca rotazione che causava la rottura scomposta del V dito;

che, come emerso dal controllo effettuato in data 6.11.2000 dall'ASL . sui trapani a colonna in dotazione alla ditta, tali apparecchiature erano prive di protezione e di pulsante di arresto di emergenza;
che l'evento era totalmente ascrivibile a colpa della ditta convenuta per non aver protetto la postazione di lavoro, con le opportune protezioni e dispositivi di arresto di emergenza sul macchinario, e non aver adeguatamente fornito al lavoratore informazione e formazione sulle modalità di svolgimento in sicurezza della propria attività;

che in relazione all'infortunio era pendente avanti il Tribunale Penale di Novara R.G. .. procedimento penale nei confronti di (.....), procuratore della società all'epoca dell'infortunio titolare della delega in ordine alla sicurezza ed igiene sul lavoro, ed il medesimo era stato altresì contravvenzionato per violazione degli artt. 21 e 22 c. 2 D.Lgs 626/94 e degli artt. 52, 68 e 104 D.P.R. 547/55;

che a (A), in conseguenza delle lesioni in tali circostanze riportate, derivavano: inabilità lavorativa temporanea per complessivi 298 giorni, come accertato dall'Inail, inabilità lavorativa temporanea biologica assoluta di giorni 100, inabilità temporanea biologica parziale al 50% di giorni 100, al 25% di giorni 98; postumi invalidanti di natura permanente nella misura del 67%; postumi invalidanti incidenti sulla capacità lavorativa in termini di usura o maggior fatica, specie in considerazione dell'attività essenzialmente manuale dal medesimo svolta; danno patrimoniale per mancato guadagno, quantificabile in euro 4.049,18 pari alla differenza tra la retribuzione media e le indennità liquidate dall'Inail nel periodo in oggetto, oltre alla spese mediche pari ad euro 183,34.

Tutto ciò premesso (A) chiedeva che la società (B) fosse condannata al pagamento a proprio favore della complessiva somma di euro 43.920,96 a titolo di danno biologico, morale, esistenziale e/o estetico, patrimoniale e materiale.

Avverso tale atto si costituiva in giudizio parte convenuta contestando l'assunto attoreo e chiedendo la reiezione della domanda.

Venivano assunti i mezzi di prova dedotti dalle parti ed esperita consulenza tecnica medicolegale; all'udienza in data 19 marzo 2008 parte ricorrente depositava sentenza resa dal Tribunale Penale di Novara n. 48 in data 19.1.2007 nei confronti di (.....) di condanna alla pena di giorni venti di reclusione in relazione al reato di cui all'art. 590, 1° e 3° comma, c.p..

All'udienza in data 4 febbraio 2009, esaurita la discussione, la causa veniva decisa come da separato dispositivo di cui veniva data immediata lettura.
 
MOTIVI DELLA DECISIONE
 
All'esito delle deposizioni testimoniali assunte sono emerse le seguenti risultanze probatorie.

(.....), dipendente della convenuta quale operaio di III livello, ha dichiarato di essere stato addetto, in data 8 novembre 1999, al reparto lastroferratura e di aver subito un infortunio mentre utilizzava il trapano a muro, al quale era stato poi addetto, in sua sostituzione, il ricorrente. Il teste ha dichiarato di non aver mai visto in precedenza (A) lavorare al trapano a colonna, utilizzato solo per le mansioni alle quali il medesimo era adito, ed ha precisato che: "Il trapano a colonna differisce da quello manuale in quanto deve essere unicamente azionata una leva per posizionarlo ed eseguire la lavorazione" per "la sostituzione della punta del trapano a colonna occorreva spegnere il trapano e per velocizzare le operazioni io e altre persone impugnavamo il mandrino per arrestarlo poco prima che si fermasse, dopo aver spento il pulsante ma a mandrino ancora rotante".

(.....), dipendente della ditta convenuta con mansioni di capoturno addetto al reparto lastroferratura, ha dichiarato che, accaduto l'infortunio a (.....), aveva assegnato al trapano a colonna il ricorrente dicendogli che qualsiasi manutenzione o intervento sul trapano doveva essere effettuato a trapano fermo. Ed ha precisato: "Ai nuovi arrivati il responsabile di produzione (.....) ed io davamo le istruzioni sull'utilizzo di macchinari. Le istruzioni che davamo ai lavoratori erano di effettuare la sostituzione della punta solo a trapano fermo".

Tale formazione deve ritenersi chiaramente insufficiente ed inadeguata atteso altresì che il ricorrente era stato da poco adibito al macchinario in oggetto, sul quale era appena occorso infortunio ad altro lavoratore, circostanze che avrebbe dovuto indurre a fornire particolari e dettagliate prescrizioni, ed a fronte della prassi degli addetti al reparto, per velocizzare le operazioni, di impugnare il mandrino mentre era ancora rotante.
Peraltro, (.....), Tecnico della Prevenzione in servizio presso la ASL 13, ha affermato che la ditta, sebbene in precedenza invitata dallo (.....), non era stata in grado di produrre documentazione alcuna relativa all'espletamento di attività di formazione/informazione al lavoratore sui rischi specifici dell'attività cui era stato adibito.

Inoltre il teste, in occasione di sopralluogo effettuato nel settembre 2000 in seguito al verificarsi di altro infortunio, aveva avuto modo di visionare altri quattro trapani a colonna in funzione nel reparto e tutti erano privi di mezzi di protezione, così confermando la circostanza riferita dal ricorrente e da (.....). Il teste ha precisato "Le protezioni... consistono in uno schermo trasparente in plastica, collegato a un microinterruttore; all'apertura dello schermo interrompe quasi immediatamente il moto rotatorio del mandrino del trapano e, quindi, vi è una minore inerzia dello stesso".

Deve ritenersi sussistente la responsabilità della società convenuta per non aver adeguatamente informato e formato il lavoratore sui rischi per la sicurezza del lavoro generali e specifici in relazione all'attività svolta, fornendo formazione idonea in materia di uso del macchinario al quale era stato adibito, e per aver omesso di munire il trapano a colonna di dispositivi di emergenza e di mezzi di protezione idonei a segregare le parti mobili del trapano.

L'art. 2087 c.c. impone l'obbligo di adozione da parte del datore di lavoro di tutte le misure che in concreto si rendano necessarie per la tutela della sicurezza del lavoro, in base alla particolarità dell'attività lavorativa, all'esperienza ed alla tecnica. La giurisprudenza in merito ha precisato che la violazione del dovere generale di sicurezza comporta la responsabilità datoriale, non solo quando omette di adottare le idonee misure protettive imposte dalla legge o suggerite dall'esperienza o dalle conoscenze tecniche, ma anche quando omette di controllare o vigilare che di tali misure sia fatto effettivamente uso da parte del dipendente. Osserva inoltre la Suprema Corte che l'obbligo del datore di lavoro di garantire la salute del lavoratore in quanto bene primario e indisponibile sussiste anche in relazione alle condotte volontarie e di segno contrario del dipendente, sicché è configurabile, ai sensi dell'art. 2087 cod. civ., la responsabilità del datore di lavoro per l'infortunio subito da un dipendente per l'esercizio dell'attività lavorativa anche a fronte di una condotta imprudente di quest'ultimo, se tale condotta è stata determinata, o quanto meno agevolata, da un assetto organizzativo del lavoro non rispettoso delle norme antinfortunistiche, assetto conosciuto o colpevolmente ignorato dal datore di lavoro, che nulla abbia fatto per modificarlo al fine di eliminare ogni fonte di possibile pericolo (Cass. 8 aprile 2002 n. 5024; Cass. 4782 del 1997). Infine la responsabilità del lavoratore nell'accadimento dell'infortunio è configurabile ove il comportamento dal medesimo assunto appaia quale abnorme, atipico ed eccezionale rispetto alle direttive impartite, non potendo attribuirsi alcun effetto esimente per l'imprenditore che abbia provocato un infortunio sul lavoro per violazione delle relative prescrizioni all'eventuale concorso di colpa del lavoratore, atteso che la condotta del dipendente può comportare l'esonero del datore di lavoro da responsabilità solo quando essa presenti i caratteri dell'abnormità, inopinabilità ed esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive ricevute, come pure dell'atipicità ed eccezionalità, così da porsi come causa esclusiva dell'evento.

Quanto alla natura ed entità delle lesioni riportate dal ricorrente il Ctu, (.....), visitato il ricorrente ed a seguito di approfondita disamina degli elementi clinici e medico legali raccolti, ha concluso la propria relazione affermando che (A), in data 8.11.1999 in occasione dell'infortunio in oggetto, ha riportato la frattura composta della falange prossimale al quinto dito della mano sinistra con concomitante lesione tendinea, che ha richiesto un intervento di riduzione e sintesi subito dopo l'evento, e, successivamente, la ricostruzione del tendine estensore del dito, oltre un prolungato trattamento riabilitativo. La suddetta lesione è compatibile con la dinamica dell'evento così come risulta agli atti. Sussistono postumi permanenti consistenti in disagio nelle normali azioni della mano (mentre la capacità prensile della stessa è attualmente valida), che in riferimento ai comuni criteri di danno biologico, sono pari ad un valore del 6% (sei per cento) quale danno biologico omnicomprensivo. Gli esiti permanenti non incidono sulla capacità di lavoro specifica di magazziniere del ricorrente né la menomazione rende usurante il lavoro. La inabilità biologica può essere indicata a valore parziale massimo (75%) per 35 giorni (compreso il ricovero), per le gravi iniziali limitazioni all'uso della mano, a valore parziale del 50% per ulteriori 60 giorni; infine a valore parziale minimo 25% per gli ulteriori 60 giorni. Le spese mediche sostenute dal ricorrente in relazione all'evento, regolarmente fatturate, sono congrue ed ammontano a 183 euro circa.

La relazione, ampiamente e diligentemente motivata, è esente da vizi logici, le sue risultanze, perciò, appaiono razionali e meritevoli di accoglimento.

La Corte di Cassazione con pronuncia resa a Sezioni Unite n. 26972 in data 24 giugno 2008 ha osservato che la lesione degli interessi non suscettivi di valutazione economica dà luogo al risarcimento dei danni conseguenza, sotto il profilo della lesione dell'integrità psicofisica, (art. 32 Cost.) secondo le modalità del danno biologico, o della lesione della dignità personale del lavoratore (artt. 2,4,32 Cost.), come avviene nel caso dei pregiudizi alla professionalità da dequalificazione che si risolvano nella compromissione delle aspettative di sviluppo della personalità del lavoratore che si svolge nella formazione sociale costituita dall'impresa.

La Corte di Cassazione ha inoltre precisato che definitivamente accantonata la figura del c.d. danno morale soggettivo, la sofferenza morale senza ulteriori connotazioni in termini di durata, integra pregiudizio non patrimoniale. Deve tuttavia trattarsi di sofferenza soggettiva in sé considerata, non come componente di più complesso pregiudizio non patrimoniale. Ricorre il primo caso ove sia allegato il turbamento dell'animo, il dolore intimo sofferti, ad esempio, dalla persona diffamata o lesa nella indennità personale, senza lamentare degenerazioni patologiche della sofferenza. Ove siano dedotte siffatte conseguenze, si rientra nell'area del danno biologico, del quale ogni sofferenza, fisica o psichica, per sua natura intrinseca costituisce componente. Determina quindi duplicazione di risarcimento la congiunta attribuzione del danno biologico e del danno morale nei suindicati termini inteso, sovente liquidato in percentuale (da un terzo alla metà) del primo. Esclusa la praticabilità di tale operazione, dovrà il giudice, qualora si avvalga delle note tabelle procedere ad adeguata personalizzazione della liquidazione del danno biologico, valutando nella loro effettiva consistenza le sofferenze fisiche e psichiche patite dal soggetto leso, onde pervenire al ristoro del danno nella sua interezza.

Circa la liquidazione del danno biologico, tenuto conto dei criteri di liquidazione di cui alle Tabelle del Tribunale di Milano, sulla base del valorepunto adeguato all'età del ricorrente al momento del fatto (anni 21), ed in ogni caso definendo il risarcimento concreto secondo equità, compete a (A) per la invalidità permanente, la somma di 7.776 euro, in relazione al danno biologico accertato nella misura del 6%. Per la invalidità temporanea (in ragione di euro 60 al giorno per invalidità temporanea assoluta e rispettivamente di euro 45, 30 e 15 per quella parziale) la complessiva somma di euro 4.275 così determinata: euro 1.575 per invalidità parziale al 75% per giorni 35; euro 1.800 per invalidità parziale al 50% per giorni 60; euro 900 per invalidità parziale al 25% per giorni 60.

Alla luce degli indicati principi espressi dalla Suprema Corte appare equo personalizzare il danno biologico così determinato a favore del ricorrente (euro 12.051 di cui euro 7.776 per biologico permanente ed euro 4.275 per biologico temporale) con la liquidazione della ulteriore somma di euro 3.012,75 e così complessivamente di euro 15.063,75, attesi la sofferenza patita da (A) per la lesione fisica subita che ha comportato un lungo periodo di malattia e una menomazione, consistente nella "difficoltà alla prensione attiva e completa se con l'ausilio del quinto dito, che si presenta subanchilotico e con parestesie locali", che ha incidenza anche nella sfera della vita privata.

Compete, inoltre, al ricorrente il risarcimento del danno patrimoniale, per il mancato guadagno a causa della inabilità dovuta alle lesioni subite che non gli ha consentito la prestazione di attività lavorativa, quantificato in euro 4.049,18 pari alla differenza tra la retribuzione media e le indennità effettivamente liquidate dall'Inail nel periodo in oggetto. Parte convenuta ha infatti corrisposto al lavoratore le retribuzioni fino alla cessazione del rapporto, avvenuta il 12.11.1999, quattro giorni dopo l'infortunio. Il ricorrente ha, inoltre, documentato di aver sostenuto spese mediche per il complessivo importo di euro 183,34 ritenute congrue all'esito della Ctu.

Attese le motivazioni tutte sovra esposte ne consegue la condanna della società (B) al pagamento a favore del ricorrente, a titolo di risarcimento del danno conseguente all'infortunio sul lavoro al medesimo occorso in data 8 novembre 1999, della somma omnicomprensiva di 15.063,75 euro in moneta attuale, a titolo di danno non patrimoniale, oltre interessi compensativi al saggio legale sulle somme devalutate al novembre 1999 e rivalutate di anno in anno, oltre interessi legali sul capitale rivalutato alla data della presente sentenza sino all'affettivo saldo, e della complessiva somma di euro 4.232,52 a titolo di danno patrimoniale oltre interessi legali sulle somme rivalutate dalla maturazione dei singoli crediti al saldo.

Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono il criterio della soccombenza. Vanno definitivamente poste a carico di parte convenuta le spese di Ctu già separatamente liquidate.

P.Q.M.
 
Il Giudice del Lavoro:

Visto l'art. 429 c.p.c., definitivamente pronunciando, con sentenza per legge provvisoriamente esecutiva:

Dichiara tenuta e condanna (B) al pagamento a favore del ricorrente, a titolo di risarcimento del danno conseguente all'infortunio sul lavoro al medesimo occorso in data 8 novembre 1999, della somma omnicomprensiva di 15.063,75 euro in moneta attuale, a titolo di danno non patrimoniale, oltre interessi compensativi al saggio legale sulle somme devalutate al novembre 1999 e rivalutate di anno in anno, oltre interessi legali sul capitale rivalutato alla data della presente sentenza sino all'effettivo saldo, e della complessiva somma di euro 4.232,52 a titolo di danno patrimoniale oltre interessi legali sulle somme rivalutate dalla maturazione dei singoli crediti al saldo.

Condanna parte convenuta al pagamento delle spese di giudizio a favore di parte ricorrente che liquida in complessivi ero 3.100,00 per diritti ed onorari, oltre al 12,50% per spese generali, Iva e Cpa.

Pone definitivamente a carico di parte convenuta le spese di Ctu già separatamente liquidate.

Novara, 4 febbraio 2009.

IL CANCELLIERE C1
Maria Carmela LEVARI

IL GIUDICE
Dr.ssa M. Gabriella Mariani